Famiglia : Viperidae
di Mauro Grano, Cristina Cattaneo e Grégoire Meier
La Vipera berus (Linnaeus, 1758), è un serpente appartenente alla famiglia dei viperidi ( Viperidae ), noto in Italia come Marasso o Marasso palustre. Questo nome, d’origine celtica, deriverebbe da un’arma e precisamente dalla contrazione di “madarasso”, del latino “mataris”, il giavellotto usato contro i Romani dagli antichi Galli.
Scientificamente il nome generico Vipera viene invece dalla contrazione di vivipara, dal latino “vivus” (vivo) e “parere, pario” (partorire, generare); quindi mettere alla luce dei piccoli perfettamente formati ed efficienti; mentre il nome specifico berus ha origine dal greco “béros” che vuol dire esatto, autentico, genuino. Il riferimento è inerente al fatto che moltissimi naturalisti hanno considerato questa vipera come la più comune e antica d’Europa.
Vipera berus contempla tre sottospecie: la sottospecie nominale Vipera berus berus (Linnaeus, 1758); Vipera berus bosniensis Boettger, 1889; Vipera berus sachalinensis Tzarewsky, 1917.
Zoogeografia
Vipera berus: corotipo Euro-Siberiano. Mostra una distribuzione eurasiatica in quanto la si riscontra dalla Gran Bretagna fino alle coste dell’Oceano Pacifico. In Europa presenta un’ampia diffusione nelle regioni centro-settentrionali, mentre in quelle meridionali si spinge fino alla Grecia settentrionale.
La sottospecie nominale Vipera berus berus (Linnaeus, 1758) ha un areale che si estende dall’Italia settentrionale alla Finlandia, raggiungendo a occidente la Gran Bretagna. In Italia è presente in tutte le regioni alpine, esclusa la Liguria, il Piemonte e in diverse regioni prealpine.
Vipera berus bosniensis Boettger, 1889 è diffusa nella Slovenia meridionale, Bosnia, Croazia, Serbia, Macedonia, Montenegro, Ungheria, Ucraina, Romania, Russia centrale e meridionale, Montenegro settentrionale e Grecia settentrionale.
Vipera berus sachalinensis Tzarewsky, 1917 mostra un areale che comprende la Mongolia settentrionale e la Siberia meridionale fino all’Isola di Sakhalin.
Ecologia-Habitat
In Italia questa vipera è osservabile in ambienti altomontani, subalpini e alpini tra i 1000 e i 2500 m di quota. Nel resto del suo areale lo si può riscontrare dal livello del mare fino ai 3000 m di altezza.
L’habitat tipico è costituito da ambienti quali praterie, pascoli, arbusteti, ghiaioni, frane, torbiere e muretti a secco. Spesso questi ambienti sono freschi e umidi e presentano un’escursione termica tra il giorno e la notte piuttosto ampia.
In alcuni casi i marassi sono soliti termoregolarsi tra le pietraie aride dei pendii, per poi spostarsi alla ricerca di cibo nelle zone pianeggianti sottostanti, caratterizzate da ambienti più umidi e più erbosi.
Ciò dimostra che questa vipera compie spostamenti più o meno lunghi, per svolgere le sue attività necessarie quali: caccia, accoppiamento e ricerca di microhabitat o di microclima idonei alle esigenze del momento. Questi spostamenti sono maggiormente visibili nel periodo che precede la latenza invernale, durante il quale i marassi cercano un rifugio idoneo per lo svernamento.
Al termine del periodo invernale non è raro osservare serpenti in siti “improbabili”, utilizzati esclusivamente per la termoregolazione e gli accoppiamenti, successivamente abbandonati in favore di altri habitat maggiormente idonei per svolgere attività quali caccia e gestazione. Queste aree di latenza invernale, di termoregolazione e di accoppiamento possono coincidere, come essere distanti tra loro centinaia di metri.
Morfofisiologia
Vipera berus ha un corpo relativamente slanciato, che raggiunge una lunghezza media tra i 50 e i 70 cm. Solitamente le femmine sono un po’ più grandi e massicce dei maschi. La testa ha una forma leggermente ovoidale e il muso, che si presenta dorsalmente piatto, visto di profilo è leggermente arrotondato.
La livrea di Vipera berus è variabile, per cui si possono incontrare esemplari dalla colorazione rossastra, giallognola, brunastra, grigiastra, biancastra e azzurrognola con un motivo dorsale a zig-zag nero, marrone o rossastro. In alcune popolazioni di marassi, una discreta percentuale di esemplari è melanica, vale a dire presenta una livrea totalmente nera, oppure vi sono esemplari che hanno una livrea particolarmente scura con molta pigmentazione nera. Tra ogni ansa del motivo dorsale, lungo i fianchi, generalmente è presente una macchia scura più o meno tondeggiante. La testa dei marassi è spesso caratterizzata da un motivo scuro che può ricordare una Y, una X o una V.
