Famiglia : Marantaceae

Testo © Pietro Puccio

Originaria dell’America tropicale, la Maranta arundinacea è una rizomatosa perenne di 30-150 cm © Giuseppe Mazza
Il nome del genere è dedicato al medico e botanico veneziano Bartolomeo Maranta (1500-1571); il nome specifico è l’aggettivo latino “arundinaceus, a, um” = simile a una canna, dal sostantivo latino “arundo” = canna.
Nomi comuni: arrowroot, Bermuda arrowroot, maranta, St. Vincent arrowroot, west indian arrowroot (inglese); zhu yu (cinese); uraro (Filippine); dictame, herbe aux flèches (francese); kuzuukon (Giappone); aruruttukkilangu, kookai neer, kuamu, kuva, palagunda, tavaksiri, tikkor (India); arus, garut, patat sagu (Indonesia); agutiguepe, araruta, araruta-comum, araruta-palmeira (Brasile); arroruz, arruruz, chuchute tamalera, guape, sagú, sagú de San Vicente, saguero, silú, tamalera, yerén (spagnolo).
La Maranta arundinacea L. (1753) è una specie erbacea rizomatosa perenne, sempreverde, alta 0,3-1,5 m, con rizomi carnosi, di 20-30 cm di lunghezza e 3,5-4 cm di diametro, ricoperti di scaglie (foglie rudimentali), e fusti sottili eretti spesso ramificati all’apice.
Le foglie, basali e caulinari su un picciolo lungo 3-20 cm, sono ovato-lanceolate con apice appuntito e margine intero, distiche, lunghe 5-30 cm e larghe 3-10 cm, di colore verde intenso, lucide superiormente, più o meno pubescenti inferiormente. Infiorescenze terminali dicotome a pannocchia portanti piccoli fiori bisessuali, subsessili o pedicellati, in gruppi di 2-3 sottesi da brattee di colore verde lunghe 2-6 cm. Calice persistente con tre sepali uguali con apice appuntito, lunghi circa 1,5 cm e larghi 0,5 cm, di colore verde. Corolla tubolare arcuata, rigonfia alla base, di colore bianco, lunga 1,2-2,5 cm, trilobata con lobi diseguali, lunghi circa 1 cm, e staminoidi petaloidi bianchi più lunghi della corolla. I frutti sono capsule ovoidi di colore verde soffuso di bruno rossastro, di circa 0,7 cm di lunghezza e 0,5 cm di diametro, contenenti 1-3 semi oblunghi, trigoni, di colore bruno con arillo basale biancastro.
Si riproduce solitamente per divisione di rizomi, provvisti di almeno una gemma, posti a una profondità di 6-12 cm in terriccio fertile, sciolto e drenante, mantenuto costantemente umido, ma senza ristagni. I rizomi sono pronti per la raccolta dopo un anno.
Nota da tempi remoti alle popolazioni indigene che ne usavano i rizomi, ricchi di amido, come alimento e per scopi curativi, in particolare la poltiglia da essi ricavata aveva fama di curare le ferite prodotte dalle frecce avvelenate. Agli inizi del XIX secolo la sua coltivazione si è estesa anche al di fuori dei luoghi di origine e attualmente i maggiori produttori sono le isole caraibiche di St. Vincent e Giamaica, il Brasile, e nel sudest asiatico le Filippine, l’India, l’Indonesia e Sri Lanka. La fecola estratta dai rizomi, chiamata arrowroot, si distingue per le sue caratteristiche di elevata digeribilità e assenza di glutine, adatta quindi ai bambini, ai convalescenti, a chi presenta intolleranza al grano e ai celiaci. Viene utilizzata come addensante in salse, zuppe, budini ecc., come stabilizzante nei gelati artigianali, per la preparazione di dolci, biscotti e prodotti da forno in genere in sostituzione della farina di grano ed anche nell’industria cosmetica.

Per i rizomi carnosi ricchi di amido, lunghi 20-30 cm e larghi anche 4 cm, viene spesso coltivata ai tropici. Produce una fecola, detta arrowroot, facilmente digeribile e senza glutine. La forma a foglie variegate di bianco, crea macchie di luce nei giardini esotici e si rivela, con qualche cura, anche un’elegante pianta d’appartamento © Giuseppe Mazza
Non sono infine da sottovalutare le sue caratteristiche ornamentali, in particolare la varietà variegata di bianco, da utilizzare in gruppo sotto grandi alberi, dove il clima lo consente, o in vaso in luogo luminoso con elevata umidità atmosferica e temperature minime non inferiori a 16 °C; i rizomi possono essere conservati a temperature più basse, fino a +6-8 °C.
In appartamento l’umidità necessaria può essere ottenuta con frequenti nebulizzazioni con acqua non calcarea, per evitare antiestetiche macchie sulle foglie, a temperatura ambiente, e ponendo il vaso in un largo sottovaso riempito da argilla espansa o pietrisco con uno strato d’acqua, non a diretto contatto col fondo del vaso, in modo da creare un microambiente umido attorno alla pianta.
Sinonimi: Maranta silvatica Roscoe (1807); Maranta sylvatica Roscoe ex Sm. (1812); Maranta indica Tussac (1813); Maranta ramosissima Wall. (1832); Maranta tessellata var. kegeljanii E.Morren (1875); Phrynium variegatum N.E.Br. (1886); Maranta arundinacea var. indica (Tussac) Petersen (1890); Maranta arundinacea var. variegata Ridl. (1891); Maranta arundinacea f. sylvestris Matuda (1951).