Famiglia : Falconidae
Testo © DrSc Giuliano Russini – Biologo Zoologo
Il Falco pellegrino o Falcone (Falco peregrinus Tunstall, 1771) è un rapace diurno afferente all’ordine dei Falconiformes ed alla famiglia dei Falconidae.
Zoogeografia
La sua area di nidificazione è vastissima. Essa copre quasi tutta l’Europa, gran parte dell’Asia, dell’Africa, dell’Oceania, dell’America settentrionale e l’estremo sud dell’America meridionale. Sono migratori parziali; alcuni soggetti, specialmente i giovani, con l’ arrivo della stagione fredda e del cattivo tempo, migrano verso sud, arrivando persino ai Tropici.
Numerose sono le sottospecie in cui la buona specie o l’olotipo Falco peregrinus si suddivide, ciascuna è caratterizzata da un proprio areale d’appartenenza, come dall’essere migratrice totale, parziale o sottospecie stanziale e avere quindi, luoghi di riproduzione e svernamento molto diversi.
Le varie sottospecie che caratterizzano il Falco peregrinus sono in numero di 19, quelle accettate dalla Birdlife Society a dalla International Commission for Zoological Nomenclature (ICZN):
Falco peregrinus japonensis Gmelin, 1788. È il Falco pellegrino giapponese, detto anche Falco peregrinus kleinschmidti o Falco peregrinus pleskei. Autoctono dal Nordovest della Siberia, alla penisola di Kamčatka (estremo oriente russo), fino al Giappone. La sottospecie giapponese è stanziale, quelle nord euroasiatiche migratrici.
Falco peregrinus peregrinus Tunstall, 1771. I siti riproduttivi si trovano nella fascia temperata dell’Eurasia, dai Pirenei alla tundra, dal Mar Mediterraneo alla cintura alpina meridionale. Le sottospecie asiatiche e scandinave sono migratorie, quelle europee stanziali.
Falco peregrinus calidus Latham, 1790. Si riproduce nella tundra Artica Eurasiatica e in Siberia; d’inverno è migratorio, i suoi quartieri di svernamento si trovano nell’ Africa subsahariana, ove vive nelle zone umide, come le paludi a canneti.
Falco peregrinus peregrinator Sundevall, 1837. È il Falco pellegrino indiano, di casa nell’ Asia meridionale, dal Pakistan, all’India, al Bangladesh fino la Cina occidentale. Non è una sottospecie migratoria.
Falco peregrinus macropus Swainson, 1837. È il Falco pellegrino australiano, autoctono in tutta l’Australia, tranne che nel sudovest. Non è una sottospecie migratoria.
Falco peregrinus submelanogenys Mathhews, 1912. Il Falco pellegrino del sudovest dell’ Australia. Specie non migratrice.
Falco peregrinus cassini Scarpe, 1873. Il Falco pellegrino australe. sottospecie stanziale, comprende anche la specie leucistica, il falcone pallido. Il suo areale è in Sudamerica ove si trova in Bolivia, Argentina, Cile, Ecuador, Patagonia, Terra del Fuoco e isole Falkland.
Falco peregrinus anatum Bonaparte, 1838. Il Falco pellegrino americano o Falco anatra, autoctono del Nordamerica, dalla tundra al Mexico settentrionale, come delle Montagne Rocciose. Alcuni esemplari vagabondi-erranti, possono raggiungere l’ Europa Nordoccidentale.
Falco peregrinus tundrius C.M. White, 1968. Autoctono della tundra artica del Nordamerica e della Groenlandia. Migra per svernare nell’ America centrale e in Sudamerica.
Falco peregrinus palei Ridgway, 1873. Il Falco peale, autoctono del Pacifico nord-occidentale dell’America, dallo stretto di Puget alla Columbia Britannica. Non è una sottospecie migratrice.
Falco peregrinus minor Bonaparte, 1850. Autoctono in poche aree subsahariane e nel Sud Africa, si spinge fino le coste del Marocco. È un non migratore.
