Famiglia : Phasianidae
Testo © Dr. Gianfranco Colombo
L’arrivo degli europei sul suolo nordamericano ha segnato irrimediabilmente il destino del Tacchino, ponendolo, senza alcun eufemismo, oltre che al centro dell’attenzione dei nuovi arrivati, anche al centro della tavola di ogni commensale.
Questi uccelli non avrebbero mai immaginato che un bel giorno, per dare seguito ad una tradizione cristiana iniziata nel lontano 1623 per opera dei Pilgrims Father che volevano rendere grazie al buon Dio per la floridezza dell’annata appena trascorsa e per essere sopravvissuti alle difficoltà della vita sulla nuova terra, sarebbero diventati la vittima sacrificale di ogni nordamericano.
Il quarto giovedì del mese di novembre, tutti i paesi del Nordamerica festeggiano questa giornata consumando quel Tacchino al forno accompagnato da zucca, da salsa al cranberry o da pasticci di mais, tipici della stagione autunnale.
Dicono che se ne consumino circa 50 milioni in un sol giorno, seppur per tradizione il Presidente in carica, alcuni giorni prima del Thanksgiving Day, conceda la grazia ad un paio di esemplari in nome di una ipocrita bonarietà allietata poco dopo, appunto da un pasto a base di carne di tacchino.
Certo che per i primi europei che arrivarono sul territorio americano per stabilirsi definitivamente, trovandosi in una stagione ormai tarda per la semina, dopo mesi di navigazione ed al limite delle forze, fu gioco facile copiare le usanze degli indiani Algonchini, Massachusetts e Mohicani, nutrendosi di radici di fitolacca e di topinambur, di molluschi raccolti sulle spiagge ed integrando naturalmente il tutto con questi gustosi e grossi uccelli, tanto comuni e facilmente cacciabili con le armi moderne portate dal vecchio continente.
Fu così che la storia di questo uccello si intersecò da quel momento con quella degli umani, trasformandosi da una iniziale necessità vitale, in una successiva e vera tradizione alimentare. Ma l’avventura del Tacchino ebbe sviluppi ben più vasti e proficui nei secoli seguenti.
La sua prolificità e la capacità di adattarsi anche ad una vita da ingabbiato, aggiunta alla facilità di ibridazione ed adattabilità a subire modificazioni evolutive, lo hanno portato nei secoli a divenire uno dei più versatili produttori di carne, con esemplari che mostrano a volte morfologie ben diverse dalla quelle originali.
Ha percorso la stessa strada del Gallus gallus che da galletto selvatico della foresta del sudest asiatico, si è trasformato in oltre 70 varietà di polli e galline di tutti i colori e di tutte le dimensioni, raggiungendo un primato che lo vede come volatile più numeroso sul pianeta con oltre 30 miliardi di individui.
Lo sbarco del Tacchino sugli altri continenti è stato oggetto di un simpatico malinteso che ha travisato la sua originale provenienza oltreatlantica, a favore di denominazioni folkloristiche di tutt’altra provenienza.
In Inghilterra, appunto la patria dei Pilgrims Father, venne chiamato Turkey = Turchia, in francese Dinde = dell’India, così pure anche nel nord Italia dove spesso è chiamato Dindio, in Olanda e nella penisola scandinava è chiamato Kalkoen, Kalkon, Kalkun, Kalkkuna = “pollo di Calicut” = città dell’India, in Portogallo è chiamato stranamente Perù, nel medio Oriente arabo, Pollo d’Etiopia, più ad est gli arabi lo chiamano Pollo romano.
In Grecia il tacchino è detto Pollo francese, nell’area Russa Indjuk = pollo indiano e così pure in Turchia pollo Hindi ed in Malesia addirittura pollo olandese, una tale confusione geografica da lasciare meravigliati.
I giapponesi dal canto loro ne hanno inventata una ancora più divertente chiamandolo Shichimenchou, Uccello dalle sette facce.
La stessa confusione che si era creata attorno alla gallina Faraona (Numida meleagris) da parte degli inglesi e di tanti paesi europei che l’hanno chiamata Guineafowl = pollo della Guinea o Pintade de Numidie in francese o Gallina de Guinea in spagnolo mentre per gli italiani una più altolocata Faraona d’Egitto.
L’origine del malinteso è derivata dal fatto che a quel tempo i mercanti di pollame spacciavano per buona, in assoluta buonafede, la provenienza di qualsiasi strano uccello esotico dai paesi più impensati ed i commercianti turchi ne erano maestri a quell’epoca, per cui ecco l’origine del nome anglosassone, mentre nel loro stesso paese, fantasticando ancor di più, lo chiamano pollo indiano.
