Famiglia : Strelitziaceae
Testo © Prof. Pietro Pavone
Strelitzia è un genere di piante erbacee Monocotiledoni appartenenti alla famiglia Strelitziaceae, ordine Zingiberales, originario dell’Africa australe.
Il nome Strelitzia si deve a Joseph Banks (1743-1820), botanico inglese, a lungo presidente della Royal Society, che volle dedicarlo a Carlotta Sofia di Mecklenburg-Strelitz (1744-1818), moglie di George III (1760-1801), re di Gran Bretagna e Irlanda. Banks, grazie alla sua cospicua disponibilità economica, ha finanziato esploratori botanici per raccogliere piante in tutto il mondo. S’ipotizza, infatti, che abbia introdotto in Inghilterra, con l’aiuto del re Giorgio III, circa 30.000 esemplari di piante esotiche, sia come esemplari vivi, sia sotto forma di semi, ma anche come campioni essiccati e disegni, descrivendo oltre 1400 specie nuove per la Scienza.
Strelitzia nicolai Regel & Körn. si riscontra fra la vegetazione delle dune e nelle foreste sempreverdi in prossimità della costa dell’Africa sud-orientale (Botswana, KwaZulu-Natal, Mozambico, Zimbabwe).
Il nome comune del genere Strelitzia è “fiore dell’uccello del paradiso”, in Africa meridionale “fiore della gru”. La specie si chiama volgarmente “uccello del paradiso gigante” o “banana selvatica del Natal”. Talora è anche chiamata “isigude”, “igceba”, “inkamanga”.
Strelitzia reginae fu la prima specie del genere a essere introdotta da Banks in Europa, nel Giardino Reale di Kew nel 1773. Nel 1789 fiorì suscitando, per la bellezza delle infiorescenze e dei fiori, grande ammirazione in particolare dai floricoltori dell’epoca.
Anche nel Giardino Botanico Imperiale di San Pietroburgo erano presenti esemplari di Strelitzia ma di un’altra specie conosciuta con il nome che Carl Peter Thunberg (1743-1828), nel 1792, aveva chiamato Strelitzia augusta, oggi sinonimo di Strelitzia alba (L.f.) Skeels (1792). A metà del XIX secolo questi esemplari coltivati nel Giardino avevano raggiunto un’altezza di 8 metri con un tronco alto circa 6 metri. Al momento della fioritura, però, si dimostrarono diversi fra loro. Infatti, in alcuni di essi, oltre alla bellezza del portamento e delle foglie, si aggiunse la bellezza delle infiorescenze con spate viola, da cui si ergevano i fiori con tepali esterni (sepali) bianchi e interni (petali) blu.
Queste magnifiche fioriture furono osservate da due botanici tedeschi: Eduard August von Regel (1815-1892) e Friedrich August Körnicke, (1828-1908). Regel dal 1875 era il direttore del Giardino, giunto a San Pietroburgo dopo un’ampia esperienza in altri giardini botanici (Giardino di Gottinga, di Bonn, di Berlino e di Zurigo).
Körnicke era il curatore dell’erbario del Giardino di San Pietroburgo, per poi diventare, a Bonn, professore di botanica presso l’Accademia agraria di Poppelsdorf. I due botanici ritennero questi esemplari appartenere a una nuova specie che descrissero nella pubblicazione Gartenflora 7: 265 (1858), in lingua tedesca, e che chiamarono Strelitzia nicolai in onore del Granduca Nikolaj Nikolaevič Romanov (1856-1929), Alto Protettore dell’Associazione Orticola Russa di San Pietroburgo. È molto probabile che, in una spedizione di piante dall’Africa meridionale, questa particolare fioritura possa essere sfuggita ai raccoglitori. Infatti, denominarono con il nome di Strelitzia augusta tutti gli esemplari che avevano raccolto e spedito.
Strelitzia nicolai è una pianta perenne, sempreverde, simile a un banano, con tronchi multipli che formano densi cespi, alti 5-12 m, legnosi nelle piante adulte, formati dai piccioli fogliari dopo il distacco delle foglie.
Le foglie, disposte a ventaglio in cima ai tronchi, hanno lamina da oblunga a ovata di circa 150 x 60 cm, color grigio verde lucido, generalmente arrotondate alla base o raramente cordate, portate da lunghi piccioli. La nervatura centrale è molto evidente e le secondarie, che corrono fino al margine fogliare, sono numerose e parallele.
La fioritura avviene tutto l’anno, maggiormente in primavera-estate. Dall’ascella delle foglie escono 2-3 infiorescenze, che durano 4-5 mesi. Ciascuna è costituita da una spata al cui interno si formano i fiori. In totale ogni infiorescenza produce circa 20-30 fiori. È nella spata inferiore che si forma il maggior numero di fiori (10-12), mentre nelle altre il numero di fiori si riduce del 20-30% e spesso alcuni fiori restano all’interno senza uscire. Le spate hanno forma navicolare e sono grandi (45 cm circa), cerose, coriacee, generalmente orizzontali, di colore bluastro con sfumature rosse.
La singola infiorescenza, larga circa 18 cm e lunga circa 45 cm, ricorda la testa dell’uccello del paradiso, con cresta bianca e becco viola.
