Questo è il Capo di buona speranza. Non è facile individuarlo e quasi tutti i turisti lo confondono con Cape Point. Un luogo leggendario oggi parte di una riserva naturale.
Poche zone nel mondo hanno suscitato tante emozioni, racconti, sogni e confusioni come il Capo di Buona Speranza.
Ancora oggi molti credono che sia la punta sud dell’Africa, quella che divide l’oceano Atlantico dall’Indiano, ma anche se dai due lati della penisola la temperatura dell’acqua è diversa, il Capo di Buona Speranza si trova ancora tutto nell’Atlantico e il compito di separare i due oceani e segnare l’estremo sud del continente spetta al meno celebre Capo di Aguglie, circa 100 km più a est.
Quasi tutti i turisti lo confondono poi con Cape Point, un roccione a strapiombo sul mare, 2 km a nord est, che attira subito l’attenzione per l’aspetto più maestoso e l’orientamento, rispetto alla penisola, che lo fa sembrare più a sud.
L’esploratore portoghese Bartholomeu Diaz fu ufficialmente il primo a doppiarlo, nel gennaio del 1488, mentre cercava di raggiungere l’India. Sorpreso da una violenta bufera che trascinò al largo la nave, gli diede, in un primo tempo, il nome di “Capo delle Tempeste”. Proseguì ancora 600 km verso est, ma fu costretto a fermarsi nella baia di Algoa, presso l’attuale Port Elizabeth, da una ciurma in rivolta, malata e ossessionata dall’idea d’aver raggiunto il limite estremo del mondo conosciuto.
In giugno, tornando in Europa, passò ancora davanti al Capo e gettò l’ancora per un mese nella Table Bay, al riparo della Robben Island. Il tempo era splendido, e fu a tal punto colpito dalla bellezza del promontorio che decise di ribattezzarlo “Capo di Buona Speranza”.
Si discute ancora se con questo nome intendesse indicare l’attuale Capo di Buona Speranza, Cape Point, o lo spuntone di Cape Maclear, a metà strada fra i due, dove probabilmente approdò.
Scrisse d’aver lasciato una croce di roccia nel punto esatto, ma nessuno l’ha mai trovata. Per ironia del destino Diaz affondò, solo due anni più tardi, in una tremenda tempesta proprio davanti al Capo, ma il nuovo nome ben augurante era ormai passato alla storia.
Nel 1497 un altro portoghese, il capitano Vasco da Gama, rifece la stessa rotta e fermandosi una settimana nella Table Bay per imbarcare acqua e viveri, prese contatto con i Boscimani, dei “piccoli uomini bruni” che si esprimevano con “suoni scoppiettanti”. Erano gentili ed ospitali, pronti a scambiare animali e frutta con i manufatti della civiltà.
Altri navigatori portoghesi come Rio d’Infante, Jaos da Nova e Antonio da Saldanha, che diede il suo nome a una baia 100 km a nord di Cape Town, visitarono successivamente il Capo, e nel 1579 l’ammira- glio inglese Sir. Francis Drake, smentendone la burrascosa reputazione, lo descrive come “il più bello del mondo e la cosa più imponente, vista circumnavigando il globo”. Un commerciante portoghese, Panteleon Sala, tentò anche d’impiantarvi una piccola base per i suoi traffici, lasciando a terra alcuni uomini. Ma partita la nave, i coloni vennero subito massacrati dagli indigeni.
Nel 1600 gli inglesi fondarono la famosa East India Company per lo sfruttamento dell’India, e gli olandesi, due anni dopo, la Vereenidge Oostindische Compagnie (VOC), un misto di soldataglie e mercanti senza scrupoli. L’azione colonizzatrice portoghese, diretta da Lisbona con la supervisione della chiesa, rifletteva insieme interessi economici, cattolici e patriottici, quella inglese, a matrice privata, ondeggiava confusamente fra la necessità di far soldi e di mantenere il buon nome dell’Inghilterra, mentre quella olandese, affidata a scaltri uomini d’affari, si preoccupava solo dei profitti, senza che il governo o la chiesa potessero sidacarne l’operato.
