Solanum tuberosum

Famiglia : Solanaceae

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Testo © Prof. Giorgio Venturini

 

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La Patata (Solanum tuberosum ) può superare anche 1 m d'altezza © Giuseppe Mazza

La Patata (Solanum tuberosum L., 1753) è una pianta erbacea che raggiunge da 60 a 150 cm di altezza (variabile a seconda della varietà) appartenente alla famiglia delle Solanaceae.

Il nome Solanum deriva dal latino “solamen” = consolazione, conforto, per le proprietà medicamentose e sedative di alcune specie di questo genere (Solanum in latino era il nome del Solanum nigrum); quello della specie, tuberosum, viene dal latino “tuberum” = bernoccolo, escrescenza, ma anche tartufo, in riferimento alla produzione di tuberi.

Il nome italiano patata, come l’inglese potato deriva da una confusione tra il tubero del Solanum tuberosum e quello della Ipomoea batatas, la patata dolce, una convolvolacea di origine centroamericana che le popolazioni Caraibiche Taíno chiamavano “batata”. La confusione è stata anche facilitata dal fatto che il nome in lingua quechua è papa.

I progenitori selvatici della patata sono originari del Sud America, in particolare degli altipiani delle Ande, dalla Colombia al Cile. In questa area sono presenti più di duecento specie selvatiche. La maggiore diversità si incontra nella regione del lago Titicaca.

Attualmente la patata è ampiamente coltivata in tutti i continenti, e rappresenta la quarta pianta più coltivata del pianeta, superata soltanto dal grano, dal riso e dal mais.

Morfologia

Durante i primi stadi dello sviluppo, gli steli hanno un portamento eretto ma, raggiunta la maturità, in corrispondenza con la produzione dei tuberi, assumono un portamento prostrato e spesso ingialliscono. La pianta è pelosa, con fusti ramificati e succulenti ed è caratterizzata da stoloni sotterranei che formano dei tuberi. Le foglie sono pennato-composte, con 7-9 foglioline alternate. Infiorescenze terminali, con fiori a cinque petali, che possono essere bianchi, rosa, blu o porpora, con stami gialli. I fiori sono portati da un peduncolo di 2-3 cm. Dopo la fioritura alcune varietà producono un frutto sferico, giallastro o purpureo, di 2-3 cm di diametro, tossico, contenente numerosi semi (fino a 300). Altre varietà hanno fiori imperfetti, non producono frutti e si riproducono quindi soltanto per via vegetativa. Il tubero, di colore molto variabile a seconda della varietà, si forma come un rigonfiamento della parte terminale dei lunghi stoloni sotterranei grazie all’accumulo di amido, ed è ricoperto da una sottile epidermide. Le patate vengono impollinate da insetti, soprattutto da Imenotteri del genere Bombus. L’impollinazione è in genere incrociata, ma si può anche verificare una autoimpollinazione. La patata si riproduce anche vegetativamente, piantando al suolo tuberi o loro parti. Si deve ricordare che erroneamente i tuberi, o le loro parti, che vengono interrati per riprodurre le piante vengono chiamati “patate da seme” e si usa il termine di “seminare” le patate.

Valore nutrizionale

La patata apporta soprattutto carboidrati (19 g /100 g di patata lessa), ma anche proteine (2 g), è inoltre ricca di oligoelementi e di diverse vitamine, tra cui soprattutto la vitamina C, il che rende il tubero un importantissimo alimento anti scorbuto.

Storia

I primi abitanti delle Americhe, durante il loro spostamento verso sud, incontrarono diverse specie di solanacee che producevano tuberi commestibili e molto probabilmente ne fecero uso.

