Famiglia : Fagaceae
Testo © Prof. Paolo Grossoni
Quercus pubescens Willd., roverella in italiano, chêne pubescent e chêne blanc in francese, downy oak e pubescent oak in inglese, Flaumeiche in tedesco e roble pubescente in Spagna dove questa quercia è ancora indicata come Quercus humilis Mill. appartiene alle ‘querce bianche europee’ (sez. Quercus del sottogenere Quercus) insieme a rovere (Quercus petraea (Matt.) Liebl.), farnia (Quercus robur L.) e quercia dei Pirenei (Quercus pyrenaica Willd.).
L’epiteto ‘pubescens’ è termine latino per evidenziare la fitta pubescenza che caratterizza non solo nel periodo della germogliazione ma per tutto l’anno le foglie e le gemme e anche ancora nel secondo anno i rametti. Anche Quercus lanuginosa Lam., il suo sinonimo più impiegato un tempo (ma ora considerato nome illegittimo), sottolineava questo carattere.
Rispetto alla rovere e alla farnia, la roverella è un albero leggermente meno alto, può raggiungere 25 m, ma è ugualmente massiccio arrivando a 200-250 cm di diametro. È specie longeva e si conoscono esemplari che hanno raggiunto, e probabilmente superato, il migliaio di anni; spesso il suo tronco è non longilineo e si ramifica piuttosto presto in grossi rami piuttosto sinuosi.
Nelle piante adulte il ritidoma è inciso da solchi longitudinali e trasversali che definiscono scaglie molto dure, a profilo trapezoidale, allungate e più alte che larghe.
Il rametto dell’anno è dapprima biancastro e poi grigiastro per la pubescenza che lo ricopre e che, come già detto, permane anche al secondo anno (i rametti di farnia e di rovere sono invece del tutto privi di peli); le gemme sono grandi (fino a 9-12(15) mm), ovoido-appuntite, grigie e pubescenti soprattutto lungo i margini delle perule.
Le foglie sono alterne, semplici, da ovato-allungate a molto larghe nella parte centrale, brevemente cuneate o cordate alla base, lunghe (3) 5-10 cm, con 5-6 paia di lobi più o meno ottusi all’apice e interi o sublobati.
La lamina è verde, inizialmente coperta da una densa peluria bianca ma nell’anno la pagina superiore diventa glabrescente o anche scarsamente pubescente mentre quella inferiore rimane da grigiastra a biancastra per la fitta pubescenza che è costituita da peli lungamente ramificati che arrivano a 300-350 μm di lunghezza; la pagina inferiore della foglia di rovere ha invece una leggera pubescenza lungo le nervature principali mentre quella di farnia è totalmente glabra. Il picciolo è lungo 5-15 (25) mm e tomentoso. Uno dei nomi comuni nella lingua francese è «chêne blanc» proprio in riferimento al colore iniziale del germoglio.
L’ampio intervallo delle dimensioni della lamina fogliare e del picciolo e la variabilità della densità della pubescenza sono dovute alla pluralità delle forme rilevabili nelle piante di roverella. La stessa ampiezza si rileva anche nelle dimensioni delle ghiande e del loro peduncolo. Nel corso della stagione la foglia diviene coriacea e riduce la pubescenza senza però diventare glabra; l’abscissione avviene tardivamente e nelle piante giovani e nei rami in forma giovanile le foglie, pur seccando, non cadono fino a primavera; per questo motivo vengono dette ‘foglie marcescenti’. Sui semenzali le foglie rimangono verdi per tutto l’inverno.
Il legno della roverella ha molti tratti in comune con quello di Quercus petraea e di Quercus robur perché è a porosità anulare con alburno giallastro e duramen bruno ed è duro e si altera molto lentamente ma, rispetto a quello delle altre due querce è molto più pesante; ha inoltre fibre meno diritte per cui si lavora difficilmente e, asciugandosi, ha un ritiro maggiore. L’apparato radicale, molto robusto e ben sviluppato nelle radici secondarie, mantiene il fittone attivo per tutta la vita dell’albero.
Rispetto alle altre querce caducifoglie europee, la roverella raggiunge la maturità sessuale più precocemente (verso i 10-12 anni).
L’antesi avviene in aprile-maggio, la più tardiva fra le querce caducifoglie più importanti della regione mediterranea.
Come le altre querce anche la roverella è specie monoica e i suoi fiori sono simili nell’aspetto a quelli delle altre specie della sez. Quercus.
I fiori maschili hanno (6) 8 (10) stami e sono sparsamente disposti su amenti fittamente pubescenti, lunghi 5-8 cm e inseriti nella parte basale del rametto dell’anno mentre quelli femminili, con tre stigmi verdastri, sono singoli o riuniti in brevi spighe all’ascella delle foglie della parte distale del rametto dell’anno.
L’impollinazione è anemofila.
Le ghiande, spesso portate in piccoli gruppi anche di 3-4, hanno un peduncolo breve e pubescente; maturano nell’autunno dello stesso anno.
