Testo © Giuseppe Mazza
Comparse ingrandite e mal pagate per films dell’orrore, le iguane, le agami e i camaleonti, evocano a prima vista dei mostri preistorici, ma non sono, come si potrebbe pensare, parenti prossimi dei dinosauri.
Appartengono ad un gruppo molto diverso, gli Iguania, che, nato nel giurassico, conta oggi circa 700 specie di Iguanidi (Iguanidae), 300 Agamidi (Agamidae) e 90 Camaleonidi (Chamaeleonidae). Un terzo circa dei sauri, più di un sesto dei rettili.
Recenti studi morfofunzionali dei fossili, hanno infatti evidenziato che animali enormi come i dinosauri, in grado di compiere rapide accelerazioni, dovevano per forza essere degli omeotermi, dei rettili cioè “a sangue caldo”, già più vicini, quindi, a un uccello (basta osservare un pollo spennato, per scoprirvi un piccolo dinosauro, con tanto di squame ai piedi !) che a un sauro.
Quando alla fine del cretaceo misteriosamente si estinsero, gli Iguanoformi, che vantavano qualche rappresentante nel giurassico, occuparono rapidamente gli spazi ecologici lasciati liberi: gli Iguanidi le zone calde dell’America, gli Agamidi, partendo dall’Indonesia, quelle del vecchio mondo e l’Australia, ed i camaleonti, nati dalle agami, l’India, l’Arabia, il bacino Mediterraneo e tutta l’Africa.
Oggi i territori delle iguane e delle agami sono nettamente separati, e il fatto che troviamo degli Iguanidi in Madagascar, e non in Africa, fa pensare a una lunga lotta, vinta dalle agami, per il possesso di questa terra.
L’unico luogo in cui i due gruppi convivono, al margine occidentale e orientale dei due schieramenti, sono le isole Figi, dove una bellissima iguana vegetariana, il Brachylophus fasciatus, divide gli alberi della giungla con un’agame carnivora di ugual taglia, il Gonocephalus godeffroyi.
Entrambe hanno il corpo fasciato da strisce chiare e nell’insieme si assomigliano, come del resto molti rappresentanti dei due gruppi che, vivendo in luoghi lontanissimi ma simili, hanno spesso avuto evoluzioni convergenti.
Tutti riconoscono a prima vista un camaleonte, dal corpo appiattito lateralmente, gli occhi indipendenti e la lunga lingua vischiosa che permette, senza muoversi, di catturare gli insetti fra i rami, ma qual’è la differenza fra un’Agamide e un Iguanide ?
Entrambi i gruppi vantano elmi, creste, spine ed abili trasformisti in grado di cambiar forma e colore. La differenza, sottile, è solo nei denti, che negli Agamidi (e quindi anche nei camaleonti) sono impiantati sulla cima della mandibola e della mascella (dentatura acrodonte) e negli Iguanidi sul margine interno (dentatura pleurodonte).
Le dimensioni variano molto, dai 10 cm circa dell’Uta stansburiana, comune nelle zone aride degli Stati Uniti occidentali, agli oltre 2 m dell’Iguana dai tubercoli (Iguana iguana) dell’America centro-meridionale. Malgrado la taglia (ma 2/3 spettano alla coda) si sposta agilmente sugli alberi delle fitte foreste pluviali, anche a 20 m dal suolo. La maestosa cresta dorsale dei maschi può raggiungere gli 8 cm d’altezza, e mentre gli adulti si nutrono prevalentemente di foglie, fiori e frutti, i giovani preferiscono andare a caccia di piccole prede.
La carne di queste iguane è ottima, e nei dintorni di Santa Maria, in Columbia, ogni anno, fra dicembre e febbraio, vengono uccise a migliaia, senza danni apparenti alle popolazioni che si riprendono poi rapidamente per la prolificità delle femmine.
Depongono circa 30 uova a stagione (eccezionalmente 70), e ad un anno di vita i piccoli superano già il metro. Se costrette le iguane dai tubercoli si difendono a frustate, con colpi di coda tanto forti da mettere fuori combattimento un cane, ma in genere preferiscono darsi alla fuga. Solo quando sono minacciate da un falco non scappano : sapendo che comunque non avrebbero scampo, si irrigidiscono e fanno le morte, a pancia all’aria, sperando d’essere scartate dal nobile uccello come carne vecchia in putrefazione.