La parte ventrale presenta generalmente un colore nero, grigio o brunastro, a volte con piccole macchie, mentre la zona sottocaudale presenta una colorazione giallognola. La pupilla verticale spicca su l’iride che può essere rossa, marrone, giallastra o nera.
Etologia-Biologia Riproduttiva
Vipera berus si ciba prevalentemente di micromammiferi, sauri, salamandre, rane e allo stadio giovanile probabilmente anche di invertebrati. La caccia viene adattata al tipo di preda, per cui può essere all’agguato, quando vengono predati micromammiferi e sauri in attività, oppure può essere attiva, quando la vipera va alla ricerca di rane e salamandre tra la vegetazione, sotto pietre e tronchi caduti.
Il periodo di attività di Vipera berus è fortemente condizionato dalla quota altitudinale e dall’andamento delle stagioni, in quanto una primavera tardiva o un autunno anticipato possono determinare una latenza invernale che supera facilmente i sei mesi. Tuttavia normalmente Vipera berus è attiva da aprile fino a ottobre. I maschi sono i primi ad abbandonare il rifugio invernale per spostarsi nelle aree di termoregolazione. Infatti, contrariamente da quanto avviene in Vipera aspis, il ciclo sessuale dei maschi di Vipera berus presenta la sua acrofase in primavera. Devono perciò riprendere la loro attività con maggior anticipo rispetto alle femmine, in quanto hanno necessità di effettuare una termoregolazione di due-tre settimane per portare a termine la spermatogenesi.
Dopo aver effettuato la muta primaverile, i maschi mostrano una livrea dai colori molto sgargianti e vividi e si mettono immediatamente alla ricerca delle femmine per l’accoppiamento. I maschi raggiungono la maturità sessuale al quarto anno di età e le femmine al quarto-quinto anno. Le femmine si accoppiano solamente ogni due-tre anni, tempo necessario per accumulare nuovamente abbastanza nutrienti, grasso ed energia necessari per portare a termine lo sviluppo degli embrioni, essendo anch’esse ovovivipare.
L’accoppiamento ha luogo in primavera inoltrata ed è preceduto dai combattimenti rituali tra maschi. Lo sviluppo degli embrioni si protrae fino a tarda estate, di conseguenza le femmine non avranno tempo per effettuare un secondo ciclo alimentare prima della latenza invernale. Ciò rappresenta un rischio per la sopravvivenza di molte femmine, non avendo avuto la possibilità di immagazzinare sufficienti scorte di nutrienti e di grasso per affrontare la stagione invernale. Generalmente Vipera berus partorisce dai 5 ai 15 piccoli per volta, i quali hanno una lunghezza media di 14-23 cm.
Sinonimi
Coluber berus Linnaeus, 1758: 217; Coluber berus Laurenti, 1768: 97; Vipera berus Daudin, 1803: 89; Chersea vulgaris Fleming, 1822: 295; Berus vulgaris Swainson, 1839: 362; Pelias berus Günther, 1859: 226; Pelias berus Schubert, 1886; Vipera berus Boulenger, 1896: 476; Coluber berus Stejneger, 1907: 445; Vipera coronis aspoides Reuss, 1925; Vipera aspoides annulata Reuss, 1927; Vipera aspoides Reuss, 1927; Vipera berus Engelmann et al., 1993; Vipera berus McDiarmid, Campbell & Touré, 1999: 397; Vipera (Pelias) berus Venchi & Sindaco, 2006; Pelias berus Wallach et al., 2014: 541; Vipera berus berus (Linnaeus, 1758); Coluber berus Linnaeus, 1758; Pelias berus Merrem, 1820: 148; Vipera (Pelias) berus forma punctata Reuss, 1925; Vipera berus bosniensis Boettger, 1889; Vipera berus var bosniensis Boettger in Mojsisovics, 1889 [1888]; Vipera berus pseudaspis Schreiber, 1912; Vipera berus bosniensis Harding & Welch, 1980; Vipera berus bosniensis Ioannidis & Bousbouras, 1989; Vipera berus bosniensis Schweiger, 2009; Vipera berus bosniensis Kwet & Trapp, 2014; Vipera berus nikolskii (Vedmederya, Grubant & Rudajewa, 1986); Vipera nikolskii Vedmederya, Grubant & Rudajewa, 1986; Vipera berus var. prester Kowatscheff, 1905; Vipera prester (Linnaeus, 1761) (fide Khalikov, pers. comm.); Vipera nikolskii Engelmann et al., 1993; Vipera berus nikolskii Joger et al., 1997; Vipera nikolskii McDiarmid, Campbell & Touré, 1999: 407; Vipera berus nikolskii – Milto & Zinenko, 2005; Vipera (Pelias) nikolskii Venchi & Sindaco, 2006; Vipera berus nikolskii Vedmederya et al., 2009; Vipera berus nikolskii Zinenko et al., 2010; Pelias nikolskii Wallach et al., 2014: 544; Vipera berus sachalinensis Tzarevsky, 1917; Vipera berus sachalinensis Tzarevsky, 1916; Coluber sachalinensis sachalinensis; Vipera berus sachalinensis Shannon, 1956; Coluber sachalinensis continentalis Nikolsky, 1926; Vipera berus sachalinensis Harding & Welch, 1980; Vipera berus McDiarmid, Campbell & Touré, 1999: 399; Vipera berus sachalinensis Kucharzewsky, 2011; Vipera sachalinensis Pyron & Burbrink, 2013; Pelias sachalinensis Wallach et al., 2014: 545.