I fiori a cinque petali possono essere bianchi, rosa, blu o porpora, con stami gialli © Giuseppe Mazza

I fiori a cinque petali possono essere bianchi, rosa, blu o porpora, con stami gialli © Giuseppe Mazza

Ancora oggi nel Sud-Ovest degli Stati Uniti i Navajos talvolta consumano arrostiti i piccoli tuberi di specie selvatiche come Solanum jamesii. Molto ricco di piante di questo tipo è anche il Messico, ma non abbiamo informazioni su tentativi di coltivazione al di fuori del Sud America. È probabile che la coltivazione di patate iniziò già migliaia di anni prima dell’arrivo degli Europei, sugli altipiani interni della Colombia, dell’ Ecuador, della Bolivia e del Perù, verosimilmente grazie alle peculiari condizioni climatiche e alla disponibilità di specie selvatiche idonee. Nelle stesse regioni, a quote inferiori, gli antichi Americani avviarono la domesticazione del mais, mentre alle quote elevate, oltre alla patata, vennero coltivate piante, preziose per l’elevato contenuto proteico dei semi, come la Quinoa (Chenopodium quinoa, un parente dello spinacio) e la Kiwicha (Amaranthus caudatus).

La patata in particolare, che con alcune sue varietà cresce fino a quote ben superiori ai 4000 metri, permise il popolamento degli altipiani andini e ha rappresentato per molti secoli la base dell’alimentazione per queste popolazioni. È probabile che Solanum tuberosum derivi dalla domesticazione della specie selvatica Solanum stenotomum ibridata con Solanum sparsipilum o con qualche altra specie. Questa ibridazione avrebbe dato origine a Solanum tuberosum andigena, diffusamente coltivata nelle regioni Andine settentrionali e successivamente, attraverso altre ibridazioni, a Solanum tuberosum tuberosum diffusa soprattutto in Cile.

Le popolazioni Americane coltivarono moltissime varietà di patata, adatte alle diverse quote e usi. Ancora oggi in Sud America si coltivano centinaia di varietà diverse, appartenenti a numerose specie e sottospecie. Nel solo dipartimento Peruviano di Huancavelica, si coltivano almeno 600 varietà di patata, appartenenti a specie diverse oltre a Solanum tuberosum, come Solanum ajanhuiri, Solanum juzepczukii, Solanum goniocalyx (molto utilizzata con il nome di “papa amarilla”) e a ibridi di queste specie con Solanum tuberosum. Queste diverse specie sono caratterizzate da numeri di cromosomi diversi, multipli di un valore aploide n=12 (esistono forme a n=24, n=36, n=48 e n=60, probabilmente derivanti a fenomeni di poliploidizzazione e ibridazione). Molti studiosi pensano che la forma originaria sia quella a n=24 (forse Solanum brevicaule).

Il primo incontro degli Europei con la patata avvenne probabilmente nel 1536, quando la spedizione di Gonzalo Jimenez de Quesada, superata la valle del Rio Magdalena, in Colombia, raggiunse gli altipiani. Nel villaggio di Sorocotà, racconta Juan de Castellanos, gli indigeni fuggirono all’arrivo degli Spagnoli e questi, entrati nelle capanne trovarono mais, fagioli e “tartufi”. Lo spagnolo descrive accuratamente sia i “tartufi” che la pianta che li produce, che è proprio la patata, e ne elogia il sapore. Due anni più tardi Cieza de Leòn incontra di nuovo la patata e la descrive accuratamente in uno scritto nel 1550, riportandone il nome indigeno di “papa” e citando la sua importanza alimentare. La descrizione di Cieza de Leòn viene in genere considerata come la prima scoperta, grazie al fatto che la relazione di Castellanos, anche se precedente, fu pubblicata a stampa soltanto nel 1886.

Originaria dell'America è oggi coltivata in tutto il mondo con innumerevoli varietà © Giuseppe Mazza

Originaria dell'America è oggi coltivata in tutto il mondo con innumerevoli varietà © Giuseppe Mazza

Gli Spagnoli compresero presto l’importanza di sfruttare economicamente la patata nelle loro colonie Americane: molti ad esempio si arricchirono costringendo schiavi indigeni a coltivare patate che poi servivano a sfamare altri schiavi indigeni che estraevano l’argento nelle miniere del Potosì: mano d’opera a costo zero.

