Testo © Prof. Paolo Grossoni
Fagaceae è una famiglia dell’ordine Fagales Engl. che dall’ultima revisione effettuata nel 2016 dall’Angiosperm Phylogeny Group (APG IV) risulta composto da sette famiglie: Nothofagaceae Kuprian (1 genere; America meridionale e Oceania), Fagaceae Dumort. (8 generi; emisfero settentrionale), Myricaceae Rich. ex Kunth (3 generi; cosmopolita), Juglandaceae DC. ex Perleb. (9 generi; Eurasia e continente americano), Casuarinaceae R.Br. (4 generi; Oceania e Asia sud-orientale), Ticodendraceae Gómez-Laur. & L.D.Gómez (1 genere monospecifico; Messico e America centrale) e Betulaceae Gray (6 generi; emisfero settentrionale) per un totale di 32 generi e circa 1.300 specie, tutte legnose.
L’ordine, istituito da Adolf Engler nel 1892, comprendeva Fagaceae e Betulaceae; successivamente, nell’ordine sono state inserite anche Balanopaceae e Ticodendraceae. Nel 1998 la prima revisione curata dall’Angiosperm Phylogeny Group ha modificato l’ordine staccando le Balanopaceae e inserendovi Myricaceae, Juglandaceae, Casuarinaceae e Nothofagaceae (quest’ultima è una famiglia costituita ex novo; precedentemente Nothofagus Blume era un genere compreso nelle Fagaceae).
In questo modo le recenti revisioni hanno modificato l’assetto sia dell’ordine sia delle sue famiglie all’interno delle quali sono stati compiuti degli importanti cambiamenti. I fiori femminili, provvisti di un ovario infero suddiviso in 3-(6 o più) carpelli, sono contenuti all’interno di involucri membranacei protettivi che successivamente si differenziano nelle cupole che avvolgono parzialmente o totalmente i frutti.
La famiglia delle Fagaceae è costituita da specie prevalentemente arboree con soli macroblasti (rami con internodi lunghi) oppure anche con brachiblasti (rami corti); hanno gemme sessili, pauci- o pluriperulate con le perule embricate; nei castagni la gemma apicale abortisce ed è la gemma immediatamente al di sotto che germoglia producendo il nuovo ramo (ramificazione simpodiale). Le foglie sono dorsoventrali, penninervie e disposte alterne spiralate ma, spesso, apparentemente distiche per la torsione del picciolo in modo da esporre alla luce la maggiore superficie possibile. Esse sono semplici, con stipole decidue; la lamina, più o meno coriacea e spessa, da glabra a fittamente pubescente, ha forma da ovale ad ellittico-allungata con l’apice anche lungamente appuntito; il margine è per lo più serrato ma in molte specie è intero, dentato o lobato. Le foglie cadono nell’anno (decidue) oppure a partire dalla fine del secondo anno (persistenti) o, più raramente, semipersistenti perché cadono nell’anno successivo durante l’emissione di quelle nuove.
Il legno è discolore con la parte più esterna (l’alburno) da bianco avorio a giallognolo o grigio chiaro e quella interna (il duramen) colorato più o meno intensamente da grigio a bruno o da arancione a rossiccio; in genere è pesante, duro, solido e resistente ai parassiti. A seconda della disposizione dei vasi legnosi (trachee) nell’anello annuale e del diametro del loro lume cellulare, una parte delle specie è definita a ‘porosità anulare’ (le trachee del legno primaverile hanno ampi diametri) o a ‘porosità diffusa’ (tutte le trachee hanno diametri relativamente ridotti e simili fra loro) o, ancora, ‘semiporosa’ (porosità intermedia fra le prime due). Non in tutte le specie è agevole distinguere gli anelli.
Le specie sono in maggioranza monoiche, rare sono le dioiche; hanno infiorescenze unisessuali o miste (androgine); quelle maschili e quelle androgine sono amenti rigidi o flessibili, eretti o penduli, spesso folti oppure sono a capolino (in Fagus); quelle femminili sono brevi amenti (anche chiamati ‘spighette’) con 2-15 fiori; Lithocarpus e Notholithocarpus possono avere fiori solitari. All’interno dell’involucro il numero base dei fiori è 3 ma nel corso dell’evoluzione questa configurazione si è modificata: in Quercus, Lithocarpus e Notholithocarpus solo il fiore centrale è fertile mentre in Fagus è il fiore centrale che è sterile; in Castanopsis e Chrysolepis il numero dei fiori funzionali varia da 1 a 3 e in Trigonobalanus nello stesso involucro possono esserci da 1 a 7 fiori (i trigonobalanoidi sono i taxa più arcaici della famiglia).
