Testo © Prof. Angelo Messina
Detti più comunemente Pesci ossei, rappresentano una classe di vertebrati provvisti di mascelle (Gnathostomata) alla quale vengono attribuite forme che si caratterizzano per avere uno scheletro completamente ossificato nella fase adulta o comunque in buona parte ossificato, da cui il nome scientifico di Osteichthyes.
Nelle forme più primitive, quali Placodermi e Ostracodermi, questi pesci non presentano ancora i corpi vertebrali e il processo di ossificazione interessa soltanto il cranio che è ricoperto soltanto di ampie ossa dermiche.
Solamente nei Teleostei le strutture scheletriche sono completamente ossificate e la colonna vertebrale costituisce l’asse di sostegno dell’intero scheletro.
A riguardo va precisato che, tradizionalmente ritenuto sinonimo di Osteichthyes, attualmente con il termine Teleostei viene indicato un raggruppamento che si colloca all’interno degli Actinopterygii, ad un livello sistematico più basso, quello di infraclasse.
Va tenuto presente che anche nei Pesci cartilaginei (Chondrichthyes) il tessuto osseo è presente ma è limitato unicamente alle minute squame placoidi che formano le corazzature dermiche. Diversamente, negli Osteichthyes l’utilizzo del tessuto osseo assume una importanza fondamentale negli sviluppi evolutivi della classe. Infatti, nel corso della loro storia evolutiva, iniziata probabilmente in ambienti acquatici continentali già a partire dalle forme più arcaiche, nei Pesci ossei tale tessuto sostituisce progressivamente ciascun componente cartilagineo dello scheletro interno e delle formazioni dermiche, da quelli craniali a quelli vertebrali, branchiali e delle pinne.
Tipicamente gli Osteichthyes hanno il neurocranio costituito da un numero vario di ossa disposte a formare una scatola rigida. La presenza o l’assenza di determinate ossa craniche assume un notevole significato nella loro sistematica.
Peculiarmente la bocca dei Pesci ossei, alla cui formazione partecipano svariati elementi ossificati, è in genere ampia e si apre in posizione terminale, a differenza dei Pesci cartilaginei nei quali è solitamente ventrale ed obliqua.
Le mascelle, in genere ben sviluppate, sono composte da strutture ossificate che si articolano al cranio attraverso un raccordo anch’esso osseo. Tutti gli elementi ossei che contribuiscono alla formazione della bocca e persino quelli che costituiscono le arcate branchiali possono essere provvisti di denti (mandibola faringea).
La configurazione strutturale della bocca, particolarmente ricca di elementi scheletrici, e la sua posizione terminale hanno consentito una serie di adattamenti di questi pesci verso le più svariate strategie alimentari di straordinaria varietà, caratteristica che è alla base del successo evolutivo della classe.
Le dimensioni dei Pesci ossei sono estremamente varie, da pochi millimetri a vari metri. Tra le forme più piccole vanno certamente menzionate le specie di Paedocypris (Kottelat et alii, 2006), pesciolini noti per le acque di Sumatra che non superano i 7.9 mm di lunghezza nelle femmine e i 10 mm nei maschi. Anche il Ghiozzo pigmeo (Pandaka pygmaea Herre, 1927) e il Sinarapan (Mistichthys luzonensis, Smith 1902), Gobiiformes delle Filippine, rispettivamente con 10 e 11 mm di lunghezza sono certamente tra i più piccoli Pesci ossei.
Tra i più grandi Osteichthyes figurano il Pesce spada (Xiphias gladius Linneo, 1758) e l’Ippoglosso (Hippoglossus hippoglossus Linneo, 1758), entrambi con quasi 3 m di lunghezza.
Tra i giganti della classe sono certamente da annoverare lo Storione ladano o Beluga (Huso huso Linneo, 1758) e lo Storione comune (Acipenser sturio Linneo, 1758) che, anche se eccezionalmente, possono arrivare a 6 m di lunghezza.
Il record dei giganti spetta senza dubbio al Regaleco (Regalecus glesne Ascanius, 1772), pesce abissale segnalato nelle acque di tutti gli Oceani che in media misura circa 7 m ma che può raggiungere e superare anche i 10 m. A questo proposito, va ricordato che fino a non molto tempo fa nelle acque del mar Caspio vivevano Storioni (Acipenser sturio Linneo, 1758) che misuravano anche 9 m e pesavano ben 1500 kg.
Comunque, a parte le poche forme di dimensioni estreme, la maggior parte dei Pesci ossei in genere misura meno di 1 m. Conseguentemente, in rapporto alle dimensioni, anche il peso varia grandemente e da pochi grammi può arrivare anche a quasi una tonnellata, come nel Pesce luna (Mola mola Linneo, 1758).
Solitamente, il corpo dei Pesci ossei è fusiforme, tuttavia il suo aspetto varia di molto. Molte specie di abitudini bentoniche, marine e d’acqua dolce, hanno il corpo appiattito e in parecchi gruppi, come nelle anguille, è allungato e serpentino.
In alcune forme, invece, il corpo è globoso, come nei Pesci palla (Tetraodontidae), in altre è cubico, come nei Pesci scatola (Ostraciidae) o anche di forma singolare, come nei Cavallucci marini (Syngnatidae), ed altri ancora.
Il corpo dei Pesci ossei è ricoperto di scaglie dermiche ossificate (ctenoidi, cicloidi, talora ganoidi). In alcune forme il corpo è protetto da una vera e propria corazza formata da scaglie ganoidi (Lepisosteiformes e Polypteriformes).
In certe specie la pelle è completamente nuda o con poche scaglie vestigiali (Polyodontidae). Talune specie hanno il corpo in parte nudo e in parte protetto da piastre ossee o scaglie ganoidi, come negli Storioni (Acipenseridae).
La colorazione del corpo è molto varia e frequentemente costituisce il carattere più appariscente dei Pesci ossei. La colorazione è determinata prevalentemente da cellule pigmentate (cromatofori) situate nel derma, all’esterno delle scaglie o sotto di esse, e il cui numero e disposizione sono controllati per via nervosa oppure ormonale.
Nei rappresentanti della classe, gli occhi, in genere laterali, sono privi di palpebre e di solito sono ben sviluppati. Sono presenti due sacchi olfattivi dorsali che non comunicano con la cavità boccale.
Negli Osteichthyes le branchie hanno una conformazione detta a pettine per la mancanza di setto tra le lamelle respiratorie. Le branchie sono sostenute da 4 archi branchiali e disposte all’interno di due camere branchiali, una per lato, che comunicano con l’esterno mediante apposite aperture poste dietro agli occhi. Branchie e camere branchiali sono protette da una plica del tegumento sostenuta da ossa opercolari di origine dermica e che contrae rapporti con l’arco joideo.
In genere i Pesci ossei mancano completamente di spiracolo e solo nelle specie con caratteristiche più primitive questo può essere presente, ma in forma estremamente ridotta.
I componenti di questa classe sono provvisti di pinne che differiscono considerevolmente per forma, dimensioni e posizione. Nella maggior parte dei casi le pinne sono sostenute da numerosi raggi dermici ossificati disposti parallelamente tra loro.
Diversamente, i rappresentanti dei Crossopterygii, raggruppamento degli Osteichthyes al quale la maggior parte degli studiosi attribuisce il valore di sottosclasse, si caratterizzano per avere ciascuna delle pinne pari, pettorali e pelviche, che si impianta su un’unica base distinta che a sua volta si articola rispettivamente con il cingolo pettorale e con quello pelvico.
Dalle parti ossee delle pinne di primitivi Osteichthyes, Dipnoi o Crossopterygii, si è con molta probabilità originato lo scheletro degli arti di tutti i Tetrapoda, vertebrati caratterizzati da due paia di arti (Anfibi, Mammiferi, Rettili, Uccelli), in alcuni casi modificati o scomparsi durante l’evoluzione.
La coda degli Osteichthyes è tipicamente omocerca o dificerca, solo occasionalmente eterocerca. Altro elemento anatomico tipico degli Osteichthyes è la presenza di una vescica natatoria, quale estroflessione della parete del canale alimentare, riempita di gas che nella maggior parte di questi pesci è unica e posta dorsalmente rispetto al canale digerente. Nelle forme più primitive (Dipnoi e Crossopterygii) questo organo è invece costituito da una coppia di estroflessioni sacciformi situate in posizione ventrale, posteriormente alla faringe.
Nel corso della storia degli Osteichthyes, la vescica natatoria ha subito un percorso evolutivo che si è sviluppato lungo due direzioni orientando l’evoluzione di questi pesci, da un lato verso una spiccata specializzazione per l’ambiente acquatico e dall’altra verso l’acquisizione di caratteristiche, importanti premesse per la colonizzazione dell’ambiente subaereo.
Da una parte, in un gruppo di Osteichthyes la vescica gassosa assume le funzioni di organo idrostatico e diviene un prezioso strumento, mediante il quale, variandone il contenuto gassoso, questi pesci riescono ad adattare il proprio peso specifico a quello dell’acqua in cui vivono e ad effettuare spostamenti nel senso verticale (vescica natatoria).
D’altra parte, nelle forme più primitive degli Osteitti, Dipnoi e altri gruppi, questo organo funziona da polmone e in talune specie è coadiuvato da strutture accessorie che consentono loro di respirare aria atmosferica.
La vescica natatoria può essere collegata (fisostomi) o no (fisoclisti) alla faringe, oppure può contrarre rapporti col labirinto mediante l’apparato di Weber. Alla vescica natatoria è associata una fitta rete di capillari, rete mirabile, che consente di riempirla di gas contro gradiente.
La vescica natatoria ha le pareti rivestite di guanina, sostanza azotata componente anche degli acidi nucleici, che la rendono impermeabile ed è dotata di una valvola, detta ovale, utilizzata per sgonfiarla. La conformazione della vescica oppure ancora la sua assenza, rappresentano importanti elementi nella sistematica di questi pesci.
Il cuore, in cui passa unicamente sangue venoso, ha due cavità pompanti (un atrio e un ventricolo) alle quali si aggiungono un seno venoso e in certi casi anche un cono arterioso.
Come i Pesci cartilaginei, anche i Pesci ossei sono animali a sangue freddo e la temperatura del corpo è variabile in dipendenza delle variazioni di quella ambientale (eterotermia). Tuttavia i pesci di grandi dimensioni e particolarmente attivi, sono in grado di aumentare la temperatura del proprio corpo per via metabolica.
I sessi sono in genere separati, ma sono noti parecchi casi di ermafroditismo. Con poche eccezioni, la fecondazione è esterna.
La maggior parte delle specie di Pesci ossei sono ovipare, ma non mancano i casi di ovoviparità o di viviparità.
Le uova sono generalmente molto piccole e vengono deposte in gran numero, talvolta di svariati milioni.
Alla nascita i piccoli possono avere aspetto molto simile a quello dei genitori oppure anche molto differente. In questo caso vanno incontro a una metamorfosi che in taluni casi può anche essere molto complessa.
Ditribuzione
Diffusi in tutti i mari, dalla superficie a profondità di oltre 9000 m, nelle acque salmastre e in quelle dolci, gli Osteichthyes rappresentano la classe più ricca dei Vertebrati e secondo una stima da considerare molto approssimativa comprendono un numero di specie oggi viventi variabile da 20 mila a 30 mila.
La storia evolutiva degli Osteichthyes è certamente molto complessa e presenta diverse situazioni di incertezza, causa di contrapposizioni scientifiche a livello sistematico.
Sembra comunque assodato sulla base di resti fossili che già circa 400 milioni di anni fa, tra la fine del Siluroniano e l’inizio del Devoniano, gli antenati dei Pesci ossei abbiano intrapreso percorsi evolutivi che si sono successivamente sviluppati lungo tre distinte radiazioni: Paleoniscopidi, Dipnoi e Crossopterigi.
Da tenere presente che le storie di Dipnoi e Crosspterigi avranno un destino che interesserà più o meno direttamente le radici della radiazione evolutiva dei Vertebrati e che porterà alla colonizzazione dell’ambiente subaereo.
Classificazione
La classificazione degli Osteichthyes è alquanto travagliata e tutt’ora oggetto di varie ipotesi, ciascuna delle quali è supportata da dati obiettivi ma parziali; ne consegue che nessuna di esse appare completamente soddisfacente. A complicare il panorama della sistematica degli Osteichthyes contribuiscono le indicazioni parziali e pertanto premature che scaturiscono da indagini biomolecolari. Infatti, la classificazione proposta, ancora in divenire, presenta diversi elementi di contraddizione con la classificazione tradizionale, basata su caratteristiche morfologiche e fisiologiche,
A riguardo, va ricordato che alcuni studiosi ritengono che i Brachiopterygii, considerati da altri specialisti una sottoclasse distinta, siano da inserire negli Actinopterygii ove costituiscono un ordine a sé, quello dei Polypteriformes.
A loro volta, Dipnoi e Crossopterygii, secondo il parere di altri studiosi costituiscono un raggruppamento monofiletico, e quindi andrebbero riuniti in una classe distinta, quella dei Sarcopterygii (o Coanoitti). Di parere opposto sono altri studiosi che ritengono Dipnoi e Crossopterygii un raggruppamento chiaramente polifiletico, quindi non naturale, e li ascrivono a due sottoclassi distinte.
In questa sede, più condivisibile ci sembra il parere di parecchi studiosi che considerano gli Osteichthyes una classe dei Pesci e la suddividono in 4 raggruppamenti (taxa) ai quali viene attribuito il valore di sottoclassi, Brachiopterygii, Actinopterygii, Dipnoi e Crossopterygii.
Pertanto, a prescindere dai diversi punti di vista sulla posizione e suddivisione sistematica dei Pesci ossei, poiché i raggruppamenti sopraindicati sono chiaramente diversificati tra loro, dal punto di vista morfologico e fisiologico, a seguire si forniscono informazioni essenziali che riguardano le loro caratteristiche distintive. Comunque, non bisogna dimenticare che quella degli Osteichthyes rimane una classe tanto vasta quanto complessa e che quindi la loro sistematica è suscettibile di diverse opinioni e di modifiche con il proseguire delle ricerche.
Sottoclasse BRACHIOPTERYGII
Detti anche Pesci con le pinne bracciate o Cladistia, costituiscono un gruppo di Osteichthyes molto antico, comparso circa 60 milioni di anni, alla fine dell’era Mesozoica fa durante il Cretaceo. al quale viene attribuito lo status di sottoclasse.
Oggi questi pesci sono rappresentati da poche specie dulcaquicole dell’Africa tropicale e subtropicale note con i nomi di Bichir (Polypterus) e di Calamattide del Calabar (Erpetoichthys).
Va ancora precisato che l’ordine di appartenenza, quello dei Polypteriformes, in questa sede attribuito alla sottoclasse dei Brachiopterygii, da altri invece viene compreso tra gli Actinopterygii. Collocazione sistematica a parte, il nome che contraddistingue i Brachiopterygii fa riferimento alla caratteristica dei suoi rappresentanti di avere le pinne pari brevi e dotate di muscolatura propria.
In aggiunta, il nome di Polypteriformes scaturisce dalla particolare morfologia della pinna dorsale che è ripartita in numerose piccole pinnule, ciascuna sostenuta da un raggio duro e da alcuni raggi molli. Il corpo di questi pesci è allungato, talvolta molto slanciato, un po’ anguilliforme e può raggiungere la lunghezza complessiva di 1 m. Il capo, piccolo e appiattito, è ricoperto di placche ossee, che formano una sorta di casco protettivo.
Lo scheletro del capo conserva una struttura molto primitiva, essendo in parte cartilagineo con un numero limitato di ossificazioni. Il resto del corpo dei Polypteriformes è ricoperto da una robusta armatura formata da scaglie romboidali di tipo ganoide, articolate fra loro e disposte a formare file oblique. Le pinne ventrali, allorché presenti, occupano una posizione addominale. La pinna anale è poco sviluppata e la coda è di tipo dificerco, simmetrica e terminante a punta.
I Brachiopterygii sono provvisti di una vescica natatoria gassosa, duplice e asimmetrica, posta al disotto dell’intestino. Il lobo destro della vescica si estende fino all’ano mentre quello sinistro arriva allo stomaco. In relazione alla sua funzione di organo respiratorio accessorio in ausilio alle branchie, le pareti interne della vescica natatoria sono leggermente pieghettate in senso longitudinale e rivestite di cellule pavimentose ciliate. I Brachiopterygii sono dotati di spiracoli funzionali e di valvola intestinale a spirale. Attualmente i questi pesci sono rappresentati da poco più di una decina di specie, tutte afferenti all’ordine dei Polypteriformes. diffuse nelle acque interne del continente africano.
A sua volta, l’ordine è comprensivo dell’unica famiglia, quella dei Polypteridae, ripartita nei generi Polypterus, con nove specie note con il nome di Biscir, e Erpetoichthys (già Calamoichthys), con 2 specie, dette Calamattidi.
Questi pesci vivono nei fiumi e nei laghi costieri ove si rinvengono in acque basse e con fondali sabbiosi o fangosi. Nascosti sul fondo durante il giorno, nelle ore notturne diventano particolarmente attivi. Oltre che nuotando, sono in grado di procedere sul fondo tramite le pinne pettorali e ventrali utilizzate come vere e proprie zampe.
Voraci predatori, si nutrono di piccoli pesci, vermi, molluschi, anfibi e loro larve. Con l’arrivo della stagione secca, allorché restano intrappolati in pozze con poca acqua fangosa, questi pesci si infossano e restano in stato di vita latente sino all’arrivo delle nuove piogge. In questo modo, questi animali riescono a superare condizioni così ostili e fuori del comune per un pesce, grazie alla vescica natatoria che funziona come organo respiratorio in grado di utilizzare l’ossigeno atmosferico.
Nel periodo della riproduzione, è stato osservato che gli adulti di questi pesci lasciano i luoghi frequentati durante la stagione secca e si portano nelle zone inondate ove, dopo gli accoppiamenti, le femmine depongono uova molto piccole e colorate. Dalle uova fecondate sgusciano nati di aspetto larvale che si caratterizzano per avere il corpo di colore dorato con strisce nere longitudinale, la pinna dorsale continua e per essere provvisti di branchie esterne che vagamente ricordano quelle dei Dipnoi e di alcuni Anfibi Urodeli.
Tra le specie più note vanno citate il Biscir propriamente detto (Polypterus bichir Lacepéde, 1803) diffuso nelle acque del Nilo e dei grandi fiumi e dei laghi africani, il Biscir di Endlicher o Biscir sellato (Polypterus endlicheri Heckel, 1847) e il Biscir del Congo (Polypterus ornatipinnis Boulenger, 1902) che si rinvengono nella parte occidentale dell’Africa. Nelle acque lente e ricche di vegetazione acquatica del basso Niger e del Camerun si trova la Calamattide del Calabar (Erpetoichthys calabaricus Smith, 1865).
Sottoclasse ACTINOPTERYGII
Sono considerati un raggruppamento (sottoclasse o classe a seconda del parere) al quale vengono assegnati la quasi totalità degli Osteichthyes. Si tratta di Pesci ossei privi di coane, cioè senza comunicazione tra le sacche olfattorie e la cavità orale. Tipicamente le pinne pari sono sorrette da raggi disposti a ventaglio, da cui anche il nome comune di Pesci con pinne raggiate.
Va subito notato che le pinne degli Actinopterygii, non presentano nello scheletro l’organizzazione strutturale di base per la loro evoluzione negli arti dei Tetrapodi terrestri, come talora ipotizzato.
Animali di origini molto antiche, gli Actinopterygii hanno lasciato resti fossili che testimoniano la loro presenza già durante il periodo Devoniano, tra 400 e 350 milioni di anni fa. Nel Carbonifero (360-285 milioni di anni fa), tra il Devoniano e il Permiano, gli Actinopterygii, dagli ambienti dulcacquicoli ove erano molto comuni iniziarono a invadere i mari, divenendo il gruppo di pesci più numeroso e di maggior successo.
Attualmente, rappresentanti di Actinopterygii si rinvengono in una grande varietà di ambienti, dulcquicoli e anche marini.
Adattati anche ad ambienti estremi, questi pesci sopportano importanti variazioni termiche, da poco meno di 2° a quasi 40˚C, di ph con livelli che oscillano da 4 a 10, e con quantità di ossigeno disciolto compreso tra assenza e saturazione.
Alcune specie vivono in sorgenti di deserti (pupfishes), altre in pozze effimere, altre ancora abitano laghi e corsi d’acqua di alta quota; specie di Actinopterygii si rinvengono in grotte sotterranee (cavefishes). Alcune specie vivono prevalentemente nelle grotte.
Alcune specie popolano le acque degli oceani, ove si spingono anche a profondità che posso raggiungere i 7.000 m, come le Rane pescatrici di acque profonde (Oneirodidae dell’ordine dei Lophiiformes).
Altre specie vivono nelle acque fredde dei mari polari, come il Merluzzo artico (Gadus ogac Richardson, 1836) e il Salmone reale (Oncorhynchus tshawytscha Walbaum, 1792), Salmonidae marino e d’acqua dolce.
Oggi gli Actinopterygii riuniscono circa 25.000 specie, praticamente la stragrande maggioranza degli tutti i Pesci e circa la metà di tutti i vertebrati viventi. Anche per questo raggruppamento, al quale vengono ascritte la stragrande maggioranza degli Osteichthyes e di tutti i Pesci, sia per il numero di specie che comprendono, sia per il numero di ordini nel quale viene suddiviso, si registrano significative divergenze sulla loro sistematica.
Noi terremo presente la classificazione tradizionale che, sulla base di caratteristiche morfologiche, fisiologiche ed ecologiche, ripartisce gli Actinopterygii in Chondrostei, Holostei e Teleostei, ai quali viene riconosciuto il valore di infraclasse.
Va detto però che non è facile individuare i rapporti filetici che intercorrono tra queste tre linee evolutive degli Actinopterygii. Tali incertezze sistematiche sono testimoniate anche dal fatto che diversi specialisti invece inseriscono Holostei e Teleostei in una sottoclasse distinta, quella dei Neopterygii. D’altronde, anche la classificazione moderna che utilizza strumenti di indagine da carattere biomolecolare non è di grande aiuto essendo ancora in divenire e con parecchi punti di contraddizione con quella tradizionale.
Infraclasse Chondostrei
Classificati in passato tra i Pesci cartilaginei (Chondrichthyes), con i quali mantengono una certa somiglianza morfologica e strutturale, sono considerati una infraclasse di Actinopterygii.
Riuniscono specie con lo scheletro con un certo grado di ossificazione, ma che conserva numerose parti completamente cartilaginee, da cui il nome di Chondrostei.
In passato venivano anche classificati tra gli Squali (Chondrichthyes Selachimorpha) ai quali sono somiglianti soprattutto per la forma e la struttura della mascella che è priva di osso e per la presenza di un paio spiracoli.
Ad eccezione degli Storioni, i Chondostrei mancano di scaglie.
I Chondrostei riuniscono una trentina di specie, comunemente indicate con i nomi di Storioni (Acipenseridae) e Pesci spatola (Polyodontidae), ascritte all’ordine Acipenseriformes.
Alcune classificazioni comprendono tra i Chondrostei anche i Bichir (Polypterus) e i Calamattidi (Erpetoichthys)i dell’ordine Polypteriformes, da noi incluso nella sottoclasse dei Brachiopterygii.
In verità, la sistematica dei Chondrostei, ritenuti un raggruppamento parafiletico, cioè che non comprende tutti i discendenti di un antenato comune, è ancora in discussione.
Infraclasse Holostei
Gli Holostei sono considerati una infraclasse di Chondrostei. In gran parte estinti, oggi sono rappresentati da specie che si caratterizzano per avere uno scheletro parzialmente ossificato e per la bocca armata di una forte dentatura,
Sono provvisti di una coppia di spiracoli che però sono ridotti a strutture vestigiali e che non si aprono all’esterno.
Ritenuti fino a qualche anno fa un clade unitario, oggi invece, a seguito di indagini citogenetiche, diversi studiosi considerano gli Holostei un raggruppamento parafiletico.
Attualmente negli Holostei vengono compresi due ordini, Amiiformes e i Lepisosteiformes,
Gli Amiiformes, comparsi durante il Triassico medio (circa 244 milioni di anni fa), si qualificano per presentare lo scheletro poco ossificato e per la maggior parte cartilagineo. Attualmente sono rappresentati unicamente dalla specie Amia calva Linneo (1766) che vive nelle acque dei fiumi del Nordamerica orientale.
I Lepisosteiformes, ritenuti un ordine più arcaico degli Amiiformes, si rinvengono nelle acque dolci, salmastre e, occasionalmente anche marine del Nord America, del Centro America e delle isole dei Caraibi.
