Famiglia : Colubridae
Testo © Dr. Gianni Olivo
Come si era verificato per il Boomslang (vedi scheda del Dispholidus typus ), il telotornite, di cui un tempo era conosciuta solo la specie meridionale (vedi scheda Thelotornis capensis capensis), essendo un colubride (Colubridae), era considerato innocuo.
In seguito, alcuni casi di morso di cui furono vittime erpetologi, anche famosi, morsi trascurati proprio a causa dell’erronea convinzione che il veleno di tutti i colubridi fosse innocuo per l’uomo, rivelarono che alcuni di essi possiedono veleni letali e, per di più, mortali in dosi molto basse. Tra le vittime più famose ricordiamo Karl Shmidt, del museo di storia naturale di Chicago, ucciso nel 1957 da un boomslang e Robert Mertens, altro noto erpetologo tedesco, che morì nel 1975, proprio per il morso di un Telotornite, non la specie di cui stiamo parlando ma una sottospecie di savana.
Si sa che circa il 25% dei colubridi sono velenosi, ma si era sempre creduto che il loro veleno fosse efficace solo su piccole prede. A parte i casi ormai noti del boomslang e dei telotorniti africani, ben pochi sono i reports che dimostrino la pericolosità di altri colubri, tuttavia io sono convinto che si avranno, in futuro, dimostrazioni della potenziale letalità di altre specie. In effetti, nella stesura del mio libro sui “Serpenti velenosi e grandi costrittori”, ho inserito alcune testimonianze di casi di avvelenamento grave anche in altre parti del mondo, ad esempio in Sudamerica, ad opera di colubridi come il Serpente corridore verde (Philodryas olfersii), che pare aver causato la morte di un bambino, che accusò inarrestabili emorragie, il che, come vedremo, farebbe pensare ad un veleno ad azione simile a quella delle dei telotorniti, oppure di Elaphomorfus bilineatus o serpente diadema dell’Argentina, che quasi causò la morte di un erpetologo, sempre a seguito di sindrome emorragica e di altri ancora.
Il fatto è che gran parte dei colubridi velenosi, vuoi per scarsa aggressività vuoi perché dotati di un apparato di inoculazione meno perfezionato dei viperidi e degli elapidi, causano più raramente avvelenamenti, ma ritengo che un minimo di prudenza nel maneggiarli e nel catalogarli come innocui si imponga. Essendo opistoglifi, hanno generalmente le zanne velenifere poste piuttosto posteriormente nella cavità orale e devono “masticare” per almeno un secondo per permettere al veleno di colare nella ferita, anche perché le zanne stesse non sono perfezionati aghi da iniezione come quelle di vipere, crotali ed elapidi e questo può generare un pericoloso senso di sicurezza.
Tornando al Telotornite di foresta, si tratta di un colubride arboricolo tipico della foresta pluviale e presente dalla Sierra Leone e forse dalla Guinea lungo la fascia di costa ricoperta di foreste che borda il golfo di Guinea, in Cameroon, in tutto il bacino del Congo, in Gabon e fino alla parte occidentale della Tanzania, all’Uganda ed al Rwanda. Io ne trovai un esemplare ad Ovest di Bangui, in Repubblica centroafricana, per cui ritengo che anche in tale paese sia presente, almeno nella fascia meridionale.
Si tratta di uno snello serpente arboricolo, con testa allungata ed appuntita, a punta di freccia, occhio grande, con pupilla (caratteristica di tutti i telotorniti), che assomiglia ad un buco di serratura, posto orizzontalmente. Una caratteristica che le diverse specie di twig-snake (serpe ramoscello) condividono con il boomslang è l’ottima vista, di tipo (caso raro tra i serpenti) binoculare, che consente loro (a differenza di gran parte dei serpenti che distinguono bene solo oggetti in movimento) di localizzare la preda anche se è immobile. Questo è di grande aiuto nella caccia ad alcune lucertole arboricole e particolarmente ai camaleonti, che hanno l’abitudine di rimanere immobili per ore.
Vi è tuttavia una differenza fondamentale nella conformazione anatomica che consente la visione binoculare nei telotorniti e nel boomslang: la testa del boomslang è corta e con muso smusso, per cui i due grandi occhi sono posti molto in avanti e l’apice del muso non ostacola granché la visuale, nei telotorniti, invece, il muso è lungo ed appuntito e l’occhio è abbastanza indietro, per cui, per ovviare all’inconveniente, vi è una sorta di scanalatura o “grondaia” che corre dall’occhio in avanti, fino all’apice del muso.
