Famiglia : Ginglymostomatidae
Testo © Sebastiano Guido
Lo Squalo nutrice fulvo ( Nebrius ferrugineus Lesson, 1831) appartiene alla sottoclasse degli Elasmobranchii, pesci a scheletro cartilagineo, ordine degli Orectolobiformes ed alla famiglia Ginglymostomatidae, il cui nome deriva dalle parole greche “gynglimos” (cerniera) e “stoma” (bocca) intendendo così il modo di chiusura a incastro delle fauci che non dà alle prede alcuna speranza di fuga.
Come tutti gli Orectolobiformes presenta la bocca in posizione avanzata rispetto agli occhi, cinque fessure branchiali, una coppia di pinne dorsali senza spine ed una pinna anale.
Il nome del genere deriva dalla parola greca “nebris” (pelle di cerbiatto) mentre il latino “ferrugineus” significa di colore della ruggine e dà il nome alla specie. Il tutto quindi, sta a indicare uno squalo con pelle dalle caratteristiche eccellenti, di colore fulvo.
Il nome italiano squalo nutrice prende origine invece dalla traduzione dell’inglese nurse-shark, che a sua volta può essere derivata dalle parole nusse o husse che significavano pescecane. Un’ultima ipotesi sul nome “nutrice” prende corpo dai versi di Oppiano Cilice e da tradizioni dell’antichità che narravano del rifugiarsi di piccoli squali in bocca ai genitori, qualora minacciati da predoni. Fulvo, invece, è stato aggiunto per contraddistinguerlo dal suo omonimo: lo Squalo nutrice ( Ginglymostoma cirratum Bonnaterre, 1788) dal colore più scuro, che vive in zone geografiche diverse ed è leggermente più aggressivo.
Zoogeografia
È uno squalo di acque tropicali e subtropicali, presente dal mar Rosso e golfo Persico fino alle estreme propaggini dell’Oceania, di cui evita però le zone più fredde quali le acque della zona meridionale dell’Australia. È ugualmente presente nel Madagascar e sulla costa africana dalla Somalia al Mozambico.
Ecologia-Habitat
Il Nebrius ferrugineus vive in stretto contatto col fondo, da poco sotto la superficie fino a circa 70 m. Il più delle volte, durante il giorno, lo si può trovare riparato sotto sporgenze naturali o in grotte dove può capitare di incontrarne gruppi numerosi in cui gli esemplari riposano a volte appollaiati gli uni sugli altri. E’ possibile però trovarlo anche in ambienti algali e su spiazzi sabbiosi che inframmezzano la barriera. Abitualmente è più attivo durante la notte.
Morfofisiologia
La lunghezza massima registrata è di 3,20 metri, ma la dimensione media di quelli in cui ci si imbatte è di 2,50 m. La robustezza del corpo fa pensare che possa raggiungere e forse superare i 150 chili di peso, ma non esistono relazioni scientifiche a proposito.
Le caratteristiche principali, quando lo si incontra sott’acqua, sono il corpo fulvo, robusto e allungato da cui si dipartono due pinne pettorali molto ampie, che si snelliscono nel finale in punte dalla forma slanciata.
Dal dorso emergono due larghe pinne dorsali triangolari, la prima delle quali ampia una volta e mezza la seconda. È ad angolo acuto e pare posta molto posteriormente sul corpo. In realtà, misurando lo squalo, si può considerare emergente a circa metà tra la punta del muso e l’estremità della coda. Più piccole della prima ma con punte di pari profilo la seconda dorsale e la anale, che, pur contrapposta a questa, emerge dal corpo in posizione più arretrata della dorsale. Le due pinne pelviche, dalla forma quasi romboidale, sono poste circa sotto alla prima pinna dorsale.
Una coda lunghissima adagiata all’indietro e quasi sprovvista di lobo inferiore completa la sagoma e la arricchisce col suo ricco ventaglio posteriore.
L’occhio, chiaro, con minuscola iride nera, è poco visibile, mentre spiccano inconfondibili, sopra la bocca, due lunghi barbigli nasali. La bocca, di dimensioni contenute, presenta parecchie cremagliere affiancate di denti piccoli e acuti che all’esame, fuori dall’acqua, presentano parecchie piccole cuspidi poste di fianco a quella più lunga, centrale.
Il dorso scuro, sfuma gradualmente di colore fino a raggiungere un ventre bianco panna.
Etologia-biologia riproduttiva
Si può considerare inoffensivo, anche se, provocato ed impossibilitato alla fuga potrebbe reagire provocando ferite lacero contuse. Può essere accostato quindi senza timori con l’avvertenza, comune a qualsiasi avvicinamento, di evitare mosse brusche e di tenere sempre d’occhio ogni piccolo cambiamento nella postura del pesce, che potrebbe preannunciare un attacco. Con un po’ di fortuna se ne possono incontrare parecchi esemplari riuniti assieme in qualche grotta. Si nutre di pesci e d’ogni sorta d’invertebrati che caccia prevalentemente nelle ore notturne risucchiandoli dal fondale (grazie all’estensione della faringe che funge da pompa aspirante) come noi faremmo succhiando uno spaghetto sfuggito maldestramente dalla forchetta.
La specie è ovovivipara e la puerpera porta alla luce, dopo la gestazione, una nidiata di non più di 8 piccoli, che alla nascita misurano dai quaranta ai sessanta di centimetri. La popolazione è in brusco arretramento per il degrado dell’habitat e per la pesca che ne sfrutta la carne, le pinne e l’olio estratto dal fegato. Anche la pelle è assai pregiata. La resilienza della specie è molto bassa e il tempo di raddoppio della popolazione può superare i 14 anni. L’indice di vulnerabilità alla pesca è molto alto, raggiungendo nel 2022 quota 90 su scala 100.
Sinonimi
Scyllium ferrugineum Lesson, 1831; Ginglymostoma ferruginea Lesson, 1831; Ginglymostoma ferrugineum Lesson, 1831; Nebrius concolor Rüppell, 1837; Ginglymostoma concolor Rüppell, 1837; Ginglymostoma rueppellii Bleeker, 1852; Ginglymostoma muelleri Günther, 1870; Scymnus porosus Ehrenberg, 1871; Nebrodes macrurus Garman, 1913;Nebrius macrurus Garman, 1913; Nebrodes concolor ogilbyi Whitley, 1934; Nebrius doldi Smith, 1953.
→ Per nozioni generali sui PESCI cliccare qui.
→ Per nozioni generali sui Chondrichthyes, i PESCI CARTILAGINEI, cliccare qui.