Famiglia : Malvaceae
Testo © Pietro Puccio
La specie è originaria dell’America tropicale, ma non se ne conosce l’esatto luogo di origine essendo già ampiamente coltivata in epoca precolombiana, secondo alcuni potrebbe essere la foresta pluviale del bacino amazzonico, a basse altitudini, dove molte specie di Theobroma si trovano allo stato spontaneo.
Il nome del genere, dato da Linneo, è la combinazione dei termini greci “theos” = dio e “broma” = cibo, quindi cibo degli dei, come era considerato nella tradizione Maya e Azteca; il nome specifico è quello spagnolo della pianta che a sua volta deriverebbe dall’azteco “cacahuatl” = acqua amara.
Nomi comuni: cacao, cacao tree, chocolate tree, cocoa (inglese); ke ke (cinese); cacaoyer (francese); albero del cacao, cacao (italiano); cacaoboom (olandese); árbore de cacao, árvore-da-vida, cacaoeiro, cacau, cacau-da-mata, cacaueiro, cacueiro, cacauí, cupuaçu da mata, cupuí (portoghese); kakao, shokoladnoe derevo (russo); árbol del cacao, cacaotero, cacaoeiro, cacaueira, cacaueiro, cacauzeiro (spagnolo); echter kakaobaum, kakaopflanze (tedesco); ko ko (thailandese).
Il Theobroma cacao L. (1753) è un albero sempreverde alto fino a circa 12 m, ma in coltivazione viene mantenuto più basso, 2-4 m, mediante potature per facilitare la raccolta, con fusto eretto dalla corteccia di colore grigio-bruno; le foglie sono alterne, ellittico-oblunghe o oblungo-obovate con margine intero leggermente ondulato ed apice lungamente appuntito, lunghe 10-30 cm e larghe 5-12 cm.
Infiorescenze in cime, su un peduncolo di circa 1,2 cm di lunghezza, direttamente su legno vecchio del tronco o dei rami principali (caulifloria), con fiori ermafroditi di 1,2-1,8 cm di diametro.
Il calice è rosa con lobi lanceolati lunghi 0,6-0,8 cm dai margini provvisti di minuscoli peli, la corolla è formata da 5 petali, ognuno dei quali forma alla base una specie di cappuccio translucido, con bande porpora nella parte interna, che si riduce ad una sottile striscia retroflessa per poi allargarsi nuovamente in una sorta di bandiera di colore giallastro, 5 staminoidi (stami sterili) lineari che circondano lo stilo, e 5 stami fertili ripiegati in modo tale che le antere vengono a trovarsi all’interno del cappuccio formato dai petali.
L’impollinazione è generalmente incrociata, effettuata principalmente da piccoli insetti appartenenti all’ordine dei Ditteri (Diptera L., 1758), essendo l’autoimpollinazione difficile per la particolare posizione delle antere sopra riportata; del gran numero di fiori che la pianta produce solo qualche per cento viene fecondato e dà luogo a un frutto maturo.Il frutto, che impiega 5-6 mesi a maturare, è una drupa ellissoide, di 10-30 cm di lunghezza e 5-12 cm di diametro, percorsa longitudinalmente da 10 solchi, di colore biancastro, verde o rosso, il pericarpo è legnoso, quando essiccato, spesso 0,4-0,8 cm. I semi, circondati da una polpa mucillaginosa (arillo) dal sapore particolarmente gradevole, e disposti in 5 celle longitudinali in numero di 10-14 per cella, sono ovoidi, leggermente compressi, lunghi 1,5-2,5 cm, larghi 1-2 cm e spessi 0,4-1 cm, costituiti da una membrana esterna di colore bruno, coriacea, da una sottile pellicola interna biancastra, dai due cotiledoni e dal minuscolo embrione con la relativa radichetta.
Oltre alla specie è riconosciuta una forma, il Theobroma cacao f. pentagonum (Bernoulli) Cuatrec. (1964), ed una ben nota sottospecie, il Theobroma cacao subsp. sphaerocarpum (A. Chev.) Cuatrec. (1964).
Quest’ultima è chiamata “cacao forastero” ed è oggi, con le sue varietà, la più coltivata in assoluto, perché più veloce di crescita e più resistente a malattie e condizioni ambientali avverse, anche se dà un prodotto di minore qualità rispetto a quello ricavato dalla specie e sue varietà, il “cacao criollo”, più delicate e con una resa inferiore; dal loro incrocio si sono ottenute piante che danno un prodotto dalle caratteristiche intermedie, chiamato “cacao trinitario”.
Si riproduce generalmente tramite i semi che devono essere messi a dimora, dopo averli puliti dalla mucillagine che li riveste, in breve tempo avendo una germinabilità di breve durata, circa una settimana dall’estrazione dal frutto, salvo particolari trattamenti. I semi possono essere messi direttamente a dimora se il terreno è ombreggiato o altrimenti in semenzaio, germinano in circa 2 settimane e le giovani piante vanno tenute ombreggiate per almeno i primi 3-4 anni, poi possono essere trasferite gradualmente in posizione più luminosa, ma sempre almeno sotto una leggera ombreggiatura; per riprodurre una data varietà si ricorre all’innesto, verso i tre anni di età, alla talea o alla margotta.
