Famiglia : Zamiaceae
Testo © Anders J. Lindstrom
English translation by Mario Beltramini
Il nome della specie è dedicato a Jean Jules Linden che coltivò per primo queste piante raccolte in Ecuador da Benedikt Roezl.
Jean Jules Linden (1817-1898) era un uomo d’affari belga con una grande passione per le piante e le esplorazioni.
Studiò all’Athénée Royal in Lussemburgo e poi andò alla facoltà di scienze dell’Università Libera di Bruxelles per partire nel 1835 con Niclas Funck (1816-1896) ed Auguste Ghiesbreght (1810-1893) per Rio de Janeiro.
Per due anni raccolsero e catalogarono in Brasile animali e piante, e fu particolarmente colpito dalla bellezza delle orchidee, cui dedicò poi numerose esplorazioni e libri.
Rivoluzionò la coltura di queste piante in Europa, dove le tenevano troppo al caldo, dirigendo per un po’ il giardino botanico e zoologico di Bruxelles, e dedicandosi poi anche alla loro coltura industriale, con vari riconoscimenti internazionali.
Coinvolse ed appassionò molta gente, fra cui l’esploratore ceco Benedict Roezl (1824-1885), giardiniere e botanico, forse il più famoso collezionista di orchidee di quel tempo che percorse in lungo e in largo il continente americano alla loro ricerca, scoprendo in Ecuador, ad Esmeraldas, questa cicadacea chiamata dai locali “Palma de Goma”.
André, che descrisse nel 1875 questa specie, lo fece sulla base del materiale vivente coltivato da Linden, e la battezzò come Aulacophyllum lindeni, oggi tassonomicamente nota come Zamia lindenii.
Questa specie è stata considerata un sinonimo di Zamia poeppigiana.
Quest’ultima si trova in Perù, mentre Zamia lindenii cresce sui pendii delle Ande del basso Pacifico dell’Ecuador, e l’estremo sud della Colombia.
Le due specie sono geograficamente e geneticamente isolate dalle Ande.
I principali caratteri che possono essere usati per separarle sono il cono femminile pendente, con piccoli semi ovali lisci, e le nuove foglie, di un verde luminoso, che si distinguono facilmente da quelle della Zamia poeppigiana, senza dubbio il suo parente più prossimo.
La specie cresce sia in foreste pluviali sempreverdi semi-aperte stagionali (di transizione) che in foreste pluviali sempreverdi, a 50-315 m di quota.
La flora associata è dominata da piante appartenenti alle famiglie delle rubiacee, delle moracee ed alla sottofamiglia delle Faboideae.
La piovosità media annua, con massime da maggio a novembre, è di 1400-3500 mm.
Le piante sono grandi ed arborescenti con foglie lunghe almeno 3 m.
Un carattere interessante, riscontrato in coltura nelle piante provenienti da certe popolazioni dell’Ecuador, riguarda il cono femminile.
Spesso, ma non sempre, sull’asse dei vecchi coni femminili spuntano delle nuove foglie, che possono anche essere numerose, indipendentemente dal fatto che i coni siano stati impollinati, con successo, o meno.
Tale fenomeno è stato riscontrato solo in questa specie. Se infatti altre cicadi possono a volte produrre una crescita terminale, questa poi non da origine a una nuova pianta.
Il fenomeno è stato osservato sia in Tailandia al Giardino Botanico Tropicale di Nong Nooch, che in USA nell’Orto Botanico Marie Selby in Florida.
Più di 30 piante sono state coltivate con successo da un singolo cono.
La progenitura risultante è ora fermamente stabilizzata ed ha prodotto radici e parecchie nuove generazioni di foglie.
Tuttavia non si sa ancora se questo si verifica anche in natura. Fino ad ora non vi sono rapporti confermati in merito.
Descrizione morfologica
La Zamia lindenii raggiunge gli 80-160 cm d’altezza, con portamento arborescente e un tronco di circa 21 cm di diametro, ricoperto da catafilli cartacei, cuneati alla base ed acuminati all’apice, larghi fino a 2 cm e lunghi circa 9 cm.
Le foglie misurano 145-315 cm, con un picciolo fulvo, tomentoso, di 44-83 cm, ricoperto da tante piccole spine.
Una pianta ne può portare anche 28, e appaiono divise in 25-56 pinnule, molto eleganti, lunghe e lanceolate, a volte accoppiate nella metà superiore, acute all’apice.
Le piante maschio recano 3-6 strobili, inizialmente eretti e poi pendenti, larghi 3-5 cm ed alti 25-38 cm.
Vanno dal beige al marrone, e sono rigidi anche durante la dispersione del polline, portati da peduncoli tomentosi, marrone scuro, di 15-18 cm su 1,5-1,9 cm di diametro
Le piante femmina portano da uno a cinque strobili ovulati.
Cilindrici e tomentosi, con un colore che va dal crema denso al marrone, raggiungono i 28-42 cm d’altezza con un diametro di 9-10 cm.
Sorretti da un peduncolo di 18-23 cm, largo 3,5-4 cm, s’inclinano crescendo verso il basso, nella tipica posizione pendente.
I semi, rossi all’esterno, ovoidi, piatti, arrotondati all’apice e appuntiti all’attaccatura, misurano 22-25 mm.
Impollinazione
I coni maschi contengono parecchi piccoli coleotteri, oggetto di ricerche sul campo e in corso d’identificazione, che si occupano del trasporto pollinico, come del resto accade coi Curculionidae in altre specie di Zamiaceae.
Per attirarli, quando il polline è maturo, i coni maschi emettono un fetido e caratteristico odore di humus umido che non passa certo inosservato.
Dispersione dei semi
Questa non è affidata, come spesso accade, a topi o ratti, che in genere li abbandonano nelle anfrattuosità del suolo, mentre qui li troviamo in germinazione a circa 10 cm di profondità.
Si pensa quindi che vengano trasportati da un animale scavatore, di casa nel sottobosco, come per esempio l’Agouti (Dasyprocta punctata).
Crescita e fenologia
Questa specie, che adulta supera il metro e mezzo, è già in grado di riprodursi in giovane età, appena il tronco raggiunge i 25-30 cm d’altezza.
Anche se a volte saltano un anno, le femmine possono produrre contemporaneamente 5 grandi coni, con una resa di 410 semi a pigna, che impiegano circa un anno per maturare.
I maschi producono ogni anno 3-6 coni, che maturano scaglionati nel tempo.
Usi indigeni
I semi sono commestibili, la linfa è usata come colla idrosolubile, e le popolazioni locali usano varie parti della pianta per la loro medicina tradizionale.
Stato di conservazione
Un tempo comune sui bassopiani della foresta pluviale stagionale, dalle pianure costiere e a piede della Cordillera Occidental in Ecuador e forse nell’estremo sud-ovest della Colombia, oggi la popolazione di Zamia lindenii risulta drasticamente ridotta dal disboscamento selvaggio, ed anche se esistono poche aree protette, ha dato prova d’adattabilità, riproducendosi anche in pieno sole in ambienti fortemente degradati dalle attività umane.
Ma in questi nuovi ambienti le larve di una piccola farfalla, l’ Attea, che di solito si limita a mangiare le giovani foglie, attaccano a tal punto le piante da sterminarle per defoglia- zione.
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