Famiglia : Aquifoliaceae
Testo © Eugenio Zanotti
Il genere Ilex comprende circa 400-450 specie (altri autori, probabilmente in disaccordo sistematico, ne indicano fino a 600). L’ultima monografia del genere, che considera anche gli ibridi e le cultivars ornamentali ne accoglie 800 entità. Le specie di questo genere sono ampiamente distribuite nell’Emisfero Boreale ed anche nell’Emisfero Australe nelle zone temperate e subtropicali; si tratta di liane, arbusti sempreverdi o piccoli alberi, anche questi per lo più sempreverdi, delle zone tropicali e subtropicali. In Europa sono presenti, oltre ad Ilex aquifolium, anche Ilex còlchica (Turchia), diffuso anche nel Caucaso ed in Anatolia ed Ilex perado delle Azzorre, presente, in misura minore, anche a Madeira ed alle Canarie.
Il nome generico Ilex si rifà alla somiglianza delle foglie con quelle del Leccio (Quercus ilex) mentre lo specifico aquifolium deriva dai termini latini “acus”, ago ed “acutus” acuto, e da “folium, folia”, ovvero con foglie acute e spinose.
L’Agrifoglio (Ilex aquifolium L. 1753), noto anche come Alloro spinoso o Pungitopo maggiore, è una specie legnosa sempreverde che può avere forma cespuglioso-arbustiva oppure basso-arborea, in natura può arrivare intorno ai 10 (15) metri di altezza. Li può superare però qualora sia coltivato mediante la potatura dei rami lungo il fusto arrivando anche ai 22-24 metri.
Il tronco, diritto e con rami patenti, sviluppa una chioma ovata o piramidale con un diametro medio di 2-4 m. Sistema radicale molto robusto, con lunghe radici nodose e profonde. Ha corteccia sottile, liscia o con minute screpolature, verdastra da giovane e di color grigio-chiaro col tempo, fino a squamosa nei vecchi esemplari e di colore grigio più scuro.
È pianta glabra, fatti salvi i germogli, i rami giovani e infiorescenze che sono pubescenti. Foglie alterne, con marcato poliformismo (quelle basse sono ondulate e spinose, quelle della parte alta nelle piante adulte sono inermi), ellittiche, ondulate, sempreverdi e coriacee (3-4 x 5-7 cm), con bordo biancastro cartilagineo, verde scuro e molto lucide di sopra, verde chiaro e opache di sotto, con breve picciolo allargato e solcato. Il bordo solitamente è ondulato e ha robuste spine (6-8 per lato) ma si fanno inermi negli esemplari secolari. Nel Meridione d’Italia fu segnalata una varietà australis dal botanico Charles Charmicheal Lacaita (1853-1933), inglese, ma di famiglia italiana, con foglie più grandi (8-9 x 10-12 cm) e meno ondulate.
L’agrifoglio porta fiori maschili e femminili su individui diversi. La fioritura, poco evidente, avviene da aprile a maggio (giugno) e l’impollinazione è operata prevalentemente dalle api. I fiori, dalla profumata fragranza, hanno quattro sepali e quattro petali con corolla di 6-8 mm di diametro, isolati o in fascetti di 2-3, ascellari: quelli femminili con corolla bianca, nei maschili bianca con orlo rosso. I fiori maschili hanno evidenti residui del gineceo e quelli femminili dell’androceo; in alcuni casi la pianta produce anche fiori ermafroditi.
Il frutto matura in autunno, è una drupa subsferica, ombelicata, con polpa giallastra, velenosa, con pedicello più breve della loro lunghezza (8-10 mm), rossa a maturità, che contiene (2) 3-5 noccioli monospermi, sub-trigoni o piano-convessi, con endocarpo osseo, molto duro, con 3-5 coste longitudinali dorsali. La disseminazione è operata dagli uccelli, soprattutto merli, tordi e tortore, sono ghiotti delle bacche scarlatte che ben si notano tra il fogliame verde scuro dell’agrifoglio.
