Gerani a bassa manutenzione. Arrivano dall’Africa australe. Fioriscono nel corso della primavera, poi “scompaiono” in un tubero o in un fusto succulento per un lungo riposo estivo. Corolle insolite e foglie stranissime per ridurre la traspirazione.
Testo © Giuseppe Mazza
Amate i gerani e volete partire in vacanza, tutta estate, senza scomodare i vicini o col rimorso d’aver abbandonato le vostre piante ? Scegliete quelli senza “manutenzione estiva”, i gerani succulenti.
Nati come sono per terre riarse, con appena 120 mm di pioggia all’anno e 45° C all’ombra, anche in pieno sole, a ferragosto, non si accorgeranno certo della vostra mancanza.
La maggior parte di queste specie proviene dalla costa atlantica sudafricana, dalla Provincia del Capo fino alla Namibia, dove si sono abituate a crescere d’inverno, a temperature relativamente basse, che permettono di “vegetare in economia” con la rugiada del mattino e l’acqua di riserva, accumulata in fusti e tuberi nelle sporadiche precipitazioni autunnali.
Fioriscono quindi per lo più nell’inverno australe, con temperature analoghe alle nostre primaverili, e poi avvizziscono perdendo tutte le foglie per un lungo riposo estivo.
Sicché dopo l’exploit primaverile, il vostro vaso non avrà più bisogno di cure. Fino a settembre-ottobre, la pianta si rifugia in un tubero, o si trasforma in una “ikebana legnosa”, da spolverare, al più, come un soprammobile.
La scelta spazia dunque fra due gruppi di gerani : i “geofiti”, che dopo la fioritura scompaiono in un tubero, e quelli a “fusti succulenti” caducifolii.
La prima categoria, più alla portata dei neofiti per la taglia relativamente modesta delle piante, offre varie scelte.
Si potrà, per “motivi storici”, adottare un Pelargonium triste così detto per il colore poco allegro dei piccoli fiori giallo verdastri, con pennellate bruno-porpora al centro. Fu il primo geranio ad arrivare in Europa, agli inizi del 1600, con una nave proveniente dalle Indie che aveva fatto sosta presso il Capo di Buona Speranza, per imbarcare acqua e viveri. E il capitano inglese, che non era certo un botanico, l’aveva imbarcato solo per i suoi tuberi, delle misteriose “patate rosse” lunghe anche 30 cm e larghe 10, con miracolose proprietà atidiarroiche. Le foglie adulte ricordano quelle delle carote, e le corolle, caso raro nei gerani, profumano leggermente di notte.
Molto simile, tanto che si è parlato di varietà o sottospecie, è il Pelargonium flavum, con insoliti fiori gialli; e a parte le vistose foglie lobate, larghe fino a 30 cm, anche i fiori del Pelargonium lobatum, con petali leggermente più grandi, porpora-scuro o neri con larghi margini giallo verdastri, hanno un look analogo.
Mentre quest’ultimo è presente solo nella Regione del Capo, gli altri due si espandono anche in territori più aridi, fin verso la Namibia, attraverso il Namaqualand, la “Terra degli Ottentotti Nama”, 350 km di costa atlantica dalla Baia di Lambert al fiume Orange, dove sono di casa il Pelargonium namaquense, alto 20 cm, con un piccolo tubero ovale, mazzetti di fiori rosati con pennellate vermiglie, e foglie frastagliatissime, quasi vellutate per gli innumerevoli peluzzi verdi, e il Pelargonium incrassatum con un piccolo tubero cilindrico, foglie sericee, lobate, ed incredibili mazzetti di 20-40 fiori purpurei, che si distinguono per i due petali superiori molto più grandi degli altri.
Non meno insolito è il Pelargonium oblongatum, il cui habitat si estende anche un po’ più a nord, fin quasi alla Namibia. Larghe foglie ovali, lunghe anche 10 cm e larghe 8, un tubero cilindrico che può raggiungere i 15 cm, e grandi fiori giallo pallido screziati di rosso. Specie in coltura, dove il cibo e l’acqua non mancano, lo stelo porta numerose pseudo-ombrelle, ciascuna con la sua ricca infiorescenza; e non è raro, come nella foto, trovare masse compatte di fiori, larghe anche più di 20 cm.
