Le viole. Quelle scostumate … Le viole amano cambiar colore e infedeli per vocazione si ibridano facilmente. Le ultime varietà. Come si coltivano.
Testo © Giuseppe Mazza
I variopinti fiori recisi che occhieggiano dalle vetrine dei fioristi, e i giacinti bianchi, rossi e viola, che abbiamo appena ricevuto, non ci stupiscono certo per il colore. Dall’originale l’uomo ne ha tratti diversi, ed è normale che sia così.
Ma quando nelle gite in montagna, dopo aver fatto mazzetti di Viole farfalla (Viola calcarata), ne scopriamo di identiche gialle, e poi di bianche, rosse e bicolori, cominciano a sorgerci dei dubbi, perchè pensiamo istintivamente alla flora spontanea come a qualcosa di definito, immutabile dalla creazione.
Lo stesso se a fine febbraio, nei campi fuori città, troviamo fra l’erba delle Viole mammole (Viola odorata) candide come gigli. Il profumo è quello giusto, ma siamo disorientati e non sappiamo se coglierle per preparare più tardi, a casa, qualche violetta candita.
Sta di fatto che, già in natura, di per sé, le viole sono ambiziose e libertine.
Amano cambiar vestito, e spesso si sposano, senza troppo riflettere, anche al di là delle barriere della specie.
Se poi l’uomo gli da una mano, ibridandole a più riprese, i risultati superano l’immaginazione, e nessun nome appare più appropriato di “Viola del pensiero”.
Con i loro fantasiosi disegni fanno pensare a piccoli gnomi dai visetti sorridenti, evocano, nei libri, ricordi lontani, e soprattutto “danno da pensare” sulla loro origine a schiere d’imbarazzatissimi botanici.
Sono nate, sembra, da incroci e reincroci fra la Viola tricolor, la Viola lutea e la Viola altaica, ma nessuno può dirlo con certezza.
Fino a qualche anno fa, per le viole dei nostri giardini, si parlava di Viola tricolor maxima o di Viola tricolor hortensis, ma oggi, prudentemente, si preferisce usare il termine più vago di Viola Wittrockiana-Hybriden.
A loro, le viole, le dispute e i rompicapi interessano poco, orgogliose come sono d’appartenere ad una delle 7 famiglie botaniche di piante da fiore (su oltre 400 esistenti) che vantano rappresentanti in tutto il mondo. Oltre 900 specie, di cui almeno 400 appartenenti al genere Viola, che fa la parte del leone nelle zone temperate e fresche dell’emisfero boreale, del Sudamerica, Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda.
Per quanto sembri strano, alcune viole sono arbustive, ma per lo più si tratta di piante erbacee perenni, raramente annuali, che si sono adattate ad ambienti spesso difficili, come la tundra e le gelide terre che fronteggiano il polo nord.
Da noi, sulle Alpi, la Violetta gialla (Viola biflora) e la Viola farfalla, superano i 3000 m di quota, mentre la Viola eugeniae degli Appennini, raggiunge i 2500 m.
Come in ogni grande famiglia botanica, non mancano poi, anche nelle Violaceae, piante medicinali : le radici di tre specie tropicali hanno proprietà emetiche, e le nostre viole odorata e tricolor sono molto apprezzate in erboristeria per le virtù lassative, emollienti e antireumatiche.
Il fiore è sempre formato da 5 petali, e quello basso, centrale, possiede posteriormente uno sperone, più o meno lungo, che raccoglie il nettare. Gli insetti atterrano, attirati dalle vistose corolle e dal profumo, e per raggiungerlo seguono un “percorso obbligato”, suggerito da sfumature di colore e linee convergenti sui petali.
Vere e proprie “insegne al neon” dei piccoli ristoranti del prato, dove il prezzo da pagare è l’impollinazione.
La Viola mammola, e alcune altre, hanno poi inventato anche dei fiori speciali molto piccoli, detti “cleistogami” (da kleïstos = chiuso e gámos = nozze), che fanno a meno dei pronubi. Non sbocciano mai : restano chiusi verso l’esterno e si autofecondano, dando ugualmente dei frutti.