I Lepisosteiformes comprendono una decina di specie riunite in due generi, Atroctestus (Rafinesque, 1820) dell’America Centrale, e Lepisosteus (Linneo,1758) dei grandi laghi del Nordamerica.
Sono comunemente noti con i nomi di Pesci caimano, per il muso lungo e sottile, ed anche, impropriamente, di Pesci luccio per la loro somiglianza con i veri Lucci, pesci dell’ordine degli Esociformes (Actinopterygii).
Infraclasse Teleostei
Ritenuti i moderni Pesci ossei, costituiscono il raggruppamento più numeroso, non solo tra gli Actinopterygii ma anche tra tutti i Pesci. La storia dei Teleostei ha avuto inizio nel Triassico (250-200 milioni di anni fa), periodo in cui comparvero i loro progenitori.
Ma il loro successo evolutivo è legato alla scomparsa di quasi tutti gli altri Actinopterygii a seguito della grande estinzione di massa avvenuta nel corso del Triassico-Giurassico (circa 200-145 milioni di anni orsono) allorquando furono protagonisti di una notevole radiazione adattativa. Il successo dei Teleostei si è concretizzato con il differenziamento di oltre 20 mila specie sinora conosciute, distribuite in oltre 400 famiglie a loro volta ascritte a poco più di 40 ordini.
Considerata la notevole biodiversità dei Teleostei, in questa sede ci limiteremo a ricordare gli ordini più rappresentativi, rimandando alle schede tassonomiche eventuali approfondimenti.
Ordine Atheriniformes
Costituiscono un ordine in cui vengono comprese specie di aspetto vario distinguibili tra loro prevalentemente per caratteri scheletrici. In genere questi pesci hanno due pinne dorsali di cui quella anteriore può essere secondariamente perduta. La linea laterale è in forma vestigiale o del tutto assente.
Praticamente diffuso in tutti i mari, ad eccezione delle acque aperte, abissali e polari, l’ordine riunisce specie marine costiere, anche salmastre, e dulcacquicole. Tra le specie più note dell’ordine va segnalato il Latterino (Atherina boyeri Risso 1810), piccolo pesce di circa 10 cm di lunghezza, diffuso nelle acque del Mar Mediterraneo.
Conosciuta anche con i nomi di Latterino capoccione o Latterino acquadella, questa specie, oltre che in alcuni tratti delle coste atlantiche europee, è anche presente nelle acque del Mar nero e del Mar Caspio, ove pare che si siano differenziate 2 sottospecie, rispettivamente Atherina boyery pontica ((Eichwald, 1831) e Atherina boyery caspia (Eichwald, 1831) Altra specie del genere è il Latterino sardaro (Atherina hepsetus Linneo, 1758), piccolo pesce proprio delle Mar Mediterraneo e del Mar Nero.
Ordine Beloniformes
In passato inseriti tra i Cyprinidontiformes, oggi i Beloniformes vengono considerati un ordine a sé. Ampiamente diffusi in acque salate e dolci, comprendono quasi 300 specie noti per molti usi commerciali e per la maggior parte dell’Asia tropicale, distribuite nelle famiglie Adrianichthyidae, Belonidae, Exocoetidae, Hemiramphidae e Zenarchopteridae.
Per la maggior parte si tratta di pesci di piccole dimensioni, poco meno di 10 cm, il che li rende ben adatti alla vita negli acquari.
Nel Mar Mediterraneo sono segnalate appena 6 specie di Beloniformes dall’aspetto molto singolare, quali Aguglie (Belonidae) e Pesci volanti (Exocoetidae).
Le Aguglie sono dette anche Pesci ago (needlefishes) per la caratteristica forma del corpo molto sottile e allungata. Le mascelle di questi pesci, anch’esse alquanto sviluppate e sottili, formano una sorta di becco corneo armato di numerosi denti.
Le Aguglie fanno parte dei Belonidae, famiglia diffusa nei mari temperati e tropicali che nel Mar Mediterraneo è presente con le 4 specie di seguito citate.
L’Aguglia comune (Belone belone Linneo, 1761), è un pesce lungo poco meno di 1 m, per un peso che può superare anche il kg. La livrea è semplice, di colore grigio argenteo, più scuro sul dorso e biancastro sulle parti ventrali. Lo scheletro presenta una caratteristica colorazione verde-azzurrastra dovuta alla presenza di bilirubina. Comune nelle acque del Mar Mediterraneo, dell’Atlantico orientale e del Mar Nero
L’aguglia di Svetovidov (Belone svetovidovi Collette & Parin, 1970) ha un areale che comprende le acque del Mediterraneo e alcuni settori nordorientali dell’Atlantico. Facilmente confondibile con l’Aguglia comune, questo pesce si caratterizza principalmente per il numero di denti.
L’Aguglia maggiore (Tylosurus acus, (Lacèpede, 1803), è una specie prevalentemente tropicale diffusa nelle acque dell’Oceano Atlantico e in quelle del mar Mediterraneo ove non è molto comune.
Molto simile nell’aspetto all’Aguglia comune, questa specie si distingue facilmente per la mole maggiore, sino a 1,5 m, e per avere la dentatura maggiormente sviluppata e per la pinna caudale il cui lobo inferiore è più esteso di quello inferiore.
Il Pesce segugio del Mar Rosso (Tylosurus choram Rüppell, 1837) è specie molto simile come aspetto generale all’Aguglia comune ed in particolare all’Aguglia maggiore. Vive nella maggior parte dei mari temperati e caldi e talvolta nei fiumi. Molto comune nella parte più occidentale dell’Oceano Indiano, nel Mar Rosso e nel golfo di Oman, si rinviene anche nelle acque del mar Mediterraneo, ove è penetrata attraverso il canale di Suez (specie lessepsiana).
Ad altra famiglia, quella degli Exocoetidae, vengono ascritte le specie di Beloniformes comunemente note come Pesci volanti o Pesci rondine.
Il nome comune di questi animali fa riferimento al grande sviluppo delle pinne pettorali, che solitamente raggiungono la pinna dorsale e talora anche quella caudale.
Questa peculiarità è collegata alla capacità degli Exocoetidae, unica per i pesci, di compiere proprio con le ampie pinne pettorali utilizzate come ali, brevi voli sulla superficie dell’acqua di circa 20-30 secondi.
Gli occhi sono grandi e la bocca, piccola e rivolta verso l’alto, è provvista di piccoli denti. A seconda delle specie, le pinne ventrali possono essere più o meno sviluppate, ma sempre molto meno delle pettorali. Sulla base dello sviluppo delle pinne ventrali, si distinguono forme di Pesci volanti a quattro ali e di Pesci volanti a due ali.
La pinna caudale è fortemente forcuta, con il lobo inferiore più lungo di quello superiore. Il corpo degli Exocoetidae, in genere compreso tra 20-40 cm di lunghezza, è affusolato e ricoperto di squame ampie e dure. La livrea degli adulti è uniformemente blu sulle parti dorsali, bianco argenteo su quelle ventrali. Diversamente, i giovani possono essere variamente colorati e avere lunghi barbigli o pinne pettorali con disegni vivaci.
Questi singolari pesci si rinvengono in tutti gli oceani con maggiore frequenza e abbondanza in acque calde. Nel Mar Mediterraneo sono comuni il Rondone di mare e la Rondinella di mare mentre più o meno raramente si incontrano il Pesce volante e il Pesce rondine.
Il Rondone di mare (Cheilopogon heterurus Rafinesque 1810) è diffuso prevalentemente nelle acque calde e temperate dell’Oceano Atlantico orientale e nel Mediterraneo occidentale, ove risulta la specie più comune della famiglia.
Lungo solitamente poco meno di una quarantina di cm, il Rondone di mare è una forma a quattro ali avendo le pinne pettorali molto allungate, oltre la pinna dorsale, e anche quelle ventrali che si impiantano molto indietro. Altra specie del genere è il Pesce volante saltante o Pesce volante di Abe (Cheilopogon abei Parin, 1996), Exocoetidae diffuso nelle acque del Pacifico occidentale e dell’oceano Indiano.
La Rondinella di mare (Hirundichthys rondeletii Valenciennes, 1847), lunga in genere sui 20 cm, è abbastanza comune nei mari italiani. La specie si caratterizza per essere una forma a quattro ali, avendo, oltre alle pinne pettorali, anche le pinne ventrali fortemente allungate e inserite molto indietro. Diffusa nell’Oceano Atlantico e nel Mediterraneo occidentale, questa specie nel periodo estivo risale verso l’alto Adriatico, mentre in quello invernale migra verso le zone più orientali del Mediterraneo.
Al medesimo genere appartengono il Pesce volante ala nera (Hirundichthys volador Giordania, 1884) che vive nell’oceano Atlantico nord-occidentale, e il Pesce volante dalle ali specchiate (Hirundichthys speculiger Valenciennes, 1847) diffuso in acque circumtropicali.
ll Pesce volante (Exocoetus volitans Linneo, 1758) è una specie molto comune nelle acque della fascia tropicale. Nella stagione calda può penetrare nel mar Mediterraneo occidentale e spingersi, anche se raramente, sino alle acque del Mar Adriatico. Lungo solitamente fino a 20 cm, il Pesce volante si caratterizza per avere le pinne ventrali molto corte e inserite in avanti (forma a due ali).
Il Pesce rondine (Exocoetus obtusirostris Günther, 1866) è molto simile nell’aspetto e nelle abitudini al Pesce volante dal quale si distingue a prima vista per il muso marcatamente più corto.
Anche questa specie si riviene talora nelle acque del Mediterraneo. Tra le tante altre specie dell’ordine dei Beloniformes si ricordano le seguenti.
I Pesci riso e i Medaka, ascritti alla famiglia Adrianichthyidae, in passato compresa nell’ordine dei Cyuprinodontiformes, si rinvengono nelle acque dolci e salmastre nell’area che va dall’India all’arcipelago malese, al Giappone. Il nome di Pesci riso con cui sono note alcune specie deriva dal fatto che si trovano anche nelle risaie. Si tratta di pesci di dimensioni piuttosto piccole, da 1,6 a -16 cm a seconda della specie. Le piccole dimensioni, associate alla facilità di allevamento e alla colorazione della livrea rende questi pesciolini particolarmente apprezzati dagli acquariofili.
Il Pesce di riso giapponese (Oryzias latipes Temminck & Schlegel, 1846), noto anche con il nome di Medaka, è specie eurialina e oltre che nelle risaie, si rinviene anche nelle acque lente di stagni, paludi e pozze di marea.
Di piccole dimensioni, in genere misura fino a circa 3,6 cm di lunghezza, il Medaka ha il corpo che in natura è di colore variabile dal bianco crema al giallastro. Popolari per la loro varietà di colori e forme e per la loro facilità di allevamento e riproduzione, da diversi secoli i Medaka sono molto apprezzati come pesce d’acquario. Ritenuti molto importanti anche in campo scientifico, i Medaka sono stati i primi pesci il cui genoma è stato completamente sequenziato, oltre che ad essere stati geneticamente modificati.
Ad altro genere appartiene il Buntingi dal becco d’anatra (Adrianichthys kruyti M.Weber, 1913), così detto per la mascella superiore sporgente. È una specie di Pesce di riso propria del Lago Poso nel Sulawesi centrale, in Indonesia. È specie in grave rischio di estinzione.
Ordine Bericiformes
Costituiscono un ordine le cui specie sono presenti nei mari di tutto il mondo. Pesci di abitudini notturne, vivono per la maggior parte in acque marine profonde ma alcuni, come le specie di Holocentridae, frequentano anche le acque basse.
Nelle acque del Mar Mediterraneo sono segnalate 2 specie, il Berice rosso e il Pesce armato rosso.
Il Berice rosso (Beryx decadactylus Cuvier, 1829) è un pesce con il corpo di colore rosso, di forma approssimativamente romboidale e che può raggiungere i 60 cm di lunghezza. La bocca è piuttosto grande e protrattile, gli occhi sono notevolmente grandi La pinna dorsale è più alta nella porzione anteriore. Forma simile ha la pinna anale che però è più lunga. La pinna dorsale e quella anale sono sostenute da alcuni deboli raggi spiniformi. Di abitudini pelagiche a profondità superiori a 1000 m, il Berice rosso è diffuso in tutti i mari compreso il Mediterraneo nel quale però è alquanto raro.
Il Pesce armato rosso (Sargocentron rubrum Forsskål, 1775) popola le acque tropicali degli Oceani Indiano e Pacifico. È presente anche nel Mediterraneo con qualche limitata popolazione nelle cui acque è pervenuto in seguito a migrazione lessepsiana, cioè dal Mar Rosso attraverso il canale di Suez.
Lungo in genere sui 30 cm, questo pesce ha corpo ovale che si caratterizza per avere il muso appuntito e una robusta spina su ciascun opercolo branchiale. Gli occhi sono grandi e la livrea è appariscente, di colore rosso vivo con strisce longitudinali bianche sui fianchi e con le pinne marginate di bianco. Vive in ambienti molto vari, anche in acque portuali, a bassa profondità
Ordine Cyprinodontiformes
Sono considerati un ordine degli Actinopterygii in cui vengono comprese specie perlopiù dulcacquicole che si caratterizzano principalmente per avere bocca piccola, occhi grandi e pinne sostenute da raggi. La pinna dorsale è unica e la pinna caudale è simmetrica e arrotondata. La maggior parte delle specie è di piccole e medie dimensioni, comprese tra gli 8 mm del Killifish (Heterandria formosa Girad, 1859) e i 34 cm del Pesce a quattro occhi del Pacifico (Anableps dowei T.N. Gill, 1861).
In genere i Cyprinodontiformes presentano il corpo variamente allungato con la mascella inferiore più o meno sviluppata.
È frequente il dimorfismo sessuale con i maschi che hanno la pinna dorsale più sviluppata e la livrea più appariscente che nelle femmine.
Con oltre un migliaio di specie, l’ordine è ampiamente diffuso nei mari e nelle acque dolci praticamente di tutto il mondo.
Parecchie specie dell’ordine, di dimensioni in genere comprese tra i 2,5 e i 5 cm, sono note con il nome comune di killfish, cioè pesci dei torrenti, e si rinvengono principalmente in acque dolci o salmastre del continente americano, dal Canada all’Argentina. Alcune specie di killfish vivono in Africa, in Asia e poche specie sono note per l’Europa mediterranea.
Per le particolari caratteristiche fisiologiche ed ecologiche, unitamente alla bellezza della livrea, diverse specie di killfish sono oggetto di commercializzazione e allevate in tutto il mondo. Tra i killfish, vanno ricordati i cosiddetti Pesci pupazzo (pupfish), pesciolini che si caratterizzano per la loro capacità di sopravvivere in ambienti con condizioni estreme ed isolate.
I pupfish sono piccoli killfish in cui la maggior parte delle specie presentano uno spiccato dimorfismo sessuale nella forma del corpo e nella colorazione delle livree. Solitamente la livrea dei maschi è marcatamente più appariscente di quella delle femmine. Diffusi principalmente in ambienti di acque dolci e salmastre del continente americano, i pupfish si nutrono di insetti e di alghe e di materiale vegetale in decomposizione.
Alcune hanno una dieta particolarmente ricca di alghe come il bene noto Pesce bandiera americana (Jordanella floridae Goode & Bean, 1879), piccolo pesce, 6-7 cm di lunghezza, ampiamente diffuso nell’America centrale ove si rinviene in acque dolci e salmastre.
Diversa diffusione ha Aphanius, genere di killfish genere è diffuso nelle acque salmastre e dolci della fascia costiera del Mediterraneo ove si sono differenziate diverse specie, particolarmente minacciate di estinzione a seguito di antropizzazione di habitat.
Il Nono comune (Aphanius fasciatus Valenciennes, 18219), è un pesce che vive in ambienti di acque salmastre, anche in quelle delle saline. A distribuzione circummediterranea, è l’unica specie del genere ritenuta autoctona italiana.
Altre specie del genere sono il Nono andaluso (Aphanius baeticus Doadrio, Carmona & Fernandez-Delgado, 2002), segnalato per le acque costiere della Spagna sudoccidentale, e il Nono moresco (Aphanius iberus Valenciennes, 1846) è specie endemica della fascia costiera del versante mediterraneo della penisola iberica.
Da segnalare infine la Carpa dentaria del lago Tuz (Aphanius anatoliae Leidenfrost, 1912) che con 15 cm di lunghezza è il gigante del genere. Nota anche con il nome Killifish gigante anatolico, questa specie è segnalata per i bacini dei laghi di Tuz e di Beysehir in Anatolia.
Ancora dell’ordine dei Cyprinodontiformes vanno ricordati i Pesci quattrocchi del genere Anableps, così detti per la particolarissima ed interessante conformazione dell’apparato visivo.
Infatti, gli occhi di questi straordinari pesci, grandi e sporgenti, sono divisi orizzontalmente in due lobi da una membrana di tessuto epiteliale.
Anche la retina, la cornea e la pupilla sono divise in due sezioni e dotati di due retine. Il cristallino è invece unico.
In tal modo, nuotando con gli occhi posti alla superficie dell’acqua, i Pesci quattrocchi riescono ad avere visione di quanto accade sopra la superficie e contemporaneamente anche sott’acqua, favorendo la predazione degli insetti di cui si nutrono.
Al genere Anableps vengono attribuite diverse specie che in genere misurano una lunghezza di 25-30 cm e che in natura vivono in acque salmastre e dolci della costa settentrionale del Centro e Sud America.
Oltre al Pesce quattrocchi dalle grandi scaglie (Anableps anableps Linneo, 1758), il più noto e ricercato del genere in acquariofilia, vanno ricordati anche il Pesce quattrocchi comune (Anableps microlepis Müller e Troschell, 1844) e il Pesce quattrocchi del Pacifico (Anableps dowei T. N. Gill, 1861).
I Rivulini africani sono piccoli killifish dei Nothobranchiidae, famiglia che con oltre 250 specie è propria del continente africano a sud del Sahara.
I Rivulini colonizzano ambienti di acqua dolce e salmastra e, assieme ai Dipnoi, sono gli unici pesci a vivere negli ambienti estremi delle pozze di fango delle pianure africane. Lunghi in genere circa 5 cm, i Rivulini africani hanno colori vivaci e alcune specie, come Nothobranchius guentheri di Zanzibar, sono tenute come animali da acquario.
Ordine Gasterosteiformes
Costituiscono un ordine di Pesci Actinopterygii ampiamente diffuso principalmente in ambienti tropicali e temperati di acque marine costiere e, in minor misura, anche di acque dolci. L’ordine riunisce specie di piccole dimensioni, con il corpo generalmente sottile ed allungato e con il peduncolo caudale alquanto assottigliato.
L’aspetto dei Gasterosteiformes è abbastanza vario e in alcuni casi il corpo è piatto e largo con la bocca posta in posizione ventrale e sovrastata da un lungo rostro e pinne pettorali molto ampie (Pegasidae). Molte specie sono provviste di piastre ossee sottocutanee laterali. Le pinne sono sostenute da raggi molli e da robusti raggi spiniformi il cui numero costituisce un buon carattere tassonomico. Poche specie mancano di pinne ventrali, di scaglie ed anche di piastre ossee (Hypoptychidae).
In Europa l’ordine è presente soltanto con poche specie di Gasterosteidae note con il nome comune di Spinarelli di cui soltanto una specie (Gasterosteus aculeatus Linneo, 1758) raggiunge il Mediterraneo occidentale. Altra specie è lo Spinarello di mare (Spinachia spinachia Linneo, 1758), piccolo pesce di circa 20 cm di lunghezza, diffuso nell’Atlantico nordorientale ma assente nelle acque del Mediterraneo.
Ordine Mugiliformes
Sono un ordine di Pesci Actinopterygii al quale vengono ascritte circa 80 specie comunemente noti con il nome di Cefali e Muggini. I Mugiliformes comprendono pesci con corpo allungato, di lunghezza compresa da circa 20 cm ad oltre 120 cm, e con la bocca tipicamente provvista di denti piccoli oppure del tutto priva.
Le pinne pettorali e ventrali sono ben sviluppate. Le pinne dorsali sono due, la prima delle quali è sostenuta da 4 raggi spinosi mentre la seconda è formata da numerosi raggi sottili e flessibili. La pinna caudale ha due lobi ben sviluppati. La linea laterale è appena percepibile.
I Mugiliformes comprendono l’unica famiglia dei Mugilidae alla quale vengono ascritte circa 80 specie di Cefali diffuse principalmente nelle acque marine costiere tropicali e temperate. Alcune specie frequentano gli estuari e risalgono anche i corsi d’acqua dolce.
Il Cefalo comune (Mugil cephalus Linneo, 1758), conosciuto anche con i nomi di Volpina o Mùggine, è un pesce che ha il corpo affusolato, ricoperto da ampie squame, di colore grigio azzurrastro sul dorso, biancastro con striature scure sulle parti ventrali.
Tipicamente il capo è largo e massiccio, con la bocca provvista di piccoli denti e gli occhi ricoperti da una palpebra trasparente. Le due pinne dorsali sono separate e poste a metà del dorso e le pinne ventrali di poco più indietro delle pettorali. Le dimensioni in genere possono raggiunge anche di 1 m di lunghezza e il peso può superare i 4 kg.
Il Cefalo comune è una specie eurialina, cioè in grado di sopportare ampie variazioni del grado di salinità, tanto da vivere in acque marine, salmastre e dolci. Vive anche in acque inquinate, e si rinviene frequentemente all’interno dei porti. L’areale del Cefalo comune è molto ampio e comprende tutte le acque della fascia tropicale e temperata. Nei mari europei si spinge a nord fino al Golfo di Guascogna.
Ordine Perciformes
Oggetto di pareri contrastanti sulla loro sistematica, con oltre 7000 specie i Perciformes costituiscono un raggruppamento tra i più numerosi tra tutti i vertebrati.
Il nome di Perciformes deriva da quello del Persico reale (Perca fluviatilis (Linneo, 1758), specie certamente tra le più note tra tutti i rappresentanti dell’ordine. Conosciuta anche con il semplice nome di Persico, questa specie ha mediamente una lunghezza di 20 cm ma può arrivare anche a 60 cm. Le parti dorsali del corpo sono di colore verdastro ornate da 5-8 fasce verticali scure, mentre quelle centrali sono biancastre.
Tipicamente le pinne sono di colore molto acceso variabile dal rosso all’arancione, ad eccezione delle pinne pettorali che sono giallastre. Si tratta di un pesce d’acqua dolce ma decisamente eurialino che soprattutto nelle zone più settentrionali si rinviene in mare aperto ed anche in estuari e lacune salmastre
Di lontane origini euroasiatiche, il Persico è ampiamente diffuso praticamente in tutta Europa anche a seguito di attività antropiche di introduzione già a partire dal 1700.
Il Lucioperca o Sandra (Sander lucioperca Linneo, 1758) è un pesce che negli esemplari più vecchi può raggiungere e persino superare la lunghezza di oltre 1 m ed il peso di 15 kg. La livrea del Lucioperca è di colore bruno verdastro sul capo, parti dorsali e fianchi, più chiara sulle parti ventrali. Alcune strisce verticali nere scendono dal dorso fino ai fianchi. Le pinne hanno una colorazione verdastra chiazzate di nero.
Originario dell’Europa centro-settentrionale e dell’Asia occidentale, il Lucioperca è un vorace predatore la cui introduzione nelle acque dell’Europa centro-meridionale avvenuta agli inizi del 1800 sembra sia stata causa di seri problemi di competizione con la fauna ittica locale, compresa la scomparsa di forme endemiche.
L’Acerina, Gymnocephalus cernua (Linneo, 1758), è una specie che si rinviene in ambienti di acque dolci d’Europa e dell’Asia, dalla Francia alla Siberia ove predilige fondali sabbiosi e ghiaiosi.
È un pesce con capo grosso e corpo lungo fino a 25 cm per un peso che può raggiungere anche i 400 g, provvisto di una grande pinna dorsale armata di spine erettili. La livrea dell’Acerina ha in genere una colorazione giallo brunastra con riflessi metallici sul dorso, chiara sul ventre. Ha abitudini prevalentemente notturne. Spesso introdotta per pesca sportiva in varie regioni europee ed americane, anche questa specie è responsabile di notevoli danni alla fauna ittica locale.
Altra specie molto nota dei Perciformes è senz’altro il Pesce combattente o Pesce siamese combattente (Betta splendens Regan, 1910). Si tratta di un piccolo pesce d’acqua dolce originario del bacino idrografico del fiume Mekong nell’Asia sudorientale, ove si rinviene in acque stagnanti, lacustri e fluviali con deboli correnti.
