Rose antiche : un fascino sempre di moda

Un fascino antico. La collezione di rose antiche della ditta Nino Sanremo in Italia.

 

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Testo © Giuseppe Mazza

 

Impossibile, incontrando i fratelli Francesco e Rinaldo Sartore della NINO SANREMO, non diventare maniaci di rose.

Il recente motto dell’ azienda, “Nel nome della rosa”, è qualcosa di più di uno slogan : è una “filosofia di famiglia”, con radici antiche che ci portano all’epoca degli Zar, quando alla fine dell’ottocento il loro nonno spediva in pieno inverno, per ferrovia, fino in Russia, romantici mazzi di rose avvolte nella carta bagnata; antiche “regine del fiore reciso” come la ‘Safrano’, la ‘Van Houtte’, la ‘Ulrich Brunner’ o la ‘General Schablikine’.

A quei tempi la produzione si svolgeva tutta all’aria aperta. Le prime “serre”, con intelaiature in legno, risalgono infatti alla fine degli anni 30; ed è solo dopo la seconda guerra mondiale che il loro papà, Giovanni, per gli amici il Nino, intuì la convenienza di riscaldarle con rudimentali stufe a carbone, che dovevano essere alimentate ogni tre ore, anche di notte.

I sacrifici furono ben presto premiati, e dopo aver prodotto per anni con successo la ‘Gloria di Roma’, una varietà creata da un ibridatore sanremese, fu il Nino a introdurre e a coltivare per primo in Italia la celebre ‘Baccarà’ della Meilland, che è ancora adesso sinonimo di “rosa recisa”.

Ed anche se l’azienda che oggi porta il suo nome fu poi costretta a seguire altre strade, i fratelli Sartore non abbandonarono mai le antiche piante del nonno, affiancandole un po’ alla volta, per hobby, con le rose più prestigiose e rustiche dei bei tempi passati, selezionate pazientemente, per anni, con ardore dilettantistico e competenza professionale. Una collezione d’oltre 150 specie e varietà, che di recente, per soddisfare le richieste del mercato, la NINO SANREMO ha deciso di commercializzare e riprodurre.

La maggior parte, mi spiega il Signor Rinaldo, le otteniamo direttamente per talea. Sono cioè delle piante che possono fare a meno del porta innesto. Il che vuol dire in pratica una manutenzione semplicissima, accessibile a tutti.

Non occorre riconoscere ed estirpare periodicamente fra le foglie i “succhioni”, gli insidiosi rami del porta innesto che tolgono energia al roseto, e molto spesso non hanno nemmeno bisogno di potature.

Se si escludono le varietà a steli allungati e fiori singoli, come la ‘Peace’ o le già citate “regine del fiore reciso”, sono infatti piante che si autorinnovano, e vanno lasciate crescere indisturbate.

Le rose botaniche, le rampicanti e quasi tutti gli ibridi di Rosa rugosa non gradiscono il taglio, ed alcune specie, come la Rosa sericea omeiensis, se vengono potate drasticamente muoiono.

Mi mostra l’appezzamento con le piante madri. Fra le “miniature antiche” colpisce il numero di petali della ‘Pink Grootendorst’, compatta come un garofano, e l’incredibile fioritura delle “rose banksiae”, varietà vigorose, rampicanti, fra cui spicca la ‘Lutescens’, dalle piccole corolle solari, e l’ ‘Alba plena’, carica di pompon bianchi.

Può raggiungere in pochi anni gli 8-10 m d’altezza, e un leggendario esemplare sanremese, appoggiato a un antico cipresso ormai morto, lo risuscita ogni anno a festa fin sulla chioma.

Le rose semplici, a 5 petali, spendono tesori di fantasia per farsi notare. Alcune, come la ‘Mermaid’ o la ‘Complicata’, superano la povertà strutturale con corolle di 10 cm di diametro; altre puntano su chiassosi accostamenti di colore, come la Rosa foetida bicolor, o vantano addirittura dei petali cangianti, come la ‘Mutabilis’ dai fiori giallo zolfo, simili a farfalle, che sfumano nel tempo al rosa, per tingersi poi di un bel cremisi ramato.