Modesto al confronto pare il Pelargonium appendiculatum presente solo in una piccola stazione della Provincia del Capo. Grande tubero, foglie grigio verdastre e villose, e piccoli fiori giallo pallido con macchiette rosa. Raro in natura, ma non negli orti botanici, come a Stellenbosch, dove il Professor Van Der Walt raccoglie ogni anno molti semi per la conservazione e la reintroduzione della specie. Una pianta d’amatori, dunque, che cresce bene in pieno sole ma anche a mezz’ombra, formando all’epoca della fioritura vaporosi “cespugli” di 40-50 cm.
Ad est del Capo di Buona Speranza, procedendo lungo la costa pacifica del Sudafrica e all’interno verso le montagne del Karoo si trovano altre zone a clima arido, con gerani geofiti legati a piogge progressivamente primaverili-estive. Fa più caldo, ma le precipitazioni sono più abbondanti, intorno ai 400-800 mm, e bisogna approfittarne per crescere.
Cosi il Pelargonium bowkeri, alto fino a 40 cm, con foglie giovanili tondeggianti (vedere foto), molto diverse da quelle adulte, finemente divise in segmenti non più larghi di 1 mm, mostra i suoi vistosi petali giallo verdastri sfrangiati di rosso porpora verso la fine della primavera australe, e scompare appassendo d’inverno.
Analogo è il comportamento del Pelargonium ochroleucum, che perde quasi completamente le foglie quando è al culmine della fioritura, con una massa incredibile di piccole corolle bianche e rosse, portate da steli di 30-40 cm; del Pelargonium schizopetalum, con foglie ovali più o meno incise o lobate, steli analoghi, e petali giallastri o bruno-porpora, specie agli apici, dove appaiono finemente divisi; del Pelargonium luridum, con foglie lunghe fino a 27 cm, lobate all’inizio del periodo vegetativo, e poi con incisioni sempre più profonde fino a formare segmenti quasi filiformi, piccioli di 30 cm, e steli lunghi anche un metro, con mazzetti di 5-60 fiori per lo più rosati; o del Pelargonium caffrum con foglie anche qui sempre più incise, e infiorescenze alte fino a 50 cm, con 7-27 fiori purpurei dai petali finemente divisi.
In questa specie e nel Pelargonium schizopetalum si notano all’uscita dei tuberi anche dei piccoli fusti succulenti, la strategia sviluppata dagli altri gerani xerofiti.
Il Pelargonium carnosum, presente dalla Namibia alla Provincia del Capo, e poi lungo la costa pacifica e all’interno sulle montagne del Karoo ed oltre, è un classico geranio a fusto succulento.
Sorretto da una vistosa radice ingrossata, raggiunge anche i 120 cm. Poche ramificazioni e tanti nodi sul fusto in corrispondenza ad antichi punti d’attacco delle foglie.
In natura, per ridurre al massimo la traspirazione, queste sono spesso ridotte a microscopiche “manine” sui lati di una robusta nervatura centrale; ma in vaso, lontano dalle asprezze dei deserti, si permettono anche grandi lobi.
I Fiori piccoli, bianchi o giallo-verdasti, con eventuali striature rosate sui petali superiori, sono arricchiti da vistosi stami rossi e sbocciano nell’estate australe.
Alto al massimo 80 cm, con foglie spatolate, il Pelargonium klinghardtense ha un aspetto simile, meno ramificato, e cresce solo in una piccola stazione sulla costa atlantica al confine fra il Sudafrica e la Namibia, con fiorellini bianchi invernali o primaverili secondo le piogge.
E analogo è il comportamento dell’elegante Pelargonium crithmifolium, di casa fra le rocce, su un aerale molto più vasto, dalla Namibia alla regione del Capo. Fusto scultoreo ramificato, verde oliva, alto circa mezzo metro, con foglie molto eleganti, finemente divise e lobi dilatati all’apice. Il look di un bonsai, con durevoli infiorescenze in alto, e corolle bianche o rosate con macchiette rosse.