Agli inizi del differenziamento i fiori sono bisessuali poi o gli stami o i pistilli si trasformano e diventano sterili e i fiori restano unisessuali; essi sono apetali con un calice minuto; Quelli maschili hanno da (6) 8 a 20 (60) stami mentre i femminili hanno l’ovario infero con 3 (6) carpelli (in Castanea sono 6-9), monostilari e contenenti due ovuli ciascuno. Il primo ovulo fecondato inibisce gli altri 5 ovuli che abortiscono e quindi ogni frutto contiene un solo seme. Con l’eccezione di Fagus e Quercus, gli involucri sono inseriti, singoli o aggregati in numero limitato (2-5), lungo la porzione basale di infiorescenze maschili che diventano così miste. L’impollinazione è anemogama ma in Castanea, in Castanopsis e in Chrysolepis può essere attuata anche da insetti attirati dalla presenza di nettarii e dall’emissione di sostanze aromatiche.
La cupola, con un peduncolo più o meno lungo, è derivata principalmente dall’involucro che durante lo sviluppo del frutto si è trasformato in (1) 2-4 (8) valve più o meno notevolmente lignificate che si saldano o si fondono insieme mentre le bratteole esterne si modificano in squamette, in processi spinosi, in spine o in lamelle concentriche. A seconda delle specie la cupola include parzialmente o completamente i frutti in un numero corrispondente a quello dei fiori fertili dell’involucro infiorescenziale. In Notholithocarpus e Trigonobalanus e in parte di Quercus e Lithocarpus il frutto è solo parzialmente incluso nella cupola che ha forma a coppa, a scodella o a piattino; nelle altre specie di Quercus e Lithocarpus e in tutti gli altri generi la cupola racchiude totalmente il frutto anche se in Castanopsis la cupola può iniziare ad aprirsi quando è ancora sulla pianta.
Il frutto è una noce trigonale (Chrysolepis, Fagus e Trigonobalanus), ovoidale o turbinata (a cono rovesciato), che matura nell’anno (Fagus, Castanea e parte delle querce) o in quello successivo (le altre specie quercine e gli altri generi); il seme è privo dell’endosperma e i nutrienti per l’embrione sono accumulati nei cotiledoni. Comune ai frutti di tutte le Fagaceae è la fitta pubescenza del tegumento interno a contatto con il seme (endocarpo); anche il numero delle valve della cupola ha valore diagnostico perché la cupola di Lithocarpus, Notholithocarpus e Quercus è costituita da un solo pezzo (anche se, in realtà, nelle querce essa deriva dalla fusione totale di 2 valve), Castanea, Castanopsis e Fagus hanno la cupola formata da 4 valve, Trigonobalanus da 5 mentre quella di Chrysolepis ha un numero variabile di valve (spesso 7, di cui 2 interne) libere e non saldate.
Durante la germinazione i cotiledoni restano all’interno dei tegumenti (germinazione ipogea); i semi di faggio sono profondamente dormienti mentre quelli degli altri generi non sono dormienti e germinano prontamente anche se, per es. in Quercus e Castanea, è poi la plantula che entra in dormienza. La conservazione dei semi, anche disidratati e conservati a temperature prossime a 0 °C, non è agevole perché essi o sono ‘recalcitranti’ e perdono rapidamente la capacità germinativa (Castanea, Lithocarpus, Notholithocarpus, Quercus e Trigonobalanus) o sono ‘subortodossi’ e possono essere conservati al massimo per 4-6 anni.
Il numero cromosomico è 2n = 24, unica eccezione è Trigonobalanus (2n = 14); fra le popolazioni naturali non sono conosciuti casi di poliploidia. Una delle ragioni dello spostamento del genere Nothofagus ad un’altra famiglia è dovuta al fatto che tutte le specie sono 2n = 26.
Alle Fagaceae sono ascritte quasi un migliaio di specie (927 secondo Christenhusz e Byng e 969 secondo The Plant List) ripartite in 8 generi suddivisi in 2 sottofamiglie:
- Fagoideae con Fagus L., una decina di specie decidue diffuse nelle regioni temperate dell’emisfero settentrionale;
- Quercoideae con gli altri generi:
– Castanea Mill., 8 specie decidue diffuse nell’emisfero settentrionale;
– Castanopsis (D.Don) Spach, 120 specie sempreverdi delle regioni tropicali e subtropicali dell’Asia centro-orientale, continentale e insulare;
– Chrysolepis Hjelmq., 2 specie sempreverdi della costa occidentale, dalla California allo stato di Washington;
– Lithocarpus Blume, circa 300 specie sempreverdi in un areale simile a quello a di Castanopsis ma mancanti nella regione indiana;
– Notholithocarpus Manos, Cannon & S.H.Oh, 1 specie sempreverde in California e Oregon;
– Quercus L., 530 specie decidue, semipersistenti e sempreverdi, distribuite in tutto l’emisfero settentrionale;
– Trigonobalanus Forman, 3 specie sempreverdi con areali disgiunti; nel 1989 Nixon e Crepet hanno proposto il frazionamento del genere in 3 nuovi generi monospecifici: Trigonobalanus Forman e Formanodendron Nixon & Crepet (Sudest asiatico), Colombobalanus Nixon & Crepet (Colombia).