La patata originariamente importata in Europa fu probabilmente la andigenum, caratterizzata da tuberi di forma molto irregolare e con occhi molto pronunciati. Soltanto in seguito giunse la specie che oggi si coltiva in Europa, cioè Solanum tuberosum. Secondo molti studiosi questa specie è originaria del Cile, in particolare delle regioni meridionali (Isola di Chiloè e regioni vicine), dove sono presenti Solanum tuberosum selvatici.

Altri autori contestano questa ipotesi sia per motivi storici, in quanto ai tempi in cui la patata raggiunse l’Europa i collegamenti tra il Cile meridionale e l’Europa erano scarsi e lentissimi, sia per la presenza di forme molto simili coltivate all’epoca in regioni molto più settentrionali del Sud America, come nella regione di Bogotà.

Le prime patate vennero coltivate in Europa come piante ornamentali. La coltivazione della patata a scopo alimentare ebbe inizio probabilmente in Spagna dopo il 1564, infatti resoconti di quell’anno non accennano alla pianta come derrata coltivata, ma certamente prima del 1573, quando la patata faceva già parte delle diete di uno degli ospedali di Siviglia. Forse le prime coltivazioni spagnole si ebbero nelle campagne lungo la costa del Golfo di Biscaglia, ad opera delle famiglie di marinai Baschi che avevano portato i tuberi dall’America.

Dopo la Spagna la patata raggiunse probabilmente l’Inghilterra, dove sembra essere arrivata nel 1588, si dice ad opera del navigatore, corsaro e favorito della Regina Elisabetta Sir Walter Raleigh, uno degli esploratori delle Americhe e promotore della loro colonizzazione. Sembra che lo stesso Raleigh la abbia fatta coltivare nelle sue terre in Irlanda, dando origine alla enorme diffusione in quel paese. La fama di Raleigh è anche dovuta alla introduzione dell’uso del tabacco in Inghilterra. La prima descrizione botanica della patata è del 1596, ad opera dell’inglese John Gerard che la chiama patata della Virginia, a causa di un malinteso sulla provenienza degli esemplari che osservò (probabilmente la Virginia era stata una tappa nel viaggio degli esemplari verso l’Europa).

Patate e tartufi

La confusione tra patate e tartufi si origina fin dal primo contatto degli Europei con la patata: Castellanos infatti, il primo spagnolo che la vide, la chiamò tartufo (trufa). Questo equivoco si perpetuò sia per quanto riguarda il nome che le proprietà. In Italia venne adottato il nome di “tartuffolo” (in Liguria, Lombardia, Piemonte e Val d’Aosta i nomi dialettali Truffa, Tartifola e simili vengono ancora oggi utilizzati) che poi divenne anche cartuffolo (da cui il tedesco Kartoffel). Questa confusione terminologica coincise con la attribuzione alla patata dei poteri afrodisiaci di cui si considerava dotato il tartufo, anche nei paesi che avevano adottato nomi non collegati al tartufo.

All'occhiello di Re Luigi XVI venne pubblicizzata con banchetti e colture nobiliari mal custodite © Mazza

All'occhiello di Re Luigi XVI venne pubblicizzata con banchetti e colture nobiliari mal custodite © Mazza

Questa fama era tanto diffusa che Shakespeare cita la patata come afrodisiaco, intorno al 1599-1601.

Shakespeare, Merry Wives of Windsor, atto 5, scena 5 (Falstaff crede di dover dividersi tra due donne, Mrs. Ford e Mrs. Page e invoca una pioggia di afrodisiache patate)

“Let the sky rain potatoes”
“Che piovano patate” (tradotto spesso in italiano come tartufi che noi consideriamo più afrodisiaci delle patate: anche Boito, nel libretto per il Falstaff Verdiano, fa piovere Tartufi).

