Famiglia : Chimaeridae
Testo © Giuseppe Mazza
La Chimera elefante (Hydrolagus colliei Lay & Bennett, 1839) appartiene, come gli squali, alla Classe dei Chondrichthyes, i pesci cartilaginei, all’ordine dei Chimaeriformes, un gruppo che si è affermato, stando ai fossili, circa 300 milioni di anni fa, ed alla famiglia dei Chimaeridae che conta solo 2 generi (Chimaera e Hydrolagus) e 45 specie presenti nelle acque tropicali e temperate dell’Oceano Atlantico, del Pacifico e dell’Indiano.
Animali leggendari con grandi teste, un profilo da coniglio e lunghissime code, spesso simili a fruste. Donde, in varie lingue, i nomi ricorrenti di pesci ratto e pesci coniglio o, per l’aspetto un po’ macabro, pesci spettrali o squali fantasma.
Il genere Hydrolagus nasce quindi, non a caso, dalle parole greche “hydro” (ὕδρω), acqua e “lagos” (λαγώς), lepre, mentre la specie colliei onora la memoria del medico naturalista scozzese Alexander Collie.
Zoogeografia
La Chimera elefante vive lungo le coste nordorientali del Pacifico americano, principalmente dall’Alaska sudoccidentale alla California, ma anche nelle acque costiere del Messico e più giù, fino in Costa Rica.
Ecologia-Habitat
Preferisce i litorali sabbiosi o fangosi, con temperature comprese tra i 7 ed i 9 (12) °C. È stata pescata anche 913 m di profondità, ma nuota in genere fra i 50 m ed i 400 m. Lungo le coste della California i sub la incontrano spesso intorno ai 30 m ed in cerca di cibo la si trova anche in acque bassissime.
Morfofisiologia
Sul colore di fondo bronzeo rossiccio si notano numerose macchie bianche mimetiche. Come le murene la Chimera elefante è priva di squame e a differenza degli squali le branchie presentano una copertura protettiva, come accade con l’opercolo nei pesci ossei. Le femmine, più grandi dei maschi, raggiungono con la coda, lunga quasi metà del corpo, 1 m di lunghezza.
Corto e smussato, il muso ha un profilo da coniglio con vistosi denti incisivi e una bocca piccola, ma mentre i pescicani perdono spesso i denti e li rinnovano facilmente, qui sono piastre dentarie permanenti, particolarmente solide per frantumare le eventuali corazze delle prede. Il nome italiano di Chimera elefante tiene forse in conto la testa massiccia vista di fronte e delle grandi pinne pettorali triangolari che richiamano le orecchie del pachiderma.
Il bordo anteriore della pinna dorsale reca una spina velenosa con evidente funzione dissuasiva: nell’uomo provoca solo lesioni dolorose ma uccide predatori come la Foca comune (Phoca vitulina), aprendosi nell’esofago o nello stomaco.
Nel buio, i grandi occhi verde smeraldo, fatti per acque profonde, riflettono la luce come quelli dei gatti, ed i maschi possiedono sulla fronte un particolare tentacolo dalla punta ingrossata e rugosa, una sorta di mazza per trattenere la femmina durante l’accoppiamento che può durare anche 2 ore.
Etologia-Biologia Riproduttiva
La Chimera elefante caccia per lo più di notte. Nuotando lentamente sui fondali localizza, principalmente con l’olfatto, la presenza di crostacei e molluschi bivalvi che sono alla base della sua dieta, integrata da piccoli pesci, vermi e stelle marine.
Le femmine sono ovipare come la maggior parte degli squali e depongono anche una trentina d’uova all’anno. Sono lunghe circa 12 cm, protette da un solido astuccio cilindrico, e vengono emesse 2 alla volta con un parto lunghissimo che può durare anche 30 ore. Escono con un lungo filamento che le tiene poi attaccate alla madre, penzolanti, per 4-6 giorni.
Quando si rompe le uova cadono sul fondo conficcandosi spesso nella sabbia in posizione verticale.
La madre le sorveglia dall’alto per qualche giorno abbandonandole solo quando vede che non circolano predoni e sono ben integrate all’ambiente. L’incubazione dura in genere 5-10 mesi e i piccoli alla nascita misurano circa 14 cm per raddoppiare di taglia nell’arco di un anno.
La Chimera elefante non è direttamente minacciata dall’uomo perché la carne ha un gusto sgradevole e mantiene in genere le distanze dai sub. Li attacca solo se si sente minacciata o per motivi territoriali con la spina velenosa eretta dando prova di una grande agilità quasi volasse a mo’ d’uccello con avvitamenti e picchiate sorretta da quelle due grandi pinne pettorali.
Tenuto conto della debole resilienza, con un tempo minimo di raddoppio di popolazioni di 4,5-14 anni, la specie ha oggi (2022) un indice di vulnerabilità alla pesca moderatamente elevato, segnando 50 su una scala di 100.
Sinonimi
Chimaera colliei Lay & Bennett, 1839; Chimaera neglecta Ogilby, 1888; Chimaera media Garman, 1911.
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