Oltre al drastico trasferimento del genere Nothofagus in un’altra famiglia e alla proposta di scomporre il genere Trigonobalanus, nelle Fagaceae vi sono svariate specie che sono considerate ‘critiche’ e oggetto di revisioni tassonomiche.
Ad esempio Notholithocarpus densiflorus (Hook. & Arn.) Manos, Cannon & S.H.Oh, endemismo della California e dell’Oregon meridionale e unica specie del suo genere, fino ad alcuni anni fa era inserito nel genere Lithocarpus e prima ancora apparteneva al genere Pasania (Miq.) Oerst., poi soppresso e unificato con Lithocarpus. Il Faggio orientale (F. orientalis Lipski), inizialmente descritto come specie, nel 1986 è stato inserito in F. sylvatica L. (il Faggio europeo) ma recentemente è stato riportato al rango di specie. Anche Quercus calliprinos Webb, classificata nel 1838 come specie, è stata successivamente considerata sottospecie di Q. coccifera L. (entità stenomediterranea), poi riportata al rango di specie e ora riconsiderata sottospecie di Q. coccifera. Anche per il numero elevato di taxa, il maggior numero di ricerche tassonomiche all’interno della famiglia ha come oggetto il genere Quercus.
Le Fagaceae sono molto comuni e soprattutto ampiamente diffuse in zone collinari e montuose di buona parte delle regioni temperate, subtropicali e, sia pure meno coinvolte, anche tropicali dell’emisfero settentrionale dove formano foreste anche pure ma solitamente miste con conifere (soprattutto Abies, Picea e Pinus) e altre latifoglie. La variabilità di ambienti che esse occupano riflette esigenze ecologiche anche molto differenziate non solo fra i generi ma anche fra le specie di uno stesso genere e, considerate le varianti esistenti, tutto ciò rende impossibile riepilogare sinteticamente le modalità di attuazione dei processi di sviluppo e di regolazione.
Per gli stessi motivi è troppo complesso sintetizzare le malattie che colpiscono queste piante o i parassiti che le infestano. In ogni caso è da tenere presente che, oltre ai patogeni che danneggiano rami e foglie o provocano cancri e marciumi a rami, tronchi e radici, danni anche estesi vengono causati da numerosi insetti lignivori o defogliatori e che uccelli e mammiferi, soprattutto roditori e ungulati, nel periodo idoneo prediligono i loro frutti eliminandone la maggior parte. Oltre a queste “sofferenze” sono da considerare i diretti interventi antropici perché molto spesso all’eliminazione di intere foreste faceva e fa seguito lo sviluppo di insediamenti urbani o l’impianto di colture specializzate quali castagneti, pioppeti, frutteti, vigneti, colture agrarie, pascoli, ecc..
A seconda delle esigenze, per la produzione di legna le fagacee vengono allevate ad alto fusto oppure ceduate. Fin dagli albori delle civiltà il loro legno ha accompagnato l’uomo nelle sue attività sia per fornire calore (legna da ardere e carbone derivato) sia per ottenere materiale per molteplici usi: costruzioni edili e navali, travi e pali, listelli per pavimenti e per tetti, mobili, compensati, impiallacciature, pasta per cellulosa e numerosi altri manufatti di piccole dimensioni necessari per molteplici impieghi (botti, traversine ferroviarie, calci dei fucili, attrezzi da lavoro o per attività ludiche, ecc.). Sempre dal legno, ma anche dalle cortecce e dalle cupole, si ricavano tannini per la concia delle pelli o per la produzione di inchiostri, lacche e come mordenti nella tintura di tessuti; questi polifenoli entrano inoltre in preparazioni per erboristeria e per cosmesi.
Loro estratti vengono impiegati in fitoterapia come antivirali e, soprattutto, come analgesici, antisettici e vasocostrittori. I frutti di alcuni castagni entrano nell’alimentazione umana e quelli di numerose altre fagacee servono per il sostentamento della fauna selvatica e per l’allevamento zootecnico (in particolare, per i suini).