I mari orientali divennero ben presto un campo di battaglia : gli inglesi contro gli olandesi per il dominio di Giava, gli olandesi contro il Portogallo per il possesso della penisola Malacca e tutti contro la Spagna che mirava, anch’essa, alle Isole delle Spezie.
Ma per quanto sembri incredibile, nessuna potenza marinara voleva il Capo di Buona Speranza. I portoghesi facevano base a Capo Verde, gli inglesi e gli olandesi a Sant’Elena, e poi proseguivano direttamente per le Indie.
Ma intanto, una dopo l’altra, fra il 1488 e il 1652 almeno 200 navi si fermarono nella Table Bay per rifonirsi d’acqua e viveri, e paradossalmente, con i rapporti dei comandanti, giungevano in Europa più notizie sul Capo, i suoi buffi indigeni e la strana montagna a forma di tavola, che sui territori orientali occupati da soldataglie analfabete.
Spesso, anche nelle giornate più terse, sulla cima della montagna piatta appariva improvvisamente uno straterello di nebbia fitta, simile a un bianco lenzuolo, che scivolava sui fianchi nascondendola.
“È il diavolo che scuote la tovaglia” commentavano gli equipaggi, e si moltiplicavano le leggende.
Due simpatiche tradizioni rendevano poi il Capo particolarmente caro ai marinai : chi avvistava per primo la Table Mountain, aveva diritto ad una moneta d’argento e a terra vi erano delle “pietre ufficio-postale” sotto cui si potevano trovare e lasciare le lettere per le famiglie.
Erano considerate inviolabili, e venivano portate a destinazione, in Europa o a Giava, anche dalle navi nemiche.
Solo nel 1651 la Vereenidge Oostindische Compagnie, detta anche Jan Compagnie, in contrapposizione alla East India Company o John Company, decise d’impiantare nella baia del Capo una base logistica fissa, una sorta di “taverna del mare” sulla strada per le Indie, e il 6 aprile del 1652 Jan van Riebeeck, un olandese di 32 anni ex-dipendente della VOC finito in prigione per insolvenza e traffici poco chiari a Giacarta, gettò l’ancora nella Table Bay con un primo gruppo di coloni.
Era partito da Amsterdam con la moglie, un figlio e 5 navi, e aveva raggiunto il Capo in appena 104 giorni di navigazione (di solito le navi impiegavano almeno quattro mesi) con solo due morti fra l’equipaggio. Doveva creare un’insediamento stabile in grado di fornire acqua e viveri alle navi della VOC, costruire un forte, un cantiere navale, un ospedale per i marinai malati ed un giardino botanico dove provare, in un clima temperato, le specie provenienti dai tropici.
In un primo tempo gli europei che sbarcavano erano tutti dipendenti della VOC, ma poi la Compagnia pensò che era più conveniente congedarli e comprar loro, a prezzi fissi, il grano, la carne e le varie derrate alimentari. Divennero agricoltori e allevatori e fu l’inizio di Cape Town e della Colonia del Capo.
Oggi il Capo di Buona Speranza fa parte di una riserva naturale di 7750 ettari ricca di proteacee, eriche, bianchi elicrisi e piante rare (almeno 13 specie sono endemiche !) unite in una caratteristica associazione vegetale detta “Fynbos”.
Si può girare in macchina, e prendere il sole in romantiche spiaggette dalla sabbia chiara, circondate da giganteschi scogli tondeggianti.
In mezzo alla riserva c’è un ristorante e un pittoresco bus, il “Flying Dutchman”, fa continuamente la spola, per chi non vuole salire a piedi, fra l’ultimo grande parcheggio delle auto e il belvedere di Cape Point. Si incontrano facilmente coppie di struzzi coi piccoli, branchi d’astutissimi babbuini, ed i famosi Bontebok, le rare antilopi sudafricane dal curioso disegno bianco-marrone che sono diventate il simbolo della Provincia del Capo.
© Giuseppe Mazza
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