Addirittura sulle coste dei Balcani lo chiamarono anche “pollo che arriva dal mare” proprio perché da quella parte vedevano arrivare i commercianti dell’epoca ma anche nell’Africa orientale con Gallina gigante sono riusciti a soddisfare la loro fantasia.
Altri nomi comuni internazionali sono Truthuhn in tedesco, Pavo comun in spagnolo, Dinde o Dindon sauvage in francese.
Il Tacchino selvatico (Meleagris gallopavo Linnaeus, 1758) appartiene all’ordine dei Galliformes ed alla famiglia dei Phasianidae ed è uno fra i rappresentanti di maggiori dimensioni di questa famiglia.
Il binomio scientifico trae origine dal greco “meleagris” = Gallina faraona e dal latino “gallopavo” da “gallus” = gallo e “pavo” = pavone.
Per la verità Meleagris, nell’antica mitologia greca, era un grande combattente alla cui morte le sorelle furono così addolorate che Artemide per pietà le trasformò in un uccello le cui piume erano macchiate dal bianco delle loro lacrime, appunto la Gallina faraona.
I nomi volgari dati localmente in Italia sono numerosissimi ed alcuni suonano più come simpatici nomignoli anche se la maggior parte di loro riprendono i termini sopra riportati: Pirillo e Pit, Bibbin e Pulin, Pita e Viccia, Nia e Billo, Lucio e Pao.
Zoogeografia
Meleagris gallopavo è originario del Nordamerica dove occupa tutta la fascia centro orientale degli Stati Uniti, dal Golfo del Messico fino alle regioni meridionali del Canada e dal Texas fino all’Oregon.
È presente anche nella parte montuosa del Messico ed in alcune aree della California, in quest’ultima area probabilmente introdotto negli ultimi secoli.
Introduzioni sono avvenute ovunque con alcuni risultati positivi in Germania.
Il Tacchino di allevamento è invece presente in modo diffuso ed in gran numero, in tutti i continenti.
Impossibile determinare il numero esatto degli esemplari presenti negli allevamenti di tutto il mondo ma presumibilmente ne sono costantemente presenti alcuni miliardi.
Il Tacchino selvatico è una specie sedentaria ed il numero delle popolazioni presenti è pressoché stabile dopo la reintroduzione effettuata nel secolo scorso, nei luoghi dove risultava scarseggiante a seguito del forte impatto venatorio.
È specie tuttora fortemente cacciata ma tenuta attentamente sotto controllo dalle autorità naturalistiche per tutelarne la sopravvivenza.
Ecologia-Habitat
Meleagris gallopavo è una specie terricola e come gran parte dei fasianidi passa l’intera giornata al suolo nelle boscaglie aperte e semi ombrose, dove razzola vagabondando alla ricerca di cibo in grandi gruppi familiari e percorrendo diversi chilometri al giorno.
La guida è condotta da un capobranco, generalmente un vecchio maschio, che ha il compito di difendere il gruppo, a volte anche a sacrificarsi pur di salvare i membri della sua tribù.
Sebbene la boscaglia disseccata sia il loro ambiente naturale non disdegna aree di prateria aperta senza alberi ma con bassi cespugli, dove nascondersi alla necessità dai predatori ed anche nelle paludi e nelle foreste di montagna.
La notte invece diventa arboricolo e si appollaia sugli alti rami di alberi frondosi per evitare il gran numero di predatori terrestri presenti nei loro territori.
Non è gran volatore, anzi lo sforzo nel rimanere in volo è talmente grande da essere il più delle volte evitato ma è un eccezionale corridore che può muoversi a oltre 40 kmh sfuggendo a gran parte dei predatori. Solo all’estrema necessità s’invola con un battito violentissimo e rapidissimo delle corte ali e con il tipico e fragoroso rumore.
Uno stormo all’involo può terrorizzare anche il più esperto intruso, con un fracasso così violento e repentino da lasciare attoniti per alcuni secondi chiunque assista all’evento.
Dopo di che, percorse poche decine di metri delle quali la maggior parte planando ad ali curvate, eccolo atterrare con una sfrenata corsa per attutire la discesa ed acquattarsi dietro qualche cespuglio in attesa che il pericolo passi.
Morfofisiologia
Ormai è d’obbligo fare due nette distinzioni fra il Tacchino selvatico e quello di allevamento.
Il primo è ormai alquanto diverso dal secondo, sia nella morfologia, sia nella livrea ma ancor più nelle dimensioni.