È abbastanza frequente anche nelle risaie e in acque poco ossigenate. La specie è stata introdotta negli ultimi decenni del 1900 anche in Sudamerica e Indonesia.
Betta splendens ha corpo robusto ed affusolato, con i maschi che raggiungono le dimensioni di 6-8 cm e le femmine leggermente più tozze e più piccole. La bocca si apre in posizione superiore Come tutte le specie della famiglia di appartenenza (Osphronemidae), il Pesce combattente possiede una struttura respiratoria di tipo labirintico che consente di respirare ossigeno direttamente dall’atmosfera. Per tale caratteristica questi pesci sono noti anche con il nome di Labirintidi.
Il Pesce combattente presenta un dimorfismo sessuale che, oltre nelle dimensioni del corpo e delle pinne maggiormente sviluppate nei maschi, si manifesta anche nella livrea. Negli esemplari selvatici, la livrea dei maschi ha una colorazione blu-verdastra con riflessi metallici sul corpo, il capo è nero e le pinne sono rosse con riflessi metallici blu-verdi.
Diversamente, la femmina presenta il corpo di colore bruno con riflessi metallici e ornato da due fasce longitudinali bruno rossastre. Comunque il fenotipo originario è meno reperibile in commercio, mentre sono diffusissime le varietà variopinte con lunghe pinne a velo ottenute a seguito di paziente attività di selezione.
Il maschio del Pesce combattente ha uno spiccato senso di territorialità ed è di indole particolarmente aggressiva nei confronti di altri maschi, in maggior misura nel periodo della riproduzione. La fama mondiale di questa specie è legata all’aggressività dei maschi che è stata sfruttata dai thailandesi, che gestiscono lucrosi giri di scommesse sull’esito degli scontri tra due maschi, da cui il nome comune di Pesce combattente.
Questa pratica è alla base di una tradizionale e attenta attività di selezione con lo scopo di ottenere esemplari maggiormente forti ed aggressivi e nel contempo con una livrea sgargiante da esibire in occasione dei combattimenti e immettere nel mercato dell’acquariofilia.
Altra specie alquanto nota come ospite di acquario della stessa famiglia Osphronemidae, è il Pesce del paradiso (Macropodus opercularis Linneo, 1758) diffuso in diversi ambienti d’acqua dolce dell’Asia sudorientale e che colonizza anche foreste allagate e pianure durante la stagione dei monsoni.
Il Pesce del paradiso ha corpo un po’ tozzo e di piccole dimensioni, in genere è lungo sui 6-7 cm, e tipicamente presenta la pinna dorsale e quella anale lunghe con un punta filamentosa. La coda è allungata e biforcuta con i due lobi molto ampi. Le pinne pettorali sono di forma ovale e quelle ventrali sono appuntite.
La livrea dei maschi è brillante, maggiormente durante il periodo della riproduzione. Il capo e le parti dorsali sono di colore grigioverde e i fianchi rosso acceso con linee blu elettrico. Le parti ventrali hanno una colorazione violetta. Anche le pinne hanno una colorazione che varia dal viola al rosso, ad eccezione delle pinne pettorali che sono trasparenti. La coda è rossastra ornata da una punteggiatura d’azzurro. Le femmine presentano una colorazione meno vivace, di solito marrone chiaro con riflessi blu rossastri.
Il Pesce tamburo (Capros aper Linneo, 1758) è un Perciformes che si caratterizza per i grandi occhi e il muso particolarmente allungato e appuntito con bocca protrattile. Le dimensioni sono diverse nei due sessi con i maschi che in genere non superano i 15 cm e le femmine di maggiori dimensioni, anche 25 cm di lunghezza.
È presente una sola pinna dorsale con una evidente incisione; le pinne ventrali sono piuttosto grandi, le pinne pettorali sono piccole, quelle ventrali sono alquanto sviluppate. La coda è ampia e piatta. Il corpo è di colore rosso-arancione, talora ornata da fasce più scure. Nel corso del periodo della riproduzione, la livrea è interessata da un evidente dimorfismo sessuale.
Il Pesce tamburo presenta un areale che comprende buona parte dell’Atlantico e l’intero Mediterraneo ove si rinviene di preferenza su fondali fangosi, a profondità solitamente variabili tra 100 e 500 m.
Ordine Pleuronectiformes
Detti anche Eterosomi, costituiscono un ordine di Pesci Actinopterygii i cui componenti si caratterizzano per manifestare nella condizione adulta il corpo asimmetrico con entrambi gli occhi posizionati sul medesimo lato, detto oculare, per cui il lato opposto ne è privo (lato cieco).
In alcune specie il lato oculare è quello destro, in altre avviene viceversa. Inoltre, a seguito di questa particolare conformazione fisica, questi pesci acquisiscono anche una particolare tipologia di nuoto detto su un lato, da cui il nome scientifico di Pleuronectiformes.
Il corpo di questi pesci è molto schiacciato nel senso laterale, leggermente convesso sul lato oculare e piatto sul lato cieco; questo lato è anche depigmentato, da cui anche il nome comune di Pesci piatti.
Il corpo degli adulti dei Pleuronectiformes è ricoperto di scaglie cicloidi, ctenoidi o tubercolate, con le due pinne pettorali di diversa lunghezza, quella del lato oculare più sviluppata, quelle ventrali ridotte o mancanti e quelle impari simmetriche.
Gli adulti quasi sempre mancano di vescica natatoria.
Le dimensioni degli adulti in genere possono variare da circa 2 cm a oltre i 2,5 m di lunghezza dell’Ippoglosso atlantico o Halibut (Hippoglossus hippoglossus Linneo, 1758).
La livrea è mimetica, in genere di colore brunastro marezzato di macchie scure e chiare sul lato oculare, biancastro uniforme in quello cieco.
Con oltre 700 specie, i Pleuronectiformes hanno una distribuzione praticamente cosmopolita e per la maggior parte vivono sui fondali melmosi o sabbiosi delle acque costiere ove trascorrono la maggior parte della loro vita stando appoggiati sul lato cieco, mimetizzandosi con l’ambiente circostante.
Spesso si infossano nella sabbia o nel fango del fondo lasciando liberi gli occhi che sporgono per vedere l’avvicinarsi di prede oppure per sfuggire ad un eventuale predatore.
Alcune specie, come Hippoglossus hippoglossus si rinvengono fino a 2.000 m di profondità, altre popolano le sorgenti termali di acque profonde, altre ancora vivono in ambienti di acque dolci.
Molte specie rivestono grande importanza economica e sono oggetto di pesca intensiva perché fonte di cibo per l’uomo.
Ottimi nuotatori, diverse specie dell’ordine, sono solite compiere regolari migrazioni stagionali portandosi dalle acque più superficiali delle zone estive di alimentazione a quelle più profonde di riproduzione nel periodo invernale. Qui, le femmine depongono uova pelagiche dalle quali schiudono forme larvali che presentano simmetria bilaterale e nuotano come gli altri pesci.
La differenza morfologica delle larve dagli adulti è tale che per lungo tempo esse furono ritenute come un gruppo tassonomico a sé. Successivamente le larve conducono vita bentonica e subiscono un processo di trasformazione con la migrazione di un occhio verso il lato opposto del capo e l’acquisizione di un modo di nuoto lateralizzato.
Tra le tante specie dell’ordine, segnaliamo le più note.
La Passera pianuzza o Passera (Platichthys flexsus Linneo, 1758) è un Pleuronectiformes che misura 30-40 cm circa di lunghezza e con entrambi gli occhi sul lato destro del corpo. La specie si caratterizza per la presenza di una serie di tubercoli spinosi, formati da scaglie più grandi scaglie più grandi, posti alla base delle pinne dorsale, anale e pettorali.
Specie eurialina, la Passera pianuzza si rinviene su fondi fangosi e sabbiosi ed anche nelle lagune e può risalire il corso dei fiumi anche per lunghi tratti. Il suo areale è di tipo disgiunto è comprende l’Atlantico settentrionale sino allo stretto di Gibilterra, il nord dell’Adriatico e il mar Nero e quello d’Azov.
La Passera di mare europea (Pleuronectes platessa Linneo, 1758) è un pesce le cui dimensioni possono raggiungere anche i 70 cm e con entrambi gli occhi sul lato destro del corpo. Tipicamente dietro agli occhi è presente una cresta ossea. Sul lato oculare, la livrea è verde brunastro ravvivata da macchie puntiformi di colore arancione. Il lato cieco è bianco madreperlaceo.
La Passera di mare europea è specie marina, che vive sui fondali fangosi e sabbiosi della piattaforma europea, in genere a profondità comprese tra 10 e 200 m, del mare di Barents e dell’oceano Atlantico orientale, dall’Islanda alla penisola iberica.
La Sogliola limanda (Microstomus kitt Walbaum, 1792) è originaria dei mari dell’Europa settentrionale ove predilige le acque poco profonde con fondali sassosi anche a profondità superiori ai 200 m.
L’origine del nome comune è incerta e comunque non ha niente a che vedere con il colore e neanche con il sapore del limone. È dubbio che il nome limanda possa fare riferimento alla pelle alla consistenza della pelle dura come una “lima”, oppure al fatto che questo pesce si rinviene frequentemente nel limo dei fondali. La Sogliola limanda ha corpo che raggiunge le dimensioni di oltre 60 cm, con la superficie oculare, che è quella destra, che assume una colorazione bruno-rossastra, variopinta di rosa e arancione e macchie verdi e gialle. Il lato privo di occhi (cieco) del pesce è biancastro. Tipicamente la bocca è molto piccola e il peduncolo caudale è ampio.
Halibut è il nome inglese con cui vengono comunemente indicate numerose specie di Pleuronectiformes, ma in particolare viene riferito all’Halibut o Ippoglosso atlantico (Hippoglossus hippoglossus Linneo, 1758), il gigante dell’ordine con oltre 2,5 m di lunghezza per un peso di circa 230 kg, all’Ippoglosso del Pacifico (Hippoglossus stenolepis Schmidt, 1904) e all’Halibut della Groenlandia o Ippoglosso nero (Reinhardtius hippoglossoides Walbaum, 1792).
Pesci demersali, gli Halibut vivono in prossimità dei fondali e nei mesi invernali, avvenuta la riproduzione, si concentrano ai margini della piattaforma continentale sul cui fondo depongono le uova a profondità comprese tra circa 180 e 500 m di profondità.
Forti nuotatori, gli Halibut sono in grado di migrare su lunghe distanze ed effettuano spostamenti stagionali regolari dalle aree estive di alimentazione più superficiale a quelle di riproduzione più profonde nel periodo invernale.
In particolare il nome di Halibut viene riferito alle specie dei generi Hippoglossus e Reinhardtius dei quali si citano le seguenti.
Hippoglossus hippoglossus è un tipico pesce piatto con grande bocca e con entrambi gli occhi sul lato destro. La livrea è di color grigio-brunastro sul lato oculare, biancastro su quello cieco.
Tra i giganti dell’ordine, questo pesce raggiunge e supera anche i 2,5 m di lunghezza per un peso di circa 230 kg.
Di abitudini bentoniche, l’Ippoglosso atlantico ha una distribuzione che si estende nell’Atlantico settentrionale e nel Mar Glaciale Artico ove può rivenirsi su fondali mobili come in acque aperte a parecchia distanza dal fondo.
L’Ippoglosso del Pacifico (Hippoglossus stenolepis Schmidt, 1904) è un pesce che può misurare anche 2,5 metri o più che vive nelle acque del Pacifico settentrionale. Solitamente gli esemplari giovani vivono in acque costiere e man mano che maturano si spostano in acque più profonde, ai margini della piattaforma continentale. È predatore di invertebrati, in particolare granchi, calamari e vongole, ed anche di altri pesci.
L’Halibut della Groenlandia o Ippoglosso nero (Reinhardtius hippoglossoidesWalbaum, 1792) è abbastanza simile di aspetto all’Ippoglosso atlantico dal quale si distingue per avere il corpo più schiacciato e la bocca ancora più grande. La livrea è di colore bruno molto scuro sul lato oculare e pure su quello cieco.
Il Tocco comune o Dab comune (Limanda limanda, Linneo 1758) è un pesce di piccole dimensioni, di solito da 20 a 40 cm di lunghezza per un peso che può arrivare anche ad 1 kg, il cui aspetto è simile a quello della passera di mare, con entrambi gli occhi normalmente sul lato destro del corpo. Originario dei mari poco profondi del Nord Europa, si rinviene nelle acque costiere dell’Oceano Atlantico nordorientale, dal Golfo di Biscaglia al Mare del Nord a alla parte occidentale del Mar Baltico, ove vive di preferenza su fondali sabbiosi fino a profondità di circa 100 metri.
La Sogliola comune (Solea solea Linneo, 1758) è un Pleuronectiformes che mediamente misura sui 30 cm ma che può raggiungere, anche se raramente, persino i 50 cm di lunghezza. Ha il muso prominente con la mascella sporgente ed entrambi gli occhi posti sul lato destro (oculare). L’unica pinna dorsale è più lunga di quella anale; entrambe sono unite da una membrana alla pinna caudale che è piccola e arrotondata.
La livrea è di colore variabile dal beige al grigiastro punteggiata di scuro sul lato oculare, biancastra sul lato cieco. Ampiamente diffusa nelle acque dell’Atlantico nordorientale, del mare del Nord e del mar Baltico, la Sogliola comune è frequente anche nel Mediterraneo e nel mar Nero. Vive su fondali mobili sabbiosi a media profondità, solitamente sino a 200 m; frequenta anche le acque salmastre di estuari e lagune. Predatore di abitudini notturne, passa le ore diurne infossata nella sabbia.
La Sogliola di Dover del Pacifico (Microstomus pacificus Lockinghton, 1879), chiamata anche Sogliola melmosa o Sogliola scivolosa, è abbastanza somigliante con la Sogliola comune. Si rinviene nelle acque che vanno dal mare di Bering a quelle della bassa California.
La Sogliola nuda (Gymnachirus nudus Kaup, 1858) è un piccolo pesce di circa 12-15 cm diffuso nelle acque dell’Atlantico occidentale, dalle coste del Messico sino al Rio Grande do Sul in Brasile.
Nota anche con il nome di Sogliola flaccida, questa specie si rinviene in acque costiere, da 2 sino a circa 130 m di profondità su fondali fangosi e sabbiosi.
Il Pesce lingua lunga (Symphurus ligulatus Cocco, 1844) ha corpo allungato, lungo in genere sui 10 cm, con la pinna dorsale sostenuta da oltre 100 raggi. La livrea ha una colorazione bruno giallastra con macchie brunastre sul lato oculare, biancastra sul lato cieco.
È diffuso nella fascia tropicale e subtropicale dell’Atlantico orientale e frequentemente anche nel Mediterraneo occidentale, dove non è raro. Fa vita bentonica su fondi sabbiosi o fangosi tra 200 ed 800 metri di profondità.
Il Pesce lingua di cane (Symphurus nigrescens Rafinesque, 1810) assomiglia molto al Pesce lingua lunga dal quale però si differenzia per avere il corpo più tozzo, lungo di solito poco più di 10 cm, e per il minor numero di raggi della pinna dorsale, meno di 90.
La livrea è brunastra marmorizzata con macchie chiare e scure disposte irregolarmente. La pinna dorsale e quella anale sono fuse con quella caudale come nelle anguille. Mancano le pinne pettorali. Il Pesce lingua di cane si rinviene nelle acque calde della fascia tropicale dell’Atlantico orientale e anche nel Mediterraneo ove però è abbastanza raro.
Il Pesce lingua nera (Symphurus plagiusa Linneo, 1766) è un Pleuronectiformes di circa 20 cm o poco più che si distingue per la presenza di una grande macchia nerastra sull’opercolo. Specie demersale, è diffusa nell’Atlantico occidentale ove è molto abbondante su fondali morbidi delle acque costiere e salmastre, sino circa 180 m di profondità.
Ordine Scorpaeniformes
Rappresentano un ordine al quale vengono attribuite oltre 300 specie, per la maggior parte ampiamente diffuse in tutti i mari, compresi quelli polari. Diverse specie popolano le acque salmastre e dolci e alcune si rinvengono in acque dolci fredde e con forti correnti, come lo Scazzone (Cottus gobio Linneo, 1758) e lo Sculpin (Cottus scaturig, Jörg Freyhof et alii, 2005) di incerto valore tassonomico.
Le dimensioni degli Scorpaeniformes variano dai circa 4 cm di lunghezza del Paraliparide (Eutelichthys leptochirus Tortonese, 1959), specie esclusiva del Mediterraneo ove è molto rara, ai quasi 80 cm del Cabezon (Scorpaenichthys marmoratus Ayres, 1854), diffuso nelle acque dell’Oceano Pacifico nord-orientale, dall’Alaska alla California.
Molte specie sono armate di spine velenose sul corpo e sulle pinne. Di abitudini predatorie, vivono in ambienti vari.
Parecchie specie sono diffuse nelle acque marine e salmastre degli oceani dell’emisfero boreale, soprattutto in quelli freddi e persino artici, alcune specie sono abissali, come gli Abyssocottidae, endemici delle acque profonde del lago Baikal, in Siberia.
Nel mar Mediterraneo sono presenti il rarissimo Scazzone marino (Taurulus bubalis Euphrasen, 1786), piccolo pesce le cui dimensioni di solito si mantengono sui 12 cm di lunghezza, e il già citato Paraliparide (Eutelichthys leptochirus Tortonese, 1959), piccolo pesce endemico delle acque profonde del Mar Mediterraneo.
Tra i più tipici rappresentanti dell’ordine sono le specie note come Pesci scorpioni e Scorfani.
Il Pesce leone orientale (Pterois volitans Linneo, 1758), noto anche come Pesce scorpione orientale e Scorpena volante, è un pesce che in genere misura poco meno di 40 cm di lunghezza complessiva.
Si caratterizza per il capo piccolo con bocca ampia e occhi grandi e sporgenti; sul mento e sopra gli occhi si impiantano due piccole escrescenze. Il corpo, curvo dorsalmente e piatto ventralmente, si restringe in una lunga coda larga e tondeggiante.
I primi raggi della pinna dorsale e di quella anale sono degli aculei veleniferi che vengono eretti in caso di pericolo.
Diffuso nelle acque dell’oceano Pacifico e del Mar Rosso, il Pesce leone orientale vive su fondali sassosi di solito sino a 150 m di profondità. Ssecolo scorso la specie è stata introdotta accidentalmente nell’oceano Atlantico e recentemente è stata a più riprese segnalata anche nelle acque del Mediterraneo.
Il Pesce scorpione nano (Dendrochirus brachypterus Cuvier, 1829) è uno Scorpaeniformes marino le cui dimensioni in genere superano di poco i 15 cm di lunghezza.
Noto con diversi nomi, tra cui Pesce scorpione dalle spine corte o Pesce tacchino dalle pinne corte, questo pesce si caratterizza per la presenza di una sorta di piccolo tentacolo sopra ciascun occhio e di appendici fogliformi di vario sviluppo sul capo e lungo la linea laterale. La pinna dorsale è provvista di spine velenose, da cui il nome comune di scorpione.
Di abitudini notturne, il Pesce scorpione nano è un predatore di piccoli crostacei diffuso nelle acque degli oceani Pacifico e Indiano.
Lo Scorfano di Madeira (Scorpaena maderensis Valenciennes, 1833) è uno Scorpaeniformes di mare di piccole dimensioni che in genere non superano i 15 cm. La livrea è di colore vario, dal nero al rosso ma di solito di bruno chiaro marmorata da macchie più scure.
Diffusa nell’Atlantico orientale, ove è molto comune nelle acque di Madera, da cui il nome specifico, questa specie si rinviene anche nel Mediterraneo. Conosciuto anche con il nome di Scorfanotto squamoso, questo pesce vive nelle acque costiere tra la folta vegetazione di fondi duri.
Lo Scorfano rosso (Scorpaena scrofa Linneo, 1758) è tra i più grandi tra le specie congeneri raggiungendo anche i 50 cm di lunghezza. Ha capo massiccio provvisto di spine e di appendici carnose.
Solitamente la livrea è di colore rosso brillante variegato di scuro e con una macchia nera sulla pinna dorsale; con minore frequenza si incontrano esemplari di colore giallo, rosa o bruno. Lo Scorfano rosso si rinviene nell’Atlantico orientale e nel Mediterraneo ove vive su fondi duri o a coralligeno, da pochi fino a circa 200 m di profondità.
Lo Scorfano nero (Scorpaena porcus Linneo, 1758), detto anche Scorfano bruno, è uno pesce Scorpaeniformes che come le altre specie del genere si caratterizza per avere il corpo tozzo con capo massiccio ornato di tipiche appendici carnose e spine.
Diffuso in un ampio areale che comprende l’Atlantico orientale, il Mediterraneo e il Mar Nero, lo Scorfano nero si rinviene prevalentemente su fondali rocciosi o tra praterie di posidonia. Come negli altri componenti dell’ordine, le sue spine delle pinne di questo pesce sono collegate a ghiandole velenifere.
Il più pericoloso dei Scorpaeniformes resta comunque il Pesce Pietra (Synanceia verrucosa) presente in acque basse nell’Indopacifico tropicale. Mimetizzato sui fondali, reca sul dorso 12-14 solide spine scanalate, ciascuna collegata alla base a due ghiandole colme di veleno. Sono in grado di perforare la suola di una scarpa leggera e iniettano il più potente veleno nel mondo dei pesci, mortale anche per l’uomo. La sua composizione è molto simile a quella del cobra, e in caso di puntura occorre intervenire subito col siero specifico.
Ordine Stephanoberyciformes
Sono ritenuti un ordine di Pesci Actinopterygii nel quale vengono raggruppate una sessantina di specie che si differenziano per avere il capo, di solito grande, ricoperto di creste ossee e spine.
Gli Stephanoberyciformes sono pesci rari e poco conosciuti che vivono nelle profondità dei mari di tutto il mondo, ad eccezione del Mar Mediterraneo.
La specie tipo dell’ordine è il Pesce spinoso (Stephanoberyx monae Gill, 1883), pesce di piccole dimensioni che vive nelle acque dell’Atlantico a profondità comprese da circa 900 m fino a quasi 5.000 m.
Ordine Synbrachiformes
Sono ordine ancora parecchio controverso al quale vengono ascritte numerose specie d’acqua dolce e salmastra il cui nome scientifico fa riferimento al fatto che le aperture branchiali confluiscono in un’unica apertura ventrale. Per la loro somiglianza nell’aspetto con gli Anguilliformes, dai quali però si distinguono per avere le pinne sostenute da raggi spinosi, i Synbranchiformes sono spesso chiamati anguille palustri.
Sono pesci con il corpo nudo, lungo sino a 150 cm. Hanno le pinne dorsali continue e mancano , di pinne pettorali e, talora, di quelle pelviche. I Synbrachiformes mancano di vescica natatoria e sono in grado di vivere fuori dall’acqua per lunghi periodi di tempo.
Con circa un centinaio di specie, i Synbrachiformes sono diffusi per la quasi totalità ambienti paludosi di acque dolci e salmastre dell’Asia sudorientale, dell’India e dell’Australia ed ancora dell’America e dell’Africa tropicale.
Segnalata in una ampio areale che comprende fiumi e paludi di acqua dolce e salmastra dell’Asia meridionale e dell’Oceania, l’Anguilla del Bengala (Ophisternon bengalense McClelland,1844) è una specie dalla biologia poco conosciuta.
Altra specie dell’ordine di abitudini troglobie è l’Anguilla cieca delle paludi (Ophisternon infernale Hubbs, 1938). È questo un pesce con capo globoso ricco di pori sensoriali e con il corpo allungato e vermiforme che mediamente misura sui 30 cm. Come dice il nome comune, in relazione alla vita in ambiente ipogeo privo di luce, l’Anguilla cieca delle paludi è priva di occhi ed ha il corpo che manca di squame e di pigmento.
Nota per lo Yucatan in Messico, l’Anguilla cieca delle paludi si rinviene in acque dolci poco profonde, sotto i sassi o tra il fango di doline e grotte calcaree. Si nutre di piccoli crostacei e delle feci di pipistrelli e rondini.
Sempre nei Synbrachiformes, va citato il Mastecembalus platysoma (Poll et Matthes, 1962), noto come Anguilla spinosa e presente nel lago Tanganica, in Africa. Similmente alle specie congeneri, come indica il nome volgare, questa specie ha l’aspetto di un’anguilla, con corpo allungato ed una serie di spine dorsali. Il muso è ben sviluppato e dotato di un paio di narici tubulari. Le dimensioni raggiungono la lunghezza media di poco più di 15 cm.