Il Pelargonium echinatum del Namaqualand, alto al massimo 60 cm, si distingue per i suoi fusti succulenti spinosi, le foglie ovali-lobate tomentose, e i sorprendenti fiori primaverili bianchi con macchiette rosse a forma di cuore, che gli hanno valso, per la gioia dei commercianti, il nomignolo di “Geranio dell’amore”.
Il Pelargonium cotyledonis, endemico delle rocce vulcaniche dell’isola di Sant’Elena, è l’unico geranio con petali completamente bianchi, senza screziature. Oggi in natura è quasi estinto, ma dato che si riproduce facilmente per talea, troneggia, a mo’ di bonsai, in tutte le collezioni di gerani succulenti. Alto in genere 30-40 cm, ma anche un metro, perde le foglie d’estate, mostrando un grosso fusto dall’aspetto squamoso, ramificato fin dalla base. Lamine tondeggianti di 3-4 cm, con piccioli più lunghi, simili al tatto alla pelle di un rettile, ma facili preda del mal bianco, che è bene prevenire con periodiche irrorazioni di fungicidi.
COLTIVAZIONE
Dato che i gerani succulenti provengono tutti da zone aride, con un lungo periodo di riposo sen’acqua, nei nostri climi non si possono coltivare a cielo aperto. Occorre una serra, una veranda, o, dove le temperature sono relativamente elevate e non scendo mai sotto i 7° C, almeno il riparo di una pensilina.
Il drenaggio dei vasi, proporzionati alla pianta, dev’essere perfetto, con uno spesso strato di cocci, pozzolana, o biglie d’argilla espansa sul fondo, e un terriccio leggero di foglie decomposte, ricco di sabbia silicea e perlite.
A partire da settembre-ottobre, dopo la concimazione annuale, ricca di potassio, con un prodotto a lenta cessione del tipo 10-11-18 con oligoelementi, si bagnano 1-2 volte alla settimana, evitando ristagni nei vasi, fino alla fine della fioritura primaverile.
Poi, quando le foglie dei geofiti cominciano ad appassire, e quelle dei fusti succulenti a cadere, si riducono drasticamente le irrigazioni fino a sospenderle per il lungo riposo estivo.
E le specie a riposo invernale della costa pacifica sudafricana ?
All’ Oasi del Geranio, dove sono state scattate queste foto, le trattano come se fossero a riposo estivo.
I nostri inverni, del resto, sono troppo umidi, ed anche senz’acqua, alcune di queste piante stenterebbero ad andare a riposo; e in natura mostrano spesso una notevole adattabilità, regolando, regione per regione, il periodo di fioritura sulle piogge.
L’importante è comunque dar loro un lungo periodo di riposo.
Va infine aggiunto aggiunto che le specie della costa pacifica, con foglie generalmente più grandi, hanno bisogno, pur nella parsimonia, d’annaffiature più abbondanti.
MOLTIPLICAZIONE
A parte la riproduzione per seme, molti geofiti si moltiplicano facilmente per via vegetativa.
Specie come i Pelargonium triste, P. flavum, P. lobatum, P. bowkeri, P. schizopetalum, P. luridum e P. caffrum, producono piccoli tuberi accanto alla pianta madre e basta quindi isolarli.
Altre, col tempo, mostrano delle protuberanze sul tubero, e occorre separarle con una delicata operazione chirurgica, da effettuare d’estate, in pieno riposo vegetativo.
Il taglio va cosparso di un fungicida, e deve poi essicare all’aria per 10-15 giorni.
Analogo è il trattamento delle talee ottenute dai fusti succulenti. E per avere delle belle piante, occorre molta, molta pazienza. Per un esemplare di Pelargonium crithmifolium ‘Pink’ come quello raffigurato ci vogliono 6 anni, e al momento della foto lo scultoreo Pelargonium cotyledonis dell’Oasi del Geranio ne aveva almeno 10.
GARDENIA – 1998
→ Per apprezzare la biodiversità all’interno della famiglia delle GERANIACEAE cliccare qui.