Falco peregrinus madens Ripley, Watson, 1963. Presenta un bicromatismo sessuale. Autoctono delle isole di Capoverde. Non migratore.
Falco peregrinus brookei Sharpe, 1873. Il Falco Maltese o Mediterraneo. Non migratore. È autoctono in tutta l’area mediterranea a partire dalla Penisola Iberica, al Caucaso, dove è assente solo nelle sue zone più aride.
Falco peregrinus madama Hartlaub, 1861. Presente solo in Madagascar e isole Comore. sottospecie non migratrice.
Falco peregrinus furuitii Momiyama, 1927. Endemico delle isole Ogasawara e Izu, Giappone sottospecie rara, non migratrice.
Falco peregrinus ernesti Sharpe, 1894. Non migratore, presente nelle Filippine, Papua-Nuova Guinea meridionale e nell’ arcipelago delle Bismarck.
Falco peregrinus babylonicus Sclater, 1861. Autoctono dell’Iran orientale, lungo le catene dell’Hindu Kush. Svernano nel nord dell’India.
Falco peregrinus pelegrinoides Temminck, 1829. Isole Canarie, Nord Africa, Vicino Oriente, Iraq. Non migratore.
Falco peregrinus nesiotes Mayr, 1941. Non migratore, autoctono delle isole Figi, Vanuatu e Nuova Caledonia.
Ecologia-Habitat
Il falcone è numeroso soprattutto nei boschi di una certa estensione e in particolare in quelli ove si ergono pareti rocciose. Lo si trova anche in montagna, nelle regioni brulle e lungo le coste.
Talvolta, lo si osserva persino sui campanili delle chiese e sulle torri dei castelli. Generalmente viene sempre attirato dalle pareti verticali più inaccessibili.
Trova però la maniera d’adattarsi e nidificare, sulle tundre dell’emisfero boreale, ad esempio nella penisola dei Samoiedi (o Saamod, Saamid a nord degli Urali e della Siberia), sebbene queste non gli offrano pareti rocciose.
Il falco pellegrino è un uccello robusto, ardito e straordinariamente agile. Vola rapido, con forti battiti d’ ala, ma difficilmente s’innalza a grandi altezze.
Quando spicca il volo, allarga le penne della coda, percorre un breve tratto tenendosi a poca distanza da terra, poi si eleva.
Di indole prudente e sospettosa, preferisce trascorrere le notti nelle pinete o nei boschi ad alte conifere; se nelle regioni in cui vive non esistono, si posa sul picco di una roccia.
Nella tundra, biotopo poco popolato, il falcone è feroce e teme moltissimo l’essere umano.
Al contrario, nelle città dove è assuefatto alla presenza dell’ umano, diventa incredibilmente coraggioso.
Nella parte nordorientale dell’Africa, ed in maniera particolare in Egitto, si posa senza timore sulle palme e sui Sicomori (Ficus sycomorus), che crescono nelle piazze dei mercati, sulle rovine dei templi, sui tetti delle case, sulle piccionaie che utilizza come basi di partenza, per le spedizioni di caccia. È certo che, se la sua capacità di adattamento fosse stata meno sviluppata, il falco pellegrino, non si sarebbe potuto piegare a condizioni ambientali e biotopi tanto diversi, con un notevole riduzione del suo areale di distribuzione.
Morfofisiologia
Il Falcone misura da 38 a 58 cm di lunghezza e pesa 600-1.000 g. La femmina è sempre più grossa del maschio, dimorfismo somatico-sessuale. Non è più grande di un colombo selvatico, ma è molto più tozzo di quest’ ultimo. Malgrado le dimensioni non eccessive, è un terribile predatore davanti al quale tutti gli uccelli fuggono, corvi imperiali compresi.
Il solo che osi affrontarlo è il Labbo codalunga (Stercorarius longicaudus Vieillot, 1819), che talvolta ne aggredisce persino i piccoli.
