Famiglia : Pinaceae
Testo © Eugenio Zanotti
Il genere Picea comprende, secondo vari Autori, da 35 a 40 specie di alberi, tutti propri dell’Emisfero Boreale.
Alcuni di essi occupano un’ampia fascia settentrionale, come Picea abies e Picea obovata in Eurasia, o come Picea glauca, Picea mariana e Picea engelmannii nel Nord America; altre specie hanno una distribuzione più meridionale, più frammentata e limitata alle catene montuose, come Picea omorika, dalle montagne della Serbia, Picea orientalis, dal Caucaso e dalla Turchia nord-orientale, e diverse specie dell’Asia orientale (Picea smithiana, Picea asperata, ecc).
Le specie del genere Picea sono grandi alberi monoici con piccoli coni maschili rossi o gialli, coni femminili portati più in alto di quelli maschili, dapprima eretti, e poi penduli dopo la fecondazione. Strobili sessili che maturano in un anno e cadono interi dopo la dispersione del seme.
Questo genere è stato diviso da alcuni autori in tre sezioni: le prime due comprendono le specie con foglie aghiformi a sezione quadrangolare e con linee stomatiche sulle quattro facce: sez. Abies (comprendente Picea abies e Picea orientalis ed alcune altre) e sez. Casicta con varie specie, per lo più americane, come Picea sitchensis. Le entità della sez. Omorika sono invece contraddistinte da foglie aghiformi piatte (come quelle dell’abete bianco), con due sole linee stomatiche lungo la pagina inferiore. Tuttavia, la suddivisione del genere Picea in queste sezioni, basata su alcuni caratteri morfologici e chimici, è in contraddizione con le recenti analisi filogenetiche.
Il nome del genere deriva dal termine latino “pix”, pece o resina, per altri il termine ”picea” va riferito ad un abete non meglio identificato; il nome specifico “àbies, abietis”, è un termine classico latino (Virgilio, ‘Egloghe’), derivato secondo alcuni Autori dalla radice sanscrita “abh” sgorgare (della resina), o, per altri A.A., dal greco “abios”, “da molto tempo”, forse per la longevità o la presenza dei suoi boschi nel territorio.
L’Abete rosso (Picea abies (L.) H. Karsten 1881) così detto per il colore della corteccia, è anche noto come peccio o pezzo. Èuna conifera arborea sempreverde di prima grandezza alta mediamente 25-35 metri ma che, in condizioni ottimali, può raggiungere i 50-60 metri d’altezza e circonferenze del tronco di 2 metri (in casi eccezionali fino a 4,8 metri). Albero molto longevo, può vivere fino a 400-500 anni, ma sono riportati in letteratura esemplari anche molto più vecchi!
Il fusto è slanciato e per un lungo tratto quasi perfettamente cilindrico, con una chioma di colore verde scuro, variabile da strettamente triangolare, a più o meno strettemente ogivale. Il portamento dei rami può essere risalente (tratto superiore del fusto), patente (tratto mediano), oppure pendulo (tratto inferiore).
Il sistema radicale è piuttosto superficiale e ciò causa sofferenza a questa specie in caso di siccità; ciò dovrebbe indurre a non impiegare quest’albero, men che meno isolato, nelle aree urbanizzate come spesso si vede purtroppo fare (come con altre conifere di ambiente montano) nei giardini delle città in pianura, dove oltretutto è sovente soggetto a drastici interventi di potatura (che non tollera affatto…).
La corteccia è rossastra nelle piante giovani e successivamente diviene grigio-bruna, desquamante a placche irregolari o tondeggianti, spessa 5 mm, molto ricca di resina; sui rami di 1 cm di diametro è bruno-rossastra, con scaglie longitudinali di 1 x 3 mm; rami dell’annata subglabri, di colore verde-chiaro e poi rossicci. Foglie aghiformi persistenti fino a 8-10 anni, a sezione più o meno oscuramente tetragono-romboidale, con quattro fasce stomatiche poco visibili (una per faccia) debolmente pungenti, spesso incurvate, di 1 (2) x 8-12 (-25) mm, disposte tutto attorno ai rametti ed inserite su piccoli “cuscinetti” rilevati.
Pigne (coni) pendule a maturità, subcilindriche, appuntite all’apice e spesso un poco curve, di 3-4 x 8-15 cm, e possono essere di colore verde-giallastro (varietà chlorocarpa) oppure rossastre (varietà erythrocarpa); sono portate nel terzo superiore della chioma e all’apice dei rametti dell’anno precedente.
La fecondazione avviene, secondo le quote ed il clima, da aprile a giugno. I semi (ogni squama ne protegge due) sono bruni, lunghi (2) 3-5 (4) mm, con una faccia assai più convessa dell’altra, circondati da un’ala semitrasparente, lunga fino a 16 mm, lucida e sottile.