Quasi tutte le antiche descrizioni delle proprietà alimentari della patata la considerano favorevole alla procreazione e causa di flatulenza (vale la pena di citare la voce un po’ dispregiativa dell’Encyclopédie: “un alimento abbastanza sano agli uomini che non chiedono altro che sfamarsi. Si condanna la patata, e a ragione, perché provoca flatulenza, ma che importanza hanno i flati se gli organi dei contadini e dei lavoratori sono vigorosi?”

Alla fine del ‘500 la patata era ormai nota in gran parte dell’Europa, ma soprattutto come pianta ornamentale.

Al di fuori della Spagna e dell’Inghilterra forti furono le resistenze a utilizzarla, se non come cibo per gli animali.

La patata era considerata causa della lebbra e della scrofola, vista la forma bitorzoluta e piena di “occhi” simile alle lesioni lebbrose (la dottrina medica dei “segni” affermava che forme simili curavano o provocavano malattie simili, ad esempio la Hepatica nobilis, con le sue foglie color fegato avrebbe curato le malattie epatiche). Inoltre la patata non era citata dalla Bibbia e quindi venne rifiutata da fondamentalisti religiosi, ad esempio in Scozia o in Russia. A questo si deve aggiungere il rifiuto per tutto ciò che è nuovo o diverso ma soprattutto il fatto che la patata è simile a piante fortemente tossiche, come il Solanum nigrum, la belladonna, etc., e che è essa stessa tossica nelle sue parti verdi.

Soltanto in Prussia il Re Federico Secondo aveva costretto i contadini a coltivarla e a cibarsene, sotto pena di pesanti sanzioni (dal 1756 per decreto regio ogni nucleo familiare doveva consumare almeno 2 kg di patate alla settimana, senza distinzioni tra popolo e nobili). Il Re promulgò anche norme sull’uso chiarendo che le patate dovevano essere consumate cotte.

Emblematico è quello che avvenne in Francia, dove, ancora nella seconda metà del ‘700, l’alimento veniva rifiutato o utilizzato soltanto per gli animali (il parlamento Francese nel 1748 aveva proibito la coltivazione della patata, perché causa della lebbra).

Il farmacista e agronomo Antoine Agustin Parmentier era stato prigioniero dei Prussiani ai tempi della Guerra dei sette anni (1756-1763) e durante la prigionia aveva imparato ad apprezzare le patate come alimento, intuendone inoltre le proprietà anti-scorbuto. Al suo rientro in Francia si adoperò per la diffusione dell’uso della patata, riuscendo a indurre la Facoltà di Medicina di Parigi a dichiarare la patata commestibile e soprattutto a interessare al problema il Re Luigi XVI.

I tuberi sono ricchi in carboidrati, ma anche proteine, oligoelementi e vitamine, soprattutto la C © Giuseppe Mazza

I tuberi sono ricchi in carboidrati, ma anche proteine, oligoelementi e vitamine, soprattutto la C © Giuseppe Mazza

Di fronte alle resistenze dei contadini Parmentier escogitò un geniale trucco psicologico: convinse il Re a far coltivare patate in campi di proprietà reale, recintati e guardati a vista dai militari, dando quindi l’impressione di una coltivazione preziosa ed esclusiva. I militari avevano però l’ordine di allentare la sorveglianza di notte e quindi i bravi contadini si affrettarono a rubare le preziose patate per coltivarle nei loro orti e cibarsene sentendosi tanti Re!

