Lachnolaimus maximus

Famiglia : Labridae

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Testo © Giuseppe Mazza

 

Lachnolaimus maximus

Qui siamo in una “stazione di pulizia” dei Caraibi dove i grossi pesci vengono a farsi togliere i parassiti della pelle © Kevin Bryant

Qual è il pesce più trasformista?

Il più abile nel cambiare colore in millesimi di secondo per mimetizzarsi o mostrare le sue emozioni.

Forse, se contiamo i colori e i disegni delle possibili livree istantanee, potrebbe essere Lachnolaimus maximus (Walbaum, 1792).

Non sono pochi i pesci che cambiano aspetto agendo sui loro cromatofori, le cellule della pelle che contengono i colori, presenti, oltre ai pesci, anche in altri animali come gli anfibi, i rettili, i crostacei e i cefalopodi.

Li usano, espandendoli o contraendoli, per mimetizzarsi, cacciare, o addirittura comunicare fra loro con una sorta di linguaggio visivo.

Grazie a questi, per esempio, l’incredibile Antennarius commerson sorprende immobile le prede camuffato da spugna, e l’astuto Aulostomus chinensis protegge con colori e disegni mutevoli la sua fragilità, mentre ruba di bocca il cibo alle triglie ingoiando allegramente al passaggio, quando capita, anche pesci della sua taglia.

Il vorace Cephalopholis argus possiede livree mimetiche e livree di minaccia per chi osa entrare nel suo territorio.

In questo caso, specie nel periodo riproduttivo, ingaggia addirittura duelli virtuali di cromatofori per evitare se possibile lo scontro fisico.

Chi crea i colori più intensi è il più forte, e l’altro si ritira.

E come se non bastasse, per proporre o accettare l’accoppiamento, questo pesce può sfoderare all’istante sui lati, che si fanno improvvisamente neri, il disegno inequivocabile di una luminosa macchia bianca dalla forma, decisamente insolita, che ricorda il buco di una serratura.

“Maghi del reef”, come diceva il Comandante Jacques-Yves Cousteau, sono poi gli Scaridae, i famosi pesci pappagallo, con quella loro capacità di cambiare rapidamente aspetto e indossare livree notturne con fantasiosi pigiami mimetici.

Lachnolaimus maximus appartiene come questi ultimi alla classe degli Actinopterygii, i pesci con le pinne raggiate, all’ordine dei Perciformes ed all’analoga variopinta famiglia dei Labridae, che conta 70 generi e 559 specie. Una famiglia tanto prossima ai pesci pappagallo che taluni, ricerche molecolari alla mano, vorrebbero incorporarvi, con 10 generi e 100 specie in più, anche gli Scaridae, collocandoli nella sottofamiglia Scarinae.

Lachnolaimus maximus, Elacatinus oceanops

I medici di turno sono i minuscoli Ghiozzi neon (Elacatinus oceanops) che svolgono un lavoro accurato, persino nelle branchie © Kevin Bryant

Il nome del genere Lachnolaimus, creato da Cuvier nel 1829, deriva dal greco antico “λάχνη” (lachnos), lanugine, e “λαιμός” (laimós), gola, con riferimento alla superficie faringea di questo pesce dove al posto dei denti macinatori degli scaridi vi è una membrana che si direbbe vellutata.

Nel nostro caso non si tratta infatti di un erbivoro che macina ciuffi d’alghe e madrepore ma di un carnivoro che si nutre d’invertebrati bentonici.

Lachnolaimus maximus

Il paziente è una femmina di Lachnolaimus maximus, specie nota, oltre che per i primi tre raggi della pinna dorsale, i più lunghi fra i labridi, per le sue doti di trasformista © Kevin Bryant

Il termine specifico maximus, massimo in latino, ci ricorda poi che è il labride più grande dell’Atlantico tropicale occidentale.

Manca invece il nome italiano.

Niente da stupirsi per quest’area di diffusione lontana e per le dimensioni troppo ingombranti per trasformarlo in un popolare pesce d’acquario.

Lachnolaimus maximus

Qui, spostandosi dietro la madrepora, di colpo è diventata bianca, forse per farsi meglio notare nell’affollato ambulatorio © Kevin Bryant

Negli Stati Uniti lo chiamano “Hogfish”, cioè Pesce porco, per la forma del capo e quel suo grufolare sui fondali, mentre per i francofoni è il “Labre capitaine”, cioè il Labride capitano, con riferimento ai tre lunghi raggi della pinna dorsale che ricordano, a mo’ di galloni, il grado di capitano.

Anche in spagnolo viene detto “Capitán”, ma in alcune località caraibiche, sempre con riferimento a questi raggi, lo chiamano “Pez gallo”, cioè pesce gallo, “Doncelle de pluma”, ovvero fanciulla di piume e “Pargo pluma”, vale a dire dentice piuma, con riferimento alla sua carne bianca non meno gustosa.

