Famiglia : Carcharhinidae
Testo © Sebastiano Guido
Lo Squalo pinna bianca del reef ( Triaenodon obesus Rüppell, 1837) appartiene alla sottoclasse degli Elasmobranchii, i pesci a scheletro cartilagineo, all’ordine dei Carcharhiniformes ed alla famiglia dei Carcharhinidae, la cui pinna dorsale manca di spine mentre la coda presenta un lobo superiore molto più sviluppato di quello inferiore.
Come tutti i Carcharhiniformes presenta una membrana nittitante sugli occhi, cinque fessure branchiali, una coppia di pinne dorsali ed una pinna anale.
L’etimologia del genere deriva dal greco “triaina” (tridente) ed “odon” (dente), quindi “denti a tre cuspidi”, mentre quello della specie, obesus, dal termine latino che indica appunto obeso, in netta contraddizione con l’aspetto di questo pesce. In effetti, nell’intenzione di Rüppell, questo termine avrebbe invece il significato contrario, in quanto utilizzando la particella intensitiva “ob” ed aggiungendovi “ésus”, participio passato di “edere” (mangiare, consumare), significherebbe consunto, sottoalimentato, anoressico ad indicare così al mondo naturalistico quanto questa specie sia una “Twiggy” degli squali.
Il nome italiano di squalo pinna bianca del reef, indica che le punte delle pinne dorsali e della coda terminano con un triangolino bianco, sottolineando nel contempo la sua diversità dallo squalo pinna bianca oceanico ( Carcharhinus longimanus Poey, 1861), che è di dimensioni quasi doppie e contrariamente al Triaenodon obesus, che è timido, si rivela di sovente aggressivo nei confronti dell’uomo.
Zoogeografia
È uno squalo di acque calde, presente lungo le barriere coralline del mar Rosso, dell’oceano Indiano e del Pacifico, nei reef dell’Australia e dell’Oceania giungendo poi, nell’estremo est del Pacifico, alle Cocos e alle Galapagos fino a spaziare sulle coste americane dalla California meridionale al Costa Rica.
Ecologia-Habitat
Il Triaenodon obesus vive in stretto contatto dei reef, dove spesso durante il giorno lo si può trovare riparato in piccole grotte o sotto acropore e sporgenze. Non è raro trovarlo inoltre a riposare su spiazzi sabbiosi che inframmezzano la barriera o nei passaggi che portano al mare aperto.
Le profondità che predilige variano dagli 8 ai 40 m, anche se ne è stato pescato un esemplare a circa 300 m.
Morfofisiologia
La lunghezza massima registrata è di 203 cm, mentre la media è di 160 cm. Il peso massimo registrato dal Dr. John E. Randall è di 27,7 kg. Una silhouette insomma se confrontata con la maggioranza degli squali Carcharhinidae. Le caratteristiche principali, quando lo si incontra sott’acqua, sono la forma slanciata, da squalo un po’ anoressico, con lunghe pinne superiori terminanti in un triangolino bianco.
L’occhio, se avrete la possibilità di esaminarlo, perché il pesce è molto timido e rifugge i contatti ravvicinati coi subacquei, è chiaro e con pupilla verticale, posto circa a metà del muso dove spiccano, bene evidenti le pieghe di Schneider all’ingresso di quei fori, assimilabili a narici, da cui si dipartono i recettori che consentono a ogni squalo di avvertire presenze infinitesimali di sangue nell’acqua.
La bocca, proporzionata alle dimensioni del muso, presenta due file di denti sottili e acuti costituiti da una cuspide centrale più lunga cui si affiancano ai lati una o due piccole punte. Il corpo snello presenta un dorso scuro, con macchie irregolari nerastre che fanno pensare a lentiggini, che si schiarisce lungo i fianchi fino a raggiungere il bianco ventre.
Le due pinne pettorali falcate, sono poco più lunghe della prima pinna dorsale, situata a metà del corpo. La zona che precede il peduncolo caudale ospita la seconda pinna dorsale dalle dimensioni poco inferiori alla prima e la pinna anale ad essa speculare.
Come in tutti gli squali, in posizione lievemente arretrata rispetto alla prima pinna dorsale, sporgono dal ventre le pinne pelviche che nei maschi vengono prolungate dagli pterigopodi, delegati alla fecondazione delle partner. La coda è eterocerca, con lungo lobo superiore.
Etologia-Biologia riproduttiva
Abitualmente timido e inoffensivo, potrebbe aggredire se messo alle strette o impedito a fuggire da una cavità in cui sia nascosto. Incontrato in acque aperte tende sempre a evitare i subacquei che possono vederlo più facilmente solo facendo apnea senza andargli incontro, lasciando che sia lui ad avvicinarsi. Con un pizzico di fortuna se ne possono incontrare parecchi esemplari riuniti assieme a riposare o a girovagare con indolenza rasenti al fondo, forse raggruppati sul luogo dai feromoni di qualche femmina.
Si nutre principalmente di pesci ed in misura minore di crostacei e molluschi che caccia prevalentemente nelle ore notturne.
L’accoppiamento avviene molto rapidamente e a contatto del fondo in quanto il maschio, dovendo trattenere tra i denti la pinna pettorale della femmina è impossibilitato a respirare. La gestazione porta alla nascita di un massimo di 6 piccoli (abitualmente 2 o 3) e si protrae per un tempo di circa 10-13 mesi. I giovani, appena nati, variano dai cinquanta ai sessanta di centimetri e raggiungeranno la maturità dopo almeno 8 anni di vita. È stato riportato un caso di riproduzione asessuata in un acquario ungherese.
La popolazione è in brusco arretramento per la pesca, specialmente quella praticata con la dinamite in parecchie zone dell’areale dove vive. La resilienza della specie è molto bassa e il tempo di raddoppio della popolazione può superare i 14 anni. L’indice di vulnerabilità è molto alto, raggiungendo quota 83 (2017) su scala 100.
Sinonimi
Carcharias obesus Rüppell, 1837; Traenodon obesus Rüppell, 1837; Trianodon obesus Rüppell, 1837; Triaenodon apicalis Whitley, 1939.
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