Famiglia : Siluridae
Testo © Sebastiano Guido
Il Siluro europeo ( Silurus glanis Linnaeus 1758) è un pesce d’acqua dolce appartenente alla classe degli Actinopterygii, che hanno pinne sostenute da raggi, all’ordine dei Siluriformes, e alla famiglia dei Siluridae, che manca di raggi rigidi nella dorsale, è sprovvista di pinna adiposa e presenta delle piccole ventrali (talvolta mancanti) e la pinna anale molto lunga.
Completa le caratteristiche dei Siluridae un set di barbigli allungati, presenti su entrambe le mascelle.
Il nome del genere viene dal latino “silurus” che aveva lo stesso significato dell’attuale italiano indicante il grosso pesce d’acqua dolce. Il nome della specie “glanis” ha probabile origine etrusca e significato, in quella lingua, di “fiume fangoso”.
Zoogeografia
Di presumibile origine danubiana, questo pesce si è diffuso in quasi tutti i fiumi e laghi europei, spesso introdotto dall’uomo, nonché nei bacini del Caspio e del lago d’Aral, colonizzando inoltre l’Anatolia, il sud dei paesi Baltici, e persino aree della Gran Bretagna e della Spagna. In Italia è stato introdotto da circa cinquant’anni ed ora ha colonizzato quasi tutte le acque del bacino padano ed i fiumi Arno e Tevere. Nuove segnalazioni continuano a verificarsi perché il suo areale è in progressiva espansione.
Ecologia-Habitat
Il Silurus glanis vive in tutti i corsi d’acqua con correnti moderate e nei laghi e canali artificiali, prediligendo fondali non troppo profondi, ricchi di spaccature o rifugi di altro genere, dove trascorre le giornate in stato semiletargico.
Con le prime tenebre si riscuote da questa abulia ed incomincia le sue meticolose ricerche. Scandaglia ogni spaccatura e nascondiglio tra le alghe coi suoi lunghi barbigli superiori che, come bastoncini da cieco, fa oscillare per sondare i dintorni. Nuota lentamente, ondeggiando la lunga pinna anale che guarnisce il suo corpo dal ventre alla coda, ma è capace di guizzi repentini quando è indignato per un subacqueo molesto o se deve acciuffare una preda.
Morfofisiologia
La lunghezza massima registrata è di cinque metri, ma gli esemplari che si ritrovano attualmente in Italia difficilmente superano i due, anche perché gli esemplari più grossi sono i più attempati e poiché la sua età può raggiungere gli 80 anni, chiaramente quelli presenti in Italia dovranno crescere ancora qualche decennio prima di raggiungere dimensioni da record.
L’altro fattore che ne limita la crescita è la quantità di nutrimento. Le nostre acque interne si sono molto impoverite e questa penuria non favorisce certo dimensioni importanti.
Il profilo del pesce potrebbe ricordare un coltello neolitico con una massiccia impugnatura ed una lunga lama (con la precisazione che in quell’epoca le lame erano corte).
La parte anteriore è robusta e quasi appiattita sulla testa. Quello che più spicca sono i formidabili barbigli, della lunghezza approssimativa di due volte il capo, che fuoriescono lateralmente innanzi agli occhi. Sotto di essi un’ampia bocca dalle labbra carnose e dalle poderose mascelle con minuscoli denti, che non perdonano chi viene aspirato.
Sui lati esterni del mento due altre coppie di barbigli completano la gamma dei sensori. Due piccoli occhi, dalla pupilla circolare, spiccano lateralmente poco sopra ai margini orali.
Gli altri “accessori” sono minuscoli in proporzione: due pinne pettorali poco degne delle dimensioni del pesce, due piccole pinne pelviche ed una corta dorsale, talvolta ritta a far da perno a una virata.
La pinna anale che accompagna più della metà della lunghezza del pesce fa da immaginaria lama al lungo ed affusolato “coltello” del corpo. Anche la pinna caudale è poco sviluppata.
Il colore è grigio scuro sul dorso e discende sui fianchi con una marezzatura dove chiari ed oscuri si mescolano irregolarmente, fino a finire in un bianco ventre opaco.
A seconda dell’habitat la tinta può variare aggiungendo più o meno accentuate sfumature, tendenti al verde e al giallo.
Il chiaro ventre è la zona delle sorprese: raramente sgonfio, mostra spesso protrusioni che la dicono lunga sull’appetito del pesce. La pelle è liscia, priva di squame e ricoperta di muco scivoloso.
Etologia-Biologia riproduttiva
Introdotto in Italia e in molte parti d’Europa a scopo ludico, per procurare grandi soddisfazioni ai pescatori dilettanti, non ha impiegato molto tempo, complice l’uomo, per espandersi a macchia d’olio.
Lo si ritrova nascosto sotto molte barche affondate o nelle legnaie (cumuli di fascine gettati in acqua per favorire la riproduzione e la crescita dei pesci), nelle spaccature di rocce, negli intrichi impenetrabili di lunghe alghe ed in tutti i luoghi, fango compreso, che possano offrire un sicuro rifugio diurno.
Di notte erra vagabondando e tuffando il grosso capo sulle prede che i lunghi barbigli, sempre indaffarati, hanno rivelato.
Chi finisce tra le sue labbra non ha scampo. Invano persici e gobbi ergono gli aguzzi aculei sul dorso. Serrando con forza le mascelle soffoca gradualmente le vittime chiudendo loro le branchie mentre, in contemporanea, le fa ruotare in modo che le spine non siano opposte al sentiero che conduce allo stomaco.
Crescendo di dimensione, anche le taglie delle prede aumentano. Oltre alla solita dieta di pesci e anfibi, gli esemplari più grossi catturano anche piccoli mammiferi ed uccelli acquatici.
Incontrando l’uomo mostra indifferenza anche se, quando l’avvicinamento è eccessivo, con una fulminea virata se la batte.
Essendo un grande mangiatore, che consuma ogni giorno quasi il 2% del proprio peso corporeo, e trovando nei nuovi ambienti dove è stato introdotto ben pochi nemici naturali (solo i grossi lucci e lucioperca), si sta dimostrando una vera peste, al punto che in alcune zone ne viene consentita la pesca subacquea anche con l’autorespiratore.
In altre località, invece, è vietato ai pescatori che lo traggano a secco di rimetterlo in acqua. Oltretutto la carne è buona anche se, per colpa dell’inquinamento, prima di mangiarla sarebbe meglio interpellare l’autorità veterinaria.
Nei paesi d’origine, oltre alla carne consumata fresca o affumicata, se ne utilizza la pelle per la produzione di colle e per l’industria del cuoio.
Quando l’acqua supera i 20 °C, i maschi scavano piccoli catini che fodereranno con alghe e rametti dove avverrà la deposizione delle uova. Dopo la fecondazione le difenderanno e le ventileranno di tanto in tanto fino alla schiusa. Questa può variare dai due ai dieci giorni dalla deposizione, in funzione della temperatura dell’acqua. Si stima che il numero di uova si aggiri intorno alle 30.000 per ogni chilo di peso della madre. I nuovi nati rimarranno nel nido fino a quando non avranno completamente assorbito il sacco vitellino e raggiungeranno la maturità sessuale nel giro di due o tre anni.
Sinonimi
Siluris glanis Linnaeus, 1758; Silurus silurus Wulff, 1765; Silurus glanis aralensis Kessler, 1872.