Lachnolaimus maximus

Poi risale, forse seccata, a bocca aperta con una livrea rosso fiamma: i dottori sono passati ad altri clienti o forse non hanno più fame © Kevin Bryant

Zoogeografia

Lachnolaimus maximus è presente lungo le coste atlantiche occidentali, dalla Nuova Scozia, in Canada, alla parte settentrionale del Sud America.

Lo troviamo dunque dopo le Bermude e la Florida, in tutte le località che si affacciano sul Golfo del Messico e più in generale sul Mar dei Caraibi fino alla Guiana francese.

Lachnolaimus maximus

Del resto, era ormai ben ripulita e si allontana con la livrea corrente. Da notare la macchia nera col puntino giallo, tipica delle femmine, accanto alla fine della pinna dorsale © Kevin Bryant

Ecologia-Habitat

È una specie diurna bentopelagica che nuota in acque relativamente basse, fra 3 e 30 m di profondità, con un rilevamento eccezionale intorno ai 90 m. Gli adulti frequentano i fondali sabbiosi e detritici, fra le formazioni madreporiche e gorgonie, mentre i giovani crescono per lo più nascosti nelle praterie sommerse.

Lachnolaimus maximus

Altri elementi caratteristici delle femmine sono il profilo rettilineo del muso ed una linea scura parallela che va dal labbro ai primi raggi della dorsale © Kevin Bryant

Morfofisiologia

Considerato da alcuni un labride arcaico, con quel suo corpo ovale compresso lateralmente e non allungato, come mostrano per lo più i membri di questa famiglia, Lachnolaimus maximus può raggiungere 91 cm di taglia e 11 kg, anche se la lunghezza corrente si aggira sui 35-45 cm.

Benché longevo, con un record a 23 anni, è infatti un pesce troppo pescato cui spesso, purtroppo, non viene lasciato il tempo per crescere e riprodursi.

Lachnolaimus maximus

Qui altri incredibili mutamenti istantanei della livrea femminile, detta anche primaria, perché dopo aver deposto almeno una volta le uova, anche il corpo delle femmine cambia, visto che si trasformano lentamente in maschi. Partendo dall’alto © Kevin Bryant, © Guy Van Laere e © Kevin Bryant

È l’unico labride con le prime 3 spine dorsali lunghe e filamentose, seguite da altri 11 raggi spinosi ed 11 inermi che ondeggiano alti e appuntiti verso la coda. La pinna anale, simmetrica, ha forma triangolare con 3 raggi spinosi e 10 analoghi raggi molli.

Le pettorali, cui è affidata la spinta motoria dei labridi, recano 15-16 raggi molli. Le pinne pelviche sono del tutto normali e la caudale è lunata.

La bocca, molto grande e protrattile, mostra solidi canini rivolti in avanti, seguiti da denti più piccoli.

Le squame sono grandi e la livrea, oltre ad essere estremamente variabile, cambia con l’età insieme alla forma del muso.

Si tratta infatti di una specie ermafrodita proterogina monandrica, con femmine che raggiunta una certa taglia si trasformano in maschi.

Non vi sono, come talora avviene per esempio in certi pesci pappagallo, dei maschi primari, tali cioè fin dalla nascita anche se con livrea femminile. Qui per diventare maschi, occorre aver deposto le uova per almeno una stagione riproduttiva.

Le ovaie insomma devono funzionare prima di cedere il passo ai testicoli.

La trasformazione, irreversibile, avviene molto lentamente, in genere a partire da 30-40 cm di lunghezza e 3-5 anni d’età, anche se sporadicamente si possono trovare ancora in circolazione femmine lunghe quasi 70 cm con oltre 12 anni. Forse erano contente com’erano e non volevano deporre.

La fase iniziale, femminile, si riconosce a prima vista dal profilo del muso che forma una linea retta con la fronte.

Vi è inoltre una macchia nera con accanto una piccola macchia gialla alla fine della pinna dorsale e un tratto scuro che parte dal labbro superiore per raggiungere, passando sotto l’occhio, i tre lunghi raggi dorsali.

Un leggero reticolo blu copre infine la testa e l’opercolo.

Nella fase intermedia, quella del cambiamento di sesso, la zona verso il dorso, delimitata dal tratto scuro, assume toni nocciola contrastando nettamente col resto del corpo, ed il muso non appare più come il prolungamento della fronte perché si forma un caratteristico avvallamento fra queste due parti del corpo.

Parallelamente si può intravvedere sui lati, quasi al centro poco sopra la pinna pettorale, il sorgere di una macchia nera, caratteristica dei maschi.