Quando poi scoppiò una grave carestia, nel 1785, le patate salvarono dalla fame il nord della Francia. Parmentier nella sua campagna a favore della patata utilizzò i metodi propri della moderna pubblicità, organizzando banchetti a base di patate cui invitava ospiti illustri, tra cui Franklin (allora ambasciatore degli Stati Uniti) e il grande chimico Lavoisier, e inviando al Re e alla Regina Maria Antonietta bouquets di fiori di patata di cui essi si ornarono in publico. Parmentier è anche noto per aver introdotto la vaccinazione antivaiolosa obbligatoria nell’esercito Napoleonico (1805) e al suo nome sono legate molte ricette culinarie a base di patate. Alla fine del ‘700 la coltivazione della patata era ormai diffusa in Europa e in alcuni paesi il tubero era divenuto parte essenziale della alimentazione delle classi meno agiate, grazie alla elevata produttività e all’alto contenuto di nutrienti.

La patata in Irlanda

La coltivazione della patata in Irlanda iniziò come abbiamo già detto alla fine del ’500 e, a partire dal ‘700, era diffusa in gran parte dell’Isola. Tra il ‘700 e l’800 i grandi proprietari, in genere Inglesi o Irlandesi residenti in Inghilterra dedicarono le loro terre alla coltivazione del lino, dei cereali o all’allevamento. Le famiglie di contadini che lavoravano queste terre avevano a disposizione per il proprio uso piccolissimi appezzamenti coltivati a patate, da cui dipendevano interamente per la sopravvivenza. Nelle regioni più povere del paese la patata era invece l’unico prodotto. In pratica quindi la popolazione Irlandese viveva di patate accompagnate da poco latte e rarissima carne (si stima che il consumo medio pro capite fosse di 5-6 kg di patate al giorno). Le prime avvisaglie della precarietà di questa situazione si ebbero nel 1816 e poi nel 1820, quando annate particolarmente sfavorevoli diminuirono gravemente la produzione di patate e provocarono la morte di migliaia di contadini.

Nel 1845 comparve una infestazione di peronospora (Phytophthora infestans, un oomicete) che distrusse buona parte del raccolto di patate. L’anno successivo l’attacco si manifestò nuovamente. Il risultato della perdita quasi completa del raccolto di patate per due anni successivi fu catastrofico: si calcola che almeno un milione di persone perse la vita per inedia e un numero superiore fu costretto ad emigrare, alimentando quindi le comunità Irlandesi soprattutto nel Nord America e in Australia (secondo il censimento del 1841 la popolazione irlandese era di 8.175.124 persone, ma almeno un milione di senza tetto non venne censito; il totale quindi superava probabilmente i 9 milioni. Nel 1851 la popolazione era scesa a circa 6 milioni! Nonostante la situazione drammatica i proprietari terrieri continuavano l’esportazione in Inghilterra del grano e del bestiame senza che per altro dall’Inghilterra giungessero soccorsi.

La patata è attaccata da vari insetti, in particolare la dorifora che può sfogliarla completamente © Giuseppe Mazza

La patata è attaccata da vari insetti, in particolare la dorifora che può sfogliarla completamente © Giuseppe Mazza

Le reazioni Inglesi furono scarse, tardive ed inefficaci: Deputati alla Camera dei Comuni dichiararono che sarebbe stato bene “abbandonare I’lrlanda all’azione delle “cause naturali”, per non incitare un popolo indolente a vivere della pubblica carità”, il ministro Trevelyan affermò che Dio aveva punito i cattolici irlandesi per la loro devozione al Papa e la carestia venne definita “una benedizione inviata dalla Divina Provvidenza per dare una lezione agli irlandesi”. Quando nei porti la popolazione affamata tentò di impedire che i cereali e il bestiame venissero esportati dall’Irlanda affamata all’Inghilterra si ebbero interventi dell’esercito che sparò sulla folla. Sono da ricordare altri interventi del ministro Trevelyan che scrisse che il problema della sovrappopolazione in Irlanda viene risolto da una “Provvidenza onniscente, in maniera così inaspettata e imprevista da risultare probabilmente efficace”, e ancora “Il grande male con cui dobbiamo fare i conti non è quello fisico rappresentato dalla carestia, ma il male morale rappresentato dal carattere turbolento, caparbio ed egoista della popolazione irlandese”.