Sono più o meno ovoidali o affusolate, lunghe 25-30 mm e piuttosto larghe (15-20 mm); quando fresche hanno i tegumenti striati di scuro; la cupola può includere la ghianda anche fino alla metà della sua lunghezza ed è ricoperta da squamette grigiastre molto pubescenti, triangolari, appressate anche all’apice e superanti il bordo della cupola. La ghianda non è dormiente e deve germinare molto rapidamente per poter sopravvivere; come le altre specie quercine, anche Quercus pubescens è una specie a germinazione ipogea e le giovani foglioline, da rosate a biancastre, sono fittamente pubescenti.
L’areale della roverella si estende prevalentemente nel bacino del Mediterraneo: il nucleo centrale è rappresentato dalle regioni al di qua delle Alpi (Francia centro-meridionale, penisola italiana e grandi isole del Mediterraneo centrale e occidentale) in cui questa quercia è molto comune; da esso si diramano un prolungamento occidentale, che dai Pirenei si espande al territorio basco, uno settentrionale che risale la Francia fino al Belgio (non particolarmente numerosa e solamente su suoli di origine calcarea) e infine un terzo prolungamento molto ampio, che interessa la penisola balcanica fino al Mar Nero e penetra nella penisola anatolica, nei cui boschi è presente anche se non predominante.
In queste regioni la roverella è frequente, e spesso dominante, nei boschi compresi fra 200 e 800 m slm potendo arrivare a 1200-1300 m nelle zone meno fredde e meno umide.
In genere in questi boschi, quando la roverella è a portamento arboreo ed è dominante, per il suo temperamento eliofilo fra albero e albero restano ampi spazi che permettono lo sviluppo di numerose specie arbustive.
Sono per lo più cenosi xerotermiche di latifoglie eliofile a cui si accompagna un corteggio di altre specie, fra cui orniello (Fraxinus ornus L.) e, nel settore occidentale, carpino nero (Ostrya carpinifolia Scop.) sostituito da specie di Celtis (Celtis australis L., Celtis glabrata Steven ex Planch. e Celtis tournefortii Lam.) nei Balcani e in Anatolia; soprattutto nelle isole mediterranee e nelle regioni anatoliche diventano più numerose le specie sempreverdi.
Alle altitudini più elevate vi entrano specie più mesofile fra cui cerro (Quercus cerris L.), rovere (Quercus petraea (Matt.) Liebl.), castagno (Castanea sativa Mill.), alcuni aceri e diverse rosacee legnose.
Da quanto ora anticipato risulta già evidente che Quercus pubescens è specie eliofila e xerofila; non è esigente sulle qualità del suolo adattandosi bene anche su quelli di origine calcarea, aridi, rocciosi e poco fertili. La roverella è considerata specie calcicola termica in quanto, verso i limiti latitudinali e altitudinali superiori (dove si registrano le temperature più basse), vegeta esclusivamente su suoli calcarei perché meno umidi e più caldi di quelli di origine silicea. Ha una dormienza molto accentuata e quindi germoglia tardivamente (fra aprile e maggio) evitando generalmente le gelate tardive.
Le più importanti fitopatie che possono colpire la roverella sono le stesse che interessano le altre querce caducifoglie europee. Esse vanno dal mal bianco (Erysiphe alphitoides) che colpisce le foglie soprattutto nelle primavere fredde e umide, alle carie del legno e al marciume radicale, causati soprattutto da diversi funghi, come Daedalea quercina, Armillaria mellea, Inonotus dryadeus, Ganoderma sp.pl., Fomitoporia sp.pl., ecc., che minano la stabilità delle piante stesse, e al cancro carbonioso da Biscogniauxia mediterranea. Destano notevoli preoccupazioni gli attacchi dovuti a Phytophthora ramorum, l’agente primario delle sindromi dette SOD («morte improvvisa delle querce») e COD («decadimento delle querce»).
Diversi sono gli insetti che possono causare gravi danni soprattutto alle piante adulte; fra questi i più pericolosi sono quelli le cui larve si nutrono delle giovani foglie, come Thaumetopoea processionea e Lymantria dispar, e quelli con larve xilofaghe, come diversi cerambicidi. Anche i tessuti vivi delle foglie, dei giovani germogli e degli organi riproduttori vengono frequentemente utilizzati da cinipedi per deporvi le uova e in questi casi, come le altre querce, anche la roverella reagisce a questa ‘stimolazione’ sviluppando galle che hanno forma e colore determinati dalla specie del parassita.
In genere i danni da questi ultimi insetti sono localizzati e difficilmente arrivano a causare gravi deperimenti.
Il legno di roverella non è molto apprezzato come materiale da opera o da lavoro sia perché le sue proprietà meccaniche non sono soddisfacenti sia perché il fusto non è in genere particolarmente diritto. Il legno trova impiego per alcune applicazioni nelle costruzioni navali, nei cantieri edili, per fabbricare attrezzi agricoli e traversine ferroviarie ma è soprattutto ottimo come legna da ardere e come carbone. Le fustaie di roverella sono impiegate per l’allevamento zootecnico (produzione di ghianda e pascolo in bosco) mentre i boschi cedui servono principalmente per la legna sia da ardere sia per produrre carbone.