Tradizionalmente in molti Paesi l’abete rosso è il classico albero di Natale, da addobbare in occasione della festività più amata; molti vivaisti ne coltivano esemplari in vaso o in terreno per tale uso.
Il legno, chiamato anche “legno di Moscovia” è biancastro o giallognolo e tendente a farsi più scuro verso il rossastro con l’età, senza duramen apparente, presenta anelli ben visibili, regolari ed evidenti vasi resiniferi; ha debole odore resinoso, di tessitura media e fibratura diritta, piuttosto leggero (massa vol. 450 kg/mc), tenero e leggermente lucido. Trova largo impiego, oltre che come ottimo combustibile con alto potere calorifico, per lavori correnti di falegnameria, carcasse di mobili, perlinature, per infissi ed imballaggi, ed è apprezzato poiché, una volta essiccato, stabilizzato e trattato, è pochissimo attaccato dagli insetti e dai funghi e mantiene la forma, apprezzato anche nell’industria cartaria così come nella fabbricazione di strumenti musicali, date le ottime proprietà di amplificazione, soprattutto per le casse armoniche delle chitarre, dei mandolini, violini, clavicembali, pianoforti, ecc. Celebri sono gli “abeti di risonanza” della Val di Fiemme e anche della foresta di Paneveggio, in Trentino e quello della Val Canale e del Tarvisiano in provincia di Udine, di boschi in Croazia, ecc., apprezzati ed utilizzati da secoli e tuttora impiegati per lo stesso scopo da famose ditte costruttrici di pianoforti da concerto come Bechstein, Blüthner e Fazioli.
Per la particolare facilità alla fenditura era molto utilizzato per farne scatole (per i formaggi), assicelle e scuri per finestre, ecc. Una curiosità: il primo aereo dei fratelli Wright fu costruito con il legno di questo albero. L’abete rosso predilige i climi continentali, è specie microterma (sopporta temperature minime fino a -36 °C !), mediamente eliofilo e mesofilo, ed è il componente principale della foresta subalpina di aghifoglie, di grande importanza per la selvicoltura alpina e perciò ampiamente coltivato e diffuso dall’uomo anche nelle aree naturalmente favorevoli al faggio, in Europa centro settentrionale fino alle quote planiziali.
La pecceta, ovvero il “Piceetum subalpinum” (Taiga) si forma su suolo podzolico acido, quindi generalmente su roccia cristallina, raramente calcarea, dal piano fino a 2200 m di quota. Insieme alla subspecie obovata (recentemente elevata al rango di nuova specie: Picea obovata Ledeb (2005), che popola le foreste siberiane) è la specie legnosa più importante del mondo per la vastità dell’areale e la densità dei popolamenti, per l’utilizzo del legname. Il suo areale comprende tutta la Siberia fino al Pacifico, le pianure della Polonia, della Russia e pianure e colline dei Paesi scandinavi, le montagne dell’Europa fino alle Alpi, sulle quali si colloca fra 800 e 2200 metri di altitudine. Nell’Europa media è diffuso per impianti da legno di vari milioni di ettari eseguiti su terreni di collina e di pianura originariamente occupati dai querceti. Fino a qualche decennio orsono le utilizzazioni forestali erano cicliche, con tagli a raso su vaste superfici che, ricostituendosi, formavano boschi coetanei ed uniformi; attualmente si prediligono utilizzazioni distribuite nel tempo che portano a boschi disetanei, ecologicamente più equilibrati.
Dunque l’abete rosso può essere considerato, fra gli alberi, il re delle Alpi; le foreste di peccio, scure, fredde, umide e cariche di odori resinosi e fungini nelle valli esposte a settentrione.
Scriveva il grande Valerio Giacomini :
“La temperata solennità delle foreste alpine si inserisce in paesaggi di grandiosità senza eguale, creati dalla magnificenza delle montagne granitiche e dolomitiche, dallo splendore delle nevi perenni e dei ghiacciai, dalle conche smeraldine di laghi, dalle morbide distese di pascoli. Straordinarie e contrastanti armonie si stabiliscono fra il cielo, la terra e le acque soprattutto là dove si avanzano verso le più alte rupi, verso le vaste praterie di altitudine, le ultime schiere di questa vegetazione altamente produttiva, che sfida i geli e le folgori”.
Dal punto di vista fitosociologico le peccete sono generalmente inquadrabili nella classe Vaccinio-Piceetea; i boschi della fascia montana sui substrati silicatici, dove a causa dell’acidificazione del suolo e la scarsa presenza di luce il sottobosco è piuttosto povero, annovera qualche piccolo arbusto come il Mirtillo nero (Vaccinium myrtillus) ed il Mirtillo rosso (Vaccinium vitis-idaea), per non parlare d’altre ben note specie erbacee come Oxalis acetosella, Maianthemum bifolium, Solidago virgaurea, Homogyne alpina, Hieracium sylvaticum, Calamagrostis villosa e le felci Athyrium filix-femina, Dryopteris filix-mas e Cystopteris fragilis.