La patata in Italia

Sembra che l’introduzione della patata in Italia si sia verificata ad opera dei Carmelitani Scalzi che la portarono in Liguria dalla Spagna. La coltivazione si estese poi in Piemonte, soprattutto nelle comunità Valdesi. La diffusione dell’uso della patata in Italia fu stimolata da interventi pubblici, mediati anche dalle autorità ecclesiastiche: è del 1793 un opuscolo intitolato “De’ pomi di terra, ossia patate”, inviato a tutti i parroci rurali della Serenissima Repubblica di Genova, in cui si elogiano le proprietà nutritive ed organolettiche del tubero e si impartiscono consigli sulla coltivazione e sull’uso culinario.

La patata in America

Dopo il suo viaggio in Europa la patata conquistò il Nord America: le prime patate giunsero in Nord America nel 1621, quando il Governatore di Bermuda, Nathanial Butler, inviò al governatore della Virginia delle casse contenenti patate e altri vegetali. Le prime coltivazioni stabili si ebbero intorno al 1719 nel New England, ad opera di immigranti Scozzesi o Irlandesi. Da allora la patata ebbe un enorme sviluppo e oggi l’Idaho è il maggior produttore. È da ricordare che durante la corsa all’oro nel Klondike (1897-1898) le patate venivano praticamente scambiate con l’oro a parità di peso. Di oro ne avevano tanto ma non si poteva mangiare!

Proprietà tossiche

Come tutte le solanacee la patata contiene degli alcaloidi tossici, soprattutto la solanina e una molecola simile, la chaconina. Queste sostanze sono presenti in tutte la parti della pianta, ma soprattutto nelle parti verdi e nella buccia del tubero. La solanina è termostabile e quindi non viene distrutta dalla cottura. Le varietà più comuni di patata contengono 10-20 mg di alcaloidi per kg, mentre il tubero verde raggiunge i 250-280 mg/kg e la buccia verde i 1500-2200 mg/kg.

Le 'Bleue d'Artois' è una curiosa varietà violacea al taglio che cuocendo diventa blu © Giuseppe Mazza

Le 'Bleue d'Artois' è una curiosa varietà violacea al taglio che cuocendo diventa blu © Giuseppe Mazza

I tossicologi consigliano di non superare una assunzione di 10-20 mg (ma la dose tossica è di molte volte superiore) quindi una alimentazione a base di patate non è tossica, purché vengano eliminate le bucce e vengano scartati i tuberi verdi o germoglianti. La tossicità della solanina è dovuta a diversi meccanismi: inibisce la acetilcolinestrasi, cioè l’enzima che rimuove il neurotrasmettitore acetilcolina dalle sinapsi e quindi provoca una eccessiva stimolazione di alcune cellule nervose, sia nel sistema nervoso centrale che in quello autonomo, danneggia inoltre le membrane cellulari, può essere teratogena (causa di malformazioni nel neonato) e sembra che possa interferire con la membrana dei mitocondri, scatenando i meccanismi della morte cellulare programmata (la morte cellulare programmata, o apoptosi, è un meccanismo mediante il quale l’organismo elimina le cellule superflue, invecchiate, danneggiate o infettate). Queste sostanze rappresentano importanti meccanismi di difesa della pianta contro i parassiti, soprattutto funghi e insetti.

La patata contiene anche degli inibitori delle proteasi, enzimi necessari per la digestione delle proteine. Questi inibitori partecipano alla difesa contro parassiti, insieme alle lectine, altre sostanze contenute nella pianta, che, tra l’altro, inibiscono le funzioni dell’apparato digerente degli aggressori. Queste sostanze sono termolabili e quindi non rappresentano un problema per la alimentazione umana, venendo distrutte dalla cottura.