Sorprendono i colori antichi della ‘Cantabrigiensis’, della ‘Scabrosa’, o della ‘Frau Dagmar Hastrup’, e i cespi della ‘Ballerina’, non più alti di 80 cm, tappezzati di fiorellini rosa, cangianti al rosso.

La Rosa chinensis ‘Viridiflora’, non certo attraente, è una curiosità botanica. Con le sue corolle verdi, macchiate di ruggine, ci ricorda che i petali altro non sono che foglie trasformate : l’ “apparato pubblicitario” delle piante, per rendere facilmente reperibili e impollinabili i loro minuscoli organi sessuali.

Accanto alla ‘Marie Van Houtte’, la ‘Ulrich Brunner’, e la ‘General Schablikine’ del nonno, che fiorivano a Sanremo in pien’aria da febbraio al tardo autunno, passo in rassegna varietà centenarie, come il celebre ‘Chapeau de Napoléon’ del 1826, il ‘Cardinal de Richelieu’ del 1840, la ‘Bourbon Queen’ del 1834, la ‘Salet’ del 1854, o la ‘Cuisse de nymphe emue’ creata addirittura nel 1600.

La maggior parte, tuttavia, è degli inizi del secolo, è un piccolo gruppo, con la ‘Maigold’, la ‘Golden showers’, e la ‘Peace’, vanta si e no 40 anni, il limite minimo fissato dalla NINO SANREMO per far parte dell’ “Antico roseto”.

C’è poi un’illustre eccezione : la ‘Pierre de Ronsard’, una rosa “creata al tavolino” dalla Meilland nel “lontano” 1988, per venire incontro alle richieste del pubblico che vuole oggi rose dal look antico, con la rusticità e la rifiorenza delle moderne.

La maggior parte delle nostre rose antiche, continua il Signor Rinaldo, sono comunque già rifiorenti, e meno fragili di quel che si crede. In natura, le botaniche, s’arrangiano da sole : crescono sane e belle senza bisogno dell’uomo.

Certo, quando vengono coltivate troppo fitte, quando manca il sole o l’acqua, come tutte le rose si ammalano, ma un minimo d’attenzioni e di buon senso basta a scongiurare gli incidenti.

Pare incredibile, gli appassionati spendono spesso follie per trattamenti o accessori inutili, e poi economizzano sulla cosa che costa meno : l’acqua. Le idee sul fabbisogno idrico delle rose sono molto vaghe, e la presunzione è grande; tant’è che abbiamo deciso di regalare ai nostri distributori dei pluviometri, e solo un paio ce li hanno richiesti.

Mi formula quindi, per gli appassionati, alcuni consigli da esperto.

MESSA A DIMORA

Preferibilmente in autunno, ma è possibile tutto l’anno, perché i roseti della NINO sono venduti in vaso, pronti per il trapianto, con terra e radici.

TERRENO

Anche se ogni cultivar ha le sue esigenze, e molte piante si adattano in maniera sorprendente, il suolo dev’essere grosso modo neutro, con un pH cioè uguale a 7. Quando è acido, come nella provincia a nord di Novara, e in molte zone dei Laghi Lombardi, occorre correggerlo aggiungendo un chilogrammo di calce al ‎m³ per ogni grado di acidità. Se per esempio il pH è uguale a 4, si debbono incorporare 3 kg di calce al m³. Quando è basico, si interviene invece con torba e sabbia quarzosa.

COLTIVAZIONE SU TERRAZZO IN VASO

I contenitori devono essere il più grandi possibile, isolati dal sole, che in mancanza d’acqua cuoce rapidamente le radici. Quelli in cemento o terracotta, raggiungono spesso d’estate i 60 °C; l’evaporazione è enorme, e vanno bagnati anche due volte al giorno evitando, se possibile, le fuoriuscite d’acqua.

