Notechis scutatus

Famiglia : Elapidae

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Testo © Dr. Gianni Olivo

 

Notechis scutatus

Il temibile Serpente tigre comune (Notechis scutatus) è presente nella fascia orientale australiana, dal Queensland al New South Wales e al Vittoria © Giuseppe Mazza

Il genere Notechis comprende un discreto numero di specie altamente velenose che vanno sotto il nome volgare di serpenti tigre australiani, ove l’aggettivo australiano è volto ad evitare confusioni con altre specie, come i serpenti tigre africani (Telescopus) modicamente velenosi e generalmente non pericolosi per l’uomo.

Storr ha proposto di includere nel genus Notechis anche i Testa-di-rame australiani (Austrelaps superbus), serpenti, anch’essi, che portano l’aggettivo indicante il continente che li ospita, al fine di evitare confusioni con i testa-di-rame nordamericani, che appartengono ai crotalidi e non agli elapidi, tuttavia qui parlerò esclusivamente del serpente tigre comune d’Australia.

Il temibile Serpente tigre comune (Notechis scutatus Peters, 186, famiglia (Elapidae) noto in inglese come Common tiger snake, è presente in una ristretta parte dell’Australia, e precisamente nel Queensland Sud-orientale, nella parte orientale del New South Wales e nel Vittoria.

È un serpente dal corpo robusto, lungo generalmente circa un metro ma con reports di 2 m, con la caratteristica di poter appiattire il corpo per tutta la sua lunghezza, sia quando è irritato sia, semplicemente, per assorbire più calore quando rimane disteso su di una superficie a scaldarsi (questa caratteristica è comune a tutte le specie, o sottospecie, di serpente-tigre). La testa è breve, con muso arrotondato e, se vista dall’alto, appare abbastanza appuntita, ma con apice smusso. Il collo è scarsamente distinguibile.

Il colore è molto variabile, generalmente grigio, oppure grigio-verde o color oliva, con bande trasversali più chiare. La superficie ventrale è più chiara, solitamente giallastra, verde oliva o grigio chiaro. Le squame assomigliano a piccoli scudi sovrapposti ed embricati, donde la seconda parte del nome scientifico: scutatus, e sono disposte, a metà lunghezza del corpo, in 15-19 file oblique. A seconda delle dimensioni, le squame ventrali possono essere da 140 a 190, con sub caudali singole.

Notechis scutatus

Lungo anche 2 m, frequenta i luoghi umidi, perché si ciba prevalentemente di rane e rospi, ma si può trovare ovunque, anche nei giardini delle grandi città © Giuseppe Mazza

Si tratta di un rettile che ama terreni umidi, con presenza di abbondante acqua, marcite, bordi di paludi e rive di corsi d’acqua e di laghi. In luoghi particolarmente adatti si possono trovare numerosi esemplari, quasi raggruppati in tratti relativamente piccoli, come estensione, sì da dare quasi l’impressione che si tratti di animale “socievole”. Non è raro, inoltre, trovarlo in parchi, giardini e campi da golf, anche nelle grandi città, ad esempio nei sobborghi di Melbourne.

Di abitudini diurne e terricole, può, tuttavia modificare parzialmente tali abitudini e, in determinate circostanze o habitat, divenire seminotturno o crepuscolare ed arrampicarsi su cespugli ed alberi. Un’attività notturna è più comune in periodi caratterizzati da clima caldo, mentre con l’abbassarsi della temperatura raramente si mostra di notte. La sua dieta si basa prevalentemente su rane, rospi e girini e questo spiega le sue preferenze circa l’habitat, ma può predare topi ed altri piccoli mammiferi, uccelli, lucertole e persino pesci. La riproduzione è ovovivipara, con “parto” di piccoli vivi e perfettamente formati (da 35 a 80) ed i nuovi nati misurano circa 12-15 cm.

Come la maggior parte dei serpenti (anche quelli considerati più aggressivi), preferisce evitare il confronto con l’uomo e, se ne ha la possibilità, tenta di dileguarsi nel primo riparo disponibile, tuttavia, se sorpreso, messo alle strette o provocato, si dimostra molto aggressivo e pronto a mordere, e lo scatto della testa, a bocca aperta, è, in questo caso, estremamente rapido. Spesso, quando molestato, assume una posizione di minaccia, appiattisce il corpo ed emette sibili sonori e, se l’intruso non si ritira, tenta di mordere ripetutamente e con violenza.

Il veleno di questa specie è neurotossico e coagulante e solo debolmente citotossico, il che si traduce in una prevalente azione paralizzante, che può coinvolgere i muscoli respiratori con conseguente asfissia, aggravata dalla possibilità di trombosi, e da sintomi locali di tipo citotossico che non sono, tuttavia, marcati come nel caso dei veleni di molti viperidi e dei cobra sputatori. La potenza del veleno è 4,25 volte superiore a quella del cobra indiano dagli occhiali (Naja naja). Sebbene esista un siero polivalente, utilissimo quando non si conosca con precisione la specie responsabile del morso, qualora si sia sicuri della specie, il siero specifico monovalente è efficace in dosi minori (3000 unità), con minori rischi di reazione anafilattica.