L’Anguilla delle paludi maculata (Synbranchus marmoratus Bloch, 1795) è un pesce che può misurare anche 150 cm di lunghezza che si distingue per la presenza di vestigia delle pinne dorsali e anali e la mancanza di quelle pettorali e pelviche. Grazie alla presenza di una ricca rete di vasi sanguigni sul rivestimento della bocca, l’Anguilla delle paludi maculata, diffusa nell’America centrale e meridionale ove si rinviene in acque di stagni, canali e risaie, è in grado di respirare anche ossigeno atmosferico.
Ordine Syngnathiformes
Sono considerati un ordine di Actinopterygii, la cui composizione e posizione sistematica sono tuttora parecchio controverse, al quale vengono ascritte specie di aspetto molto singolare come Pesci trombetta, Pesci ago, Draghi di mare, Cavallucci marini ed altre ancora.
A parte l’aspetto, questi pesci si caratterizzano per avere bocche piccole che si aprono su un muso tubulare, da cui il nome scientifico, letteralmente “mascelle unite”, la lunghezza del quale varia in relazione alle abitudini delle prede di cui si nutrono. Il muso è più corto nelle specie che cibano degli invertebrati che vivono sul fondo, maggiormente sviluppato in quelle che si cibano di prede, in genere minuscoli gamberi, che aspirano mentre nuotano nella colonna d’acqua.
Il corpo dei Syngnathiformes è rigido e semiflessibile, con forma stretta ed allungata, ricoperto di placche ossee e tipicamente circondato da una serie di anelli ossei.
Le pinne sono piccole e consentono movimenti molto lenti, dando a questi pesci poche opportunità di scampare ai predatori o di inseguire con successo una eventuale preda.
Diversi rappresentanti dell’ordine, hanno l’abitudine di vivere tra le alghe, ove si mimetizzano per l’aspetto e per il fatto di nuotare mantenendo il corpo allineato in senso verticale, con il capo in alto e la coda in basso. La coda stessa viene utilizzata come organo prensile, con cui l’animale si aggancia alle alghe o alle gorgonie.
In aggiunta, quale importante strategia di difesa e di alimentazione, alcuni Syngnathiformes hanno la capacità di modificare il colore del proprio corpo in poco tempo o di far crescere ulteriori escrescenze dermiche fogliacee che non sono usate per il movimento, ma servono solamente come camuffamento con le alghe marine in cui vivono.
Tale capacità appare esaltata nel Dragone foglia (Phycodurus eques Günther, 1865), pesce originario delle acque marine dell’Australia meridionale e occidentale e della Tasmania.
Altra caratteristica particolarmente distintiva delle specie dell’ordine è la loro organizzazione sessuale inversa, detta “gravidanza maschile”, in cui le femmine depongono le uova all’interno di una sacca incubatrice che i maschi portano sul ventre, in prossimità dell’apertura anale.
In tal modo, i maschi si portano appresso le uova che nel frattempo si sviluppano negli embrioni che vengono nutriti dai capillari che avvolgono le uova. Alla schiusa delle uova, i maschi espellono mediante contrazioni addominali i piccoli nati che sono molto simili agli adulti.
Diverse specie di quest’ordine sono seriamente minacciate da improprie attività antropiche che ha determinato il grave degrado dei loro habitat e dall’aumento della richiesta estera per il loro utilizzo come souvenir turistici ed anche nella medicina tradizionale cinese.
Anche il commercio di esemplari vivi in acquariofilia risulta tra le cause del preoccupante declino delle popolazioni di cavallucci marini in molti paesi asiatici.
Questi pesci così particolari sono diffusi praticamente in tutti i mari tropicali, subtropicali e temperati caldi e si rinvengono principalmente in habitat con alghe marine, nelle barriere coralline e tra le mangrovie. Diverse specie risalgono i fiumi e si insediano in habitat di acque dolci.
Tra le tante specie che vengono comprese nei Syngnathiformes si ricordano le seguenti.
Il Cavalluccio marino mediterraneo (Hippocampus hippocampus, Linneo, 1758) è tra le specie più conosciute. Ha il corpo, in genere lungo poco meno di 30 cm, privo di escrescenze dermiche, di colore più o meno variopinto, variabile dal giallo al rosso grigiastro o al marrone. Il capo è appuntito, con il muso piuttosto corto. Le pinne pettorali sono poco sviluppate. Si rinviene nelle acque del Mar Mediterraneo e dell’Oceano Atlantico orientale, solitamente tra le alghe a cui si attacca con la coda e con le quali si mimetizza perfettamente.
L’Ippocampo camuso (Hippocampus guttulatus Cuvier,1829) è specie simile al Cavalluccio marino mediterraneo dal quale si distingue prevalentemente per la presenza di escrescenze dermiche appuntite lungo il corpo e sul capo.
Raggiunge le dimensioni massime di 15 cm ed ha colorazione molto varia, talora ravvivata da strisce bianche longitudinali. L’Ippocampo camuso vive nelle acque del Mediterraneo, dell’Atlantico orientale e del mar Nero, solitamente a profondità inferiori a 30 m.
Il Cavalluccio marino di White (Hippocampus whitei Bleeker, 1855), noto anche con i nomi di Cavalluccio marino New Holland o Cavalluccio marino Sydney, è citato esclusivamente per le acque costiere sudoccidentali dell’oceano Pacifico. Lungo mediamente circa 10 cm, questo pesce ha il corpo munito di spine con il capo stretto e il muso ben sviluppato. La livrea è solitamente di colore variabile dal marrone chiaro a marrone scuro o nero, talora anche interamente gialla.
Il Cavalluccio marino pigmeo di Coleman (Hippocampus colemani Kuiter, 2003), segnalato nelle acque costiere al largo dell’isola di Lord Howe in Australia, è specie dalla corologia ancora poco definita.
È un cavalluccio di piccole dimensioni, circa 2,5 cm, con capo piccolo e muso corto. La colorazione è in genere variabile da biancastra a giallastro, ornata da strette bande circolari o ellittiche biancastre da sottili linee rosse sul tronco, bande marrone scuro che si irradiano dall’occhio e appendici rosso-brunastre. La coda di colore bruno con segni rossi.
Cavalluccio marino giallo o Cavalluccio marino maculato (Hippocampus kuda Bleeker, 1852) è un Syngnathiformes le cui dimensioni si mantengono tra i 20 e i 30 cm circa.
Il corpo, provvisto di protuberanze arrotondate e senza spine, ha capo relativamente grande con muso breve e tozzo. La coda è prensile. La livrea è di colore vario, variabile dal beige al giallo con numerose macchioline scure.
Il Cavalluccio marino giallo si rinviene nel Pacifico sud-orientale ove frequenta le praterie di fanerogame in acque costiere, estuari e persino porti del Sud-est asiatico
Il Cavalluccio marino pigmeo di Bargibant o Cavalluccio marino di Bargibant (Hippocampus bargibanti Whitley, 1970) è un minuscolo pesce le cui dimensioni solitamente non superano i 2 cm. Di aspetto tipico dei Syngnathidae, il Cavalluccio marino pigmeo ha corpo verticale, capo allungato di forma equina e parti ventrali prominenti e arrotondate.
Diffusa nelle acque degli oceani Indiano e Pacifico, questa specie vive esclusivamente su gorgonie delle barriere coralline con le quali si confonde con una livrea che le imita nella livrea e nella forma.
Il Cavalluccio marino dal muso lungo (Hippocampus reidi Ginsburg, 1933), noto anche con il nome di Cavalluccio marino snello, raggiunge una lunghezza media di poco superiore a 15 cm.
La livrea solitamente è diversa nei due sessi con le femmine di colore giallo e i maschi arancione, talora ravvivata da sporadiche chiazze brune o chiare. La specie è ampiamente diffusa nelle acque dell’Atlantico occidentale ove vive spesso attaccata alle gorgonie o alle fanerogame marine.
Cavalli pipa pigmei è il nome con cui vengono comunemente indicate le specie di Idiotropiscis (Whitley, 1947) a causa delle loro piccole dimensioni. Attualmente al genere vengono ascritte 3 specie di Cavalli pipa pigmei endemiche dei mari australiani delle quali la più nota è il piccolo Cavallo pipa meridionale, Idiotropiscis australis (Waite e Hale, 1921).
Con il nome di Seamoth vengono comunemente indicate alcune specie di Syngnathiformes che si caratterizzano per avere il corpo appiattito con il muso ben sviluppato e la presenza di grandi pinne pettorali aliformi. Inoltre, i Seamoth hanno le pinne pelviche modificate con le quali “camminano” sul fondo del mare dove vivono.
I Seamoth costituiscono la famiglia dei Pegasidae alla quale vengono attualmente ascritte 5 specie, le cui dimensioni di solito sono comprese tra 10 e 20 cm, originarie degli oceani Pacifico ed Indiano ove si rinvengono tra le barriere coralline. La specie più nota è il Pesce drago corto o Pesce pegaso minore (Eurypeagasus draconis Linneo, 1766).
Il Pesce trombetta (Macroramphosus scolopax Linneo, 1758) è specie dal corpo compresso nel senso laterale e sprovvisto di scaglie, le cui dimensioni di solito si mantengono al disotto dei 20 cm.
Provvisto di un lungo “muso” tubolare al cui apice si apre la piccola bocca, da cui il nome comune con cui viene indicato, il Pesce trombetta ha tipicamente la prima pinna dorsale provvista di una robusta e lunga spina dentellata; la seconda pinna dorsale è molto piccola.
La livrea è di colore uniformemente argenteo con sfumature rosee. La presenza di questo pesce è segnalata per le acque temperate e subtropicali dell’Atlantico orientale, del Mediterraneo, da 50 sino a 500 m di profondità.
Il Pesce trombetta dei Caraibi, Aulostomus maculatus (Valenciennes, 1841), è un Syngnathiformes che può raggiungere anche le dimensioni 1 m di lunghezza.
È un pesce dal corpo allungato con grande capo e con la bocca rivolta verso l’alto che nell’aspetto ricorda una piccola tromba, da cui il nome comune, e con diversi filamenti con funzione tattile che si impiantano sul labbro inferiore.
Le pinne sono poste sulla parte inferiore del corpo e spesso sono tenute piegate. Dotato di spiccate capacità mimetiche, il Pesce trombetta dell’Atlantico occidentale è in grado di modificare il colore del proprio corpo a seconda dell’ambiente e, come nei maschi, durante il corteggiamento. La specie è segnalata per le acque dell’Atlantico ove predilige gli ambienti ad alghe e delle barriere coralline.
Il Pesce trombetta cinese (Aulostomus chinensis Linneo, 1766) ha corpo alquanto compresso lateralmente che raggiunge le dimensioni medie di circo 80 cm. La specie si distingue per il lungo muso tubolare con la bocca protrusibile e dotata di un piccolo barbiglio sull’apice inferiore.
La pinna dorsale è suddivisa in due parti delle quali la prima è formata di spine isolate mentre la seconda è una piccola pinna simile alla sottostante pinna anale.
Le pinne pelviche sono anch’esse poco sviluppate e sono ornate alla base da una macchia nera. La livrea è varia, uniforme o variegata in diverse tonalità di colore, dal grigio, al marrone, al verde scuro. Alcune varietà fenotipiche si presentano uniformemente di colore giallo brillante. Di solito la parte posteriore del corpo è nerastra e punteggiata di bianco.
Abile predatore di piccoli pesci e crostacei, il Pesce trombetta cinese presenta un areale che comprende le acque tropicali e subtropicali degli oceani Indiano e Pacifico ove predilige ambienti delle barriere coralline, sino a circa 120 m di profondità.
Il Pesce ago di rio (Syngnathus abaster Risso, 18279 è di aspetto filiforme, molto simile a quello degli altri componenti la famiglia di appartenenza (Syngnathidae). Le dimensioni del corpo in genere si mantengono sui 15-20 cm di lunghezza.
La bocca è molto piccola e si apre all’estremità di un muso breve e diritto segnato superiormente da una carena. È presente una pinna dorsale bassa e di uguale altezza in tutto il suo sviluppo; la pinna caudale è piccola, mentre quella anale è molto ridotta. La livrea è in genere di colore bruno o verde vivo, con le femmine mature che presentano strie verticali sull’addome.
Specie strettamente costiera, il Pesce ago di rio è diffuso è comune nell’Oceano Atlantico dal Golfo di Guascogna al Marocco, in tutto il Mar Mediterraneo e nel Mar Nero. Pesce notevolmente eurialino, vive anche alle foce dei fiumi e spesso ne il decorso anche per lunghissimi tratti ove si insedia con popolazioni stabili.
Altro rappresentante dei Syngnathidae è il Pesce ago del sargasso (Syngnathus pelagicus Linneo, 1758) diffuso in un ampio areale dell’Atlantico occidentale, dalle acque marine della Nuova Scozia a quelle del Brasile.
È un pesce che raggiunge le dimensioni di circa 20 cm o poco più che si distingue per la mancanza delle pinne pelviche. La livrea è di colore brunastro sulle parti dorsali, che negli esemplari immaturi sono attraversate da 11-13 barre brune. Le parti ventrali sono biancastre.
La specie deve il nome con cui è conosciuta al fatto che spesso si rinviene in mare aperto tra ammassi galleggianti di Sargassum, genere di alga bruna, ove pare che si nutre di invertebrati planctonici.
Il Pesce ago testa di bue (Bulbonaricus brauni, Dawson et Alle, 1978), conosciuto anche come Pesce ago anguilla, è un Sygnatidae di piccole dimensioni, in genere circa 5 cm.
Simile a una minuscola anguilla, ha una livrea di colore bruno-rossastro punteggiata di bianco.
Allo stadio adulto, il Pesce ago testa di bue hanno un processo frontale appuntito ed è privo di pinne dorsali e pettorali. La specie si rinviene tra le barriere coralline delle acque dell’Oceano Indiano orientale.
Alla famiglia Sygnatidae afferisce anche il Pesce ago ad anelli o Pesce ago zebrato (Dunckerocampus dactyliophorus Bleeker, 1853), così detto per i numerosi anelli di colore scuro che ornano il corpo e una fascia scura che attraversa gli opercoli. Lungo mediamente poco meno di 20 cm, il pesce ago zebrato si rinviene solitamente tra le barriere coralline, in pozze di marea e in grotte sommerse costiere degli oceani Pacifico e Indiano.
Con il nome di collettivo Pesci ago sono noti anche i Solenostomatidae, famiglia di Syngnathiformes alla quale sono ascritte poche specie comprese nell’unico genere Solenostomus, alle quali viene attribuito anche l’appellativo di fantasma, per la facilità con cui riescono a scomparire confondendosi con alghe, gorgonie, braccia di stelle di mare, detriti galleggianti, ecc. grazie alla loro notevole capacità di cambiare colore e disegni del corpo
I componenti dei Solenostomatidae si distinguono dalle altre specie dell’ordine per la presenza di due pinne dorsali. Inoltre, a differenza dei Cavallucci di mare, nei Solenostomatidae sono le femmine a covare le uova in una speciale tasca formata tra l’addome e le pinne pelviche ben sviluppate.
Il Pesce ago fantasma arlecchino o Pesce ago fantasma ornato (Solenostomus paradoxus Pallade, 1770) è un pesce di poco più di 10 cm, con le femmine più grandi e larghe dei maschi.
La livrea è di colore variabile dal nero al giallo e rosso ravvivata da punti e macchie.
È specie segnalata per le acque occidentali degli oceani Pacifico e Indiano
Il Pesce ago fantasma pinna blu (Solenostomus cyanopterus Bleeker, 1854), noto anche con altri nomi, tra cui Pesce ago fantasma di Racek o Pesce ago fantasma dalla coda quadrata, è un pesce di poco più di 15 cm la cui forma del corpo e la facilità di cambiare colore gli permettono di confondersi con un ramo di fanerogame marine ove si intrattiene di preferenza.
Infine, il Pesce fantasma halimeda (Solenostomus halimeda Fritzsche et Randall 2002) si caratterizza in particolare per avere le pinne dorsali, pelviche e caudali poco sviluppate e la pinna caudale tronca. È frequente nella barriera corallina di acque costiere.
I Draghi di mare sono Syngnathiformes di aspetto molto simile a quello dei cavallucci marini ma con il corpo particolarmente ricco di protuberanze dermiche mimetiche che li confonde con alghe galleggianti. I Draghi di mare hanno corpo la cui lunghezza media si mantiene sui 20 cm ma che può superare anche i 45 cm. Questi bizzarri pesci sono diffusi nei mari dell’Australia meridionale ove sono segnalate le specie appresso specificate.
Il Drago marino comune (Phyllopteryx taeniolatus Lacepède, 1804) è un pesce le cui dimensioni medie si mantengono sui 45 cm. Simile nell’aspetto l’Ippocampo, distingue per la presenza di protuberanze fogliacee con cui si mimetizza con le piante acquatiche tra le quali vive, lungo la costa meridionale dell’Australia.
Il Drago marino spinoso (Solegnathus spinosissimus Günther, 1870), comunemente conosciuto con altri nomi, quali Cavallo pipa spinoso, Pesce ago fasciato e Cavalluccio spinoso australiano è un pesce la cui lunghezza media raggiunge poco meno di 50 cm. Vive nelle acque dell’Australia meridionale e della Nuova Zelanda.
Infine, sono da citare i Fistulariidae, famiglia di Pesci Syngnathiformes dall’aspetto particolarmente sottile ed allungato e privi di bargiglio sul mento a differenza di altri rappresentanti dell’ordine. Gli occhi sono grandi e il muso è allungato con le mascelle riunite a tubo. Le pinne dorsale e anale, piccole e asimmetriche tra loro, ed anche le pinne ventrali sono molto spostate all’indietro. La pinna caudale è forcuta ed è provvista di un lungo filamento mediano. Con oltre 2 m di lunghezza, i Fistulariidae sono tra i più grandi rappresentanti dell’ordine. Sul corpo sono presenti piccoli e sporadici tubercoli. La livrea è in genere di colore verdastro e può presentare screziature scure sul dorso.
La famiglia, rappresentata da un solo genere a sua volta frazionato in circa 4 specie, è presente nelle acque tropicali di tutti gli oceani, con maggiore frequenza sui fondi duri e nelle barriere coralline.
In conseguenza di migrazione lessepsiana, nel Mediterraneo si è stabilmente insediato il Pesce flauto (Fistularia commersonii Rüppel, 1838), Syngnathiformes le cui dimensioni medie si mantengono di solito attorno a 1 m di lunghezza.
Conosciuto con i nomi di Pesce rasoio o Pesce gambero corallo (Aeoliscus strigatus Günther, 1861), è un Syngnathiformes che, come i componenti dei Centriscidae, famiglia di appartenenza, si distingue per avere il corpo protetto da un rivestimento di placche sottili e trasparenti che si estendono oltre la fine del corpo e sopra la pinna caudale che è provvista di una spina appuntita.
Altra caratteristica, unica tra i componenti dell’ordine, è quella di nuotare con il capo rivolto verso il basso e con la coda verso l’alto.
Lungo in media 15 cm, il Pesce rasoio presenta una livrea che, a seconda dell’habitat, può variare dal biancastro con una striscia nera al giallo verdastro con una banda scura diffusa.
È diffuso nelle acque costiere occidentali degli oceani Pacifico e Indiano, ove si rinviene tra le praterie di fanerogame marine e le barriere coralline. Si nutre principalmente di piccoli invertebrati.
Ordine Tetraodontiformes
Rappresentano un ordine di Actinopterygii nel quale vengono comprese specie che si caratterizzano per avere le ossa della mascella simili a denti, fuse a coppie un due piastre, una superiore e une inferiore, a formare una sorta di becco, da cui il nome scientifico.
Inoltre, in relazione al fatto che questi pesci si nutrono principalmente di prede dal guscio duro, quali molluschi e crostacei, molte specie sono provviste anche di denti faringei.
Va comunque rilevato come, anche per quest’ordine, non tutti gli studiosi sono d’accordo sulla sua posizione sistematica e alcuni lo ritengono un sottordine dei Perciformes.
Anche l’aspetto dei Tetraodontiformes è molto singolare e varia dalla forma a cubo dei Pesci scatola, a quella globosa dei Pesci palla e Pesci istrice o a quella compressa lateralmente dei Pesci balestra e dei Pesci file.
Ad eccezione dei Pesci balestra, il corpo di questi pesci è protetto da una rigida corazza formata di robuste placche o spine oppure da pelle molto dura e coriacea che però ne impedisce la flessione in senso laterale. A causa della rigidità corporea, questi pesci riescono a nuotare molto lentamente sotto la spinta unicamente delle pinne (nuoto ostraciforme).
Le dimensioni sono molto variabili, comprese da appena 2 cm del Pesce lima (Rudarius excelsus Hutchins, 1977) alla Mola comune o Pesce luna oceanico (Mola mola Linneo, 1758) che, con circa 3 m di lunghezza e un peso di oltre 2 mila kg di peso, è uno dei pesci ossei più grandi del mondo.
In quasi tutte le specie dell’ordine le pinne si presentano semplici, piccole e arrotondate. Le pinne pelviche in genere mancano ma, nei casi in cui sono presenti, sono fuse e poco visibili.
Le specie ascritte alla famiglia dei Molidae hanno le pinne dorsale e anale molto alte e mancano di vesciche natatorie e di spine.
Un’altra straordinaria caratteristica difensiva propria dei Pesci Palla e dei Pesci istrice è quella di riuscire a gonfiarsi notevolmente aspirando grandi quantità di acqua mediante un diverticolo del proprio stomaco. Così gonfi, questi pesci diventano difficili da inghiottire anche per predatori grossa mole.
Inoltre, nella maggior parte dei Tetraodontiformes i muscoli e i visceri contengono una neurotossina, tetradotossina, potente inibitore della funzione respiratoria che provoca rapidamente la morte.
I Tetraodontiformes comprendono circa 400 specie e per la maggior parte vivono in acque marine ove prediligono gli ambienti associati alle barriere coralline tropicali, ma diverse specie si rinvengono nelle foci e nei corsi d’acqua dolce.
Tra i più noti rappresentanti dell’ordine si menzionano le specie appresso indicate.
Tra i Pesci palla, alcuni dei quali sono oggetto di commercio in acquariofilia, vanno ricordati il Pesce palla nano (Carinotetraodon travancoricus Hora e KK Nair, 1941) che arriva a misurare appena 2,3 cm, il Pesce palla di Somphong, detto anche Pesce palla dagli occhi rossi o Pesce palla crestato (Carinotetraodon lorteti Tirant, 1885), e il Pesce palla gigante (Arothron stellatus Bloch & Schneider, 1801), che, allorché si gonfia, può raggiungere anche 120 cm di diametro.
I Pesci istrice afferiscono alla famiglia dei Diodontidae e comprendono specie d’acqua salata le cui dimensioni sono comprese tra 30 e 90 cm e diffusi prevalentemente nei mari della fascia tropicale.
Tra i Pesci istrice si citano le seguenti.
Il Pesce istrice o Pesce porcospino (Diodon holocanthus Linneo, 1758), il cui corpo disseccato è impiegato nella medicina cinese.
Il Pesce istrice a macchie nere (Diodon liturosus G. Shaw, 1804), noto anche come Pesce istrice dalla spina corta, Pesce istrice chiazzato o Pesce istrice dal dorso marrone, si rinviene in ambienti delle barriere coralline e costieri degli oceani Pacifico e Indiano.
Il Pesce porcospino punteggiato (Chilomycterus reticulatus Linneo, 1758) ha una lunghezza che mediamente si mantiene sui 50 cm ma che può superare i 70 cm di lunghezza.
Conosciuta comunemente con diversi altri nomi, tra cui Pesce burr pinna maculata, Pesce burr del Pacifico e Pesce porcospino con poche spine, questa specie si rinviene nei mari temperati caldi di tutto il mondo e, seppur raramente anche nel Mediterraneo.
Ordine Zeiformes
Sono un ordine degli Actinopterygii in cui vengono comprese specie che si caratterizzano principalmente per la particolare conformazione della bocca che può essere protratta estendendosi a tubo per catturare le prede.
Variabili per aspetto e dimensioni, gli Zeiformes hanno il corpo alto e molto compresso nel senso laterale, talora ricoperto di piastre ossee spinose.
La vescica natatoria è presente.
Le pinne presentano numerosi raggi spinosi. In alcuni componenti della famiglia Zeidae, la pinna dorsale presenta i raggi allungati, talvolta filiformi.