Il corpo è cilindrico, e la coda è lunga e sottile, le squame sono leggermente carenate e disposte, a metà lunghezza del corpo, in 19 file oblique. La lunghezza media è di un metro, ma può arrivare a 160 cm e si tratta, quindi, di una delle specie più grandi, i nuovi nati sono lunghi circa 25 cm ed estremamente sottili.
Il colore è oltremodo mimetico, marrone o grigio, con picchiettature scure, ma possono esservi delle varianti, inoltre, come per tutti gli animali di foresta pluviale, area scarsamente conosciuta ed esplorata, anche la colorazione potrebbe riservare sorprese. Il ventre e le guance sono chiari e la parte superiore della testa è verde, caratteristica che lo distingue nettamente dalla specie di savana che può coesistere nella parte più meridionale del suo areale di distribuzione (Angola settentrionale e Zambia Nord-occidentale.
È un rettile diurno e trascorre gran parte del tempo sulle piante, preferendo rami non molto in alto (non si tratta di un serpente tipico della “forest canopy”) ma si avventura a terra, dove sviluppa una notevole velocità. Può rimanere immobile per lunghi periodi, ed in tal caso è ben difficile distinguerlo da un ramo, e, come tutti i telotorniti, può muovere la parte anteriore del corpo a ritmo con i movimenti provocati dal vento tra i rami. L’avvicinamento alla preda avviene lentamente o a piccoli scatti in avanti, ondeggiando, quando la preda stessa è distratta, fino all’attacco finale, che è fulmineo.
Se avvicinato da un supposto pericolo, mentre è immobile, si rende visibile muovendo verticalmente la lingua bifida, che è vivacemente colorata e che serve da avvertimento. Se ciò non è sufficiente, “gonfia” la parte anteriore del corpo ed il collo, ma in maniera ben diversa da altri serpenti. Mentre il boomslang allarga tale parte del corpo in forma cilindrica ed altri serpenti appiattendola orizzontalmente (cobra, mamba, serpenti tigre australiani), tutti i twig-snakes la appiattiscono in senso verticale. Se viene ulteriormente disturbato può decidersi a mordere ed in tal caso tenderà a mantenere la presa ed a masticare sulla parte colpita per far colare il veleno nella lesione provocata dai denti.
Tuttavia, spesso, come fanno altri serpenti velenosi (ad esempio certi cobra), può semplicemente colpire con il muso l’intruso, quale avvertimento a lasciarlo in pace, salvo poi mordere sul serio se ulteriormente provocato. In definitiva, si tratta di un rettile tutto fuorchè aggressivo e bisogna mettersi d’impegno o afferrarlo per farsi mordere. Caccia soprattutto camaleonti, agamidi degli alberi, gechi ed altre lucertole, oltre ad uccelli e nidiacei, ma sono riportati casi di predazione anche su serpenti e piccoli mammiferi.
Caccia generalmente tra i rami, spesso colpendo dall’alto in basso la preda, ma a volte insidia anche piccoli roditori mentre si trovano a terra, generalmente colpendoli da un ramo basso sul terreno. Lo si può incontrare, oltre che in foresta, anche in parchi e giardini di cittadine e paesi non lontani da aree di foresta. La riproduzione è ovipara (da 4 a 12 uova di lunghezza massima di 3 cm e mezzo) ed i nuovi nati misurano 25 cm di lunghezza.
Il veleno è poco studiato, ma simile a quello delle specie di savana e provoca emorragie imponenti, ma con insorgenza spesso tardiva (altro fatto che può indurre in facili e malriposti ottimismi). Non esiste siero efficace ed il paziente va trattato con terapia di supporto e trasfusioni fino a che l’effetto del veleno non sia esaurito. In ogni caso non mi risultano casi noti di avvelenamento umano, essendo i casi conosciuti attribuibili a specie di savana.
Nomi comuni. Inglese: Forest twig-snake, Forest vine snake; tedesco: Twig schlange; francese: Brindille, Serpent d’oiseaux de forêt; spagnolo Ramita de serpiente; portoghese: Galho de cobra; tedesco: Twig schlange; swahili: Jani nyoka.
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