Notechis scutatus

Può appiattirsi su tutta la lunghezza del corpo per meglio termoregolarsi al sole o minacciare sibilando, stile cobra, gli importuni © Kristian Bell

Breve nota sui sieri per trattare il morso degli elapidi australiani

Questa appendice che ho aggiunto è di carattere generale e potrebbe essere abbinata ad altre specie del continente Australia-Oceania, in realtà l’ho abbinata al serpente-tigre semplicemente perché questa è la prima scheda sui serpenti australiani che scrivo ed inoltre perché il serpente tigre è una delle specie che più possono creare occasione di incidente, vuoi per il fatto che frequenta aree anche densamente abitate, vuoi per la sua irritabilità. La mia intenzione è semplicemente quella di tentare di fare il punto sull’utilità dei sieri, sulle differenze tra sieri monovalenti e sieri polivalenti, argomento che, tra i non “addetti ai lavori”, mi pare generi, a volte, una certa confusione, e non solo per quanto riguarda le specie australiane. In altre parole, il siero serve ? Quando somministrarlo ? Chi deve somministrarlo ? È pericoloso ?

L’argomento richiederebbe ben più di queste poche righe, tuttavia spero di poter dare un’idea dell’utilizzo di tale prezioso ausilio terapeutico. L’Australia è un continente singolare, con una fauna altrettanto singolare. Per quanto concerne i serpenti, ha la caratteristica unica di vantare più specie velenose che innocue. I serpenti velenosi australiani appartengono tutti agli elapidi (un tempo si consideravano a parte i serpenti marini), ma, anche qui, il continente riserva alcune sorprese. Ad esempio, le tre sottospecie di vipera della morte (Acantophis), pur assomigliando a dei viperidi, sono elapidi a tutti gli effetti e probabilmente hanno occupato il posto (detto nicchia ecologica) delle vipere e dei crotalidi in un paese dove essi sono assenti.

Non tutti gli elapidi australiani sono pericolosi allo stesso modo, e si va quindi dai quasi innocui Bandy-bandy (Vermicella multi fasciata, Vermicella annulata) ai pericolosissimi Taipan (Oxyuranus scutellatus), tuttavia i morsi di serpente erano, prima dell’avvento dei sieri, un’evenienza molto spesso mortale. Oggi l’Australia ha un tasso di mortalità da serpente molto basso, soprattutto considerando la sua ricchezza in avvelenatori, e questo è dovuto ad una serie di fattori: bassa densità di popolazione, alta efficienza delle strutture sanitarie, ma anche e soprattutto la produzione dei sieri, che hanno modificato radicalmente la prognosi, fermo restando che ancor oggi un morso riportato in una zona distante da ogni aiuto è un’evenienza drammatica.

Notechis scutatus niger

La sottospecie Notechis scutatus niger è endemica di Kangaroo Island ed altre isole al largo dell’Australia Meridionale © Tie Eipper

Se è vero che l’uso dei sieri non va fatto alla leggera e richiede conoscenze mediche, è altrettanto errata la convinzione di chi (a volte anche medici) pensa che l’uso del siero sia sempre un rischio mortale. Nel caso, soprattutto, di morso di elapidi e di grossi viperidi (escludendo i dry-bites) il siero è un vero salva-vita, anche se spesso si rendono necessarie altre misure (respirazione assistita, ecc). Nel 1977 Sutherland fece uno studio sulle reazioni allergiche, su un periodo di 15 anni, in Australia, e non riportò alcun decesso per shock anafilattico (ciò non significa, però, che non possa avvenire) ma è imperativo l’avere a portata di mano adrenalina e conoscenze mediche per combattere una reazione anafilattica. Reazioni allergiche meno gravi sono più comuni (malattia da siero, ad esempio). Non voglio fare, ovviamente, affermazioni assolute, ma questi dati si riferiscono all’Australia e possono essere differenti per altri continenti.

Uno dei motivi della bassa incidenza di reazioni riportata in Australia è, secondo alcuni, la modalità di produzione del siero, ma soprattutto le modalità di mungitura dei serpenti. Secondo un autore australiano, gli elapidi australiani possono essere tenuti in cattività più facilmente per anni, e vengono munti con grande attenzione, a differenza di altre specie in altri paesi, ed il danneggiamento delle ghiandole velenifere o dei tessuti della cavità orale vengono additati come una delle possibili cause di contaminazione del veleno con cellule e sangue, cosa che aumenterebbe, secondo l’autore, il rischio di reazioni allergiche nel ricevente. Inoltre maggiore è la purificazione del prodotto, minori sarebbero i rischi di reazione allergica. Il siero polivalente, utilissimo quando non si sia certi della specie responsabile del morso, richiede mediamente dosi molto maggiori del siero monovalente specifico e quindi, in Australia, quando la specie è certa, si preferisce usare quest’ultimo, che necessita di un minor numero di unità per ottenere lo stesso effetto. Il polivalente causerebbe, quindi, più facilmente, reazioni anafilattiche.

Il siero contro il veleno dei serpenti-tigre fu sintetizzato intorno al 1929, quello contro il veleno del taipan comune, nel 1955 e quello per la vipera della morte nel 1959, mentre il polivalente vide la luce nel 1962. Statistiche non recentissime riportavano circa 200 morsi all’anno trattati con siero, in Australia, ma, mentre prima del 1929 il tasso di mortalità era quasi del 50%, nel 1976 si era scesi a 5 o 6 casi all’anno, nel 1979 venne segnalato un solo caso di decesso (almeno tra quelli trattati) e dal 1978 al 1981 non vennero segnalati decessi.

 

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