Testo © Pierluigi Angeli
Famiglia: Agaricaceae Chevallier (1826).
Genere: Macrolepiota Singer (1948).
Sezione: Macrolepiota Bon (1981).
Sottosezione: Macrolepiota Bon (1981).
Macrolepiota procera (Scopoli : Fries) Singer (1948).
Il nome deriva dal latino “procerus” che significa alto, cresciuto di più, slanciato; volgarmente conosciuto come “mazza da tamburo” per la sua forma quando il cappello è ancora chiuso, simile alle mazze usate per percuotere i tamburi.
Descrizione del genere
Il genere Macrolepiota è caratterizzato da carpofori con portamento tricolomoide o collibioide, con gambo centrale, lungo, bulboso alla base; l’inserzione delle lamelle, libere al gambo, presentano spesso un collarium. I carpofori sono piuttosto robusti anche se variabili nelle dimensioni, ma il rapporto diametro del cappello e altezza è sempre ± costante. Il cappello si presenta con superficie squamosa, scagliosa, fioccosa, con zona discale liscia e margine mai striato. Il gambo e il cappello non sono viscosi ma sempre asciutti; il gambo può essere decorato o no e presenta un anello mobile doppio o semplice. Le spore in massa sono bianche o rosa pallido.
Descrizione della specie
Cappello: diametro da 10 a 30 (40) cm, molto carnoso, inizialmente oviforme poi campanulato ed infine allargato a forma di ombrello con largo umbone ottuso, biancastro, beige, con centro più scuro, margine cotonoso-fibroso, cuticola che si screpola in grosse squame bruno-marrone che cadono facilmente e lasciano intravvedere il bianco sottostante.
Lamelle: libere al gambo, con collarium, fitte, larghe, facilmente separabili dalla carne del cappello, intercalate da lamellule, filo intero regolare, bianche, bianco-crema.
Gambo: 10-40 × 1,5-4 cm, slanciato, cilindroide, attenuato in alto, con base bulbosa, fistoloso, brunastro-chiaro, ricoperto da squame fibrillose bruno-carico disposte in modo concentrico. Anello alto, largo, doppio, scorrevole sul gambo, bianco nella faccia superiore, bruno in quella inferiore, margine sdoppiato.
Carne: soda, spessa al centro, bianca immutabile, un po’ spugnosa, con leggero odore fungino, sapore dolce.
Habitat: specie ubiquitaria; cresce nei prati, nei boschi sia di latifoglie sia di conifere e nelle radure, dalla pianura alla montagna, in estate e autunno. Specie piuttosto comune.
Commestibilità: ottimo commestibile, si usa solitamente il cappello, ma è ottimo anche l’anello crudo in insalata. Molto usata anche la polvere derivante dal gambo essiccato.
Spore: lisce, destrinoidi, metacromatiche, a parete spessa, con poro germinativo prominente, 12,75-20,00 × 8,10-11,25 µm. Spore in massa crema.
Basidi: clavati, con sterigmi lunghi fino a 5-5,5 µm, tetrasporici ma anche bisporici.
Cheilocistidi: irregolarmente clavati, talvolta ventricosi, alcuni settati.
Osservazioni: specie inconfondibile per il suo aspetto, è senza dubbio la Macrolepiota più conosciuta. Si riconosce facilmente per le considerevoli dimensioni; il cappello arriva fino a 40 cm di diametro e il gambo è molto slanciato, lungo ben oltre il diametro del cappello stesso e decorato da una caratteristica zebratura.
Si può confondere con Macrolepiota olivascens che però ha la sporata rosa pallido e le lamelle che si macchiano di verdastro a maturità o al tocco, così pure con Macrolepiota fuliginosa che invece presenta squame piuttosto labili sul cappello bruno fuligginoso e decorazioni del gambo quasi nerastre verso la base. Anche se appartenente ad altra Sezione, la Macrolepiota rachodes potrebbe causare una qualche confusione, però è di taglia più piccola, ha il gambo liscio, privo di decorazioni e, a maturità o alla manipolazione diventa bruno rossastro, come la carme bianca che al taglio vira al rosso vinoso specialmente nel gambo.
Basionimo: Agaricus procerus Scopoli (1772).
Sinonimi: Agaricus annulatus Lightfoot (1777); Agaricus colubrinus Bulliard (1782); Agaricus antiquatus Batsch (1783); Agaricus procerus Scopoli : Fries, (1821); Lepiota procera (Scopoli : Fries) Gray, (1821); Amanita procera (Scopoli) Fries (1836); Mastocephalus procerus (Scopoli : Fries) Patouillard, (1900); Lepiotophyllum procerum (Scopoli) Locquin (1942).