Le larghe ali del Falco peregrinus, sono triangolari, spesso incurvate a foggia di mezzaluna; la corta coda ha l’ estremità quadrata, il petto è largo, la testa rotonda ed il collo breve. La parte superiore del collo è di colore blu-grigio, quella inferiore biancastra, barrata di nero.
La parte alta della testa e le guance, sono nere così come i lunghi “baffi”, mentre il mento e la gola sono bianchi. Presenta zampe robuste, con artigli taglienti e uncinati. Sono carnivori e vivono in libertà, mediamente 10-15 anni.
Etologia-Biologia Riproduttiva
Come tutte le specie affini, anche il falcone caccia principalmente in volo e, sebbene talvolta catturi uccelli posati sui rami, raramente insidia quelli posti sul terreno. Se per caso insegue un uccello sul terreno, si dimostra impacciato e goffo e spesso la sua caccia risulta infruttuosa.
Il biologo ornitologo Hoymer, che studiò questo uccello dal 1940 fino al 1976, racconta di aver visto un falco pellegrino scagliarsi almeno cinquanta volte su una colomba posata su un terreno, senza riuscire ad afferrarla.
In un’ altra occasione invece, vide un falcone inseguire un piovanello. Quest’ ultimo, si posò tranquillamente sull’ acqua di uno stagno e il rapace si scagliò su di lui invano. Scoraggiato dall’ inutilità dei suoi tentativi, si allontanò. Il piovanello allora s’ involò, dirigendosi verso l’ altra sponda dello stagno. Il falcone allora ritentò l’ attacco, ma fallì di nuovo; dopo un serie di infruttuosi tentativi desistette definitivamente.
Quando i tentativi del falco pellegrino, di catturare una preda a terra, non vengono coronati da successo, ricorre all’ astuzia. Se lo si vede posato in mezzo a un campo, è sicuro che in prossimità vi è un gruppo di pernici. Non appena queste prendono il volo, il rapace ne ghermisce una facilmente, ma se il gruppo rimane a terra, le lascia tranquille.
Si dimostra paziente, ingannandole, mantenendosi immobile per tutto il tempo. Quando le pernici lo credono lontano, spiccano il volo, ed a questo punto una di esse viene sicuramente catturata e uccisa dal rapace.
I piccioni pagano un pesante tributo alla nutrizione del falco pellegrino. Posato su una roccia, ne segue le evoluzioni a terra e in cielo. Generalmente i piccioni non lo scorgono subito, ma quando lo avvistano è ormai troppo tardi! Terrorizzati, cominciano a volare in modo disordinato nell’aria, senza meta o una direzione di fuga precisa. Giunto sullo stormo, il falcone si innalza di circa 10 m su di esso, mostrando la sua abilità al volo, punta un piccione del gruppo e piombando obliquamente verso il suolo, seguendo tutti gli spostamenti disordinati della preda, arriva a ghermirla.
Talvolta il piccione riesce a sfuggirgli, allorché sta per afferrarla, il rapace allora sfruttando la velocità acquisita in picchiata, riprende subito quota senza battere le ali, per ripartire a tutta velocità.
In meno di dieci secondi raggiunge di nuovo il malcapitato piccione, che pensava di essersi salvato. A questo punto il falcone ripiega le ali ai suoi fianchi e uccide l’uccello.
Tutti gli uccelli inseguiti dal falco pellegrino, tentano di salvarsi fuggendo.
Come accennato persino i corvi imperiali e le grosse cornacchie, solitamente coraggiosi, non osano attaccarlo e fuggono alla sua vista a tutta velocità.
Solo lo stercorario Labbo codalunga (Stercorarius longicaudus Vieillot, 1819), lo assale coraggiosamente e lo insegue nella tundra dell’estremo nord, talora mettendone in pericolo anche la prole.