L’agrifoglio ha una distribuzione Submediterranea-Subatlantica che dal Sud ed Ovest d’Europa (fino al Maghreb ed alle coste del Mar Nero) si estende a Nord fino alla Gran Bretagna ed alla Norvegia, localizzandosi soprattutto nelle aree submontane e montane. È una pianta che cresce molto lentamente ed è molto longeva; in condizioni favorevoli può raggiungere i tre secoli di vita sviluppando tronchi con diametri di oltre 50 cm.
E una pianta mesofila che cresce dal piano fino a 1500 m di quota, soprattutto nei boschi di faggio e di faggio-abete, oltre che nei castagneti e nei querceti densi; predilige terreni a tessitura medio-fine, con pH neutro o leggermente acido, freschi e umidi, mediamente ricchi di nutrienti e con buona percentuale di humus, e rifugge da i substrati calcarei e sortumosi; è specie con medio-bassa esigenza di luce (sciàfila).
Anche se l’agrifoglio è una sempreverde sclerofillica, non è però pianta tipica della vegetazione mediterranea, dove compare solo occasionalmente, ma si deve inquadrare nelle laurofille, tipiche del clima oceanico. L’agrifoglio è considerato una specie relitta, con una distribuzione assai ridotta rispetto alla diffusione che aveva nell’Era Terziaria; ebbe anche un ruolo importante nei periodi interglaciali umidi, quando era una componente tipica della vegetazione colchico-atlantica, comprendente tutto il bacino del Mediterraneo da Est a Ovest.
Il legno è di colore bianco-avorio (nei vecchi esemplari bruno al centro) a volte con riflessi verdognoli; è pesante (780 e oltre Kg/mc) di media durezza, compatto, di grana fine, ben lavorabile e colorabile (può surrogare l’ebano), elastico e resistente, pregiato e molto ricercato; si impiega, dopo lunga essiccazione, per fabbricare attrezzi, calci di fucili, manici di ombrelli, fruste, bastoni da passeggio, pioli, e oggetti vari, manici di teiere, oltre che lavori d’intaglio (scacchi) e di ebanisteria, così come le sue fronde per gli addobbi natalizi, tanto è vero che in molti Paesi, dove l’agrifoglio è in via di rarefazione, è inserito negli elenchi delle specie protette. Un tempo l’agrifoglio era considerato una sorta di amuleto vegetale e si coltivava perciò attorno alle case per proteggerle dalla negatività. Il colore verde intenso e la tenacia delle sue foglie rappresentavano la forza della vita e la rinascita mentre i frutti, persistenti per tutto il periodo invernale, erano visti come un concentrato dell’energia del sole.
Quando la cattura degli uccelli con panie e vischio, ora fortunatamente illegale, era largamente diffusa sui monti, colline, e talora nelle pianure, i contadini ed i loro figli traevano (in luglio) una sostanza vischiosa, bruna, dalla seconda corteccia dell’agrifoglio (quella verde posta sotto la prima corteccia esterna) schiacciandola nel mortaio o tramite bollitura, che si portava in cantina e si lasciava fermentare per 15-20 giorni. Si lavava con molta acqua per eliminare le parti fibroso-legnose si conservava in recipienti chiusi, unti con olio.
I rami erano raccolti dagli spazzacamini che li legavano in fondo a lunghi bastoni di legno di salice traendone idonei e leggeri attrezzi adatti al loro lavoro.
La propagazione dell’agrifoglio viene fatta solitamente per via vegetativa (innesto, margotta e talea) poiché il seme nasce con difficoltà per la dormienza fisiologica e per immaturità embrionale.
L’agrifoglio può essere usato per farne siepi impenetrabili oppure abbinato (esemplare maschio e femmina per garantire la fecondazione e la produzione delle bacche scarlatte) nei parchi e nei giardini come ottima specie ornamentale.
Fra le svariate specie ornamentali ricordiamo l’ Ilex cornuta di origine asiatica, l’ Ilex macrocarpa, originario della Cina meridionale, caducifoglio, che produce frutti di colore nero, l’ Ilex verticillata del S-E degli Stati Uniti, anche questo deciduo e poi cultivars con foglie screziate di bianco, giallo o porpora, picchiettate d’argento, bordate di giallo, ecc.