Malattie della patata

Numerosi sono i patogeni che possono colpire le patate, tra cui diversi virus, batteri come il Pectobacterium carotovorum, alcune crittogame come la celebre Peronospora della patata (Phytophtora infestans), responsabile della catastrofica carestia Irlandese dell’800, nematodi tra cui il famoso Nematode dorato (Heterodera rostochiensis), o insetti come la Dorifora della patata (Leptinotarsa decemlineata), l’insidioso Grillotalpa (Gryllotalpa gryllotalpa) o il ben noto Maggiolino (Melolontha melolontha). Oggi nei confronti di questi patogeni sono disponibili numerosi metodi di lotta chimica o biologica.

Usi tradizionali

Le popolazioni degli altopiani andini avevano messo a punto un metodo per essiccare e conservare le patate che ancora oggi è estremamente diffuso. Il prodotto che si ottiene, indicato dal nome quechua chuño, è commerciato in tutti i mercati del Peru e dei paesi vicini ed entra in moltissime ricette tradizionali. Il metodo consiste essenzialmente nel far congelare le patate, in genere di piccole dimensioni, lasciandole di notte all’aperto: il prodotto in via di scongelamento viene premuto con i piedi scalzi per eliminare l’acqua. L’operazione viene ripetuta in genere per tre cicli di congelamento e spremitura e infine con l’esposizione al sole si elimina l’acqua residua. Il chuño si conserva senza problemi per diversi anni. Esistono prodotti che variano per aspetto e colore, indicati con nomi diversi.

Un mercato in Equador con numerose varietà locali di patate © Pablo Castillo Cuevas

Un mercato in Equador con numerose varietà locali di patate © Pablo Castillo Cuevas

È comune sugli altipiani Peruviani incontrare donne impegnate a calpestare patate sparse a terra.
Un altro prodotto peruviano è la chakta una bevanda fortemente alcolica ottenuta dalla distillazione di patate fermentate. La produzione tradizionale prevedeva che le patate venissero masticate per permettere l’avviamento della fermentazione: infatti la fermentazione richiede che l’amido contenuto nella patata venga prima trasformato in glucosio e questo si può ottenere grazie agli enzimi contenuti nella saliva (sullo stesso principio si basava la produzione tradizionale della chicha, una birra ottenuta da mais pre-masticato, oggi prodotta con mais germinato).

Aspetti sacri e cerimonie

Alla patata e alla sua coltivazione, vista la straordinaria importanza per la alimentazione delle popolazioni andine, erano associati numerosi riti propiziatori (alcuni dei quali ancora praticati). Lo spargimento di sangue sulle patate da semina o sul terreno era una pratica diffusa, con molte varianti: sangue derivato dal sacrificio umano o di animali veniva versato prima o dopo l’interramento delle patate da seme; durante i festeggiamenti nel periodo della semina si svolgevano combattimenti più o meno ritualizzati, che portavano allo spargimento di sangue in cui venivano intinte le patate. Il versamento del sangue simboleggiava il trasferimento, alla patata o al terreno, della forza di cui il sangue era simbolo. Inoltre un evento importante come la semina non poteva certo svolgersi senza una offerta alla “Pachamama”, la Madre Terra (o meglio Madre Mondo). Nel primo scavo praticato per la semina venivano poste delle foglie della sacra Coca (l’offerta della coca alla Pachamama viene ancora oggi effettuata in molte occasioni: molti autisti non intraprendono un viaggio senza aver fatto l’offerta e un barcaiolo sul Titicaca getta quattro foglie in acqua appena salpato).

Per la coltivazione della patata il terreno veniva dissodato dagli uomini, che utilizzavano una particolare vanga, la taclla, ancora oggi usata in alcune località, identica a quella incaica. Seguivano le donne che rovesciavano le zolle (la distribuzione del lavoro tra i sessi variava nelle diverse regioni). Il campo così preparato veniva lasciato a riposo per tutto l’inverno e seminato con i tuberi in primavera.