Per catturarle in molte località gli indigeni sfruttano questo comportamento e fanno il verso del rapace, ma anche le iguane non mancano d’astuzie. Quando al mattino escono intorpidite dalle lunghe gallerie sotterranee dove hanno passato la notte, si portano al sole sugli alberi lungo le rive dei fiumi, dove sonnecchiano con un’occhio solo, pronte a tuffarsi e a sparire sott’acqua al minimo segno di pericolo.
In modo analogo si comportano alcuni grossi agamidi della Nuova Guinea, come il Physignathus lesueurii, l’Hydrosaurus amboinensis ed i celebri Basiliscus del centro America che, per i vistosi elmi e le creste, prendono il nome dal leggendario incrocio fra un serpente e un gallo, capace di uccidere con lo sguardo, raffigurato nell’antichità con cresta e corona.
Queste iguane non solo si gettano in acqua, ma addirittura vi corrono sopra sugli arti posteriori, senza affondare, per centinaia di metri, sfruttando la rapidità dei movimenti e gli ampi lobi dermici delle dita. Possono partire da un ramo, da terra o addirittura emergere e correr via, sul pelo dell’acqua, per sottrarsi agli inseguitori acquatici.
Molti Iguanidi ed Agamidi sono del resto ottimi nuotatori, e non a caso il gruppo vanta l’unico sauro marino, l’Amblyrhynchus cristatus delle Galapagos che, nutrendosi di alghe, fa delle immersioni una rutine quotidiana. Il suo aspetto tozzo e arcaico, evoca tempi lontani, come la mostruosa Iguana rinoceronte di Haiti (Cyclura cornuta), con 3 vistosi tubercoli cornei sul muso.
Ma è soprattutto negli Iguania di piccola e media taglia che si sbizzarriscono le capacità orrifiche e le doti teatrali di questi sauri.
Il Corytophanes cristatus, un parente centro americano dei basilischi, ha un modo tutto suo per non farsi ingoiare dai serpenti. Drizza contemporaneamente la cresta e la giogaia, raddoppiando le dimensioni del capo. Allo stesso scopo in Australia il Chlamydosaurus kingii, un’agame di 26 cm più 50 di coda, spalanca la bocca e spiega, a ventaglio, una vistosa duplicatura cutanea intorno al collo, che raggiunge, negli adulti il diametro di 30 cm.
Sempre in Australia l’Amphibolurus barbatus mostra i denti gonfiando, sotto la gola, un vistoso sacco irto di squame acuminate e nel Nord Africa, fra il Senegal e l’Egitto, l’Uromastyx acanthinurus ostenta una coda massiccia e spinosa.
Il Phrynosoma solare dell’Arizona, fa di più : non si limita alle minacce visive, ma contrae le palpebre e schizza contro l’avversario, dagli occhi, dei sottili getti di sangue.
Divide le rocce del deserto col tozzo e ripugnante Sauromalus obesus e l’Iguanide più variopinto, la Lucertola dal collare (Crotaphytus collaris), che sopporta con mille astuzie temperature intorno ai 45 °C, letali per la maggior parte dei rettili.
Come molti Iguanidi i maschi posseggono territori personali, aperti solo alle femmine e ai piccoli, che difendono con “duelli visivi”, a distanza, ostentando i colori più brillanti.
Analogamente, nell’Africa centrale, quelli dell’Agama comune (Agama agama) si affrontano prima in schermaglie cromatiche e poi, se non basta, si dispongono parallelamente, col capo in direzione opposta, e combattono a colpi di coda.
I rapidi cambiamenti di colore, come nei camaleonti, dipendono da particolari cellule, i cromatofori, che espandendo i pigmenti in superficie o concentrandoli all’interno della cellula, ravvivono questa o quella tinta.
Al contrario di quanto comunemente si crede, i mutamenti cromatici dipenderebbero più dall’ambiente (temperatura e luce) e dallo stato d’animo (paura, aggressività, eccitamento sessuale) che da esigenze mimetiche.
Maestri in quest’arte non sono però nè le agami nè i camaleonti, ma alcune piccole iguane nordamericane del genere Anolis, che passano incredibilmente, in pochi secondi, dal verde smeraldo al marrone.
SCIENZA & VITA NUOVA – 1989