Nelle viole si tratta sempre di capsule, che si aprono, maturando, su tre lati, e proiettano intorno i semi. Sistema ottimo per la diffusione della specie, ma pessimo per i floricoltori che debbono raccoglierle una ad una, prima che esplodano, controllando ogni giorno se si sono rizzate e hanno assunto la tinta bianca-giallastra tipica della maturazione.
Ma quali sono le specie orticole ?
Anzitutto la graziosissima Viola cornuta, endemica dei terreni calcarei dei Pirenei. Poco nota, da noi, non prende il nome da tristi vicende d’infedeltà coniugale (tutte le viole, eccetto le cleistogame che praticano l’incesto, sono potenzialmente infedeli), ma dall’appariscente sperone, spesso più lungo dei petali.
Tollerante del freddo e dei climi continentali, si è affermata come pianta da giardino nell’Europa centrale, dove ha dato origine a cultivar con fiori, spesso grandi, in varie tonalità di blu o bianchi.
Poi viene la Viola mammola, un tempo molto coltivata in riviera per i famosi mazzetti che si offrivano alle signore. Come il delicato profumo svela l’umile presenza delle mammole fra l’erba, i mini-bouquet di violette simboleggiavano le numerose virtù delle dame, nascoste dalla modestia, ma evidenziate, lor malgrado, dalle opere.
Per sfruttarne a pieno le doti “seduttrici”, nel secolo scorso sono state ricavate varietà dal profumo intenso e persistente (nella forma spontanea purtroppo svanisce in fretta), a fiori doppi, e “quattro stagioni” con numerose fioriture nel corso dell’anno.
Ma la viola classica, la reginetta dei nostri giardini è, senza dubbio, la Viola del pensiero.
In italiano porta lo stesso nome volgare della Viola tricolor dei campi, ma anche se un po’ di tricolor vive certamente ancora nella Viola Wittrockiana-Hybriden, penso bisognerebbe almeno distinguerle in “Viola del pensiero” e “Viola del pensiero selvatica”.
Come per le rose, ogni anno escono cultivar sempre nuovi, spesso sorprendenti, con petali ondulati o piatti in infinite combinazioni di colori e disegni.
Le Viole del pensiero hanno bisogno di sole, terreno fertile ben drenato, e innaffiature frequenti. Fioriscono a partire da marzo-aprile, ma in riviera, dove il clima lo consente, sono generose di fiori durante tutto l’inverno.
Le pratiche colturali variano molto da regione a regione. Nei vivai si seminano (all’aperto o in cassoni freddi) in giugno per avere dei fiori in autunno, in luglio-agosto per le fioriture di primavera e in gennaio per quelle estive delle località alpine.
Anche se la Viola Wittrockiana-Hybriden potrebbe essere coltivata come biennale, si preferisce infatti estirparla dopo la prima fioritura, perchè poi la pianta cresce disordinatamente e i fiori scarseggiano.
C’è anche chi consiglia di spargere direttamente i semi sul terreno, in autunno, ma in genere, per ottenere precisi effetti decorativi, è preferibile partire dalle piantine. Qualche concimazione liquida dopo il trapianto, le renderà subito rigogliose e pronte a fiorire.
Per conservare ibridi particolarmente riusciti, si interviene, in luglio, con talee di 2-5 cm dei rami laterali non fioriferi, spesso già provvisti di radici. Vanno messe in un miscuglio di sabbia e torba, e poi in vasetti con un composto più ricco dove, secondo il clima, aspettano l’autunno o la primavera per essere trapiantate in giardino.
RICETTA VIOLETTE CANDITE
Bollire, in un litro d’acqua, 1 kg di zucchero con una noce di glucosio, fino ad ottenere uno sciroppo al 35/40 % (misurabile con un pesa sciroppi). Immergere rapidamente i fiori delle Viole mammole ed estrarli con lo schiumatore, ponendoli ad essicare su di un graticcio.
GARDENIA – 1988
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