Nella fase terminale o maschile il corpo diventa bianco puro, a parte questa macchia che stacca sulle pettorali gialle ripiegate, mentre la zona nocciola del muso e del capo tende al marrone scuro estendendosi poi nerastra sul dorso fin oltre il peduncolo caudale, la base della pinna dorsale e i suoi lunghi raggi molli. Vi è poi una mezzaluna nera che si prolunga sui lati della caudale con un richiamo, ugualmente nero, sulle pinne pelviche ed i lunghi raggi molli dell’anale.

Lachnolaimus maximus

Femmina che soffia sulla sabbia snidando piccoli molluschi e crostacei. Per il suo continuo grufolare sui fondali, in Florida chiamano questa specie Hogfish, cioè Pesce porco © Kevin Bryant

Va poi aggiunto che in tutte le fasi, specialmente nella prima, il pesce può assumere marcati disegni mimetici o emozionali, formati da screziature chiare o scure su un fondo bianco, beige, marrone, rosso salmone o rosso fiamma.

Etologia-Biologia Riproduttiva

Lachnolaimus maximus si nutre di molluschi, crostacei e ricci di mare spezzando conchiglie, carapaci e dermascheletri con i suoi robusti canini.

Lachnolaimus maximus

Livrea di transizione. La zona sopra alla linea scura, che va dal labbro ai primi raggi della dorsale, assume tonalità marroni che staccano sempre più col resto del corpo © Allison & Carlos Estape

Per snidarli, al pari d’altri pesci appartenenti a gruppi del tutto diversi come Chilomycterus antillarum o Rhinecanthus assasi, non esita a smuovere la sabbia dei fondali con forti getti d’acqua dalla bocca.

I maschi terminali possiedono un harem e la riproduzione non avviene a coppia ma in gruppo, poco prima dell’alba o al tramonto, fra la fine dell’inverno e la primavera.

Il rituale, ripetuto a più riprese, perché non tutte le femmine sono pronte a deporre, prevede la risalita di tutto l’harem fino alla superficie con nuoto circolare prima lento e poi sempre più rapido.

Lachnolaimus maximus

Qui si può intravvedere sui lati, accanto alla pinna pettorale, il sorgere della macchia nera caratteristica dei maschi, come alcune zone delle pinne che si colorano di nero © Kevin Bryant

Si forma così una colonna d’acqua in movimento, una sorta di gorgo dove le uova ricevono i gameti del maschio.

Schiudono il giorno dopo e le larve, ugualmente planctoniche, vengono trascinate dalle correnti per alcune settimane prima di compiere la metamorfosi e raggiungere i fondali.

La livrea giovanile non è meno mimetica di quella adulta: a volte quasi senza disegni e poi di colpo screziata, talora quasi in bianco e nero. Sono già presenti i tre caratteristici raggi dorsali, ma in proporzione al corpo sono molto più corti degli adulti.

Lachnolaimus maximus

Livrea tipica di un maschio, prevalentemente bianca. La macchia nera sembra il bersaglio per un tiro all’arpione e questa specie è purtroppo a rischio perché troppo pescata © Kevin Bryant

La resilienza di Lachnolaimus maximus sarebbe di per sé accettabile, con un possibile raddoppio delle popolazioni in 1,4-4,4 anni, ma in barba a questo e al vasto areale della specie è un pesce che figura già come vulnerabile nella Lista Rossa degli animali in pericolo.

E ciò, come già detto, per la pesca eccessiva che non lascia spesso a questi animali il tempo per riprodursi.

La carne è infatti considerata ottima, anche se consumandola possono verificarsi casi di ciguatera, una grave intossicazione legata ad alcune specie velenose che possono entrare nel loro regime alimentare.

Lachnolaimus maximus

Un maestoso maschio che ha avuto la fortuna d’invecchiare. Possono eccezionalmente raggiungere 91 cm di taglia e possiedono un harem con cui si riproducono in gruppo © Allison & Carlos Estape

Sono quindi nati degli allevamenti sicuri per rifornire i ristoranti e per proteggere la specie.

Negli Stati Uniti, anche al di fuori delle riserve, è vietata la caccia con le bombole e non se ne possono pescare con la canna più di 5 al giorno.

È comunque concessa la cattura solo di esemplari sotto i 30,5 cm di lunghezza, perché quelli più grossi vanno a giusto titolo preservati per la riproduzione.

Lachnolaimus maximus

Uova e larve sono pelagiche. I giovani si mostrano fin da piccoli abili trasformisti come gli adulti ma hanno i tre primi raggi dorsali molto più corti © Allison & Carlos Estape

Nonostante ciò, gli effettivi sono ancora scesi, secondo la zona, del 30-60% e in certe località sono ormai un ricordo del passato.

L’indice di vulnerabilità della specie a fine 2021 appare già altissimo, segnando 67 su una scala di 100.

Sinonimi

Labrus maximus Walbaum, 1792.

 

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