Una volta che un falcone ha catturato la preda, la porta nel suo nascondiglio tenendola tra gli artigli e la uccide beccandola alla nuca. Se si tratta di un volatile pesante, quindi difficile da trasportare, lo caccia scagliandosi a tutta velocità sul suo corpo, stordendolo. La preda cadrà a terra più o meno ferita e il falcone lo divorerà sul posto, dopo averlo più o meno spennato.
Durante un inseguimento un falco pellegrino raggiunge velocità strabilianti: si vede un oggetto piombare dal cielo, si ode una specie di fischio, ma tutto è così rapido, che non si riesce a riconoscere subito il rapace. A causa di questa sua incredibile velocità, che raggiunge i 300 Km/h, non riesce a catturare gli uccelli posati su suolo. Infatti, piombando su una preda immobile, rischierebbe di sfracellarsi a terra!
Il biologo zoologo tedesco Peter Simon Pallas, già in passato riferì che, quando un falcone insegue un’anatra, affonda talora nell’acqua a una profondità tale da non essere più in grado di risalire in superficie e muore annegato. Alcune volte, essendo audace, coraggioso e agilissimo, porta via anche la preda ai cacciatori che l’hanno appena abbattuta. Il ciclo riproduttivo, comincia alla fine di febbraio. In questo periodo le coppie tornano ad occupare il territorio, dove hanno nidificato l’ anno precedente. Maschio e femmina, che per tutto il resto dell’ anno sono piuttosto silenziosi, divengono assai rumorosi.
Per buona parte della giornata, le loro evoluzioni aree, vengono accompagnate da ampi stridii. Come accennato, il falcone non costruisce un nido vero e proprio, si accontenta di scavare una buca nel terreno, generalmente in un luogo raggiungibile solo per via area, sempre nel territorio ove abita. Può essere un cornicione roccioso di almeno 50 cm di larghezza, un foro all’interno di una falesia o anche un vecchio nido di corvo.
In pianura sfrutta i nidi abbandonati da altri rapaci, situati sulle cime degli alberi. Nelle steppe, nidifica anche sulla sabbia.Verso la fine di marzo, o i primi di aprile, la femmina depone 3-4 uova tondeggianti, dal guscio giallastro, macchiato di bruno e rosso, che i coniugi covano alternativamente per 28-30 giorni (per uovo, dato che a volte l’ incubazione comincia dalla deposizione del primo uovo).
In seguito entrambi i genitori, allevano i piccoli insieme ed il continuo andirivieni, spesso accompagnato da acute grida, rivela da lontano la presenza del nido di questo uccello. I piccoli, vengono amorevolmente nutriti con uccelletti spennati con cura dalla madre, o in sua assenza dal padre.
Non appena hanno imparato a volare, vale a dire a l’età di circa cinque settimane, i genitori insegnano loro a cacciare sino alla fine di luglio, quando la famiglia si scinde.
Le prede abituali del Falco peregrinus sono piccioni, storni, pavoncelle, pernici, allodole e piccoli trampolieri. Non disdegnano i micromammiferi (rosicanti vari) e qualche rettile. È l’incubo degli allevatori di piccioni, e cercano purtroppo d’ucciderlo in tutti i modi.
Attualmente, il falco pellegrino si sta facendo sempre più rarefatto, la popolazione è parte della lista rossa della IUCN, questo è un fatto molto pericoloso per l’equilibrio e l’ecologia dell’avifauna mondiale. In America settentrionale, tale riduzione è già bene evidente, come ci fanno notare i biologi ornitologi, ma la cosa è ancor più seria nell’ Europa occidentale. In parte ciò viene attribuito all’avvelenamento secondario da insetticidi (DDT, dieldrine, HCH, ecc.).
Queste sostanze, modificano il metabolismo del calcio nelle femmine, rendendole sterili e quindi intossicandole, nel contempo bloccano la spermatogenesi nei maschi. Il fenomeno si sta allargando a macchia d’ olio, per cui gli zoologi si domandano se il Falco peregrinus non è una specie destinata in maniera irreversibile all’estinzione!
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