Ricordiamone qui alcune, come l’ Ilex aquifolium ‘Pyramidals fructo-luteus’, l’ ‘Argenteo marginata pendula’, ‘Ferox argentea’, ‘Angustifolia’, ‘Ovata aurea’, ecc. Oltre ad altre specie del genere Ilex introdotte a scopi ornamentali come Ilex integra e Ilex cornuta (Giappone), Ilex dipyrena (Himalaya), Ilex leucocarpa e Ilex opaca (Stati Uniti), ecc.
Se ne fanno bellissime siepi compatte e impenetrabili poiché l’agrifoglio sopporta bene le potature ed è alquanto resistente alle malattie (talvolta le foglie sono danneggiate della mosca Phytomyza aquifolium le cui larve scavano gallerie nel parenchima clorofilliano).
Le api visitano spesso i fiori degli agrifogli dai quali ne traggono anche cera per i loro alveari, in questo modo favoriscono la fecondazione e quindi la fruttificazione degli esemplari femminili.
Fra le specie medicinali del genere, nei paesi d’origine, è coltivato l’ Ilex paraguariensis, noto con i nomi volgari di Mathè o Matè, anche noto come thè del Paraguay o Thè dei Gesuiti, un piccolo albero od arbusto dell’America del Sud (Brasile, Argentina, Paraguay), che fornisce le foglie atte a preparare un omonimo thè ricco di caffeina, con teobromina, tannini, acido clorogenico, triterpeni ed olio essenziale.
La corteccia dell’agrifoglio contiene il principio amaro ilicina, presente anche nelle foglie ma in percentuale più bassa, insieme alla sostanza colorante ilixantina, acidi silicico, ursolico e caffetannico, destrosio, gomme e cere, oltre all’ alcaloide rutina ed il nitrile menisdaurina, acido clorogenico, acido chinico, quercetina, kaempferolo, tannini, ecc. I frutti hanno proprietà purgative violente e causano gravi alterazioni neuro-vegetative con nausea, vomito, dolori gastrointestinali con diarrea, convulsioni. Le foglie hanno mostrato proprietà antinfiammatorie, antiartritiche, febbrifughe, toniche e diuretiche.
In molti Paesi dove l’agrifoglio è spontaneo è circondato da leggende, e ciò risale ad alcuni millenni orsono ed alle popolazioni che portavano rispetto ed avevano timore di questa pianta. Durante i Saturnali, che si svolgevano dal 17 al 23 dicembre (periodo fissato in epoca imperiale da Domiziano), gli antichi romani portavano ramoscelli di agrifoglio come talismani portatori di lunga vita e prosperità e ne regalavano ai giovani sposi in segno augurale.
Sinonimi: Aquifolium ilex Scop. (1771); Aquifolium spinosum Lam. (1778); Ilex aquifolium Marshall (1785); Ilex aquifolium L. var. crassifolia Aiton (1789); Ilex aquifolium L. var. ferox Aiton (1789); Ilex aquifolium L. var. heterophylla Aiton (1789); Ilex aquifolium L. fo. recurva Aiton (1789); Ilex aquifolium L. var. vulgaris Aiton (1789) ; Ilex aquifolium Lour. (1790) ; Ilex balearica Desf. (1809); Aquifolium croceum Rafin (1838); Aquifolium ferox Mill. ex Rafin (1838); Aquifolium heterophyllum Rafin. (1838); Aquifolium lanceolatum Rafin (1838); Aquifolium planifolium Rafin (1838); Aquifolium undulatum Rafin (1838); Aquifolium vulgare St.-Lag. (1880); Ilex aquifolium L. fo. arbutifolia Loes (1901); Ilex aquifolium var. chinensis (1901); Ilex aquifolium L. fo. frivaldskyana Loes. (1901); Ilex aquifolium L. fo. albopicta (Loudon) Geerinck (2001); Ilex aquifolium L. fo. aureopicta (Loudon) Geerinck (2001); Ilex aquifolium var. barcinonae Pau (1922).