Famiglia : Bovidae
Testo © Dr. Gianni Olivo
Gli orici sono animali estremamente ben adattati all’ambiente desertico, tuttavia, l’ Orice dalle corna a sciabola (Oryx dammah Cretzschmar, 1826, famiglia Bovidae ordine Artiodactyla), è forse l’esempio più estremo di tale tipo di adattamento.
Originariamente presente in ampie zone del Nord Africa, tanto che era ben noto agli antichi Egizi.
Oggi considerato pressoché estinto allo stato naturale, ma è presente in aree protette e parchi in Marocco, Tunisia, Senegal ed altri paesi, ed addirittura in altri continenti.
Un tempo il suo areale di distribuzione comprendeva l’Egitto, la Libia, la Tunisia, il Marocco, la Mauritania, il Ciad, il Mali, la Nigeria ed il Niger ma la densità era comunque molto bassa, a causa dell’ambiente inospitale del deserto, che non consente grandi concentrazioni di erbivori, per quanto super specializzati.
Naturalmente questo animale non frequentava solo le dune sabbiose o le distese dure e pietrose del deserto vero e proprio, e lo si trovava anche e soprattutto nelle zone steppose e sub-desertiche, anzi, nonostante le sue caratteristiche fisiche da nave del deserto, ben raramente si spingeva nel cuore del medesimo.
L’habitat ideale era quindi la fascia stepposa di transizione tra deserto e bush Saheliano e, come non amava spingersi nel deserto, ben raramente lo si incontrava nel bush.
Anche ristrette aree tra le dune, dove cresce una vegetazione, per quanto povera, venivano colonizzate dall’orice dalle corna a sciabola, anzi, anche la conformazione della bocca e dell’apparato dentario di questa antilope (e degli altri orici, d’altra parte, tutti adattati all’habitat arido) lo mettevano in grado di trovare cibo dove ben pochi altri animali possono sopravvivere.
La bocca ha un’apertura modesta ma la fila di incisivi ed i molari, larghi e dalle cuspidi pronunciate, sono in grado di strappare e triturare le dure e corte erbe coriacee che allignano alla base delle dune e lungo i piani di drenaggio ai bordi del deserto.
Anche tuberi e radici vengono, all’occorrenza, utilizzati ed a volte l’animale scava con gli zoccoli anteriori per ottenerle.
La sopravvivenza nel deserto richiede una serie di caratteristiche particolari, per cui questa antilope (queste considerazioni valgono comunque anche per Oryx gazella beisa, Oryx callotis ed Oryx gazella gazella) presenta degli adattamenti che le consentono di sopportare senza danno temperature e condizioni ambientali proibitive.
Ad un esemplare di 150 kg bastano 4 litri di acqua al giorno in clima desertico, inoltre è in grado, se l’acqua scarseggia, di aumentare la temperatura corporea dai normali 36 gradi ai 45 gradi prima che il suo organismo sia costretto a raffreddare tramite evaporazione, prevalente- mente tramite il fenomeno del “panting” (ansimare), come fanno, ad esempio, i cani.
Ma nel caso degli orici il panting provoca evaporazione soprattutto per via nasale.
Inoltre può aumentare la concentrazione delle urine, con minor dispersione di liquidi (una sorta di sistema di ricircolo) e riassorbire acqua dalle feci, che, quindi, in periodi di carenza idrica, si presentano, anche da fresche, secchissime e quasi liofilizzate e di colore più chiaro.
Ovviamente anche altri accorgimenti vengono utilizzati e l’animale evita l’esposizione al sole nelle ore più calde, ricercando l’ombra, anche solo di una roccia oppure, addirittura, può scavarsi una buca nella sabbia, e muoversi e pascolare di notte.
L’orice dalle corna a sciabola è un animale dal manto più chiaro rispetto ad altri orici, quasi biancastro, con radi peli fulvi.
Sono presenti macchie più scure, ma di colore comunque più tenue che nei beisa o nei gemsbock, generalmente color ruggine, ed anche la maschera facciale è bianca con contrasti di questo colore.
La livrea più comune appare quindi nell’insieme biancastra, con collo e petto color rossiccio o castano chiaro.
Le corna, presenti in entrambi i sessi, sono lunghe ed arcuate, donde il nome, molto sottili, specialmente nella femmina, di sezione rotonda, acuminate e finemente anulate.
Il record di lunghezza è di 127,3 cm ma la media è più bassa, generalmente sul metro per i maschi.
A causa dell’ambiente frequentato si tratta di un erbivoro nomade ed i maschi mostrano una territorialità più che altro legata alla riproduzione.
Nomi comuni. Inglese: scimitar-horned oryx; francese: Oryx Algazelle, Oryx De Libye; tedesco: Säbelantilope; spagnolo: Orix De Cimitarra; arabo: Uerc-Uash; haussa: Ualiuagi.
→ Per nozioni generali sugli ARTIODACTYLA vedere qui.
→ Per apprezzare la biodiversità nell’ordine dei ARTIODACTYLA e trovare altre specie, cliccare qui.