Famiglia : Stegostomatidae
Testo © Sebastiano Guido
Lo Squalo zebra (Stegostoma fasciatum Hermann, 1783) appartiene alla sottoclasse degli Elasmobranchii, pesci a scheletro cartilagineo, all’ordine degli Orectolobiformes ed alla famiglia Stegostomatidae, di cui è l’unico membro. Come tutti gli Orectolobiformes presenta la bocca in posizione avanzata rispetto agli occhi, cinque fessure branchiali, una coppia di pinne dorsali senza spine ed una pinna anale.
Il nome del genere deriva dalle parole greche “stego” (copertura) e “stoma” (bocca), forse per illustrare meglio il sistema di cattura utilizzato nella caccia: la copertura con la bocca della preda, addossata al fondo, con successivo risucchio della stessa. Il nome della specie, fasciatum, sta a indicare le strisce che i giovani della specie possiedono e che si trasformeranno in macchie di ghepardo da adulti. Queste strisce danno origine anche al nome italiano di squalo zebra (che taluni chiamano anche squalo leopardo).
Zoogeografia
È uno squalo di acque tropicali e subtropicali, presente dalle coste occidentali dell’India fino alle estreme propaggini dell’Oceania, di cui evita però le zone più fredde quali le acque della parte meridionale dell’Australia. È ugualmente presente nel Madagascar e sulla costa africana dalla Somalia al Mozambico. Sporadiche segnalazioni anche in mar Rosso e golfo Persico dove però il pesce è quasi completamente scomparso.
Ecologia-Habitat
Lo Stegostoma fasciatum vive in stretto contatto col fondo, da poco sotto la superficie fino a circa 90 m dove lo si può trovare adagiato su fondali sabbiosi o detritici specie nelle zone di corrente in cui giace con la bocca aperta rivolta al flusso dell’acqua.
Questa postura gli consente di respirare meglio pur rimanendosene immobile. Le cose cambiano di notte, quando inizia la ricerca del cibo. Allora l’animale si sposta con un vigoroso nuoto fatto di ondulazioni del corpo, che la lunga coda potenzia esponenzialmente.
Morfofisiologia
La lunghezza massima registrata è di 3,54 m, ma la dimensione media di quelli in cui ci si imbatte è di 2,5 m. Le caratteristiche principali, quando lo si incontra sott’acqua, sono il corpo quasi ovoidale allungato davanti, che all’altezza delle pinne pelviche inizia a restringersi per terminare gradualmente nella coda, un robusto tronco senza soluzione di continuità col corpo, bordata con ampio margine inferiore e una “criniera” più risicata di sopra. Il grosso tronco, negli esemplari adulti, è caratterizzato da cinque creste (due per lato più una centrale) che lo percorrono, dandogli un aspetto spigoloso.
Il corpo dei giovani è percorso da fasce verticali bianche e scure, disposte irregolarmente nel primo segmento toracico. Diventando adulti, gradualmente le strisce si trasformano in chiazze e gli danno un aspetto più da ghepardo che da zebra. Il ventre è bianco. Subito sotto le fenditure delle branchie partono due pinne pettorali molto ampie, con gli stessi marcati disegni del corpo sulla parte superiore. Dalla cresta mediana dorsale emergono gradualmente due larghe pinne dalla punta arrotondata, la prima delle quali ampia due volte la seconda. Quest’ultima pare uscire dove finisce la prima. La pinna anale, contrapposta alla seconda dorsale, emerge in posizione più arretrata, mentre le due pinne pelviche, di forma quasi romboidale, sono poste poco all’indietro rispetto alla prima pinna dorsale. Una coda quasi orizzontale di lunghezza poco inferiore al corpo e con un dentello finale completa la sagoma e la arricchisce del suo ricco ventaglio. L’occhio piccolo, concolore al corpo e con iride verticale, è poco visibile, ed è seguito a poca distanza da uno spiracolo di dimensioni poco superiori.
La bocca, è piccola e ricca di minuscoli denti che di primo acchito possono far pensare a una grattugia. È collegata con due solchi cutanei alle narici da cui pendono due minuscoli barbigli.
Etologia-Biologia riproduttiva
Si può considerare inoffensivo anche se, provocato ed impossibilitato alla fuga, potrebbe reagire provocando ferite lacero contuse. Può essere accostato quindi senza timori con l’avvertenza, comune a qualsiasi avvicinamento, di evitare mosse brusche e di tenere sempre d’occhio ogni piccolo cambiamento nella postura del pesce, che potrebbe preannunciare un attacco. Come lo squalo nutrice Nebrius ferrugineus, di cui condivide molte caratteristiche si nutre di pesci e di ogni genere di invertebrati, che caccia prevalentemente nelle ore notturne risucchiandoli dal fondale grazie alla grande facoltà di estensione della faringe, che ampliandosi funge da pompa aspirante.
Il pesce è oviparo e dopo l’accoppiamento, durante il quale il maschio trattiene la femmina mordendole una pettorale, lei depone le uova a piccoli gruppi isolati. L’aspetto di queste è di grossi involucri, dal colore bruno scuro o rossiccio, che si ancorano al substrato per mezzo di sottili filamenti. La deposizione può raggiungere o superare di poco la quarantina di uova, che dopo un periodo di 2/4 settimane (in cattività), si schiuderanno dando alla luce i piccoli. I bebè, alla nascita, possono misurare mediamente una trentina di centimetri.
La popolazione è in brusco arretramento per il degrado dell’habitat e per la pesca che ne sfrutta la carne, le pinne e l’olio estratto dal fegato. La resilienza della specie è molto bassa e il tempo di raddoppio della popolazione va dai 4 anni e mezzo ai 14. L’indice di vulnerabilità è molto alto, raggiungendo quota 77 (2017) su scala 100.
Sinonimi
Squalus fasciatus Hermann, 1783; Stegastoma fasciatum Hermann, 1783; Stegostoma fasciata Hermann, 1783; Stegostoma fasciaturn Hermann, 1783; Stegostoma fasciatus Hermann, 1783; Squalus tygrinus Bonnaterre,1788; Squalus longicaudus Gmelin,1789; Scyllia quinquecornuatum Van Hasselt, 1823; Scyllium heptagonum Rüppell, 1837; Stegostoma carinatum Blyth, 1847; Squalus cirrosus Gronow, 1854; Stegostoma varium Garman, 1913; Stegatoma varium Garman, 1913; Stegostoma varius Garman, 1913; Stegostoma tigrinum naucum Whitley, 1939.
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