La pecceta subalpina, con medesimo substrato, ospita inoltre Sorbus aucuparia, Lonicera nigra, Lycopodium annotinum, ecc., oltre ad un ricco strato di muschi.
Fin verso i 1500 m di quota l’abete rosso è talora in competizione con l’ Abete bianco (Abies alba). Nei luoghi più aperti e luminosi, ai limiti superiori del bosco, può incontrare il Larice (Larix decidua) e il Cembro (Pinus cembra), noto anche come cìrmolo, ed è spesso frammisto ai cespuglieti di Rododendro rosso (Rhododendron ferrugineum), Ginepro (Juniperus communis) e Rosa alpina (Rosa pendulina). Numerose sono le specie di funghi che vivono nella pecceta, i più celebri fra questi sono i porcini (Boletus edulis e Boletus pinophilus), che vivono in simbiosi con l’abete rosso, così come il lattario butterato (Lactarius scrobiculatus).
Anche l’avifauna è ricca e specializzata: ricordiamo qui il Crociere (Loxia curvirostra) col suo becco incrociato, adattamento che gli permette di estrarre facilmente i semi dalle pigne. Il Lucherino (Spinus spinus), durante la stagione riproduttiva, si nutre anche dei suoi semi che estrae col becco appuntito dai coni semi aperti. La Cincia mora (Periparus ater), la Cincia dal ciuffo (Lophophanes cristatus), la Cincia bigia alpestre (Poecile montanus) e la Cincia bigia (Poecile palustris), il rampichinio alpestre (Certhia familiaris) e il Regolo comune (Regulus regulus) sono dei formidabili cacciatori d’insetti e pertanto amici degli alberi del bosco.
Vi sono poi i piccoli ed i grandi mammiferi, nonché le preziose Formiche rosse (Formica rufa) che costruiscono con gli aghi grossi nidi piramidali, specie giustamente protetta in numerosi paesi europei per la sua utilità nel contrastare il proliferare degli insetti dannosi per le conifere.
Oltre alla diffusione naturale o artificiale per seme, l’abete rosso si può propagare anche per propaggine quando i rami più bassi sono costantemente a contatto con il terreno e quando emettono radici; ciò accade con una certa frequenza in alta montagna, dove il peso della neve costringe i rami a piegarsi fino a terra, quasi a voler aiutare – in scarsità di produzione di seme per le condizioni limite – gli esemplari più “arditi” a produrre attorno vigorosa prole. Purtroppo sono numerose le avversità che colpiscono le peccete, sia causate da insetti come gli scolìtidi (Ips typographus, Cryphalus piceae), curculiònidi del genere Pissodes , imenòtteri (Cephalcia arvensis), lepidotteri (Epinotia tedella), afidi, ecc., oltre a funghi cariogeni come l’ Heterobasidion annosum .
Dalla melata prodotta dagli afidi sui rametti dell’abete rosso, le api ricavano un miele molto scuro, quasi nerastro, ritenuto un ottimo antisettico delle vie respiratorie, con potere espettorante e febbrifugo.
La resina che cola dalle incisioni praticate nella corteccia del tronco e dei rami (resinazione) costituisce la cosiddetta pece di Borgogna (Pix Burgundica F.I.). Dalla sua distillazione si ottiene la trementina “di Strasburgo” (o acquaragia vegetale). La farmacopea italiana (1929) registra la pece bianca o pece di Borgogna (Pix burgundica): sostanza solida, gialla, quasi opaca, con odore e sapore di trementina; si ottiene dal tronco e dai grossi rami dell’abete rosso.. Serviva, assieme a cera e olio di noce moscata, per la preparazione di un empiastro adesivo rubefacente e stimolante usato in passato contro le forti emicranie e i dolori reumatici. In fitoterapia si impiegano gli estratti di aghi (Extractum pini) tratti dai giovani rami freschi; l’olio essenziale di aghi (Oleum Piceae foliorum) e le giovani gemme.
L’olio essenziale contiene terpenene, pinene, canfene, fellandrene, e acetato di bornile, il glucoside piceina, pinipicrina, flofabene, resine, tannino ed un olio etereo che conferiscono proprietà antisettiche, balsamiche, espettoranti, sedative, antisettiche, antiflogistiche, ecc. È impiegato per frizioni nella malattie dell’apparato respiratorio, nei reumatismi e nei dolori muscolari ed entra nella composizione dei deodoranti per gli ambienti. Gli aghi, i loro estratti ed il legno di abete rosso si impiegano per preparare bagni (con estratto integrale, bagno tannico e bagno di legno) benefici; stimolanti e rinforzanti.
