Famiglia : Asteraceae
Testo © Dr. Salvatore Cambria
Galactites tomentosus è una specie erbacea appartenente alle Asteraceae, la famiglia di spermatofite con il maggior numero di specie a livello globale. Comprende infatti oltre 23.000 specie e 1.679 generi.
Il genere Galactites appartiene alla sottotribù Carduinae, al cui interno la sua posizione filogenetica viene considerata “basale”, ossia rappresenta uno dei primi gruppi ad essersi separato dal resto della sottotribù.
Il genere presenta notevoli affinità con Carduus, Cirsium, Lamyropsis e Ptilostemon, ma dal punto di vista morfologico si distingue soprattutto per le foglie non decorrenti, bianco-tomentose, i fiori periferici sterili, gli stami con filamenti concresciuti, il pappo di peli piumosi e l’achenio con coroncina emisferica.
Il nome del genere Galactites nasce dal greco antico “γάλα” (gala), latte, con riferimento al colore bianco della fitta peluria che ricopre il fusto e le foglie; caratteristica sottolineata in latino anche dall’epiteto specifico tomentosus, cioè “ricoperto da peluria”.
La specie è stata descritta dal botanico tedesco Conrad Moench nel 1794. In realtà già nel 1785 la pianta era stata individuata da un altro autore, il botanico e medico torinese Carlo Allioni, e nominata Centaurea elegans All.
Per il criterio di priorità presente nel codice di nomenclatura botanica quest’ultimo nome, essendo anteriore a Galactites tomentosus, sarebbe quello più corretto ed è stata quindi proposta la nuova combinazione Galactites elegans. Tuttavia, poiché la specie è stata conosciuta per un lunghissimo periodo di tempo come Galactites tomentosus è stata proposta e accettata dalla comunità scientifica la conservazione di tale nome a scapito di Galactites elegans.
Il genere Galactites include soltanto altre tre specie allo stato attuale delle conoscenze (2022). In particolare, queste sono Galactites duriaei Spach ex Durieu, diffuso in Spagna, Francia, Gran Bretagna, Andorra, Algeria e Marocco, Galactites mutabilis presente soltanto in Algeria e Tunisia ed infine Galactites × rigualii Figuerola, Stübing & Peris endemico della Spagna, dove è nota anche Galactites × riguali, ibrido tra Galactites tomentosus e Galactites duriaei.
La pianta è nota con diversi nomi locali e vernacolari, quali ad esempio Aprocchiu fimminedda, Cardunazzu, Cacucciulidda sarvaggia, Spina janca (Sicilia), Bardu angioninu, Cardu biancu, Cardu santu, Cardu de Signorus (Sardegna), Batticristi (Liguria), Scarlina (Italia), purple milk thistle (Gran Bretagna), Galactites cotonneux (Francia), Milchdistel (Germania).
Si tratta di una specie erbacea con ciclo biologico bienne caratterizzata da un fusto eretto alto sino a 1 m, ricoperto da una densa pubescenza di colore bianco e con ali provviste di spine.
La parte superiore è spesso ramificata. Le foglie presentano una disposizione alterna e hanno una lamina dalla forma pennatifida-pennatosetta. La pagina superiore è soffusa di bianco, mentre quella inferiore è bianca e tomentosa.
Anche le foglie sono dotate di spine robuste e acute, disposte sui margini. L’infiorescenza è un capolino, tipico della famiglia delle Asteraceae.
È formato da un insieme di piccoli fiori, detti flosculi, sessili e compatti, inseriti all’estremità del ricettacolo, e disposti in maniera molto densa, andando a costituire un’infiorescenza che spesso viene superficialmente scambiata per un singolo fiore, come spesso accade ad esempio con le margherite.
Nelle Asteraceae il capolino può essere formato da due tipi di fiori o da uno solo di questi: fiori tubulosi, a simmetria radiale e con corolla a 5 lobi; fiori ligulati, a simmetria bilaterale, con corolla a 5 lobi, fusi in un prolungamento nastriforme detta ligula, quella scambiata per un petalo nei fiori delle margherite.
Nel caso di Galactites tomentosus il capolino presenta una forma discoidale e viene portato da peduncoli più o meno allungati. I capolini possono essere solitari o multipli, riuniti a costituire racemi, panicoli o corimbi.
Il capolino è caratterizzato da un involucro costituito da squame che racchiudono all’interno il ricettacolo posto alla base dei fiori.
L’involucro presenta una forma campanulata ed è formato da numerose squame embricate. Queste presentano una forma triangolare e soprattutto quelle più esterne in genere hanno un mucrone, cioè un prolungamento apicale spesso spinoso. Le squame più interne sono senza spine e appiattite.