Infine, diverse specie vengono impiegate nel verde ornamentale per la longevità, il portamento e l’aspetto della chioma, tutte valenze ancora più facilmente apprezzabili negli esemplari isolati.
In Europa sono spontanei Fagus (2 specie), Castanea (1 specie) e Quercus (una trentina di specie di cui 8 incerte come “rango tassonomico”). La sistematica delle querce è sempre stata molto complessa (già Antonino Borzì, direttore dell’Orto Botanico di Palermo, nel 1911 aveva scritto «[…] il genere Quercus rappresenta la perfetta negazione del concetto di specie […] si tratta di un immenso caos […]». Queste difficoltà sono soprattutto dovute al fatto che spesso sullo stesso territorio sono presenti più specie quercine anche geneticamente compatibili; per questo motivo sono possibili casi di ibridazione interspecifica che possono portare all’affermazione di individui con tratti morfologici più o meno intermedi.
Pur essendo occasionali, queste ibridazioni possono però ripetersi durante la potenzialmente lunga vita di una quercia; inoltre è da tenere presente che anche esemplari ibridi possono venire impollinati da esemplari di una delle due specie parentali portando, in un genoma già ibrido, all’introgressione di ulteriori geni di quella specie ampliando in questo modo non solo la casistica delle varianti morfologiche ma anche avvicinando maggiormente il genoma risultante al genoma del genitore.
Tutto ciò determina notevoli incertezze e discordanze che a loro volta interferiscono sull’attribuzione del rango tassonomico di un determinato taxon e, quindi, anche sulla sua presenza in un territorio, anche se circoscritto. Anche per Castanea si conoscono numerosi esempi di ibridazione spontanea o realizzata dall’uomo, ma lo scarso numero di specie per regione geografica (1 in Europa e Asia occidentale, 4 in Asia orientale e 3 in Nord America) è tale da non creare particolari problemi di classificazione. A proposito di questo genere, nel Nord America è stato segnalato un ibrido intergenerico fra Castanea e Castanopsis, ×Castanocastanea P.V.Heath.
I faggi (Fagus L.) sono alberi decidui e relativamente longevi che formano estese foreste nelle regioni temperate.
Morfocaratteri utili per il riconoscimento sono il ritidoma (la corteccia esterna) da grigio chiaro a grigio azzurrino e sempre liscio, le lunghe gemme fusiformi e pluriperulate sui macroblasti, le infiorescenze maschili in capolini di 6-16 fiori e le faggiole peduncolate, ovali e spinescenti, che racchiudono totalmente due frutti trigonali. Le specie sopportano bene le basse temperature e l’ombreggiamento e sono più o meno mesofile nei riguardi dell’acqua ma, in ogni caso, non tollerano secchezza atmosferica e periodi di aridità estiva.
Fagus sylvatica è il faggio dell’Europa occidentale mentre F. orientalis Lipsky occupa il settore europeo sud-orientale e l’Asia occidentale dall’Anatolia ai Monti Elburzi; fra gli altri faggi interesse soprattutto ornamentale hanno il faggio americano (F. grandifolia Ehrh.) e F. crenata Blume del Giappone.
I castagni (Castanea Mill.), soprattutto Castanea sativa Mill., possono raggiungere dimensioni notevoli ed età considerevoli. Sono famosi il “Castagno dei cento cavalli” e il “Castagno di Sant’Agata”, in Sicilia sulle pendici dell’Etna, che hanno un diametro di 7 m e un’età stimata intorno a 2.000 anni; il primo ha formato una ceppaia che, grazie ai polloni che via via ha prodotto, si è ampliata nel tempo fino a un diametro di 22 m circa.
Il ritidoma, liscio e da grigio a brunastro, si ispessisce nel tempo fessurandosi e formando dei cordoni rilevati, molto allungati longitudinalmente e anche leggermente sinuosi. I giovani rami hanno gemme piccole, ovoidali e pauciperulate; la gemma apicale cade molto precocemente; le foglie, decidue, sono dentate, con consistenza inizialmente erbacea poi coriacea.
La fioritura è tardiva (fine primavera – inizio estate) con infiorescenze erette sia maschili sia androgine; la cupola (il riccio), subsferica con un diametro di 5-10 (11) cm e ricoperta di spine, anche ramificate, rigide e molto pungenti, contiene un solo frutto (C. pumila (L.) Mill., C. ozarkensis Ashe, C. henryi (Skan) Rehder & E.H.Wilson e cultivar di marroni; le prime due specie sono americane, la terza è cinese), nelle altre specie i frutti sono di norma 2 o 3.