Le gemme si raccolgono a mano, da febbraio, prima che comincino ad aprirsi, mentre i giovani rametti con le foglie si possono raccogliere tutto l’anno, preferibilmente da esemplari di almeno 60-80 anni (più ricchi di olio essenziale). Chi frequenta le montagne o conosce qualche parco o giardino lontano dalle strade trafficate o ambienti inquinati, può raccogliere ogni anno dei piccoli pezzetti di corteccia di abete rosso prima dell’inverno da utilizzare per benefici fomenti nelle malattie dell’apparato respiratorio o inserirne uno in ogni vaschetta dell’acqua dei termosifoni per profumare beneficamente la casa.
Preparazioni:
Bagno stimolante e depurativo della pelle
In una padella (non di ferro) si mettono tre manciate di aghi in tre litri d’acqua fredda, portare a bollore, spegnere il fuoco e aspettare che la preparazione sia tiepida, colare per eliminare gli aghi esausti ed aggiungere all’acqua calda già pronta della vasca da bagno, sostandovi per mezz’ora.
Decotto di gemme per le bronchiti ed i raffreddori influenzali
Un cucchiaino di gemme essiccate, oppure due di gemme fresche, da far bollire 3-4 minuti in una tazza d’acqua. Se ne beve metà al mattino e metà alla sera dolcificando con miele.
Sinonimi: Pinus abies L. (1753); Abies picea Mill. (1768); Pinus viminalis Alstr. (1777); Pinus sativa Lam. (1779); Pinus excelsa Lam. (1779); Abies cinerea Borkh. (1800); Abies excelsa (Lam.) Poir. (1804); Abies minuta Poir. (1804); Picea rubra A. Dietr. (1824); Abies viminalis Wahlenb. (1826); Picea vulgaris Link (1827); Abies clanbrassiliana P. Lawson (1836); Abies commutata var. mucronata (1841); Picea excelsa (Lam.) Link (1842); Pinus picea var. carpatica (Loudon) Endl. (1847); Abies elegans Sm. ex J. Knight (1850); Abies parvula Knight (1850); Abies vulgaris var. nana Wender. (1851); Picea montana Schur (1851); Picea subarctica Schur (1853); Abies lemoniana Booth ex Gordon (1858); Abies finedonensis Gordon (1862); Abies gregoryana H. Low. ex Gordon (1862); Abies inverta R. Sm. ex Gordon (1862); Abies montana Nyman (1865); Abies extrema Th.Fr. (1867); Abies gigantea Sm. ex Carrière (1867); Abies carpatica (Loudon) Ravenscr. (1868); Abies medioxima C. Lawson (1868); Abies coerulescens K. Koch (1873); Abies eremita K. Koch (1873); Abies clambrasiliana Lavallée (1877); Abies conica Lavallée (1877); Abies erythrocarpa (Purk.) Nyman (1881) ; Abies subarctica (Schur) Nyman (1881); Picea abies (L.) H. Karst. (1881); Abies alpestris Brügger (1886); Picea alpestris (Brügger) Stein (1887); Picea cranstonii Beissn. (1891); Picea excelsa var. alpestris (Brügger) Beissn. (1891); Picea finedonensis Beissn. (1891); Picea gregoryana Beissn. (1891); Picea maxwellii Beissn. (1891); Picea obovata var. alpestris (Brügger) A. Henry (1891); Picea viminalis (Alstr.) Beissn. (1891); Picea velebitica Simonk. ex Kümmerle (1916); Picea abies (L.) H.Karst. f. argentea Rehder (1923); Picea abies f. columnaris (Jacques) Rehder (1923); Picea abies f. cupressina (F. Thomas) Rehder (1923); Picea abies f. erythrocarpa (Purk.) Rehder (1923); Picea abies (L.) H.Karst. f. mucronata (Loudon) Rehder (1923); Picea abies f. parsonsii (Hornibr.) Rehder (1923); Picea abies f. veitchii (Hornibr.) Rehder (1923); Picea integrisquamis (Carrière) Chiov. (1935); Picea abies var. arctica Lindq. (1948); Picea abies subsp. europaea (Tepl.) Hyl. (1953); Picea abies subsp. obovata (Ledebour) A.E.Murray (1982); Picea abies var. alpestris (Brügger); P.A.Schmidt (1988); Picea abies f. alpestris (Breugg.) Krussmann. (1971); Picea abies subsp. acuminata (Beck) Parfenov (1971); Picea abies subsp. alpestris (Stein) Parfenov (1971); Picea abies f. deflexa (Tvszkiewicz) Krussmann. (1971); Picea abies subsp. fennica (Regel) Parfenov (1971); Picea abies (L.) H.Karst. f. integrisquamis (Carrière) P.A.Schmidt (1987); Picea abies (L.) H.Karst. subsp. acuminata (Beck) Silba (2008).
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