La roverella è una delle più apprezzate e ricercate piante tartufigene. Spesso alberi isolati o in piccoli gruppi vengono ancora impiegati in campagna per la delimitazione dei confini di proprietà o per segnalare o punti di incontro fra due o più strade o la presenza di case isolate.
Queste ultime hanno spesso alcune roverelle vicine non solo per ombreggiare e per nutrire gli animali ma anche per attirarvi i fulmini risparmiando così gli edifici.
Per la sua termofilia e la sua relativa lentezza nella crescita longitudinale, Quercus pubescens non è specie molto impiegata al di là delle Alpi nella progettazione del verde ornamentale preferendole rovere, farnia e farnetto (Quercus frainetto Ten.) e per questo motivo, ad esempio la roverella non è frequentemente citata nelle pubblicazioni per guidare nella scelta degli alberi.
Secondo Flora Europaea (1993) Quercus pubescens è suddivisa in tre sottospecie:
- Quercus pubescens subsp. pubescens, presente in tutto l’areale ad eccezione dei Pirenei e dei territori spagnoli,
- Quercus pubescens subsp. subpyrenaica (Villar) Rivas Mart. & C.Saenz, endemica nei Pirenei e nella Spagna nord-occidentale;
- Quercus pubescens subsp. anatolica O.Schwarz (= subsp. crispata Greuter & Burdet), diffusa nella parte orientale della penisola balcanica , in Crimea e nell’Anatolia. I suoi rametti diventano glabri verso la fine del primo anno.
Quercus pubescens è conosciuta e studiata per il suo polimorfismo fogliare che ha permesso, spesso troppo precipitosamente, l’identificazione di diverse specie con conseguenti successive discussioni sulla realtà di queste tipizzazioni tassonomiche.
Specie considerate strettamente affini alla roverella, e per questo spesso trasferite in questa specie, sono Quercus brachyphylla Kotschy (Grecia sud-occidentale e isola di Creta), Quercus congesta C.Presl (Sardegna, Sicilia e Francia meridionale), Quercus kotschyana O.Schwarz (Libano) e Quercus virgiliana Ten. (Europa meridionale).
La posizione sistematica di Quercus dalechampii Ten. non è ancora ben definita per cui, anche se in genere accostata a Quercus petraea, diverse fonti la correlano con Quercus pubescens. Secondo alcuni ricercatori e secondo alcune flore sarebbe da escludere la presenza della roverella propriamente detta in Calabria, Sicilia e Sardegna attribuendo invece le numerose “roverelle sensu lato” a singole specie endemiche. L’interpretazione più accettata per spiegare le difficoltà nella determinazione della corretta posizione gerarchica di questi possibili taxa è che, in mancanza di barriere riproduttive efficacemente selettive, fra le querce euroasiatiche e nordafricane dell’area mediterranea gli ibridi che si sono originati (e che continuano a generarsi) non solo possono presentare differenze morfologiche e/o ecologiche più o meno marcate ma possono anche ibridarsi fra di essi e con le specie «genitrici».
Durante le glaciazioni pleistoceniche le querce mediterranee hanno spesso condiviso le stesse aree rifugio rimanendovi anche successivamente anche se spesso in siti ecologicamente differenti fra di loro. In questo modo, anche all’interno delle singole popolazioni, si sono formati sciami di forme ibride con un’elevata variabilità morfologica ed ecologica; poi, però, i millenni di deforestazioni che hanno gravato su questi territori hanno provocato la frammentazione di queste popolazioni che in diversi casi si sono isolate fra di loro differenziando ulteriormente alcuni caratteri. Con il progredire del riscaldamento globale, questa ampia biodiversità oggi rappresenta un’importante opportunità, oltre che una speranza, per la conservazione in Europa delle foreste di querce.
Oltre ai già citati Q. humilis Mill. (1868) e Q. lanuginosa Lam. (1779) e tralasciando le ripartizioni nelle varianti sottospecifiche e varietali, sono una cinquantina i sinonimi di Quercus pubescens Willd. (1796) fra cui Quercus apennina Lam. (1785), Quercus aspera Bosc (1807), Quercus asperata Pers. (1807), Quercus richardii Bosc (1807), Quercus robur var. lanuginosa Ten. (1831), Quercus robur var. virgiliana Ten. (1831), Eriodrys lanata Raf. (1838), Quercus amplifolia Guss. (1845), Quercus cupaniana Guss. (1845), Quercus laciniosa Boreau (1857), Quercus brachyphylla Kotschy (1859), Quercus cerrioides Willk. & Costa (1859), Quercus brevifolia Kotschy ex A.DC. (1864), Quercus macrostipulata Guss. ex Parl. (1868), Quercus subpyrenaica Villar (1935).
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