I castagni sono acidofili e non tollerano suoli alcalini. A causa della tardiva fioritura hanno bisogno all’inizio dell’autunno di temperature ancora relativamente elevate per poter maturare i frutti; per questo motivo in Europa, dove il castagno (C. sativa) fu estesamente diffuso dai Romani, pur vegetando in tutta l’Europa centrale fruttifica regolarmente solo nelle regioni mediterranee, purché non aride in estate.
Questa incapacità è stata descritta anche da Hermann Hesse nell’inizio del suo “Narciso e Boccadoro” (“Narziß und Goldmund”) ambientato in Germania nel Baden-Württemberg.
L’uomo ha notevolmente diffuso il castagno sia per ricavarne legna e derivati, sia per i frutti. Praticamente fino alla metà del XX secolo le castagne hanno costituito una delle fonti essenziali per il sostentamento delle popolazioni dell’alta collina o della bassa montagna però questa intensa coltivazione dei castagni in popolamenti monospecifici ha favorito la diffusione di diverse gravissime fitopatie.
Fra queste la più devastante per la specie mediterranea e per quelle americane è stato il ‘cancro corticale’ causato dall’ascomicete Cryphonectria parasitica, ormai considerato una delle 100 specie invasive più dannose, che ha inflitto gravissimi danni al patrimonio castanicolo europeo e ha praticamente distrutto la componente adulta dei castagni americani.
Malgrado ciò in diverse regioni europee e asiatiche i castagni vengono ancora intensamente coltivati per la produzione dei frutti (castagne e marroni).
Il genere Quercus L. è costituito da numerose specie (530 secondo Mabberley, 2017) più o meno molto longeve.
Il tratto morfologico che immediatamente identifica una quercia è la ghianda, noce solitaria solo parzialmente inclusa in una cupola emisferica rivestita da squame in genere appressate e decorrenti ma a volte subulate e più o meno riflesse o fuse tra loro e ordinate in anelli.
Le foglie sono decidue, persistenti o, in alcuni casi, semipersistenti; esse sono semplici, dorsoventrali, penninervie, da lineari ad ampiamente ovate, con picciolo più o meno lungo, pubescenti, glabre o glabrescenti; il margine può essere intero, lineare o lobato, oppure può essere crenato o dentato; le querce decidue hanno foglie dapprima di consistenza erbacea poi diventano coriacee mentre le foglie di quelle sempreverdi sono subito sclerofilliche (cuoiose e spesse).
Forme e dimensioni delle foglie possono variare non solo all’interno della specie ma anche sullo stesso individuo a seconda se sia in fase giovanile o adulta (eteroblastia o eterofillia: un tipico esempio è Quercus ilex L.).
Le infiorescenze maschili sono amenti gracili e penduli lunghi qualche centimetro mentre i fiori femminili, ciascuno circondato dal proprio involucro, sono solitari o portati su brevi e robuste “spighette” pauciflore.
L’impollinazione è anemogama e, a seconda delle specie, la maturazione del frutto è annuale o biennale.
Denk e collaboratori (2017) hanno suddiviso il genere nei sottogeneri Quercus e Cerris; il primo è ripartito in 5 sezioni: Quercus (emisfero settentrionale), Protobalanus (California meridionale e Messico nord-occidentale), Ponticae (Caucaso e California settentrionale), Virentes (Stati Uniti sud-orientali, Messico, America Centrale e Caraibi), Lobatae (America settentrionale e centrale, Colombia); il secondo in 3 sezioni: Cerris e Ilex (Eurasia e Nord Africa) e Cyclobalanopsis (Asia tropicale e subtropicale).
A seconda della specie, le querce vivono dalle regioni tropicali fino a tutta la zona temperata fredda caratterizzando molto spesso le locali formazioni boschive d’alto fusto.
In Europa, fra le specie indigene più diffuse e più utilizzate e, come tali, anche patrimonio culturale, Q. faginea Lam. (quercia lusitana), Q. frainetto Ten. (farnetto), Q. petraea (Matt.) Liebl. (rovere), Q. pubescens Willd. (roverella), Q. pyrenaica Willd. (quercia dei Pirenei), Q. robur L. (farnia) appartengono alla sez. Quercus, Q. cerris L. (cerro) e Q. suber L. (sughera) alla sez. Cerris e Q. ilex L. (leccio) alla sez. Ilex. Fra le esotiche, la nordamericana Q. rubra L. (quercia rossa; sez. Lobatae) è quella che ha destato la maggiore attenzione sia per il suo legname sia per il suo valore paesaggistico.
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