L’opera di distruzione dissennata messa in atto dai conquistatori Spagnoli ci ha privato della maggior parte delle testimonianze artistiche dei popoli sud Americani. Una traccia della patata è rimasta nelle meravigliose ceramiche pre-incaiche Nazca o Moche, dove il tubero, spesso antropomorfizzato, è protagonista. Anche in Irlanda alla coltivazione della patata erano associate attività rituali, legate ad esempio alla data di semina, che in molte regioni si doveva iniziare rigorosamente il venerdì santo, indipendentemente dal periodo in cui ricorreva, oppure veniva sparso sale sulle patate prima della semina. Sul solco veniva infisso un palo di legno di cipresso e il giorno dell’Ascensione si spruzzava acqua santa sulle piante. La grande carestia, in alcune regioni dell’Irlanda, venne associata alle Fate: si credeva che nel giorno di San Giovanni le Fate di ogni regione si affrontassero in battaglia e la regione delle Fate sconfitte avrebbe subito calamità. Nello specifico le Fate dell’Ulster vennero sconfitte e da qui sarebbe nata la carestia (forse oggi gli anticrittogamici aiutano le Fate!).

I tuberi germoglianti, la buccia e le parti verdi sono tossiche © Giuseppe Mazza

I tuberi germoglianti, la buccia e le parti verdi sono tossiche © Giuseppe Mazza

Usi medicamentosi della patata

Gli usi medicamentosi o superstizioni della patata sono numerosissimi, alcuni risalenti alle antiche popolazioni Sud Americane. Qui ne accenno solo qualche esempio.

Fette di patata cruda vengono applicate su contusioni o su fratture per accelerare la guarigione.

Succo di patata cruda viene utilizzato per curare i geloni, le scottature, gli eritemi solari e l’acne.

Contro il dolore strofinare la parte dolente con l’acqua in cui sono state lessate delle patate.

Queste ricette erano già in uso nei popoli andini e un importante trattato di medicina dell’800 (Domenico Bruschi, Istituzioni di Materia Medica 1834), riporta ricette analoghe, con le stesse indicazioni, sia per le patate che per l’amido di patata purificato. Portare una patata in tasca per curare il mal di denti o i dolori reumatici. Per il mal di gola legare intorno al collo un calzino contenente fette di patata cotta. Chi vuole vincere al gioco deve portare in tasca una patata o una zampa di pollo. La patata veniva utilizzata per la cure dalle verruche: il guaritore, con un chiodo, faceva sulla patata dei fori, di numero pari a quello dei porri. Il paziente doveva poi gettare la patata in un luogo dove non doveva poi più tornare, a rishio di veder ricomparire le verruche.

Si dice che gli antichi Peruviani utilizzassero la patata anche come mezzo per misurare il tempo, utilizzando come unità il tempo necessario per cuocere una patata. Non si precisa la grandezza della patata.

Curiosità

La patata può essere usata per la produzione di energia elettrica: inserendo infatti un elettrodo di rame ed uno di zinco in una patata si ottiene una pila elettrica. Secondo alcuni ricercatori Israeliani il sistema può essere migliorato utilizzando una patata bollita per otto minuti e la batteria a patata può essere usata per illuminare un locale con lampadine LED o addirittura per alimentare un telefono cellulare o dispositivi simili. Secondo questi ricercatori Israeliani si potrebbe pensare di introdurre questa tecnologia in paesi in via di sviluppo o in località isolate dove non sia disponibile una rete elettrica.

La patata può vantarsi di essere il primo vegetale cresciuto nello spazio. Nel 1995 infatti la NASA ha avviato degli esperimenti mirati a produrre patate nelle navicelle spaziali, allo scopo di ottenere una fonte alimentare utilizzabile durante i viaggi interplanetari o in eventuali future colonie spaziali.

Sinonimi

Solanum aracatscha Bess.; Solanum sinense Blanco; Solanum esculentum Neck.; Lycopersicon tuberosum (L.).

 

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