Il ricettacolo è piatto o convesso, senza pagliette, cioè bratteole di solito a forma di piccola squama di consistenza membranosa, che stanno alla base di ciascun fiore. Questi ultimi sono disposti in gran numero nel capolino e sono solamente di tipo tubuloso, ermafroditi o raramente unisessuali.
I fiori centrali sono tutti fertili, mentre quelli più periferici sono sterili, piatti, patenti e eccedenti l’involucro.
Il calice è costituito da sepali molto ridotti e rappresentati solo da piccole scaglie. La corolla presenta 5 lobi, con un tubo lungo e sottile.
Il colore è abbastanza variabile e spesso influenzato dalla tipologia di suolo in cui cresce la pianta. Infatti, sono presenti tonalità che vanno dal bianco-lilla al rosa-porpora. I fiori periferici sono più lunghi.
Per quanto riguarda la parte maschile del fiore, l’androceo, gli stami sono 5 ed hanno dei filamenti concresciuti che possiedono la particolarità di compiere dei movimenti per liberare il polline.
Le antere presentano una corta coda alla base e appendici apicali lineari-oblunghe.
La parte femminile del fiore, il gineceo, è costituito da un ovario infero e da uno stilo che termina in uno stimma bifido che sporge notevolmente dalla corolla.
Il periodo di fioritura è abbastanza prolungato, andando da aprile a luglio, secondo le condizioni climatiche locali.
L’impollinazione: avviene ad opera di insetti, quali farfalle diurne e notturne (lepidotteri, falene e coleotteri) e api. Si tratta dunque di un’impollinazione entomogama.
Il frutto è un achenio, cioè un frutto secco indeiscente, con una forma spesso obovoide e talvolta più o meno compresso. In alcuni casi può essere invece globoso o piriforme. La superficie è normalmente liscia e glabra. La parte apicale è sormontata da un anello contenete del nettare.
Similmente ad altri membri della famiglia delle Asteraceae, anche in Galactites è presente un pappo, un’appendice piumosa e leggera di avente la funzione di favorire la dispersione dei semi per l’azione del vento, nota anche come disseminazione anemocora.
L’insieme di achenio e pappo forma la cipsela, il frutto tipico delle Asteraceae. Oltre al vento e alla gravità, la dispersione dei semi avviene successivamente anche ad opera delle formiche, per cui si può parlare anche di disseminazione mirmecoria.
La specie presenta un’ampia distribuzione in buona parte del bacino del Mediterraneo e risulta spesso molto frequente. Infatti, Galactites tomentosus è presente in Marocco, Algeria, Tunisia, Francia, Grecia, Penisola Iberica, Italia e Penisola Balcanica. La specie risulta naturalizzata anche in altri paesi dell’Europa, quali Gran Bretagna e Germania.
La specie nel suo areale è frequente dal livello del mare sino a 1300 m di altitudine, colonizzando aree degradate, quali terreni incolti, ruderi, pascoli e il bordo delle strade. Dal punto di vista fitosociologico, la specie è considerata caratteristica dell’alleanza Echio plantaginei-Galactition tomentosae O. Bolòs & Molinier, 1969, che riunisce le comunità annuali sub-nitrofile presenti nei campi incolti, lungo i bordi delle strade e nelle aree dismesse.
Si associa spesso ad altre terofite nitrofile, quali Echium plantagineum, Bromus hordeaceus, Lolium rigidum, Plantago lanceolata, Plantago lagopus, Medicago rigidula, Lotus ornithopodioides, Sherardia arvensis, Melilotus elegans, Silene fuscata, ecc. Il numero cromosomico di Galactites tomentosus è: 2n = 22.
È considerata una pianta commestibile già da autori antichi, come Diodoro e Dioscoride. In particolare, vengono utilizzate l’infiorescenza giovane e il relativo scapo fiorale, che possono essere mangiati crudi come insalata, previa pulitura.
Le foglie e il fusto, sono utilizzate oltre che come insalate, anche nella produzione di conserve sott’olio o sott’aceto. Inoltre, la medicina popolare attribuisce alla specie proprietà astringenti, stimolanti, diuretiche, ipertensive e toniche. In alcune aree dell’Italia meridionale ed in particolare in Calabria, Sardegna e Sicilia, si produce un ottimo miele da questa specie.
Se nelle regioni mediterranee viene spesso considerata una fastidiosa erba infestante, in alcune aree a clima temperato di Europa e Stati Uniti la specie viene utilizzata come pianta ornamentale per il suo fogliame verde-argenteo e la ricca fioritura. Esiste anche una varietà “alba” caratterizzata da foglie variegate. In coltivazione la specie richiede terreni ben drenati ed esposizioni molto soleggiate.
Sinonimi: Lupsia galactites (L.) Kuntze (1891); Galactites pumilus Porta (1892); Centaurea galactites L. (1753); Galactites elegans (All.) Soldano (1991); Centaurea elegans All. (1785).
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