L’albero inizia a produrre dal quarto-quinto anno, fiorisce e fruttifica pressoché in continuazione, se le condizioni di temperatura e umidità sono favorevoli, ma generalmente si hanno due stagioni di massima raccolta, diverse a seconda della località; i frutti vengono tagliati manualmente dalla pianta quando completamente maturi. La produzione media di un albero è di 1-2 kg di semi essiccati.Si adatta a climi tropicali e subtropicali sia relativamente secchi che molto umidi, ma preferisce quelli con temperature elevate e costanti, con minime giornaliere superiori a 18 °C, anche se può sopportare per breve periodo temperature minori, ma non inferiori a 13 °C, e piogge abbondanti e distribuite lungo tutto l’arco dell’anno. Può essere coltivato orientativamente nella fascia compresa tra il 20° parallelo Nord e Sud, a basse altitudini, ma la resa maggiore si ha più vicino all’equatore, entro il 10° parallelo. Richiede terreni profondi, dove la sua radice fittonante può spingersi fino a 2 m di profondità, sciolti, umidi, ma ben drenati e aerati, essendo le radici sensibili ai ristagni idrici e a scarsa ossigenazione, e ricchi di sostanza organica; teme particolarmente il vento, va quindi posizionata in zone riparate o con opportune barriere frangivento oppure, come spesso avviene, in associazione con altre colture (banani, palme, alberi d’alto fusto ecc.) che hanno la doppia funzione di riparare dal vento e fornire una parziale ombreggiatura.
I semi contengono approssimativamente dal 40 al 50% di olio, 13% di proteine, 35% di carboidrati, alcaloidi, principalmente teobromina, circa 2%, ed in misura minore caffeina, vitamine B e C e minerali; l’olio, solido a temperatura ambiente, è composto dal 37% di acido oleico, 34% di stearico, 26% di palmitico, 2% di linoleico e tracce di altri acidi che costituisce quello che è comunemente chiamato burro di cacao, utilizzato in massima parte per la produzione del cioccolato, e in misura minore anche in medicina e nella industria cosmetica.
Per l’estrazione del cacao e del burro i frutti, chiamati “cabosse”, vengono rotti ed i semi estratti e ripuliti della maggior parte della mucillagine che li riveste, vengono quindi posti a fermentare in vasche o fosse per 2-10 giorni, coperti generalmente da foglie di banano e rimescolati periodicamente.
Questa operazione ha lo scopo di eliminare i residui di mucillagine, facilitare l’asportazione della pellicola che li ricopre, bloccare la crescita dell’embrione, far perdere in parte il sapore amaro e soprattutto produrre una serie di alterazioni chimiche che contribuiranno a dare il caratteristico aroma, sapore ed elevata concentrazione di antiossidanti, la più alta di qualsiasi cibo, che poi caratterizzerà il cacao, la fermentazione è pertanto il passaggio più importante nella sua produzione; successivamente i semi vengono essiccati al sole o in opportuni essiccatoi. In alcuni paesi dell’America continentale i semi vengono cosparsi con della terra argillosa rossa, che oltre a dare un colore uniforme li rendono meno alterabili.Queste operazioni vengono generalmente effettuate nei pressi del luogo di raccolta, i frutti essiccati vengono quindi inviati nei paesi dove subiranno gli ulteriori processi di lavorazione, in primo luogo la tostatura, a 100-140 °C per circa un’ora, altro processo critico che condiziona le caratteristiche del prodotto finale, i cotiledoni tostati hanno già infatti il caratteristico aroma e sapore del cioccolato. Dopo la tostatura, che riduce l’umidità a qualche per cento e rimuove indesiderabili componenti e parassiti, i semi subiscono un processo di vagliatura per rimuovere dai cotiledoni la pellicola esterna e la radichetta embrionale, che conferirebbe al prodotto finale un sapore sgradevole. I cotiledoni tostati vengono quindi macinati ottenendo, a caldo, una massa viscosa chiamata “liquore di cacao” da cui si ricava, mediante pressione, il burro di cacao e dal residuo solido, che contiene ancora dal 10 al 20% circa di grassi, mediante macinazione, la polvere di cacao, queste sono le materie base per la produzione degli innumerevoli tipi di cioccolato.
Sinonimi: Cacao sativa Aubl. (1775); Cacao minar Gaertn. (1791); Cacao minus Gaertn. (1791); Cacao theobroma Tussac (1811); Theobroma integerrima Stokes (1812); Theobroma caribaea Sweet (1830); Theobroma pentagonum Bernoulli (1869); Theobroma saltzmanniana Bernoulli (1869); Theobroma leiocarpum Bernoulli (1871); Theobroma kalagua De Wild. (1899); Theobroma sativa (Aubl.) Lign. & Le Bey (1904); Theobroma sativum (Aubl.) Lign. & Bey (1904); Theobroma sapidum Pittier (1932).
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