Considerazioni sul veleno delle vipere europee
Il veleno dei serpenti è una articolata combinazione di tossine, proteine ed enzimi, il cui effetto è correlato alla sua caratteristica e quantità. Il veleno è prodotto dalle ghiandole velenifere, che sono presenti sui due lati della testa, sotto e dietro l’occhio. Queste sono ghiandole salivari modificate e corrispondono alle ghiandole parotidi, presenti nei mammiferi. Per questo motivo il veleno può essere ragionevolmente definito come una saliva proteolitica ed emorragica.
Per poter iniettare il veleno nelle prede, la vipera si serve di due denti veleniferi, che hanno la caratteristica di essere canalicolati e collegati alle ghiandole velenifere tramite un apposito condotto. Questo consente il passaggio diretto del veleno dalla ghiandola al soggetto morsicato. Il veleno è il metodo principale con cui i serpenti velenosi si procurano il cibo, avviandone la digestione.
L’indole della vipera è tranquilla e non aggressiva, ma in situazioni di pericolo si difende; la sua unica modalità di difesa è il morso. Si deve partire dal presupposto che in nessun caso la vipera attacca l’uomo. Essa sfrutta il mimetismo per difendersi dai predatori. Infatti, tendenzialmente l’ofide si avvale dell’immobilità per rimanere inosservato. Tuttavia se l’uomo o un predatore si avvicina eccessivamente, la vipera cerca di fuggire ritirandosi nel suo rifugio, che spesso è nei dintorni. Se ogni via di fuga è interdetta, la vipera tenterà di apparire più minacciosa di quel che è realmente, gonfiando il proprio corpo, assumendo una postura difensiva ed emettendo un sibilo inspirando ed espirando profondamente aria nei polmoni. Questi segnali di avvertimento sono un invito ad allontanarsi. Se vengono ignorati e ci si avvicina ulteriormente, oppure si tenta di afferrare la vipera, questa si difenderà mordendo.
Come comportarsi in caso di morso
Cosa fare:
- Restare calmi ed evitare sforzi fisici. Se la persona colpita si agita, aumenta la contrazione muscolare con il conseguente drenaggio del veleno verso i vasi sanguigni. Per lo stesso motivo sarebbe consigliabile rimanere possibilmente immobili e aspettare i soccorsi.
- Togliere anelli, orologi, braccialetti e altro. Gli arti, le mani e i piedi possono gonfiarsi considerevolmente.
- Immobilizzare l’arto colpito mediante un bendaggio compressivo. Questo tipo di bendaggio deve essere fatto come si fosse creata una distorsione. Infatti, il veleno passa velocemente nelle vie linfatiche e solo dopo un certo intervallo di tempo arriva in circolo. In questo modo si cerca di ottenere il blocco della circolazione linfatica senza arrestare quella sanguigna.
- Trasporto in ospedale o in una struttura medica nel più breve tempo possibile.
Cosa non fare:
- Non applicare bendaggi emostatici. L’applicazione del laccio emostatico, se eseguita in modo scorretto, può provocare una diminuzione dell’apporto di ossigeno, ma anche una mancata eliminazione delle sostanze metaboliche. Questo potrebbe comportare un aggravamento del danno locale, con conseguente necrosi della zona e aumento del dolore. Inoltre al momento della rimozione del laccio emostatico, vengono messe in circolo le sostanze provenienti dalla parte lesa con conseguente grave shock, esito sia del morso che della ipoperfusione.
- Non incidere, succhiare, o bruciare la zona morsicata. L’incisione della cute eseguita da mani inesperte e con strumenti non idonei, può provocare danni che possono interessare tendini, nervi e vasi sanguigni. Se vengono recisi tendini e nervi, si possono provocare lesioni anche invalidanti e se vengono recisi i vasi, questo facilita l’entrata in circolo del veleno.
- Non ingerire o iniettare medicine senza un controllo medico. In ospedale i medici valutano la gravità dell’avvelenamento. Vengono monitorate e supportate le funzioni vitali. Si eseguono trattamenti per alleviare il dolore, per evitare infezioni e allergie. In caso di grave avvelenamento, di solito si ricorre alla somministrazione del siero, la quale deve essere praticata unicamente sotto controllo medico per poter contrastare una eventuale reazione anafilattica.