Il selvatico è un uccello di circa 120 cm di lunghezza, un peso che varia dai 4 agli 11 kg, peraltro legato alle disponibilità di cibo ed alla stagionalità e con un’apertura alare di circa 120 cm.
Di tutt’altro calibro la specie allevata che vede esemplari arrivare anche ai 40 kg e con dimensioni tali da competere e contrastare anche all’attacco di un cane.
Non si può parlare di capacità aviatorie di questi animali ormai così indolenziti e gravati da un peso straordinario che renderebbe vano ogni tentativo di prendere il volo.
Il maschio di Meleagris gallopavo ha dimensioni sensibilmente più grandi della femmina ed anche un dimorfismo sessuale ben accentuato nella livrea e nel comportamento.
Lo si potrebbe similarmente paragonare ad un Pavone (Pavo cristatus) un po’ dimesso nella livrea ma con i medesimi comportamenti sociali.
Il maschio ha grossi bargigli penzolanti sul naso che si accrescono di anno in anno fino a formare un’escrescenza così accentuata da coprire parte della faccia e del becco. Un’escrescenza ancor più gonfia quando eccitato nelle fasi di corteggiamento o di difesa del suo harem.
Il Tacchino spesso attacca anche l’essere umano rincorrendolo e beccandolo vigorosamente appena si avvicina al suo territorio, sia questo un pollaio, un prato aperto od un piccolo spazio di un allevamento.
Oltretutto è dotato di zampe poderose con dita molto unghiate ed uno sperone di alcuni centimetri di lunghezza che usa spassionatamente per indicare agli intrusi la corretta via di fuga.
Anche il becco è forte e leggermente adunco ed è adatto sia per frugare tra l’humus e foglie al suolo, sia per ghermire e smembrare prede vive a cui dà spesso la caccia.
La livrea del Tacchino maschio tradizionale è ben nota a tutti. Un piumaggio nerastro con bordature biancastre di tutte le piume del corpo, tanto da farlo sembrare brizzolato e con una coda anch’essa nera bordata di chiaro sugli apici che apre a ventaglio durante il corteggiamento. La sua coda è formata da diciotto penne timoniere ed hanno una rachide piuttosto rigida che le mantiene ben stese durante la parata.
La testa è nuda e caruncolata di colore grigiastro quando a riposo ma che diviene rosso fuoco ed addirittura azzurra quando in forte eccitazione. Anche sul gozzo i bargigli mostrano dei rigonfiamenti tondi a palline rosse che pendono sul petto ciondolando ad ogni movimento.
Sempre sul petto, il maschio ha piume setolose che scendono a bavaglio creando un’appendice simile al purse che si abbina al kilt scozzese o meglio ancora alle setole di una scopa portata dondolante al collo.
Le femmine di Meleagris gallopavo hanno colori più sbiaditi e non hanno né bargigli né fronzoli sul petto e neppure fanno la ruota come d’abitudine fa il maschio.
Gli esemplari di allevamento hanno abitualmente questi medesimi colori, anche se la minor età loro concessa prima di essere macellati, non consente loro di raggiungere la brillantezza delle tonalità tipica dei soggetti adulti.
Oltretutto sono generalmente allevate le femmine che hanno colori leggermente più sbiaditi ma carni molto più morbide e succose.
Esistono poi una quarantina di razze addomesticate che portano colori molto diversi e poco confrontabili con quello dell’olotipo ma molto eleganti ed attraenti, tra i quali l’Ermellinato di Rovigo, il nero di Sologne, il Bianco, il Blu di Svezia, il Rosso tedesco, il Bronzato d’America, il Bronzato ad ali nere, lo Slate australiano, l’Ardesia ed il Castano precoce.
In natura esistono solo due specie di tacchini, entrambi originari del nuovo mondo, il Tacchino selvatico qui menzionato ed il Tacchino ocellato (Meleagris ocellata).
Quest’ultimo è molto più elegante nella sua livrea che mostra sfumature dorate metalliche ed ocelli sull’intero corpo e colori notevolmente più accentuati. Non potrà mai essere confuso con il selvatico giacché vive relegato nello Yucatan oltre che mostrare una livrea assolutamente diversa dal conspecifico.
Il Tacchino selvatico ha sei sottospecie che differiscono per le sfumature dei colori, per le dimensioni e per i territori occupati. Meleagris gallopavo silvestris, Meleagris gallopavo intermedia, Meleagris gallopavo mexicana, Meleagris gallopavo osceola, Meleagris gallopavo merriami e Meleagris gallopavo gallopavo.