Le dimensioni variano da pochi centimetri, 7-15 cm degli Zenionidae, a circa 90 cm del Pesce San Pietro (Zeus faber Linneo, 1758)
Gli Zeiformes comprendono specie tutte marine che vivono in ambienti vari, spesso anche a profondità notevoli.
Alcune specie hanno carni particolarmente apprezzate.
Il Pesce San Pietro è specie diffusa in acque tropicali e temperate, comprese il Mediterraneo e il Mar Nero, ove predilige gli ambienti di fondali mobili a sabbia o fango, a profondità in genere comprese tra 50 e 400 m.
Ordine Clupeiformes
Ordine degli Actinopterygii al quale vengono attribuite specie con il corpo affusolato e più o meno alto e compresso lateralmente, ricoperto di scaglie ad eccezione del capo.
I componenti dell’ordine hanno a bocca non protrattile e le pinne non presentano raggi spinosi e quella caudale è sempre con due lobi.
La linea laterale è presente solo sul capo.
I Clupeiformes sono pesci fisostomi, avendo la vescica natatoria in comunicazione con l’intestino attraverso il dotto pneumatico.
All’ordine afferiscono numerose specie ampiamente diffuse nei mari e in acque dolci ove costituiscono elementi di notevole importanza delle reti trofiche costituendo la principale fonte di alimento di numerosi predatori.
Parecchie specie di Clupeiformes, quali acciughe, sardine, aringhe ed altre ancora, di importanza fondamentale nell’alimentazione umana, hanno carni con una significativa concentrazione di vitamine e minerali e particolarmente ricche di omega 3 e altri grassi insaturi.
Accomunate per queste caratteristiche nutrizionali con la generica denominazione commerciale di “pesce azzurro” ad altre specie di altri ordini, in particolare quello dei Perciformes, i Clupeiformes figurano anche tra i principali componenti della rete trofica degli oceani di tutto il mondo. Infatti, costituiscono una principale fonte di cibo per numerosi predatori, non solo pesci (tonni, squali, pesci spada ed altri), ma anche cetacei (balene, delfini ed altri), pinnipedi (foche, leoni marini, otarie…), uccelli marini, quali pinguini, cormorani, pellicani.
A seguire si forniscono gli elementi essenziali che caratterizzano le specie più note dei Clupeiformes e si rimanda per ulteriori approfondimenti alle schede specifiche.
La Sardina (Sardina pilchardus Walbaum, 1792), l’unica specie del genere, ricorda nell’aspetto l’acciuga dalla quale però è facilmente distinguibile per avere il corpo più alto e maggiormente compresso lateralmente, ricoperto di scaglie grandi che facilmente si staccano al contatto.
Ed ancora, la Sardina ha il capo appuntito con gli occhi grandi e ricoperti da una palpebra adiposa che ricorda quella della Cheppia (Alosa fallax Linneo, 1803).
La bocca è grande e rivolta verso l’alto, con la mandibola più lunga della mascella, e provvista di piccoli denti.
Sulle parti ventrali, la Sardina presente una fila di scaglie appuntite (scutelli) che, a differenza dello Spratto (Sprattus sprattus Linneo, 1758), non costituiscono una vera carena.
Gli opercoli branchiali sono provvisti di carene ossee disposte a ventaglio.
La livrea è di colore azzurro o verdastro iridescente sulle parti dorsali, argenteo sui fianchi con piccole macchie nere, biancastro su quelle ventrali.
Lungo in genere 15-20 cm, questo pesce può anche raggiungere la lunghezza di 30 cm.
Pesce pelagico che solitamente vive in acque aperte, durante la buona stagione, la Sardina si porta anche in acque basse e costiere.
La riproduzione avviene durante tutto l’anno, con un massimo nel periodo invernale. Di elevata produttività, ciascuna femmina della Sardina depone un gran numero di uova pelagiche che schiudono dopo qualche giorno. Le larve in breve assumono una livrea simile a quelle degli adulti.
Di notevole importanza economica, la Sardina è oggetto di sovrapesca particolarmente marcata con conseguente forte riduzione degli stock ittici.
L’alaccia (Sardinella aurita Valenciennes, 1847) è una specie che assomiglia molto alla Sardina dalla quale si distingue per la forma più tozza e per la presenza di una evidente linea di colore dorato sui fianchi.
È una specie pelagica, il cui areale comprende l’oceano Atlantico ed il mar Mediterraneo ove si può rinvenire a varie profondità.
Altra specie che occupa un posto di assoluto rilievo nell’economia umana, è l’Acciuga europea o Alice (Engraulis encrasicolus Linneo, 1758), pesce che a prima vista può essere confuso con la Sardina dalla quale però è facilmente distinguibile per tutta una serie di caratteri.
L’Acciuga europea ha corpo affusolato e snello, lungo mediamente 15-18 cm, e ventralmente sprovvisto della cresta di scaglie rigide presenti nella Sardina.
Il capo è conico e presenta gli occhi grandi e posti molto anteriormente. La bocca è molto grande, con la mascella più lunga della mandibola ed è munita di numerosi piccoli denti.
Il corpo è di colore verde azzurro sul dorso, argentato frequentemente con una banda scura sui fianchi, biancastro sulle parti ventrali.
L’Acciuga europea è un tipico pesce pelagico che si rinviene anche in mare aperto e che in maggio-giugno si porta in prossimità delle coste per la riproduzione. Specie moderatamente eurialina tollera anche le acque salmastre e non di rado penetra nelle foci e nelle lagune.
È una delle poche specie che dal Mediterraneo può portarsi nel Mar Rosso, compiendo quindi un percorso inverso a quello dei migranti lessepsiani.
Altre specie indicate con il nome comune di Acciuga alla quale peraltro assomigliano, sono l’Acciuga del Pacifico (Engraulis ringens Jenyns, 1842), detta anche Acciuga cilena o acciuga peruviana è una delle specie ittiche maggiormente pescate a livello commerciale, e l’Acciuga indiana o Alice indopacifica (Stolephorus indicus van Hasselt, 1823) nota anche come Acciuga di Hardenberg, della quale si fa largo consumo nella cucina delle regioni marittime del sud-est asiatico.
Altra specie di Clupeiformes di grandissima importanza per la pesca commerciale e l’economia dell’Europa settentrionale, è l’Aringa (Clupea harengus Linneo, 1758), pesce che popola le acque costiere dell’Atlantico settentrionale. È completamente assente nel mar Mediterraneo.
È un pesce dal corpo fusiforme, compresso nel senso laterale, ricoperto di piccole scaglie che ventralmente costituiscono una debole carena.
Tipicamente, gli opercoli branchiali sono lisci con il margine posteriore arrotondato.
La bocca, appuntita e provvista di minuscoli denti, ha la mandibola che sporge oltre la mascella.
Le dimensioni dell’Aringa in genere si mantengono sui 30 cm, anche se qualche esemplare può raggiungere i 50 cm di lunghezza.
Il colore del corpo è uniformemente di colore blu con sfumature verdastre sul dorso e bianco-argenteo su fianchi e parti ventrali.
L’Aringa è un pesce pelagico che vive riunito in gruppi numerosi che non di rado formano grandi banchi, il cui alimento principale è rappresentato da piccoli crostacei copepodi. A sua volta, l’Aringa è importante fonte di cibo per numerosi predatori. Pesci, in particolare squali, razze, salmoni, merluzzi, Mammiferi, quali delfini, orche e focene, grandi uccelli, soprattutto anatre (Smerghi, Sule, Moretta) sono tra i principali predatori dell’Aringa.
Nel periodo della riproduzione questo pesce lascia le acque di mare aperto e migra in quelle costiere.
Le femmine depongono un gran numero di uova non pelagiche in zone con fondali ciottolosi.
Con il nome collettivo di Alosa sono note le oltre 25 specie comprese nell’omonimo genere che si caratterizzano per l’assenza di denti sul palato, sul vomere e sulla lingua.
Si tratta di specie le cui dimensioni generalmente non superano i 40-50 cm di lunghezza.
Quasi tutte marine, le Alosa in primavera risalgono il corso dei fiumi per riprodursi.
Alosa alosa (Linneo, 1758) è una specie dell’Atlantico orientale simile alla Cheppia da cui si distingue già a prima vista per avere una sola macchia scura posteriormente agli opercoli.
L’Agone (Alosa agone Scopoli, 1786) è tra le poche specie del genere che vive costantemente in acque dolci. Segnalata per diversi laghi prealpini dell’Italia settentrionale, l’Agone ha generalmente dimensioni inferiori alle altre specie del genere ed è molto apprezzata come alimento.
Lo Spratto o Papalina (Sprattus sprattus Linneo, 1758) è una specie di Clupeiformes molto simile alla Sardina dalla quale si distingue facilmente per le pinne ventrali che si impiantano più anteriormente, alla stessa altezza della pinna dorsale nonché per la presenza di una robusta cresta ventrale formata da squame dure.
Inoltre, lo Spratto ha il corpo che non supera i 15 cm di lunghezza e una livrea di colore blu vivo sulle parti dorsali e bianco argentato su quelle ventrali.
Questa specie è diffusa un ampio areale che comprende le acque marine settentrionali.
Lo Spratto è molto raro nel Mediterraneo.
La Cheppia (Alosa fallax Linneo, 1803) è un pesce con corpo di forma ovale e compresso lateralmente, che negli adulti raggiunge mediamente le dimensioni di 35-50 cm. La specie si caratterizza per avere una membrana adiposa, spessa e trasparente, che ricopre gli occhi e gli opercoli segnati da striature raggiate.
La carena ventrale è composta da scudi ossei con una spina rivolta verso l’indietro.
La Cheppia si rinviene nelle acque orientali dell’Atlantico, in quelle occidentali del Mediterraneo e del Mar Nero.
Ordine Aulopiformes
Detti anche Alepisauriformes, sono considerati un ordine quasi completamente estinto di Pesci Actinopterygii la cui composizione tassonomica non è chiaramente definita.
Molti degli Aulopiformes sono pesci di profondità e la loro biologia è poco conosciuta. Alcune specie presentano caratteri di ermafroditismo, anche autogamo.
Tra l’altro, secondo il parere di alcuni studiosi, parere comunque molto controverso, questo ordine oggi è rappresentato soltanto dalle specie di Synodus (Scopoli, 1777).
Per complicare ulteriormente la situazione, anche l’attribuzione del genere Synodus agli Aulopiformes è peraltro ancora dibattuta.
Comunque, dissertazioni di carattere tassonomico a parte, tra le specie attribuite all’ordine, vanno citate le seguenti.
Nel genere Synodus vengono comprese specie di piccola e media taglia, con corpo fusiforme e bocca ampia e provvista di numerosi denti di varia forma che si impiantano anche sulla lingua.
La livrea è varia e in alcune forme tropicali è vivacemente colorata.
Il genere è ampiamente diffuso nei mari tropicali e subtropicali ove si incontra in ambienti costieri con acque poco profonde, soprattutto rocciosi, e delle barriere coralline.
Nelle acque del Mediterraneo il genere è presente con il Pesce lucertola (Synodus saurus Linneo, 1758). Si tratta di un pesce di piccole dimensioni, in genere meno di 20 cm, con bocca molto grande e provvista di numerosi denti appuntiti e di diverse dimensioni.
La livrea del Pesce lucertola ha una colorazione che varia dal grigio al bruno sulle parti dorsali, biancastra su quelle ventrali; sui fianchi ornata da strisce verticali azzurre o chiare sui fianchi.
Agli Aulopiformes diversi studiosi attribuiscono anche il genere Aulopus il cui rappresentante più noto è il Lacerto o Merluzzo imperiale (Aulopus filamentosus Bloch, 1792), pesce di media taglia, in genere sui 40 cm, presente nelle acque dell’Atlantico orientale e del Mediterraneo.
Altre specie del genere, sono Aulopus bajacali (Parin & Kotlyar, 1984) e Aulopus chirichignoae (Béarez et al., 2024), entrambe note come Pinna bandiera del Pacifico orientale. Molto simili nell’aspetto e spesso tra loro confusi, sono pesci di circa 30 cm di lunghezza che vivono sui fondali fangosi e sabbiosi della piattaforma continentale del Pacifico orientale.
Infine, va ricordato il Sergente fornaio (Latropiscis purpurissatus J. Richardson, 1843), pesce del gruppo Pinna bandiera, lungo circa 60 cm ed endemico dei mari d’Australia.
Ordine Abuliformes
Ritenuti un ordine di Actinopterygii al quale vengono attribuite specie dal corpo allungato con capo conico e muso allungato sulla cui parte inferiore si apre la bocca, alquanto piccola.
Le pinne presentano solo raggi molli e la pinna caudale vistosamente forcuta.
Le dimensioni possono arrivare anche a 1 m di lunghezza per un peso di circa 10 kg.
Diffusi in tutti i mari tropicali, ove popolano gli ambienti costieri con acque basse e fondali sabbiosi e fangosi, gli Abuliformes comprendono poco più di una decina di specie, tra le quali la più comune è il Bonefish (Albula vulpes Linneo, 1758).
Il colore del corpo è argentato e segnato da linee scure longitudinali con linee scure longitudinali simili a quelle del Cefalo comune (Mugil cephalus Linneo, 1758).
Il bonefish è una specie eurialina diffusa nelle acque marine americane, ove predilige gli ambienti costieri.
Ordine Anguilliformes
Considerati un ordine di Pesci Actinopterygii, gli Anguilliformes riuniscono specie che si caratterizzano per l’aspetto allungato che nell’aspetto ricorda alquanto quello di un serpente.
Le dimensioni sono varie a seconda della specie, comprese tra quelle di una trentina di cm del Grongo nasuto ai 3 m del Grongo comune.
La maggior parte degli Anguilliformes mancano di pinne ventrali ed hanno una pinna dorsale e una anale molto allungate. Diversamente, le pinne pettorali si presentano piccole e arrotondate.
La livrea delle specie dell’ordine è abbastanza varia, nella maggior parte si presenta di colore scuro uniforme con cui questi pesci si confondono con l’ambiente fangoso in cui sono soliti vivere. In altre specie la livrea assume una colorazione chiara e ornata da macchie e punti scuri come nell’Anguilla serpente maculata (Ophichthus ophis Linneo, 1758) o nel Miro leopardo (Pisodonophis semicinctus Richardson, 1848).
Agli Anguilliformes afferiscono specie per la maggior parte diffuse in ambiente marino.
Soltanto le specie del genere Anguilla (Schrank, 1798) vivono in acque dolci e migrano in mare al momento della riproduione.
Dalle uova degli Anguilliformes schiudono particolari forme larvali di aspetto fogliaceo dette leptocefali.
Delle tante specie comprese nell’ordine, in questa sede ci soffermiamo appena sulle poche che, regolarmente o più o meno accidentalmente, si rinvengono anche nelle acque del Mediterraneo.
Il Grongo comune (Conger conger Linneo, 1758) è il gigante dell’ordine e può raggiungere anche i 3 metri di lunghezza e 70 kg di peso.
Molto comune nei Mediterraneo a varie profondità, è diffuso anche nell’Atlantico orientale e, accidentalmente anche nel Mar Nero occidentale.
Il Grongo delle Baleari (Ariosoma balearicum Delaroche, 1809) è una specie di piccole dimensioni, sino a 50 cm di lunghezza, ampiamente diffusa nelle acque degli oceani Atlantico e Indiano, del Mar Rosso e del Mediterraneo
Il Grongo nasuto (Gnathophis mystax Delaroche,1809) è un Anguilliformes di piccole dimensioni, in genere circa 30 cm di lunghezza, che si caratterizza per avere il muso appuntito e sporgente e gli occhi molto grandi.
È un pesce comune nelle acque del Mediterraneo e dell’Atlantico centro-orientale ove si rinviene su fondi fangosi in genere a profondità compresa tra 100 ed 800 metri.
(Rhynchoconger trewavasae Ben-Tuvia, 1993), diffuso in acque profonde dell’oceano Indiano occidentale, è un Anguilliformes di media taglia, circa 50 cm. Si tratta di una specie dalla biologia poco nota e della quale è stato rinvenuto un solo esemplare in acque mediterranee.
Il Cinopontico (Cynoponticus ferox Costa, 1846) è una Murena presente nell’Atlantico orientale e nel Mediterraneo ove appare relegata in acque occidentali.
Di aspetto molto simile al Grongo, ha corpo che raggiunge anche i 2 m di lunghezza, di colore rosso bruno sul dorso con fianchi e parti ventrali grigio scuro. Le pinne sono marginate di nero, ad eccezione delle pettorali che sono completamente nere.
Il Cinopontico si rinviene di solito sopra fondi sabbiosi ove preda soprattutto crostacei e pesci.
Il Grongo luccio dai denti di pugnale (Muraenesox cinereus (Forsskål, 1775) è una specie ampiamente diffusa negli oceani Pacifico e Indiano della quale è segnalato il rinvenimento di qualche esemplare giunto nelle acque del Mediterraneo orientale in seguito a migrazione lessepsiana.
Noto anche con il nome di Anguilla luccio pinna scura, è un pesce le cui dimensioni si mantengono solitamente sugli 80 cm di lunghezza, ma che possono raggiungere, e superare, anche i 2 m.
La livrea assume toni che variano dal grigio con le pinne impari marginate di scuro.
Altre specie di Anguilliformes possono accidentalmente rinvenirsi nelle acque del Mediterraneo.
L’Anguilla serpente maculata (Ophichthus ophis Linneo, 1758) si rinviene nelle acque dell’Atlantico. La sua presenza nel Mediterraneo è da confermare.
È un pesce le cui dimensioni generalmente si mantengono intorno a 1 m ma che possono superare anche i 2 m di lunghezza. Il corpo è di colore giallo chiaro, più scuro o aranciato sulle parti dorsali, ornato da macchie brune di varia grandezza.
Il Serpente di mare o Pesce serpente (Ophisurus serpens Linneo, 1758) si rinviene su fondali mobili o sabbiosi, da 100 a 300 m di profondità, dell’Atlantico orientale, dell’oceano Indiano occidentale ed anche del Mediterraneo occidentale.
Si tratta di un Anguilliformis con il corpo particolarmente sottile che può raggiungere anche i 250 cm di lunghezza.
La livrea ha una colorazione verde-grigia sul dorso, argentata sul ventre.
Il Miro leopardo (Pisodonophis semicinctus Richardson, 1848) è una specie dell’Atlantico orientale che è pervenuta dal Mar Rosso nel Mediterraneo dove però è rara.
Si tratta di un Anguilliformes di media lunghezza, in genere 80cm, che si c caratterizza per una livrea di colore grigio giallastro con macchie circolari nere sul dorso e punteggiata di scuro sul capo.
Ordine Elopiformes
Considerati un ordine di Actinopterygii, gli Elopiformes comprendono pesci di medie e grandi dimensioni con muso non sporgente e bocca apicale o superiore che si caratterizza per la presenza di piastre golari ben sviluppate. La mascella si estende oltre l’occhio.
Le aperture branchiali sono ampie.
Tipicamente la pinna caudale è profondamente biforcuta.
A prima vista gli Elopiformes ricordano le Aringhe ma la presenza di larve leptocefale denota la loro affinità con gli Anguilliformes.
L’ordine degli Elopiformes è diffuso nei mari tropicali ove è rappresentato da specie che vivono in acque costiere ma che possono spingersi anche in acque salmastre e dolci.
Dell’ordine va ricordato il Tarpone (Megalops atlanticus Valenciennes, 1847), pesce che può misurare sino a 2,5 m di lunghezza e pesare anche 160 kg.
In riferimento alla livrea di colore blu-verdastro sul dorso con i fianchi argenti, questo pesce viene anche chiamato Re d’argento.
Ordine Notacanthiformes
I Notacanthiformes rappresentano un ordine di Actinopterygii al quale vengono ascritte specie con il corpo allungato, muso arrotondato e sporgente con bocca piccola e ventrale, posta inferiormente agli occhi.
Per la presenza di una larva leptocefala, i Notacanthiformes sono considerati affini agli Anguilliformes.
Ampiamente diffuso in tutti i mari, l’ordine è rappresentato da specie che vivono a profondità variabili da 100 a 5.000 m.
Tra le poche specie dei Notacanthiformes che si rinvengono anche nelle acque del Mediterraneo, va ricordate le seguenti.
Il Notacanto (Notacanthus bonaparte Risso, 1840), è un pesce di modeste dimensioni, poco meno di 30 cm di lunghezza con corpo di colore giallo brunastro sul dorso, argentato sui fianchi e con il ventre blu. È segnalato nelle acque dell’Atlantico orientale e del Mediterraneo occidentale.
L’ Anguilla spinosa (Polyacanthonotus rissoanus De Filippi e Vérany, 1857), è un pesce in genere di lunghezza inferiore a 20 cm, che si rinviene in tutto l’Atlantico e nel Mediterraneo.
L’ Alosauro (Halosaurus owenii Johnson, 1864), è un Notacanthiformes poco segnalato per il Mediterraneo occidentale. L’alosauro è un pesce di circa 50 cm di lunghezza, con le parti dorsali del corpo di colore rosato scuro con riflessi metallici.
Ordine Saccopharyngiformes
I Saccopharyngiformes costituiscono un ordine di Actinopterygii al quale vengono ascritte specie di aspetto vario che si caratterizzano per le mascelle molto allungate, fatta eccezione per i componenti della famiglia nei Monognathidae che mancano della mascella. Altra caratteristica dell’ordine è l’assenza di scaglie, vescica natatoria, delle pinne ventrali e in molte specie anche la pinna caudale. Nelle specie in cui è presente, la pinna caudale è rudimentale.
Affini agli Anguilliformi per la presenza di una larva leptocefala, i Saccopharyngiformes sono pesci abissali che si rinvengono in tutti i mari ad eccezione del Mediterraneo. La biologia di questi pesci è poco nota.
Della specie dell’ordine si ricordano lle seguenti.
L’Anguilla inghiottitrice (Saccopharynx ampullaceus Cuvier, 1829), è un pesce che raggiungere anche 1,5 m di lunghezza segnalato nell’Atlantico anche a 3.000 m di profondità
L’Anguilla pellicano (Eurypharynx pelecanoides Vaillant, 1882), lunga poco meno di 2 m, deve il proprio nome comune all’enorme bocca in grado di una incredibile apertura, da cui il nome comune che utilizza per raccogliere le piccole prede di cui si nutre.
L’Anguilla pellicano è diffusa in tutti i mari tropicali e temperati, Mediterraneo escluso.
Lampridiformes
Considerati un ordine di Actinopterygii, i Lampridiformes, detti anche Lampriformes o Allotriognati, debbono il proprio nome scientifico alla livrea tipicamente colorata in modo brillante dei suoi rappresentanti.
I Lampridiformes riuniscono specie di aspetto molto vario, con il corpo compresso in senso laterale, perlopiù molto allungato.
Anche le dimensioni sono molto variabili, da meno di 30 cm del Velifer pinna spinosa (Metavelifer multiradiatus Regan, 1907) agli oltre 15 m del Regaleco (Regalecus glesne Ascanio, 1772).
Similmente a molti Molluschi Cefalopodi, gli attuali Lampridiformes sono dotati di una tasca dell’inchiostro che si apre nella cloaca con cui possono produrre una nuvola nera per sfuggire ad eventuali predatori.
Ampiamente rappresentati già nel Paleocene, oltre 60 milioni di anni fa, oggi i Lampridiformes sono rappresentati appena da una ventina di specie pelagiche e abissali.
Il Pesce unicorno (Lophotus capellei Temminck e Schlegel, 1845) è così detto per una cresta costituita dalla pinna dorsale che sporge dal muso. Noto anche con il nome di Pesce cresta del Pacifico settentrionale, raggiunge una lunghezza di 2 m e vive nelle acque tropicali e subtropicali degli oceani Atlantico e Pacifico.
Il Regaleco (Regalecus glesne Ascanio, 1772), conosciuto anche con il nome di Pesce remo gigante è tra i più grandi pesci viventi.
Il Regaleco è diffuso in tutti i mari, compreso il Mediterraneo ove però è raro.
Il Pesce luna o Pesce re (Lampris guttatus Brünich, 1788), indicato anche con i nomi di Opah, Cravo, Eglefino di Gerusalemme, è un pesce le cui dimensioni possono raggiungere i 2 m di lunghezza. Si tratta di un pesce pelagico ampiamente diffuso in tutti i mari, Mediterraneo incluso.
Il Re del salmone (Trachipterus altivelis Kner, 1859), è un pesce che può raggiungere anche le dimensioni di 180 cm di lunghezza che vive nelle acque del Pacifico orientale.
