Famiglia : Euphorbiaceae
Testo © Pietro Puccio
La specie è originaria delle Antille Olandesi, Antille Venezuelane, Bahamas, Belize, Bermuda, Brasile (Acre, Amazonas, Amapá, Espirito Santo, Minas Gerais, Pará, Rio de Janeiro, Roraima, Rondônia, São Paulo, Tocantins e Trindade), Colombia, Costa Rica, Cuba, Ecuador, El Salvador, Giamaica, Guatemala, Guyana, Haiti, Honduras, Isole Sopravento, Isole Sottovento, Isole Turks e Caicos, Panama, Portorico, Repubblica Dominicana, Suriname, Trinidad-Tobago, USA (Florida) e Venezuela, dove cresce nelle boscaglie e foreste secche decidue o su suoli pietrosi e rocciosi in pieno sole, spesso in prossimità del mare.
Il genere prende nome da Euphorbus, medico personale del re di Numidia, Giuba II (52 a.C.-23 d.C.), che gli dedicò queste piante in un trattato che ne descriveva le virtù medicamentose; il nome specifico è la combinazione di Tithymalus e del suffisso greco “-οειδής” (-oeidés), da “εἶδος“ (êidos) = forma, aspetto, quindi simile al genere Tithymalus.
Nomi comuni: bird cactus, Christmas candle, devil’s backbone, Japanese poinsettia, jewbush, redbird cactus, redbird flower, gibbo cactus, slipper flower, slipper plant, zigzag plant (inglese); echine du diable, herbe à cors, pantouflier (francese); dois amores, dois-irmãos, picão, sapatinho-do-diablo, planta-zique-zaque, sapatinho-do-judeu, sapatinho-dos-jardins, (portoghese – Brasile); cacto cardenal, cacto zapatilla, dictamo real, gallito colorado, ipecacuana, itamo real, pie de niño, pie de santo, zapatilla del diablo, zapatito de la Virgen, zapatito rojo (spagnolo); Teufelsrückgrat (tedesco).
L’ Euphorbia tithymaloides L. (1753) è una specie perenne sempreverde inerme con fusti cilindrici sinuosi, succulenti, lattiginosi, di colore verde nella parte più giovane, grigiastra in quella più vecchia, ramificati alla base, lunghi 0,4-2 m. Le foglie, sessili o su un corto picciolo, sono semplici, alterne, distiche, coriacee, leggermente carnose, da oblunghe a ellittico-ovate con bordi lievemente ondulati e carenate inferiormente, di 6-10 cm di lunghezza e 2-4 cm di larghezza.
I ciazi, le tipiche infiorescenze delle Euphorbiaceae, riuniti in cime all’estremità dei rami, sono costituiti da un fiore femminile ridotto a un pistillo, privo cioè di calice e corolla, come pure i fiori maschili che lo circondano, ridotti a uno stame, racchiusi da un involucro di forma particolare, rosso o rosa porpora, lungo 0,8-1,5 cm; i fiori, ricchi di nettare, sono impollinati dai colibrì.
Il frutto è una capsula deiscente trilobata di 0,6 cm di larghezza inizialmente di colore verde, poi bruno a maturità, contenente tre semi ovoidi di circa 4 mm di diametro di colore bruno grigiastro. Si riproduce per seme e facilmente per talea, dopo aver fatto asciugare il taglio per 2-3 giorni, in terriccio sabbioso appena umido.
Specie ampiamente diffusa in natura e coltivata nelle regioni tropicali e subtropicali preferibilmente in pieno sole, anche se sopporta una leggera ombreggiatura, come esemplare isolato, in massa o per bordure, in giardini “desertici”, su suoli particolarmente drenanti; non sopporta ristagni idrici e temperature intorno a 0 °C, se non eccezionali e per brevissimo periodo, e può superare lunghi periodi di siccità, perdendo in tal caso le foglie.
Altrove viene coltivata in vaso, preferibilmente di piccole dimensioni, in terriccio perfettamente drenante, sabbioso, in posizione quanto più luminosa possibile, con temperature minime invernali non inferiori a 14 °C e innaffiature moderate e distanziate, in particolare in presenza di basse temperature. Molto apprezzata, e solitamente presente nelle collezioni di succulente, la varietà con foglie variegate di bianco e rosso carminio.
Il lattice contiene sostanze fortemente irritanti, il contatto con la pelle può provocare gravi dermatiti nei soggetti più sensibili, in particolare negli occhi può provocare temporanea cecità, quindi è opportuno usare guanti nelle operazioni sulla pianta che possono provocare fuoriuscita di lattice, in caso di contatto lavarsi ripetutamente con acqua e sapone e nei casi più gravi ricorrere alle cure mediche; tutte le parti della pianta sono particolarmente tossiche se ingerite, l’ingestione anche di pochi semi provoca persistente nausea, vomito e diarrea.
Sinonimi: Tithymalus myrtifolius (L.) Mill (1768); Euphorbia myrtifolia (L.) Lam. (1788); Euphorbia carinata Donn (1811); Crepidaria myrtifolia (L.) Haw. (1812); Pedilanthus tithymaloides (L.) Poit. (1812); Crepidaria carinata (Donn) Haw. (1819); Crepidaria subcarinata Haw. (1819); Euphorbia anacampseroides Descourt. (1822); Pedilanthus myrtifolius (L.) Link (1822); Euphorbia canaliculata Lodd. (1823); Pedilanthus canaliculatus (Lodd.) Sweet (1826); Pedilanthus carinatus (Donn) Spreng. (1826); Pedilanthus subcarinatus (Haw.) Sweet (1826); Pedilanthus myrsifolius (L.) Raf. (1838); Pedilanthus houlletii Baill. (1861); Pedilanthus fendleri Boiss. (1862); Tithymaloides fendleri (Boiss.) Kuntze (1891); Tithymaloides houlletii (Baill.) Kuntze (1891); Tithymaloides myrtifolia (L.) Kuntze (1891); Pedilanthus pringlei Rob (1894); Pedilanthus gritensis Zahlbr (1897); Pedilanthus deamii Millsp. (1913); Pedilanthus campester Brandegee (1914); Pedilanthus petraeus Brandegee (1924); Pedilanthus ierensis Britton (1926); Tithymalus deamii (Millsp.) Croizat (1937); Tithymalus ierensis (Britton) Croizat (1937); Tithymalus petraeus (Brandegee) Croizat (1937); Tithymalus pringlei (Rob.) Croizat (1937); Tithymalus tithymaloides (L.) Croiza (1937); Tithymalus villicus Croizat (1937); Pedilanthus camporum Standl. & Steyerm. (1944).
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