Etologia e Biologia riproduttiva
Il Tacchino è un ottimo riproduttore e la femmina un’incredibile chioccia che garantisce eccezionali risultati nelle covate. Per tradizione, nelle nostre campagne, spesso la chioccia è sfruttata per la cova di uova di altro pollame perché ne garantisce buoni risultati ed un successo immancabile.
La Tacchina può restare sul nido incessantemente per giorni, lasciando il nido raramente e per pochissimi minuti perdendo peso e forza fino ad indebolirsi anche notevolmente. Lo sforzo dura circa 28 giorni in assoluta solitudine in quanto la femmina si prende cura della prole sin dal concepimento.
Il Tacchino è poligamo e si accoppia con più femmine che abbandona immediatamente dopo per condurre una vita oziosa e disinteressata. Le fasi di corteggiamento avvengono secondo una schema ben conosciuto e che spesso vediamo ripetuto in qualsiasi luogo dove vengono allevati questi uccelli.
Coda aperta a ventaglio, ali abbassate fino a toccare il terreno che vengono vibrate freneticamente come se colpite da una crisi isterica, testa all’indietro, bargigli arrossati e rigonfi, accompagnati da un goglottio incessante e noioso che può durare per ore. In questo stato di eccitazione il Tacchino risponde perfino alle provocazioni umane, temendo sia un eventuale concorrente amoroso, un fatto ben risaputo dai bambini di campagna che per divertirsi fanno emettere violentemente il fatidico glo glo glo all’infinito come fosse uno starnuto irrefrenabile, semplicemente emettendo un fischio lamentoso che sembra colpisca la sua fantasia erotica.
La fossetta dove è riposto il nido è scavata dalla femmina sotto un cespuglio ben nascosto e riparato, foderato di foglie ed erbe disseccate ammorbidite dal piumino che la femmina lascia durante la cova delle abituali 10/20 uova.
Queste uova sono di notevoli dimensioni pesando anche 100 g e sono ormai considerate una delicatezza forse anche più di quelle delle nostre abituali galline ovaiole. Peraltro, il Tacchino è uno dei pochi vertebrati che può riprodursi per partenogenesi cioè da uova non fecondate dal maschio.
I piccoli di Meleagris gallopavo sono nidifughi e nascono già ricoperti da una peluria bruno striata di giallastro che li mimetizza alla perfezione sul suolo dell’ambiente in cui vivono.
La schiusa è pressoché simultanea e nel giro di qualche ora la nidiata lascia il nido per iniziare la loro vita di gruppo seguiti attentamente per alcune settimane dalla madre chioccia che li difende da ogni pericolo.
Questa infanzia trascorsa a terra è comunque un momento alquanto pericoloso per i piccoli di tacchino che sono assoggettati ad un prelievo predatorio a volte consistente. Dopo solo due settimane dalla schiusa i piccoli sono in grado di fare i primi voli e rintanarsi durante la notte sui rami più alti degli alberi
Il Tacchino ha moltissimi predatori negli ambienti dove vivono allo stato selvaggio. Dai coyote alle volpi, dalle linci ai procioni, dai serpenti ai visoni ma anche dal cielo non mancano gufi e rapaci di ogni sorta. Non tralasciamo i cacciatori che ritengono questi uccelli una preda molto ambita sia per il tipo particolare di caccia a cui sono soggetti, sia per la squisitezza delle loro carni.
Il Tacchino, come si suol dire, ha uno stomaco di ferro!
Mangia di tutto, dalla frutta ad ogni tipo di seme, dai germogli alle bacche, dagli insetti ai molluschi e non manca di ingollare a volte senza smembrarli, rettili e piccoli mammiferi che incontra sul suo cammino.
Il suo stomaco emette acidi gastrici di tale potenza da fargli digerire anche pezzi di metallo oltre che i piccoli sassi che spesso ingoia per facilitare la frantumazione dei semi duri che inghiotte spropositatamente interi.
Si ritiene, nella tradizione popolare, che lo stomaco del tacchino riesca ad intaccare anche l’oro, notoriamente un metallo che solo l’acqua regia riesce parzialmente a corrodere.
Come detto, la sua ingordigia alimentare non si ferma davanti alle bisce e serpentelli che spesso incontra nel suo intenso razzolare. Infatti, in molte aree europee, in particolare quelle pedemontane, luoghi prediletti da questi rettili, il tacchino viene spesso usato per combattere la loro presenza vicino alle case coloniche. In effetti dove razzolano i tacchini le vipere ed i biacchi sono inesistenti.
Buona a sapersi.
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