Ordine Characiformes
Sono ritenuti un ordine di Actinopterygii nel quale vengono comprese numerose di specie d’acqua dolce.
A prima vista le specie dell’ordine sono simili nell’aspetto agli affini Cypriniformes, ma se ne differenziano per la presenza di una breve pinna adiposa carnosa posta tra la pinna dorsale e la coda.
Le dimensioni dei Characiformes variano da poco meno di 2 cm di lunghezza di Xenurobrycon polyancistrus (S.H. Weitzman, 1987) ai 120 cm del Pesce tigre golia (Hydrocynus goliath Boulenger, 1898).
Molte specie presentano il corpo vivacemente colorato.
Ai Characiformes vengono attribuite diverse centinaia di specie diffuse nelle acque dolci dell’America centrale e meridionale e dell’Africa.
Per la bellezza della livrea e la facilità di allevamento, parecchie specie sono frequenti ospiti degli acquari. Particolarmente ricercati dagli acquariofili sono i cosiddetti Pesci tetra neon, termine collettivo che accomuna Characiformes dalla livrea splendente e con le pinne di forma quadrata.
In questa sede ci limiteremo ad una veloce panoramica sulle forme più note e rappresentative dell’ordine, rinviando alle singole schede specifiche eventuali approfondimenti.
Il Neon (Paracheirodon innesi Myers, 1936) è un piccolo Pesce tetra, mediamente poco più di 2 cm di lunghezza, originario del bacino idrografico del Rio delle Amazzoni.
Grazie ai suoi colori, alla sua robustezza e vivacità, il Neon è uno dei pesci d’acquario più diffusi.
Il Payara (Hydrolycus scomberoides G. Cuvier, 1819) è un Pesce tetra la cui caratteristica più evidente è rappresentata da lunghi denti a forma di zanne che sporgono dalla mandibola per 10-15 cm.
Il Payara è un Characiformes di oltre 1m di lunghezza per un peso di oltre 15 kg, che vive nelle acque del bacino del Rio delle Amazzoni ove preda piccoli pesci.
Il Pesce tigre (Hydrocynus goliath Boulenger, 1898), noto anche come Pesce tigre golia o Mbenga vive in Africa nelle acque del bacino del fiume Congo e del lago Tanganica.
Di grande mole, mediamente misura sui 1,5 m di lunghezza e 50 kg di peso, il Pesce tigre è un predatore che si caratterizza per essere dotato di lunghi denti, oltre 2,5, da cui il nome comune.
Dorado o Dourado sono i nomi con cui vengono comunemente indicate le poche specie di Salminus (Agassiz, 1829), pesci di taglia in genere di 120-140 cm di lunghezza. Il genere è originario dei grandi fiumi dell’America del sud ove appare frazionato in circa 4 specie, tra cui Salminus brasiliensis G. Cuvier, 1816), Characiformes molto popolare tra i pescatori sportivi.
Il Pesce lupo o Anjumara (Hoplias aimara Valenciennes, 1847), conosciuto anche come Traíra e Manjuma, è un pesce di dimensioni superiori a 1 m, comune nei fiumi dell’America del sud.
Il Piranha dal ventre rosso o più semplicemente Piranha rosso (Pygocentrus nattereri Kner, 1858) originario di fiumi e laghi dell’America del sud è un popolare pesce d’acquario.
La Carnegiella (Carnegiella strigata Eigenmann, 1909), è un pesce di piccole dimensioni, in genere 3 cm di lunghezza originario del bacino del Rio delle Amazzoni dell’America del sud. È un Characiformes conosciuto anche come Pesce accetta rigato per la particolare forma del corpo, compressa lateralmente e con la parte ventrale marcatamente arcuata mentre il dorso è quasi orizzontale.
Ordine Cypriniformes
Costituiscono un ordine molto eterogeneo nel quale afferisce una grande varietà di pesci, quasi 5000 specie, comunemente note come Carpe, Ghiozzi, Barbi, Gobidi, Botia ed altri ancora.
Tale numero è in crescita per la continua descrizione di nuovi taxa.
Considerata la complessità dell’ordine e la disparità di pareri sulla sua sistematica, in questa sede ci limiteremo a considerare brevemente le principali famiglie alle quali diversi studiosi attribuiscono lo status di sottordine.
I Cyprinidae, come già detto da alcuni studiosi elevati al rango di sottordine, costituiscono un grande raggruppamento di Actinopterygii d’acqua dolce in cui vengono comprese circa 3000 specie, tra cui Carpe e Barbi.
I Cyprinidae sono pesci che in particolare si caratterizzano per la mancanza di stomaco (agastrici) e per avere le mascelle prive di denti.
Sono invece dotati di forti denti faringei e di una piastra masticatoria formata da un processo del cranio con cui riescono a triturare le dure conchiglie dei molluschi di cui si cibano prevalentemente.
La dentatura faringea è diversa a seconda della specie e viene utilizzata per l’identificazione tassonomica.
La maggior parte dei Cyprinidae è provvista di un paio di barbigli.
Le dimensioni variano dai circa 10 mm di Paedocypris progenetica (Kottelat, Britz, Tan & Witte, 2006) ai 3 m del Barbo gigante (Catlocarpio siamensis Boulenger, 1898).
Originari del Nord America, dell’Africa e dell’Eurasia, i Cyprinidae si rinvengono in acque dolci di buona parte delle terre temperate e tropicali e mancano nelle aree più settentrionali.
Numerose specie di Cyprinidae vengono comunemente indicate con il nome generico di Carpa della quale la più nota è la Carpa comune (Cyprinus carpio Linneo, 1758), conosciuta anche con i nomi di Carpa eurasiatica o Carpa europea.
La Carpa è un pesce d’acqua dolce originario dell’Europa e dell’Asia e ampiamente introdotto in buona parte del mondo.
Caratteristica comportamentale e biologica di questo pesce è la capacità di potersi incrociare con altre specie della famiglia, in particolare con il Pesce rosso (Carassius auratus Linneo, 1758), dando origine a diverse varietà, dette Carpe koi, che si distinguono per combinazioni di colori, decorazione e qualità delle scaglie.
Altri Cyprinidae molto noti sono le specie del genere Barbus (Cuvier & Cloquet, 1816), chiamate comunemente Barbi per la caratteristica presenza di due coppie di barbigli sul muso e per Il labbro inferiore con una prominenza posteriore, detta lobo mediano.
Del genere vanno citati l Barbo europeo (Barbus barbus Linneo, 1758), diffuso naturalmente in Europa centrale orientale Europa centrale e introdotto in buona parte del continente, il Barbo etrusco (Barbus tyberinus Bonaparte, 1839) noto anche come barbo tiberino o barbo del Tevere, e il Barbo padano o Barbo italico (Barbus plebejus Bonaparte, 1839).
Il nome collettivo di Ghiozzi è attribuito ai Gobiidae, famiglia di Actinopterygii dalla posizione sistematica alquanto travagliata. Alcuni studiosi li considerano gli unici rappresentanti di un ordine distinto, quello dei Gobiiformes, altri li includono nell’ordine dei Perciformes, altri ancora in quello dei Cypriniformes.
Posizione sistematica a parte, la famiglia dei Gobiidae comprende specie che si caratterizzano per la presenza di una ventosa ventrale a forma di disco derivante dalla fusione delle pinne pelviche.
Per la maggior parte, i Gobiidae sono pesci di piccole dimensioni, come il Ghiozzo pigmeo nano o Ghiozzo delle Filippine (Pandaka pygmaea Qui, 1927) e il Ghiozzo nano (Trimmatom nanus Winterbottom & Emery, 1981) che raggiungono le dimensioni di appena 1 cm di lunghezza.
Con oltre 2000 specie note, i Gobiidae sono pesci di ampia valenza ecologica ampiamente diffusi in ambienti marini, costieri e salmastri, e di acqua dolce di aree tropicali e temperate. Molte specie, hanno una eleveta valenza ecologica e si rinvengono in ambienti estremi come alcune di Chlamydogobius (Whitley, 1930) che si rinvengono nell’acqua di sorgenti geotermiche.
In genere i Ghiozzi sono pesci di fondali, alcune specie del genere Glossobius (Gill, 1859) si rinvengono anche in grotte sommerse.
Tra le parecchie specie della famiglia, vanno menzionate il Ghiozzo comune (Pomatoschistus microps Krøyer, 1838), pesce di circa 9 cm di lunghezza originario delle acque dolci e salmastre costiere dell’Atlantico centro-settentrionale, il Ghiozzo rotondo (Neogobius melanostomus Pallade, 1814), specie che misura solitamente circa 20 cm e che si rinviene in ambienti marini e d’acqua dolce dell’Asia centro-occidentale, e il Ghiozzo del deserto australiano (Chlamydogobius eremius Zietz, 1896).
Nelle acque del Mediterraneo, dell’Atlantico orientale e del Mar Nero vivono il Ghiozzo paganello o Ghiozzetto (Gobius paganellus Linneo, 1758), e il Ghiozzo nero (Gobius niger Linneo, 1758). Entrambe le specie, mediamente circa 15 cm di lunghezza, manifestano particolare resistenza alle acque inquinate.
Infine, va ricordato il Ghiozzo padano, detto anche Ghiozzo d’acqua dolce europeo (Padogobius bonelli Bonaparte, 1846), specie originaria dei fiumi dell’Italia settentrionale, Svizzera e nord della penisola balcanica. Le dimensioni in genere non arrivano a 10 cm di lunghezza, con le femmine più piccole dei maschi.
I Cobitidae, da alcuni studiosi ritenuti gli unici rappresentanti di un sottordine distinto, quello dei Cobitoidei, vengono considerati una famiglia che con oltre 250 specie è diffusa nelle acque dolci del continente euroasiatico e dell’Africa nord-occidentale.
Di forma varia, fusiforme o anguilliforme (Pangio Blyth, 1860), i Cobitidae sono pesci le cui dimensioni, che in genere si mantengono sui 10 cm, sono comprese da poco più di 2 cm (Lepidocephalichtys zeppelini Havird&Tangjitjaroen, 2010) a oltre 50 cm (Lepidocephalichtys manipurensis Arunkumar, 2000).
Il Cobite fluviale (Cobitis taenia Linneo, 1758), si rinviene nei corsi d’acqua lenti con fondale sabbioso o fangoso dell’Europa centrale ed orientale, è assente in Italia.
Nelle acque dolci d’Europa, è segnalato anche il Cobite di stagno (Misgurnus fossilis Linneo, 1758).
Il Cobite di stagno orientale (Misgurnus anguillicaudatus Cantor, 1842), è una specie originaria dell’Asia sud-orientale e introdotta in varie parti d’Europa.
Esclusivi di acque dolci dell’Italia peninsulare si segnalano il Cobite comune o Cobite italico (Cobitis bilineata Canestrini, 1886), noto anche come Cobite padano, il Cobite del Volturno (Cobitis zanandreai Cavicchioli, 1965), e il Cobite mascherato (Sabanejewia larvata De Filippi, 1859). Sono piccoli pesci che mediamente misurano poco meno di 10 cm nelle femmine e 6 cm nei maschi.
Una menzione particolare merita il Botia pagliaccio (Chromobotia macracanthus Bleeker, 1852), originario delle acque fluviali dell’Indonesia l’Indonesia, è specie molto famosa tra gli acquariofili per la sgargiante livrea ma dalla biologia ancora poco conosciuta.
Originari delle acque dolci del Nord America, sono i Catastomidae, pesci Cypriniformes, che riuniscono circa 80 specie d’acqua dolce, per la maggior parte lunghe circa 60 cm.
Comunemente noti con il nome di Succhiatori, la caratteristica principale dei Catastomidae è rappresentata dalla bocca che si apre in posizione subterminale con labbra grosse e carnose.
La specie più popolare è certamente il Succhiatore cinese a pinne a vela (Myxocyprinus asiaticus Bleeker, 1865), conosciuto con vari nomi comuni tra cui Squalo cinese a pinne alte, Squalo cinese a bande. Altra specie da menzionare è il Succhiatore dal naso lungo (Catostomus catostomus Forster, 1773).
Nei torrenti con forte corrente di montagna dell’Asia sud-orientale vivono i Gyrinocheilidae, famiglia di pesci Cypriniformes in cui vengono comprese specie che si caratterizzano per la bocca a ventosa con la quale si attraccano ad un substrato. I Gyrinocheilidae sono comunemente noti con il nome di pesci mangia alghe per la dieta composta di alghe oltre che di detriti organici.
La specie più nota è il Pulivetro o Mangiatore d’alghe cinese (Gyrinocheilidae aymonieri Tirant, 1883), pesce mediamente lungo circa 25 cm, originario delle acque dolci del sudest asiatico.
Ordine Gonorynchiformes
Sono considerati un ordine di Actinopterygii nel quale vengono comprese specie provviste di un primitivo apparato di Weber basato sulle prime 3 vertebre e 1 o più costole, con bocche piccole e prive di denti.
L’ordine, al quale vengono ascritte poco meno di 40 specie le cui dimensioni variano da 10 a 150 cm, è presente nelle acque degli oceani Pacifico e Indiano e con alcune si rinviene in acque dolci dell’africa tropicale.
La specie più nota dei Gonorynchiformes è certamente il Pesce latte o Cefalone (Chanos chanos Forsskål 1775) è un pesce di grossa mole, può superare anche i 150 cm di lunghezza, che si caratterizza per il colore del corpo bianco argentato, le pinne marginate di nero e la coda particolarmente forcuta.
Il Pesce latte vive abitualmente in acque marine tropicali poco profonde, lungo le piattaforme continentali e nei dintorni delle isole. Spesso entra anche negli estuari e risale il corso dei fiumi.
Ordine Gymnotiformes
Spesso indicati con il nome di Pesci coltello per la forma compressa lateralmente e allungata e con coda molto stretta, i Gimnotiformi costituiscono un ordine di Actinopterygii al quale vengono ascritte specie d’acqua dolce che si rinvengono nei fiumi al nord dell’Argentina.
Tipicamente i Gimnotiformi sono pesci che si caratterizzano per la pinna anale molto grande, a forma di vela, che si sviluppa per tutto il margine inferiore del corpo fin quasi al capo e che costituisce l’unico strumento propulsore.
I Pesci coltello mancano di pinne dorsali e pelviche.
La maggior parte delle specie possiedono organi in grado di generare campi elettrici di debole intensità, impiegati per l’orientamento e la ricerca del cibo.
Alcune specie, come il noto Gimnoto o Anguilla elettrica sudamericana (Electrophorus electricus Linneo, 1766), possono produrre potenti scariche di alto potenziale in grado di stordire o uccidere le prede e tenere lontani eventuali predatori.
La consistenza del patrimonio tassonomico dei Gimnotiformi è ancora largamente da definire e allo stato risulta composto da oltre 150 specie.
Alcuni Gimnotiformi sono apprezzati pesci d’acquario, come Egeismannia virescens (Valenciennes, 1847), Apteronotus albifrons (Linneo, 1766) e Gymnotus carapo (Linneo, 1758), comunemente noto come Pesce coltello fasciato.
Siluriformes
Comunemente conosciuti come Pesci gatto, i Siluriformes rappresentano un ordine di Actinopterygii i cui componenti debbono il nome comune alla presenza da uno a 5 paia di barbigli, che evocano appunto baffi dei gatti, di cui un paio più lungo che si impianta sulla mascella e gli altri più piccoli sulla mandibola. Alcune specie però mancano completamente di barbigli.
I Siluriformes costituiscono un raggruppamento molto eterogeneo nell’aspetto e nelle abitudini. Per la maggior parte i Pesci gatto hanno corpo affusolato ma appiattito sul ventre, privo si scaglie e frequentemente con placche ossee cutanee.
La bocca è quasi sempre provvista di numerosi piccoli denti.
Molti Siluriformes presentano le pinne pettorali e quella dorsale provviste di un raggio spinoso forte e appuntito, spesso seghettato, spesso collegato a ghiandole velenifere.
La pinna adiposa è frequentemente presente.
Alcune specie sono dotate di organi respiratori aggiuntivi con cui utilizzano l’ossigeno atmosferico e riescono a vivere per periodi prolungati fuori dall’acqua.
Alcuni Pesci gatto (Malapterurus Lacépede , 1803) hanno evoluto organi elettrici capaci di produrre scariche elettriche ad alto potenziale voltaggio anche superiori ai 350 volts.
Anche nelle abitudini i Siluriformes manifestano stili di vita differenti. La maggior parte dei Pesci gatto vive in ambienti d’acqua dolce, ma un cospicuo numero di specie si rinviene in acque marine e salmastre.
Alcune specie si rinvengono prevalentemente nelle grotte, come Phreatobius cisternarum (Goeldi, 1905), piccolo pesce, in genere 5 cm di lunghezza, che vive in habitat freatici superficiali della foce del Rio delle Amazzoni.
L’ordine dei Siluriformes riunisce oltre un migliaio di specie delle quali a seguire si citano le maggiormente rappresentative.
Il Siluro d’Europa (Silurus glani Linneo, 1758), conosciuto anche come Siluro o Pesce siluro, è un pesce di grandi dimensioni e può superare anche 2,50 m di lunghezza e 130 kg di peso.
Specie esclusivamente d’acqua dolce e originaria dell’Europa centro-orientale, il Siluro d’Europa è stato introdotto in numerosissimi paesi europei e, più recentemente, anche nel continente americano, spesso arrecando gravi danni all’ittiofauna locale.
Nella stessa famiglia dei Siluridae viene compreso anche il Siluro di vetro indiano (Kryptopterus bicirrhis Valenciennes, 1840) diffuso in acque calme e praterie allagate dell’Asia sudorientale. Si tratta di un piccolo pesce di circa 15 cm di lunghezza conosciuto anche come Pesce fantasma o Pesce oltretomba per la caratteristica di avere in natura il corpo totalmente trasparente.
Con il nome comune di Pesci gatto coda d’anguilla vengono indicate una quarantina di specie, tutte raggruppate nella famiglia Plotosidae, che si differenziano per la lunga coda che ricorda quella delle anguille.
I Plotosidae sono pesci di circa 30 cm di lunghezza originari delle acque costiere del Pacifico occidentale.
Alcune specie di Plotosidae presentano la prima pinna dorsale e le pinne pettorali dotate di aculei velenosi con i quali possono provocare ferite dolorose.
In particolare, il Pesce gatto dei coralli (Plotosus lineatus Thunberg, 1787) ha punture che possono causare anche la morte. La specie, propria delle acque tropicali degli oceani Pacifico e Indiano, è recentemente pervenuta anche nel Mediterraneo orientale,
Di aspetto molto singolare sono i Loricariidae, famiglia alla quale sono ascritte quasi un migliaio di specie che per la maggior parte popolano i corsi d’acqua dolce con corrente turbolente e anche con vere e proprie rapide, dalle pianure fino a 3.000 m di altitudine.
Alcuni Loricariidae vivono in acque salmastre calme, altri in habitat sotterranei.
Originari dell’America del sud, i Loricariidae debbono il nome scientifico alla presenza sulle parti superiori e sui fianchi di una vera e propria corazza protettiva formata di placche ossee e scaglie robuste disposte in 3-4 file longitudinali.
Ma, la particolarità anatomica più vistosa dei Loricariidae è rappresentata dalla bocca a ventosa con labbra grandi e piatte con cui possono attaccarsi al substrato senza correre il rischio di essere trascinati via dalla corrente mentre si si cibano di erbe e di detriti.
Dei Loricariidae vanno citati il Pesce gatto dalla bocca a ventosa o Pleco comune (Hypostomus plecostomus Linneo, 1758), tra i primi componenti della famiglia ad essere ospitato negli acquari, e il Pesce gatto ramoscello (Farlowella acus Kner, 1853). Entrambi le specie sono originarie delle acque dolci tropicali dell’America del sud.
Infine, è da ricordare il Pesce gatto nero o Barbone (o barbona (Ameiurus melas Rafinesque, 1820), specie di origine nordamericana, oggi ampiamente introdotta in molte regioni del mondo.
Di eccezionale resistenza, il Pesce gatto nero predilige gli habitat di acque dolci a lento corso, ma è in grado di sopportare anche ambienti inquinati e di sopravvivere per qualche ora fuori dall’acqua. Il Pesce gatto nero mediamente misura intorno a 30 cm di lunghezza, ma può raggiungere e superare anche i 50 cm.
Osteoglossiformes
Costituiscono un ordine di Pesci ossei Actinopterygii nel quale vengono comprese specie la cui principale caratteristica è quella di avere la lingua ossificata oppure dentata, da cui il nome scientifico.
Gli Osteoglossiformes variano notevolmente in dimensioni e forma. Con appena 2 cm di lunghezza il Nano scacciapietre Pollimyrus castelnaui (Boulenger, 1911) è il più piccolo rappresentante dell’ordine, mentre gli Arapaima (J.P. Müller, 1843) sono i giganti con circa 3 m.
Alcune specie sono in grado di produrre campi elettrici di debole intensità con cui percepiscono la presenza di eventuali prede.
Alcuni Osteoglossiformes delle famiglie Mormyridae e Gymnarchidae, sono tra i pochissimi vertebrati in cui lo spermatozoo è sprovvisto di flagello.
Con oltre 250 specie, l’ordine degli Osteoglossiformes è diffuso nelle acque dolci del Sud America, Australia, Asia meridionale e Africa.
Il Pesce coltello africano (Gymnarchus niloticus Cuvier, 1829), noto anche come Aba, è l’unica specie nota della famiglia Gymnarchidae.
Diffuso in Africa ove si rinviene nel bacino del Nilo e di altri fiumi, Gymnarchus niloticus è un pesce con corpo lungo e snello, privo di pinne caudali e pelviche e con la pinna dorsale molto allungata.
Le dimensioni solitamente raggiungono 1,5 cm di lunghezza e poco meno di 20 kg di peso.
Con il nome comune di Pesci elefante d’acqua dolce o Pesci dal naso di elefante sono conosciuti i Mormyridae, famiglia di Osteoglossiformes originaria dell’Africa. Con oltre 200 specie, il nome comune dei Pesci elefante fa riferimento alla presenza di escrescenze carnose sulla bocca particolarmente sporgenti
I Mormyridae sono pesci debolmente elettrici, molto eterogenei per dimensioni e forma. più piccoli sono lunghi solo 5 cm, mentre i più grandi raggiungono fino a 1,5 m.
Diverse specie di Mormyridae possono adattarsi a vivere in acquario
Il Pesce elefante nano o Spaccapietre stonebasher (Pollimyrus castelnaui Boulenger, 1911) è un Mormyridae di piccole dimensioni, appena 2 cm di lunghezza, che vive in habitat di acqua dolce senza sbocco sul mare dell’Africa centro-occidentale meridionale.
L’Arapaima (J.P. Müller, 1843) è un genere di Osteoglossiformes, la cui composizione specifica non è ancora chiaramente definita, i cui rappresentanti sono tra i pesci d’acqua dolce più grandi al mondo, anche 3 metri di lunghezza.
Localmente noti anche con i nomi di Pirarucu o Paiche, che significa pesce rosso, gli Arapaima sono originari del bacino dell’Amazzonia e dell’Essequibo, in Sudamerica.
Tra i caratteri distintivi del genere è certamente da menzionare la struttura della vescica natatoria particolarmente sviluppata e costituita da un tessuto che, al pari di un polmone, consente di utilizzare l’ossigeno atmosferico.
L’ Arowana del Nilo o Arowana africana (Heterotis niloticus G. Cuvier, 1829 ) è un pesce lungo fino a 100 cm e dal peso di circa 10 kg che nell’aspetto ricorda molto l’Arapaima.
Originaria dei bacini idrografici dell’Africa centrale, la specie è stata introdotta in diversi altri bacini africani.
Di grande importanza alimentare per i locali, l’Arowana africana è oggetto di pratiche di acquacultura di notevole successo a seguito della facilità di alimentazione e buona tolleranza all’affollamento.
Batrachoidiformes
Costituiscono un ordine di Actinopterygii al quale afferiscono specie di forma molto insolita che ricorda quello di un anfibio, da cui il nome scientifico di Batrachoidiformes, ed anche quello comune di Pesci rospo o Pesci rana.
L’aspetto dei Batrachoidiformes è inconfondibile, con il capo largo e schiacciato e la parte posteriore del corpo compressa in senso laterale. Gli occhi, abbastanza grandi, sono in posizione dorsale e molto spostati in avanti.
La bocca è ampia e dotata di denti robusti e appuntiti. Sotto la mandibola sono presenti protuberanze dermiche o barbigli che ricordano quelle degli Scorfani. In alcuni sono presenti altre appendici cutanee attorno alle narici. Ciascun opercolo branchiale è provvisto di spine e e scaglie possono mancare oppure sono molto piccole.