Quando sono abbondanti, possono infatti provocare, in breve, pericolosi dilavamenti del suolo, che va quindi analizzato più volte all’anno.

Molto utili a questo proposito, sono i fertilizzanti a lenta cessione, basati sul principio dell’osmosi, che si sciolgono solo quando la concentrazione dei sali è insufficiente; ma anche se s’interviene dall’alto con concimi organici, come stallatico, e polvere di sangue od ossa, è bene comunque rinnovare la terra ogni 3-4 anni.

ANNAFFIATURE

È credenza diffusa che l’acqua, favorendo i funghi, sia nemica delle rose. È vero paradossalmente il contrario.

Pestilenze come l’Oidio, la Ruggine, la Peronospora o le Macchie nere, attaccano in genere le rose quando non c’è vento, l’umidità dell’aria è maggiore all’ 80%, e la temperatura è costante intorno ai 12-18 °C; ma come non tutti gli uomini esposti al freddo e al contagio prendono l’influenza, occorre che la pianta sia ricettiva, che il roseto cioè sia debole, sotto stress, come di solito accade quando non viene bagnato abbastanza.

In genere, nel periodo vegetativo, le rose hanno bisogno di 20 litri d’acqua alla settimana il m², che possono diventare 40 nei terreni super drenati, e ridursi a 5 quando il suolo è molto pesante.

Alcuni credono erroneamente che una pioggerella di mezz’ora basti allo scopo, ma occorre in genere, d’estate, una notte intera : 20-30 mm d’acqua a rovescio per settimana, come si può facilmente verificare con un pluviometro.

Meglio poi bagnare tanto, a intervalli regolari, che dare una spruzzatina tutti i giorni. In questo caso, infatti, solo il terreno in alto resta umido, e la pianta, costretta a radicare in superficie, non è più in grado di cercare l’acqua in profondità.

Alla prima breve “vacanza estiva”, non traendo alcun beneficio dalla residua umidità del suolo, si disidrata e muore “inspiegabilmente” in pochi giorni.

Il sistema migliore è quello goccia a goccia. Per tararlo, occorre scavare, dopo l’annaffiatura, una “buchetta test” di 15 cm, e se la terra è ancora asciutta, bisogna aumentare il numero dei diffusori o il tempo d’erogazione.

Fa male l’acqua sulle foglie ?

A parte le “piogge acide”, l’acqua piovana in genere non è nociva, perché la temperatura dell’aria è bassa, e la pianta pronta a riceverla. Ma una breve annaffiatura con la pompa, in pieno sole, può avere gravi conseguenze per due motivi : da un lato le foglie surriscaldate subiscono un forte shock termico, e poi, impedendo all’acqua di raggiungere le radici, vanificano in gran parte l’apporto idrico.

Il risultato è una pianta assetata e stressata, e quindi debole, con le foglie umide in condizioni ideali per ricevere allegre colonie di funghi.

Se proprio si deve annaffiare le foglie, meglio farlo abbondantemente, all’alba di una giornata limpida, quando la temperatura è bassa e poi, col sole, avranno tutto il tempo d’asciugare.

TRATTAMENTI PREVENTIVI CONTRO I FUNGHI

Alla fine dell’inverno, prima della ripresa vegetativa, è buona cosa irrorare i roseti spogli con dell’ossicloruro di rame o prodotti analoghi facilmente reperibili nei “Garden centres”.

Poi, quando spuntano le foglie, e la pianta è al sole con gli stomi ben aperti, conviene prevenire i funghi una volta al mese, per tutto il periodo vegetativo, con prodotti che agiscono anche sulla faccia della foglia non irrorata, prodotti sistemici che entrano in circolo raggiungendo efficacemente con la linfa ogni parte della pianta.

 

GARDENIA  – 1992

 

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