Da ogni spata, con un intervallo di 3-5 giorni, emergono in sequenza i fiori, lunghi 20 cm circa. Ciascun fiore ha un perianzio formato da tre tepali esterni (sepali), bianchi, e da due interni (petali) di colore blu, lunghi quanto quelli esterni, appuntiti, con un lembo a forma di dardo, saldati insieme per racchiudere gli organi della riproduzione. Il terzo tepalo interno è molto piccolo.
Gli stami sono 5, poiché uno è abortito, le antere sono molto lunghe, lineari. L’ovario è infero e triloculare. Lo stilo è lungo, filiforme, con stigma a tre lobi lineari, che presto si avvolgono tra loro.
La durata dell’antesi, dal momento in cui i petali blu fuoriescono dalla brattea fino ad appassire, dura 5-6 giorni, mentre i petali bianchi durano fino a 20 giorni. I petali blu, che racchiudono le antere e gli stili, passano, nel giro di 2 giorni, dalla posizione quasi orizzontale ad una inclinata di 10-20° rispetto alla orizzontale. Dopo l’emersione dei petali blu, già al primo giorno, i lembi si aprono e le antere liberano masse polliniche appiccicose.
Lo stilo resta dentro e così s’impedisce l’autoimpollinazione ma al secondo giorno diviene ricettivo e si ricopre di essudato appiccicoso. Al 3-4° giorno l’angolo aumenta a circa 45° mentre e lo stilo emerge completamente. Al 5-6° giorno dall’antesi i petali blu appassiscono e si dispongono in posizione verticale.
La pianta produce molto nettare ma di bassa qualità e la produzione è massima durante il giorno. Questa particolarità, congiuntamente alla struttura dei fiori e alle masse polliniche ammassate, richiede vettori affidabili e specializzati come gli uccelli Nettarinidi. Anche la disposizione degli elementi fiorali, che offre appoggio agli uccelli, facilita l’accesso al nettare e di conseguenza garantisce l’impollinazione.
Uno studio (Frost S.K. & P.G.H, Frost Oecologia (Berl) 49:379-384 – 1981), condotto nella foresta costiera nello Zululand, in Sud Africa, ha messo in evidenza che i fiori di Strelitzia nicolai sono visitati prevalentemente da quattro specie di uccelli Nectariniidae: Cyanomitra olivacea (A.Smith, 1840), Cyanomitra veroxii (A.Smith, 1831), Chalcomitra amethystina (Shaw, 1812) e Hedydipna collaris (Vieillot, 1819). Questi uccelli quando si posano abbassano i petali i cui lembi si aprono liberando il polline che prontamente aderisce alle loro zampe.
Il polline, che è aggregato in masse filamentose appiccicose, in seguito si trasferisce dalle zampe allo stigma di un altro fiore, in quantità sufficiente già in un’unica visita, garantendo una sicura fecondazione. In questo modo ogni fiore anche se visitato solo una volta produce 12-18 semi, relativamente grandi (0,3 g), che riempiono la capsula triloculare. L’alto numero di semi prodotti nell’area di studio attesta l’efficacia degli uccelli Nettarinidi come impollinatori. Sono stati visti anche altri visitatori attratti dal nettare, ma in modo saltuario, come i piccoli primati notturni galagidi (Galagidae Gray, 1825), farfalle, formiche e api.
Gli insetti non sempre entrano in contatto con il polline sia perché incapaci di aprire i lembi che racchiudono le antere, sia perché avanzando sul polline e sullo stigma, che sono appiccicosi, rischiano di attaccarsi a essi. Dove mancano gli impollinatori, in particolare gli uccelli, la quantità di semi vitali è molto bassa perché si formano solo grazie all’autoimpollinazione.
In autunno-inverno si formano i semi, numerosi, di colore nero, con un arillo lanoso, ricco di lipidi, di colore arancione brillante. Questo colore contribuisce ad attrarre gli uccelli che, nutrendosi dell’arillo, facilitano la dispersione dei semi. La dispersione dei semi è operata anche dal Cercopiteco verde (Chlorocebus pygerythrus (F. Cuvier, 1821) e dal Samango (Cercopithecus mitis albogularis (Sykes, 1831), primati che si nutrono delle parti molli dei fiori e dell’arillo.
Strelitzia nicolai è una pianta molto ornamentale sia per il portamento imponente e sia per il denso fogliame. È coltivata all’aperto nelle regioni a clima mite ed è sufficientemente resistente alla siccità. Infatti, predilige esposizioni soleggiate e terreno fertile, ben drenato, ma teme il freddo.
Si moltiplica per seme o per divisione di polloni in primavera. È una pianta facile da coltivare, abbastanza resistente ai parassiti e richiede poca manutenzione. Talora può essere attaccata dalla cocciniglia farinosa o cotonosa che si può facilmente eliminare con l’olio di Neem, un insetticida di origine vegetale, o nei casi d’infestazioni diffuse, con l’olio bianco. I trattamenti sono da evitare in estate e consistono nello spruzzare le foglie in modo da creare una sottile patina in grado di intrappolare e uccidere i parassiti.
Nei luoghi di origine gli indigeni utilizzano i piccioli fogliari essiccati per realizzare corde, per costruire recinti per gli animali (kraal) e reti per i pesci. I semi immaturi sono commestibili e di buon sapore.
Sinonimi: Strelitzia alba subsp. nicolai (Regel & Körn.) Maire & Weiller; Strelitzia quensonii Lem.
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