Ci possono essere anche due linee laterali e alcune specie sono provviste di organi bioluminescenti (fotofori).
La prima pinna dorsale è molto corta dotata di raggi spinosi rigidi e la seconda è invece lunga e sostenuta da raggi molli. Le pinne pettorali sono grandi e quella caudale è arrotondata.
Altra caratteristica molto singolare dei Pesci rospo è la loro capacità di produrre suoni utilizzando la vescica natatoria.
Pesci di piccola e media taglia, con lunghezze massime intorno ai 60 cm, in genere i Batrachoidiformes hanno una livrea uniformemente di colore che varia dal bruno al verdastro. Non mancano però le specie con colori vivaci come il Pesce rospo corallo o Pesce rospo splendido di Cozumel (Sanopus gorgeousus Collette et alii, 1974) delle barriere coralline del mar dei Caraibi.
Con quasi un centinaio di specie, i Batrachoidiformes sono diffusi in tutti i mari tropicali e, più frammentariamente, anche in quelli temperati. Sono particolarmente comuni nelle acque americane.
Pesci bentonici e predatori, i Pesci rospo si rinvengono di solito in acque costiere su fondi duri ed anche fangosi e sono presenti anche nelle barriere coralline.
Alcune specie sono eurialine e vivono anche in acque salmastre. Alcuni Pesci rospo vivono permanentemente in acque dolci.
Nelle acque del Mediterraneo è presente ma raro il Pesce rospo (Halobatrachus didactylus Bloch & Schneider, 1801), pesce che può misurare anche 50 cm di lunghezza.
Il Pesce rospo del Mediterraneo è riconoscibile per la presenza di 4 macchie scure a sella dorsali su una livrea di colore variabile dal bruno rossiccio al verde al giallo.
Gadiformes
Chiamati anche Anacanthini per l’assenza di spine, i Gadiformes costituiscono un ordine i cui rappresentanti si caratterizzano principalmente per la presenza del raggio spinoso piuttosto lungo della prima pinna dorsale che sporge sul capo come una sorta di corno.
I Gadiformes sono pesci con corpo fusiforme, ricoperto di grandi scaglie, che posteriormente si assottiglia. Le dimensioni sono di solito comprese dai 2-7 cm delle specie di Bregmaceros (Thompson, 1840), genere presente in acque tropicali e subtropicali, ai 2 m del Merluzzo comune (Gadus morhua Linneo, 1758).
Le pinne dei Gadiformes mancano di spine e, come già detto, la prima pinna dorsale è costituita soltanto di un lungo raggio spinoso che si inserisce sul capo; la seconda pinna dorsale è lunga con una profonda incisione mediana. Le pinne ventrali sono provviste raggi filamentosi molto lunghi. La coda è corta e biforcuta.
Tipicamente nei rappresentanti dei Gadiformes le pinne pelviche, allorquando presenti, sono poste davanti oppure sotto le pinne pettorali.
la livrea in genere è di colore bruno-argentato.
I Gadiformes sono pesci fisoclisti, cioè con la vescica natatoria che non comunica con l’apparato digerente.
I Gadiformes comprendono numerose specie per la maggior parte diffuse nelle acque marine delle regioni fredde o temperate. Nelle acque del Mediterraneo i Gadiformes sono presenti con poche specie, alcune delle quali frazionate in sottospecie.
Per la maggior parte di ampia valenza ecologica, sono diffusi in vari ambienti, rappresentanti dell’ordine si rinvengono in vari ambienti da quelli costieri a quelli abissali. Alcune specie vivono anche nelle acque salmastre degli estuari, qualcuna è permanentemente dulcacquicola. Le specie tropicali sono tipicamente di acque profonde.
Solo il Merluzzo d’acqua dolce o Bottatrice (Lota lota Linneo, 1758) è considerato con certezza un pesce d’acqua dolce.
Molte specie di Gadiformes sono commestibili e di grande valore commerciale per l’economia mondiale.
Considerato l’elevato numero di specie di Gadiformes, a seguire si forniscono brevi note informative sulle specie maggiormente rappresentative dell’ordine e si rimanda alle schede specifiche eventuali approfondimenti.
Parecchie specie afferenti a diversi generi, in particolare a Gadus, vengono indicate con il nome collettivo di Merluzzo.
Il Merluzzo (Gadus morhua Linneo, 1758), comunemente noto anche come Merluzzo bianco o Merluzzo nordico e commercialmente anche con quello di codling, è senza dubbio uno dei pesci più importanti per l’alimentazione umana a livello mondiale. Il Merluzzo viene conservato essiccato (stoccafisso), oppure salato e stagionato (baccalà).
Altre specie del genere sono il Merluzzo della Groenlandia (Gadus ogac Richardson, 1836) e il Merluzzo del Pacifico (Gadus macrocephalus Tilesio, 1810).
Il Pesce fico (Gadiculus argenteus Guichenot, 1850) è un pesce di mare di piccole dimensioni, in genere non superiore a 9 cm di lunghezza. Si caratterizza per avere il capo e gli occhi molto grandi e la bocca obliqua e per la presenza di 3 piccole pinne dorsali. La livrea è di colore grigio-rosato sulle parti dorsali, argentato sui fianchi e sul ventre. Il Pesce fico vive in acque profonde, di solito sotto i 200 m.
Il Merlano o Molo (Merlangius merlangus Linneo, 1758) è un pesce che raggiunge la lunghezza di 50 cm. Ha muso sporgente con bocca piccola, e tre pinne dorsali contigue delle quali quella centrale è maggiormente sviluppata. La livrea del Merlano è di colore bruno sul dorso, biancastro sul ventre.
Diffuso nell’Atlantico, è presente anche nel mar Nero e nell’Adriatico. Vive in genere su fondi mobili ove si ciba di piccoli pesci e di crostacei come il Gambero grigio (Crangon crangon Linneo, 1758) della cui rarefazione è considerato responsabile.
Ampiamente diffuso nell’Atlantico e comune anche nelle acque del Mediterraneo è il Melù (Micromesistius poutassou Risso, 1827).
Noto anche con il nome di Potassolo, il Melù è un Gadiformes che in genere misura circa 25 cm e si distingue per la bocca piccola e gli occhi grandi. Pesce pelagico, il Melù vive in acque aperte a profondità comprese tra i 100 ed i 1000 m.
Il Merluzzetto o Cappellano (Trisopterus minutus Linneo, 1758), conosciuto anche come Busbana, si distingue per la presenza di un piccolo barbiglio sotto la bocca e di due pinne anali separate tra loro. Il Merluzzetto è un pesce di dimensioni modeste, inferiori ai 25 cm, con corpo di colore uniformemente bruno giallastro dorsalmente, argentato sui lati e bianco ventralmente.
La specie si rinviene nelle acque dell’oceano Atlantico e in quelle del Mediterraneo occidentale. Solitamente forma banchi che vivono su fondi fangosi a varie profondità.
La Busbana bruna o o Merluzzetto bruno (Trisopterus luscus Linneo, 1758) è una specie dell’Atlantico settentrionale la cui presenza nelle acque del Mediterraneo è da confermare.
La specie è conosciuta anche con i nomi di Busbana francese o Merluzzo bruno.
Il Nasello europeo o Nasello comune (Merluccius merluccius Linneo, 1758) è un pesce che si distingue per la bocca largamente incisa e rettilinea, armata di robusti denti sporgenti e con la mandibola più lunga della mascella.
Il corpo del Nasello europeo è slanciato e può raggiungere anche i 140 cm di lunghezza e un peso di 15 kg. La livrea assume tonalità scure sul dorso, argentati sui fianchi.
Il corpo del Nasello europeo è slanciato e può raggiungere anche i 140 cm di lunghezza e un peso di 15 kg. La livrea assume tonalità scure sul dorso, argentati sui fianchi.
Il Nasello europeo vive nelle acque dell’Atlantico orientale e in quelle del Mediterraneo e del Mar Nero ove si rinviene su fondali melmosi o sabbiosi anche a profondità inferiori a 400 m.
Il Merluzzo giallo o Pollak (Pollachius pollachius Linneo, 1758) è un Gadiformes che vive nelle acque dell’Atlantico nord-orientale, a profondità inferiori a 100 m.
Di aspetto molto simile al Merluzzo nero o Merluzzo carbonaro (Pollachius virens Linneo, 1758) con il quale condivide parte del proprio areale, il Merluzzo giallo raggiunge dimensioni anche superiori a 120 cm di lunghezza e presenta una livrea di colore bronzeo uniforme sulle parti dorsali e biancastra su quelle ventrali. Il muso è appuntito, con la mandibola ampiamente sporgente.
L’Eglefino (Melanogrammus aeglefinus Linneo, 1758), conosciuto anche con i nomi di Asinello o Haddock, è un pesce di aspetto molto simile al Merluzzo comune (Gadus morhua Linneo, 1758) dal quale si distingue per avere corpo più alto con capo più massiccio ed occhi decisamente più grandi. Sotto la bocca è presente un piccolo barbiglio.
Le pinne dorsali sono tre e la pinna anale è ampia.
La livrea è di colore variabile dall’argentato al verdastro sul dorso, con una caratteristica vistosa macchia nera rotonda all’altezza delle pinne pettorali. In genere è più piccolo del Merluzzo e può raggiungere il metro di lunghezza.
L’eglefino ha un areale che comprende l’Atlantico settentrionale ove abita le acque fresche con fondali sabbiosi o ciottolosi. Si nutre di invertebrati marini e piccoli pesci.
La Mora o Moro (Mora moro Risso, 1810), è un Gadiformes che si differenzia per gli occhi molto grandi e di colore argentato.
Ha corpo allungato, lungo mediamente 50 cm, che posteriormente si assottiglia nel peduncolo caudale. Sulla mandibola è presente un corto barbiglio.
Le pinne dorsali sono due, con quella anteriore leggermente più alta della posteriore e di forma triangolare.
La livrea è di colore brunastro con riflessi argentati sul dorso e sui fianchi, più scuro sul ventre.
È un pesce abissale che si rinviene su fondi sabbiosi di acque profonde, in genere oltre i 1000 m.
La Mora è diffusa in un ampio areale che comprende l’Atlantico nordorientale, il Mediterraneo occidentale e le regioni temperate degli oceani Pacifico e Indiano.
La Mostella o Musdea (Phycis phycis Linneo, 1766), è un Gadiformes di media taglia, in genere 40-50 cm di lunghezza.
Simile nell’aspetto a tanti altri rappresentanti dell’ordine, la Mostella di distingue per avere la bocca grande con labbra grosse.
La livrea è uniformemente scura, bruna o grigia.
La Mostella è diffusa nelle acque dell’Atlantico nordorientale su fondi sabbiosi op ciottolosi sino a circa 60 m di profondità.
La Bottatrice (Lota lota Linneo, 1758) è l’unica specie dell’ordine che con certezza è di abitudini dulcacquicole.
È un pesce dal corpo molto allungato, mediamente sui 100 cm, talora anche 180 cm per un peso di oltre 30 kg. La bocca è molto grande con un barbiglio sulla mandibola. Tipicamente le pinne dorsali sono due, di cui quella anteriore è corta e quella posteriore molto allungata.
La livrea ha una colorazione marmorizzata che varia dal bruno al verde al giallo sul dorso, biancastra sul ventre.
La Bottatrice è ampiamente diffusa nelle acque dolci delle regioni artiche ed è presente nei grandi laghi prealpini dell’Europa settentrionale, Italia compresa.
Lophiiformes
Rappresentano un ordine di pesci Actinopterygii i cui componenti si caratterizzano per la presenza di un’appendice carnosa o antenna mobile presente sulla fronte, il cosiddetto illicio. È questa una struttura bioluminescente con la quale vengono attirate le prede di cui si cibano.
Il capo è grande ornato di creste ossee e spine con una bocca ampia e armata di numerosi denti appuntiti.
Il corpo dei Lophiiformes è privo di squame.
Altra caratteristica di molti Lophiiformes è la capacità di distendere la mascella e lo stomaco, particolarmente elastico, consentendo di ingoiare prede di dimensione anche il doppio del loro grandezza.
I Lophiiformes sono anche noti per il marcato dimorfismo sessuale con i maschi che notevolmente sono più piccoli delle femmine.
Ulteriore particolarità di parecchie specie di questi singolari pesci è il fenomeno di parassitismo sessuale. Durante la riproduzione, il maschio si attacca alla femmina e, mentre le trasferisce il proprio sperma, trae il proprio nutrimento dal corpo della compagna.
I Lophiiformes sono diffusi in tutti gli oceani e per la maggior parte si rinvengono a profondità di 1000 m e anche oltre. Attualmente, dell’ordine si conoscono circa 350 specie, in genere di piccole dimensioni 3-20 cm, ma alcune, come la ben nota Rana pescatrice, possono raggiungere anche i 2 m di lunghezza.
Certamente la specie maggiormente conosciuta dell’ordine è la Rana pescatrice (Lophius piscatorius Linneo, 1758). Chiamata anche Coda di rospo, la Rana pescatrice si caratterizza per la grande bocca rivolta superiormente, con la mascella inferiore sporgente rispetto a quella superiore e provvista di una frangia di appendici cutanee. La bocca è dotata di numerosi denti appuntiti.
La livrea è fondamentalmente bruno-verdastra sulle parti dorsali, bianca su quelle ventrali. Le pinne sono orlate di scuro.
Le dimensioni di solito arrivano a 90 cm di lunghezza nella femmina, poco più della metà nel maschio.
La Rana pescatrice si rinviene nelle acque del Mare del Nord, in quelle dell’Atlantico orientale, del Mediterraneo e del Mar Nero ove di solito predilige i fondali sabbiosi e sassoso compresi tra i 20 e 1000 metri di profondità.
Altra specie è il Lophius budegassa (Spinola, 1807), pesce molto simile alla Rana pescatrice con la quale condivide l’areale.
Ophidiiformes
A lungo inclusi con lo status di sottordine tra i Perciformes, attualmente gli Ophidiiformes sono considerati un ordine distinto di Actinopterygii al quale vengono ascritte specie che tipicamente presentano il corpo allungato, quasi anguilliforme.
I Pesci Ophidiiformes per la maggior parte hanno il capo piccole e il corpo ricoperto di squame lisce o completamente assenti.
Le pinne dorsali sono lunghe e generalmente la pinna anale molto lunga e si continua con quella caudale. Le pinne ventrali, mancanti in diverse specie, si impiantano molto anteriormente e spesso assomigliano a barbigli.
Le dimensioni degli Ophidiiformes sono molto varie, comprese dai 5 cm della Brotula testa grossa (Grammanopides opisthodon, Smith 1934) ai circa 2 m del Cuspide di scaleline (Lamprogrammus shcherbachevi Cohen & Rohr, 1933)
Gli Ophidiiformes sono ampiamente diffusi in ambienti di acque marine tropicali e subtropicali, spesso in acque profonde.
Alcune specie colonizzano le acque sotterranee delle grotte, altre si rinvengono in acque dolci.
Nelle acque del Mediterraneo sono segnalate il Brotulide (Cataetyx alleni Byrne, 1906), pesce di abitudini abissali lungo poco più di 10 cm, il Fierasfer o Galiotto (Carapus acus Brünnich, 1768), di forma molto assottigliata di non oltre i 10 cm che vive da parassita nel tubo digerente di Echinodermi, e la Brotola gialla (Benthocometes robustus (Goode e Bean, 1886) raggiunge al massimo i 15 cm di lunghezza.
Ed ancora, altri Ophidiiformes che vivono anche nelle acque del Mediterraneo sono il Galletto (Ophidion barbatum Linnaeus, 1758) e il Galletto rosso (Parophidion vassali Risso, 1810), pesci che misurano entrambi circa 25 cm.
Percopsiformes
Originari delle acque dolci del Nordamerica, i Percopsiformes sono considerati un ordine di Pesci Actinopterygii il cui nome scientifico fa riferimento alla somiglianza dei suoi rappresentanti con la più nota Perca (Linneo, 1758).
Ben rappresentato a partire dal Cretaceo superiore (circa 70 – 66 milioni di anni fa), oggi l’ordine è ritenuto quasi completamente estinto e del quale sopravvivono soltanto una decina di specie.
Generalmente, i Percopsiformes sono pesci di piccola taglia, compresa tra i 5 e i 20 cm di lunghezza, secondo la specie, e di aspetto vario che ricorda alquanto il Pesce persico dell’ordine dei Perciformes.
Diffusi per la maggior parte in ambienti d’acqua dolce del Nord America, sono presenti con poche specie con distribuzione W-boreale.
Il Trespolo pirata o Pesce persico pirata (Aphredoderus sayanus Gilliams, 1824 ) è un Percopsiformes frequente nelle acque costiere orientali degli Stati Uniti, noto predatore di larve di zanzara
Il Tifone sotterraneo (Typhlichthys subterraneus Girard, 1859), conosciuto anche come Pesce delle caverne meridionali, è una specie esclusiva delle grotte carsiche degli Stati Uniti orientali.
Il Pesce delle caverne dell’Alabama (Speoplatyrhinus poulsoni Cooper & Kuehne, 1974) è stato rinvenuto in pozze sotterranee della Riserva nazionale naturale di Key Cave in Alabama.
All’ordine dei Percopsiformes viene ascritto anche il Pesce di palude o Pesce di riso (Chologaster cornuta Agassiz , 1853), specie di pochi cm, circa 4, diffusa nelle acque dolci della pianura costiera atlantica degli Stati Uniti.
Polymixiiformes
Rappresentano un ordine Pesci Actinopterygii al quale afferiscono soltanto una decina di specie comprese nell’unico genere Polymixia.
Sono pesci di piccole dimensioni, comprese da poco più di 15 cm sino a circa 45 cm, con occhi e bocca grandi, una coppia di lunghi barbigli e pinne piccole.
I Polymixiiformes, diffusi in tutti gli oceani e nel Mar Rosso, sono noti per avere il corpo ricoperto di abbondante muco, da cui il nome scientifico.
Il Pesce barba del Pacifico (Polymixia berndti Gilbert, 1905) è tra i più noti rappresentanti dell’ordine. È un pesce di dimensioni anche superiori a 45 cm che si rinviene negli oceani Pacifico e Indiano.
Esociformes
Ordine di Pesci Actinopterygii, gli Esociformes riuniscono specie morfologicamente ed ecologicamente molto varie che si caratterizzano principalmente per presentare la pinna dorsale e quella anale alquanto arretrate e per la mancanza di pinna adiposa.
Anche le dimensioni degli Esociformes sono molto diverse e variano dai circa 8 cm dell’Umbra europea ai circa 1,40 cm del Luccio.
L’ordine riunisce circa 12 specie, tutte di ambienti d’acqua dolce, la maggior parte della quali, note con il nome di Luccio, sono attribuite ad Esox, genere diffuso in fiumi e laghi del Nordamerica e d’Europa.
In Europa si riscontrano diverse specie di Esociformes delle quali la più nota è il Luccio.
Il Luccio (Esox lucius Linneo,1758) è un Esociformes che si caratterizza per il grande capo schiacciato e allungato a becco d’anatra, da cui anche il nome di Luccio Papera con cui è indicato dai locali. La grande bocca è armata di un gran numero, diverse centinaia, di denti robusti e uncinati posti anche sulla lingua.
Il Luccio può misurare anche 1,40 m di lunghezza e pesare oltre 20 kg.
La Livrea è varia, più frequentemente di colore bruno verdastro con macchie scure sul le parti dorsali, bianco giallastro su quelle ventrali.
Ampiamente diffuso nel Nordamerica e in alcune regioni d’Eurasia, il Luccio è stato oggetto di ripetute introduzioni per la pesca sportiva con conseguenti ibridazioni e spesso compromissione dell’ittiofauna locale.
In Nord America vive il Luccio Muskellunge o Muskie (Esox masquinongy, Mitchil, 1824), il più grande tra i pesci predatori del fiume Mississipi.
I lucci svolgono un importante ruolo nel mantenimento degli equilibri degli ecosistemi, sia perché si nutrono di preferenza di prede morte o deboli o malate, sia perché limitano anche l’eccessiva proliferazione di altri pesci, in particolar modo Cyprinidae.
Altre specie europee del genere sono il Luccio cisalpino o Luccio italico (Esox cisalpinus Bianco & Delmastro, 2011), specie endemica dell’Italia settentrionale ove predilige habitat di acque stagnanti o con correnti deboli, e il Luccio aquitano (Esox aquitanicus Denys et alii, 2014), originario dei bacini idrografici della Charente e dell’Adour nel sud-ovest della Francia.
Altra specie dell’ordine è l’Umbra europea (Umbra krameri Walbaum, 1792) è un piccolo pesce di poco più di 15 cm di lunghezza. Originaria delle acque del bacino del Danubio, durante il secolo scorso, l’Umbra europea è stata introdotta in diversi regioni d’Europa.
Osmeriformes
A lungo compresi tra i Salmoniformes, gli Osmeriformes sono considerati un ordine di Pesci Actinopterygii, gli Osmeriformes riuniscono specie di aspetto e biologia molto vari e in genere sono provviste di una pinna adiposa.
Ampiamente diffusi nei due emisferi, ad esclusione delle zone temperate e calde, rappresentanti degli Osmeriformes possono rinvenirsi in ambienti marini, salmastri e dulcacquicoli. Alcuni vivono anche in ambienti di profondità.
Le specie costiere in genere migrano nei fiumi per la riproduzione (anadrome).
Lo Sperlano (Osmerus eperlanus Linneo, 1758) è un pesce di piccola taglia, mediamente 20 cm di lunghezza, diffuso nelle acque costiere europee dell’oceano Atlantico.
Il Pesce ghiaccio (Neosalanx tangkahkeii Wu, 1931) è una specie di appena 6 cm di lunghezza che vive nelle acque salmastre, tropicali o subtropicali della Cina.
Altra specie di Osmeriformes è Opisthoproctus soleatus (Vaillant, 1888), pesce diffuso negli oceani Pacifico, Indiano e Atlantico, ove di solito vive a profondità comprese tra 500 e 700 m. In genere le dimensioni si mantengono sui 10 cm di lunghezza.
Salmoniformes
Importante ordine di Pesci Actinopterygii, i Salmoniformes che riuniscono numerose specie, marine e dulcacquicole, che spesso si caratterizzano per la presenza di due pinne dorsali di cui la seconda è adiposa.
Comunemente conosciuti con i nomi di Salmoni, Trote, Coregoni, Lennok ed altri ancora, i Salmoniformes sono pesci con il corpo generalmente allungato e fusiforme, di dimensioni molto varie, comprese mediamente da poco più di 10 cm a oltre 1 m di lunghezza.
Anche l’aspetto è molto vario, con la bocca che in molte specie, quali Salmoni e Trote, è molto ampia e riccamente provvista di grandi denti disposti anche sulla lingua, mentre in altre, come il Temolo (Thymallus thymallus Linneo, 1758), è piccola e con denti molto minuti.
Le pinne dorsali sono due, delle quali quella posteriore è adiposa. La pinna caudale, generalmente ampia, può presentare il margine forcuto o troncato.
Nei Salmoniformes le pinne ventrali si impiantano molto indietro, talora posteriormente alla prima pinna dorsale. In genere la pinna caudale può essere forcuta oppure con il margine troncato.
La livrea nella maggior parte dei Salmoniformes si caratterizza per la presenza di piccole macchie e punti di colore nero e rosso, talora con riflessi metallici. I Coregoni hanno il corpo di colore uniformemente argentato.
I Salmoniformes sono per la maggior parte diffusi nei mari, nei fiumi e nei laghi dell’emisfero boreale, nelle regioni temperate e fredde e fino a quelle polari.
Sono stati abbondantemente introdotti in zone con caratteristiche ambientali idonee.
Sono pesci carnivori, alcuni come i salmoni predano altri pesci, altri come il Temolo si nutrono di insetti, altri ancora sono planctofagi.
I Salmoniformes in genere sono pesci stenotermi, che preferiscono le acque fredde e ben ossigenate. Molte specie sono anadrome e nel periodo riproduttivo lasciano il mare dove solitamente vivono e, guidate dal solo e dall’olfatto straordinariamente acuto, risalgono i fiumi per ritornare nelle acque dolci in cui sono nate. Raggiunto il luogo di riproduzione, i salmoni digiunano, mentre si completa la maturazione di uova e spermatozoi.
Dopo gli accoppiamenti, le femmine depongono su fondi ghiaiosi a piccole profondità un numero non molto elevato di uova.
In parecchie specie, avvenuta l’ovideposizione molti de riproduttori muoiono.
L’ordine dei Salmoniformes comprende oltre 200 specie raggruppate in vari generi dei quali in questa sede si forniscono informazioni essenziali rimandando alle relative schede tassonomiche ulteriori approfondimenti.
Coregoni è il nome con il quale vengono comunemente indicate le oltre 70 specie di Coregonus (Linneo, 1758), genere diffuso prevalentemente in acque dolci delle regioni fredde dell’emisfero boreale.
Alcuni Coregoni delle zone più settentrionali vivono in acque marine e sono anadromi.
Nelle acque dolci dell’Europa centrale e settentrionale si rinviene il Lavarello o Coregone (Coregonus lavaretus Linneo, 1758). Particolarmente ricercato per l’elevata qualità delle carni, il Lavarello, chiamato anche Spigola delle acque dolci, alla fine del 1900 è stato introdotto in Italia ove oggi è diffuso nei laghi settentrionali e centrali della penisola.
Allo stesso genere viene attribuito il Coregone di lago (Coregonus maraena Bloch, 1779), specie, nota anche con il nome di Aringa di lago, spesso confusa con il Lavarello.
Quello di Trota è il nome che accomuna diverse specie di Salmonidae ed in particolare quelle ascritte ai generi Salmo, Oncorhynchus e Salvelinus.
La trota iridea (Oncorhynchus mykiss Walbaum, 1792), detta anche Trota arcobaleno, è una specie originaria delle acque del Nordamerica e da lì introdotta in buona parte dell’Europa.
Con i nomi collettivi di Salmoni e Trote sono comunemente indicate le specie di Salmo, genere il cui areale comprende l’Europa, il Nordafrica e l’Anatolia comprese diverse regioni dell’Asia centro-occidentale.
Tra i più noti del genere è il Salmone dell’Atlantico (Salmo salar Linneo, 1758), specie anadroma indicata semplicemente con il nome di Salmone.
Diffuso lungo le coste del Nordamerica, il Salmone dell’Atlantico è presente seguito dell’attività antropica in quasi tutti i continenti, Australia compresa.
Infine, il nome di Trota mediterranea o Trota peninsulare comprende sotto il nome specifico di Salmo ghigii (Pomini, 1941) tutte le Trote native dell’Italia peninsulare.
Validità specifica distinta viene attribuita alla Trota siciliana o Trota macrostigma siciliana (Salmo cettii, Rafinesque, 1810), al Carpione del Garda (Salmo carpio Linnaeus, 1758), esclusivo del Lago di Garda e al Carpione del Fibreno o Trota del Fibreno (Salmo fibreni Zerunian – Gandolfi, 1990), pesce endemico della Riserva Naturale Lago di Posta Fibreno
La Trota adriatica o Trota illirica (Salmo obtusirostris Heckel, 1851), conosciuta comunemente anche come Salmone adriatico o Trota dalla bocca morbida, è propria dei torrenti carsici del nord-est del mare Adriatico.
La Trota (Salmo trutta Linneo, 1758), è presente, con varie razze la cui tassonomia è però poco chiara, in tutta Europa, oltre che in Africa settentrionale, Anatolia e Asia centrale.
Le dimensioni e la livrea della Trota variano in maniera molto significativa in relazione all’ambiente in cui vive.
Gli esemplari marini e lacustri, detti rispettivamente Trota di mare e Trota di lago, possono superare 1 m di lunghezza ed presentano il corpo argentato con poche piccole macchie scure a forma di X come i Salmoni.
La Trota fario è una varietà che vive in fiumi e torrenti, in particolare montani. Solitamente non supera i 50 cm di lunghezza e presenta una livrea ravvivata da caratteristiche macchie rotonde, di colore nero sul dorso e rosso acceso o brune sui fianchi, disposte a costituire una serie orizzontale. Le pinne pettorali e ventrali sono di colore giallastro.
In acque particolarmente ricche di carotenoidi, le carni della Trota assumono un colore rosato come quelle del Salmone, da ciò il termine, privo di valore tassonomico, di Trota salmonata.
Trota dell’Abant (Salmo abanticus Tortonese, 1954), è un Salmoniformes d’acqua dolce le cui dimensioni di solito si mantengono al di sotto dei 50 cm di lunghezza.
Ritenuta inizialmente una razza di Salmo trutta, successivamente una specie distinta, attualmente la Trota dell’Abant ha uno status indefinito e è citata come ceppo limitato al lago di Abant, in Anatolia.
Carpione del Garda (Salmo carpio Linneo, 1578) è un Salmoniforme proprio del lago di Garda nelle cui acque compie l’intero ciclo vitale.
Trota marmorata (Salmo marmoratus Kottelat & Freyhof, 2007), in passato ritenuta una sottospecie di Salmo trutta, più recentemente viene considerata una specie a sé stante.
La trota marmorata è nota per i bacini fluviali adriatici subalpini, dai torrenti, anche di alta quota, ai bacini lacustri e ai corsi d’acqua della pianura.
La Trota siciliana o Trota macrostigma siciliana (Salmo cettii Rafinesque, 1810) si caratterizza per la presenza di macchie puntiformi nere e la mancanza di macchie rosse.
La Trota macrostigma siciliana è nota per alcuni corsi d’acqua perlopiù della Sicilia sudorientale
Salmerini è il nome con il quale vengono indicate le specie di Salvelinus (J. Richardson, 1836), genere di Salmoniformes originario del Nordamerica ove si riviene in acque dolcifredde e trasparenti. Diverse specie hanno sviluppato abitudini anadrome.
I Salmerini sono pesci di dimensioni sono molto varie, comprese dai 15 cm di Salvelinus lonsdalii (Regan, 1809), diffuso in acque dolci d’Inghilterra, ai 150 cm del Salmerino di lago o Trota americana (Salvelinus namaycush, Walbaum, 1792), originario delle acque dolci delle regioni settentrionali del Nordamerica.
Il Salmerino di fonte o Salmerino di fontana (Salvelinus fontinalisMitchill, 1814) è un Salmoniforme dalla livrea molto variopinta con pinne marginate di bianco che in genere ha dimensioni inferiori ai 40 cm. Originario delle acque fredde e temperate del Nordamerica, il Salmerino di fonte è stato introdotto in Europa alla fine dell’ottocento, non di rado con risultati dannosi l’ittiofauna locale.
Il Temolo adriatico o Temolo pinna blu (Thymallus aelianiValenciennes, 1848) è un pesce d’acqua dolce endemico del bacino del Po e di altri corsi d’acqua dell’Italia settentrionale.
Il Temolo europeo o Temolo pinna rossa (Thymallus thymallus Linneo, 1758), originariamente presente nell’Europacentro-settentrionale, è stato introdotto in varie regioni europee, Italia compresa.
Il Lenok (Brachymystax lenok Pallas, 1773) è un Salmoniformes di circa 70 cm di lunghezza che si rinviene in acque dolci dell’Asia settentrionale, dalla Siberia alla Corea. È un pesce che può raggiungere anche 1 m di lunghezza e un peso di 15 kg.
Hucho Günther, 1866 è un genere di origine asiatica i cui rappresentanti sono tra i più imponenti pesci d’acqua dolce.
Al genere vengono ascritte 4 specie delle quali la più nota è certamente il Salmone del Danubio (Hucho hucho Linneo, 1758), pesce che può raggiungere grandi dimensioni, sino a 150 cm di lunghezza, ed un peso di circa 50 kg. Un tempo esclusivo del fiume Danubio e dei suoi principali affluenti, il Salmone del Danubio è stato introdotto in altri fiumi europei e nordafricani.
Altra specie del genere è il Salmone siberiano o Taimen (Hucho taimen Pallas, 1773), da alcuni ritenuto una sottospecie del Salmone del Danubio e oggi relegato oggi nell’Asia orientale.
Myctophiformes
In passato accorpati agli Aulopiformes, i Myctophiformes sono considerati un ordine distinto di Actinopterygii che riunisce specie di piccole dimensioni, mediamente 10 cm, con corpo compresso lateralmente, con bocca ed occhi di solito grandi.
Nella parte posteriore del corpo, anteriormente alla pinna caudale, è presente un lembo di tessuto dermico privo di raggi, detto pinna adiposa.
In relazione alle abitudini di profondità e predatorie, solitamente in questi pesci sono presenti organi luminescenti (fotofori).
In riferimento a questa caratteristica, molte specie e in particolare i Myctophidae, sono spesso indicate con il nome collettivo di Pesci lanterna.
Oltre a quella della bioluminescenza, altra importante caratteristica dei pesci lanterna, è rappresentata da insolite modalità riproduttive, definite come parassitismo sessuale.
Comune ad altri pesci abissali quali i Lophiiformes, il parassitismo sessuale consiste nel fatto che per riprodursi il maschio si aggrappa al corpo della femmina e condivide con lei il proprio apparato circolatorio. In tal modo, il maschio può nutrirsi e nel contempo assicurare alla femmina un flusso di sperma sufficiente alla fecondazione delle uova.
I Myctophiformes sono ampiamente diffusi in tutti i mari, da quelli caldi equatoriali a quelli freddi dei poli, ove si rinvengono in particolare in acque profonde e lontane dalle coste. Per la grande maggioranza sono pesci batipelagici e rappresentano una parte importante delle catene trofiche marine.
Nelle acque del mar Mediterraneo sono comuni diverse specie di Pesci lanterna, alcune delle quali spiaggiano talvolta in quantità ingenti nello stretto di Messina.
Tra i Pesci lanterna segnalati anche per le acque del Mediterraneo, si citano il Muso lucente (Diaphus metopoclampus Cocco, 1829), pesce lungo circa 7 cm, il Pesce lanterna glaciale (Benthosema glaciale, Reinhardt, 1837), leggermente più piccolo, raggiunge i 5 cm, e il Pesce lampadina (Hygophum benoiti Cocco, 1838), mediamente lungo circa 8 cm.
Altre specie dell’ordine sono i Neoscopelidi, noti anche come Blackchins, pesci di acque profonde, diffusi in maniera localizzata nei mari tropicali e subtropicali di tutto il mondo, con l’esclusione del Mediterraneo.
Ateleopodiformes
Sono un ordine di Actinopterygii al quale vengono ascritte specie in genere di grosse dimensioni, talora anche 2 m di lunghezza.
Sono pesci con muso rigonfio e con corpo molto allungato, caratterizzato da una lunghissima pinna anale e una minuscola pinna caudale. La pinna dorsale è corta e alta, mentre le pinne ventrali in genere sono ridotte a due soli raggi situati in posizione anteriore.
Pesci di abitudini abissali che popolano anche il piano batiale, gli Ateleopodiformes
vivono nelle acque degli oceani Indiano Pacifico e dell’Atlantico orientale ove si rinviene il l Pesce girino di Loppe (Ijimaia loppei Roule, 1922), tra le specie più grandi dell’ordine.
Mancano dal mar Mediterraneo.
Stomiiformes
Gli Stomiiformes sono un ordine al quale vengono attribuite specie di aspetto molto vario, di piccole dimensioni che solitamente arrivano a poche decine di centimetri.
Il più piccolo rappresentante di questo ordine è il Boccatonda nana (Cyclosthone pygmaea Jespersen & Tåning, 1926), specie originaria del Mediterraneo che raggiunge appena 1,5 cm di lunghezza.
Il più grande degli Stomiiformes, è il Pesce drago barbuto (Opostomias micripnus Günther, 1878), specie ampiamente diffusa negli oceani Pacuifuico, Indiano ed Atlantico che è lungo circa 50 cm.
In relazione alle abitudini abissali, questi pesci sono abbondantemente provvisti di organi luminosi (fotofori) disposti su due linee parallele sulla parte ventrale del corpo.
Molte specie hanno grandi bocche armate di lunghi denti acuminati e che si estendono oltre gli occhi, come il pesce mandibola (Malacosteus niger Ayres, 1848) dell’Atlantico centro-orientale la cui mandibola può essere ampiamente estroflessa per catturare piccoli crostacei e pesci di cui si nutre.
Alcuni Stomiiformes si caratterizzano per avere la bocca praticamente verticale senza o con minuscoli denti.
Diverse specie hanno occhi telescopici rivolti verso l’alto e la maggior parte degli Stomiiformes presentano sotto la bocca un barbiglio, talora molto lungo, spesso dotato di fotofori che attraggono le prede.
Il corpo di questi pesci, ricoperto di scaglie sottili che si straccano facilmente oppure privo di scaglie, generalmente ha una colorazione scura, nera o marrone, che li mimetizza con l’ambiente privo di luce delle profondità marine in cui vivono.
Tra i più tipici pesci di profondità, anche se non di rado possono trovarsi in acque superficiali, rappresentanti degli Stomiiformes si incontrano in tutti i mari, compresi quelli polari.
Animali carnivori, si nutrono di zooplancton e piccole prede, come crostacei e pesci.
Legate alla ricerca di ambienti con migliori disponibilità di cibo, sono le cosiddette migrazioni nictemerali che consistono in trasferimenti giornalieri verticali, nelle ore diurne verso il basso e in quelle notturne in risalita (migrazione trofica),
Tra i tanti rappresentanti dell’ordine, va menzionato il Pesce ascia o Pesce accetta oppure Ascia d’argento (Argyropelecus hemigymnus Cocco, 1829), piccolo Stomiiformes diffuso nell’oceano Atlantico e nel mar Mediterraneo.
Di piccole dimensioni, mediamente sui 6 cm di lunghezza, questo bizzarro pesce deve i propri nomi comuni alla forma, affatto inconfondibile, alta e praticamente trapezoidale anteriormente e molto assottigliata nella porzione caudale, e alla livrea che ha una colorazione argentea splendente.
Sottoclasse
DIPNOI
Costituiscono un raggruppamento tra i più antichi tra tutti i vertebrati forniti di mascelle (Gnathostomata). Comprendono forme che si caratterizzano per la doppia capacità respiratoria, per branchie e per polmoni, da cui i nomi di Dipnoi o Dipneusti e anche di Pesci polmonati.
Il polmone di questi pesci ha origine da un diverticolo ventrale della faringe e nel corso dello sviluppo si allunga e si attorciglia intorno alla faringe stessa e assume una collocazione dorsale.
Alla duplice capacità respiratoria dei Dipnoi corrisponde la separazione tra la circolazione sanguigna generale, branchiale, e quella polmonare.
Oggi, con il progresso delle conoscenze in campo ittico, si è a conoscenza che questa condizione è alquanto più antica degli stessi Dipnoi ed è ampiamente condivisa praticamente da forme arcaiche di tutti i cladi di Osteichthyes.
Pare che anche i Placodermi, pesci fossili paleozoici attualmente ritenuti tutti estinti, fossero dotati di vesciche gassose corrispondenti a quelle dei più primitivi Pesci ossei e, di conseguenza, ai polmoni dei vertebrati terrestri.
Di origini molto antiche, resti fossili ne testimoniano la presenza già nel Devoniano (circa 400 milioni di anni fa), i Dipnoi costituiscono un raggruppamento che mantiene ancora caratteri di grande arcaicità come la colonna vertebrale priva di corpi vertebrali, e la coda che, primitivamente eterocerca nelle specie fossili, diviene dificerca nelle forme moderne.
Le pinne sono rimaste immutate dal Paleozoico ad oggi e mantengono tuttora la primitiva struttura con doppia serie di raggi (archipterigio biseriato).
A questo proposito, va ricordato che in passato per la doppia capacità respiratoria e per la pinna archipterigia, ritenuta l’antenata degli arti di tutti i Tetrapodi, Anfibi, Rettili, Uccelli e Mammiferi, è prevalsa la teoria che i Dipnoi fossero il tramite di congiunzione tra Pesci e Anfibi.
Successivamente e per parecchio tempo, è prevalsa la teoria secondo la quale il ruolo di collegamento tra fauna delle acque e quella terrestre sia stato svolto dai Crossopterygii, nello specifico dai Ripidisti in quanto dotati di appendici pari più simili ad arti che a pinne.
Molto comuni nel Paleozoico, i Ripidisti si sono probabilmente estinti già nel Permiano, alla fine del Paleozoico (circa 250 milioni di anni or sono).
Attualmente, recenti ricerche di biologia molecolare hanno riportato in auge la teoria secondo la quale sono i Dipnoi e non i Ripidisti i veri antenati dei Tetrapodi.
Le forme attuali dei Dipnoi hanno corpo allungato, talora anguilliforme, coperto di squame cicloidi sottili e disposte a embrice.
Il capo è largo e appiattito, con occhi piuttosto piccoli e laterali.
La bocca si apre ventralmente all’estremità del muso ed è provvista di file successive di denti disposti a ventaglio, caratteristica questa che non trova corrispondenti in nessun’altra specie di vertebrati.
La presenza di coane, poste dietro il labbro superiore e a fondo aperto nella cavità orale, ha fatto meritare a questi pesci anche l’appellativo di Coanoitti.
Le fessure branchiali sono coperte da un opercolo.
Importante carattere distintivo è rappresentato dalla pinna dorsale che, variamente sviluppata, è intera e si continua con la coda dificerca e con l’anale pure indivisa; è presente una sola pinna caudale.
Le pinne pettorali e ventrali sono appiattite e ricoperte di minuscole squame. In alcune specie sono particolarmente carnose e sostenute da elementi ossei e consentono a questi pesci di procedere camminando sul fondo.
Nei Dipnoi la linea laterale è chiaramente definita, mentre manca lo sfiatatoio.
Altro carattere di primitività strutturale dei Dipnoi è la presenza di una valvola spirale nell’intestino che si mantiene corto e rettilineo.
I sessi sono separati e la riproduzione dei Dipnoi avviene unicamente in ambiente acquatico. Dopo l’accoppiamento le femmine depongono piccole uova, 2 o 3 millimetri di diametro, ricoperte di gelatina. Dopo 3-4 settimane nascono piccoli di aspetto larviforme e provvisti di branchie esterne che ricordano quelle dei Brachiopterygii e degli Anfibi Urodeli.
Da notare che le attuali specie di Dipnoi che popolano le acque del continente australiano sono in grado di respirare aria solo per un periodo limitato di tempo, mentre quelle africane e sudamericane riescono a superare lunghi periodi di siccità (anche quattro anni) rifugiandosi in una tana scavata nel fango del fondo e sigillata con muco protettivo. All’interno della tana, questi pesci sopravvivono entrando in una sorta di letargo (estivazione) durante il quale respirano direttamente l’aria atmosferica e riducono fortemente le proprie attività metaboliche.
Durante l’estivazione si limitano a consumare le proprie riserve di grasso, mentre i prodotti di scarto del metabolismo sono convertiti in urea, invece che in ammoniaca.
Molto comuni nel Triassico (circa 250-200 milioni di anni fa), epoca in cui probabilmente popolavano le acque dolci di tutta la Pangea, supercontinente in cui erano concentrate tutte le terre emerse durante il Paleozoico e l’inizio del Mesozoico, i Dipnoi hanno subito successivamente un rapido declino nel corso del Permiano.
Oggi, quasi del tutto estinti, i Dipnoi sono rappresentati soltanto da 6 specie delle quali si citano il Lepidosiren paradoxa (Fitzinger, 1837), unica del genere e propria delle acque dolci delle paludi delle foreste pluviali dell’Amazzonia, il Neoceratodus forsteri (Frefft, 1870), endemico di fiumi del nordest dell’Australia e il Protottero etiopico (Protopterus aethiopicus Heckel, 1851), segnalato per le acque interne dell’Africa.
Sottoclasse
CROSSOPTERYGII
Considerati tra i più arcaici tra tutti i vertebrati con mascelle (Gnathostomata), i Crossopterygii costituiscono una sottoclasse di Pesci ossei i cui resti fossili testimoniano la loro presenza sin dall’inizio del Devoniano (oltre 400 milioni di anni fa).
Quasi completamente estinti alla fine del Mesozoico, nella stessa epoca in cui scomparvero i dinosauri (circa 65 milioni di anni fa), oggi i Crossopterygii sono rappresentati unicamente dal Celacanto (Latimeria (Smith, 1939), scoperto nel 1938 da Marjorie E. D. Courtenay-Latimer, biologa curatrice del Museo di Storia Naturale di East London in Sudafrica.
Veri fossili viventi, le uniche due specie note di Latimeria mantengono numerose caratteristiche di primitività, quali la volta dermatocranica omologa con le placche ossee di Placodermi e con le ossa craniche di Paleoniscoidi e con le ossa craniche di antichi Anfibi.
Ed ancora, la primitività dei Crossopterygii è documentata dalla tessitura delle squame di tipo cosmoide che ricoprono il corpo. La squama cosmoide rappresenta la forma più antica che è evoluta dalle piastre ossee dei primi pesci (Ostracodermi e Placodermi) ormai estinti.
Altre caratteristiche di primitività di questi pesci si riscontrano nella colonna vertebrale in cui le singole vertebre mancano del corpo e nei denti e nei denti che si caratterizzano per essere rivestiti da smalto distribuito in maniera non omogenea come nei Tetrapodi Labirintodormi.
Anche la coda mantiene ancora una struttura primitiva dificerca ed è suddivisa in 3 lobi, di cui quello mediano include la continuazione della corda dorsale (notocorda).
Il nome della sottoclasse fa riferimento alla struttura delle pinne che è sempre di tipo archipterigio ma, a differenza dei Dipnoi nei quali è biseriale, è tipicamente quella monoseriale, cioè con una sola serie di raggi laterali che si impiantano sull’asse mediano.
Fanno eccezione i Coelacanthiformes nei quali le pinne, pur di tipo archipterigio, sono prive di raggi.
Tipicamente, in questi pesci le pinne pettorali e anali, di consistenza carnosa e sostenute da elementi ossei, vengono utilizzate anche per procedere sul fondo
La vescica natatoria, impari e dorsale, è fortemente ridotta e non funzionante come organo idrostatico e neanche come organo respiratorio accessorio.
Si ritiene che i Pesci Crossopterygii, la cui origine viene individuata in un ramo precocemente distaccato dei Dipnoi, già nel Paleozoico sono frazionati in due linee filetiche divergenti, Attinisti e Ripidisti.
Al raggruppamento degli Attinisti, tutti marini e caratterizzati da una pinna priva di raggi e non riferibile al modello monoseriale dei Crossopterygii, viene ascritto un solo ordine, quello dei Coelacanthiformes, oggi rappresentato unicamente dal Celacanto (Latimeria Smith, 1939), al quale vengono ascritte due specie.
Il Celacanto delle Comore (Latimeria chalumnae Smith, 1939) è un pesce di grosse dimensioni, sino a 2 m di lunghezza totale per un peso medio di 80 k. Si caratterizza per la colorazione del corpo tipicamente azzurro splendente.
Ha un areale frammentato e si rinviene nelle acque del canale di Mozambico e delle isole Comore a profondità comprese tra 200 e 600 m.
Il Celacanto indonesiano (Latimeria menadoensis Pouyaud et al., 1999), rinvenuto in Indonesia nelle acque di Sulawesi (ex Celebes), è distinguibile dal Celacanto delle Comore per la colorazione marrone del corpo e mediante indagine biomolecolare del DNA.
I Celacanti, la cui biologia è poco nota, sono animali vivipari e le femmine producono grosse uova ricche di vitello (telolecitiche) di quasi 10 cm di diametro.
Alla nascita, i piccoli misurano oltre30 cm di lunghezza.
Nel gruppo dei Ripidisti, Crossopterygii oggi tutti estinti, vengono comprese forme fossili, attribuite a vari ordini (Osteolepiformi, Porolepiformi, Strumiformi).
A differenza dei Coelacanthiformes, le forme comprese nel raggruppamento dei Ripidisti popolarono le acque continentali.
A differenza dei Dipnoi, i Crossopterygii attuali dell’ordine dei Coelacanthiformes vivono esclusivamente in acque marine ove solitamente si trattengono a 300-400 m di profondità.
A conclusione di questa breve panoramica, va ricordato che proprio i Crossopterigi Ripidisti Osteolepiformi sono considerati i progenitori dei vertebrati terrestri. Tale ipotesi trova le sue fondamenta nella valutazione struttura del cranio e delle vertebre, nonché dei denti che sono di tipo labirintodonte e delle pinne archipterigie che preludono alle zampe dei Tetrapodi.
Questa ipotesi ha soppiantato il precedente convincimento che gli antenati dei Vertebrati terrestri (Anfibi, Rettili, Uccelli, Mammiferi) fossero invece da ricercare tra i Dipnoi.
Oggi, recenti ricerche di biologia molecolare hanno riportato in auge la teoria secondo la quale sono i Dipnoi e non i Crossopterygii del gruppo dei Ripidisti abbiano dato origine ai Vertebrati terrestri.