Famiglia : Eledonidae
Testo © Dr. Domenico Pacifici
Il Moscardino (Eledone moschata Lamarck, 1798) è un cefalopode appartenente all’ordine degli Ottopodi, animali riconosciuti come tra i più intelligenti del vasto Phylum dei molluschi.
Manifestano una psicologia affascinante ed evoluta e numerosi studi sul comportamento animale hanno dimostrato la loro capacità di apprendere attività complesse ed associazioni emotive.
Delle molteplici famiglie che si diramano da questo gruppo quella delle Eledonidae, di cui il moscardino fa parte, è una delle più note fra i pescatori e gli amanti dei prodotti di mare data la sua secolare tradizione nelle cucine mediterranee, con testimonianze bibliografiche che risalgono al 1800.
Il genere Eledone deriva dal greco “ἐλεδώνη” (heledṓnē), una variante di “ἑλεδώνη” che significa semplicemente “nome di mollusco”. Questa parola è stata successivamente comparata con “δελεδώνη” (deledṓnē) = “tipo di pesce”, suggerendo un’etimologia di origine Pregreca.
Il nome specifico moschata deriva dal latino “moschatus” = profumo simile al muschio, poiché questo piccolo mollusco appena pescato emana un particolare odore muschiato dovuto alla presenza di alcune ghiandole sotto la pelle. Per tale caratteristica è chiamato volgarmente moscardino, polpo muschiato o mughetto.
Zoogeografia
Il Moscardino è un mollusco tipicamente Mediterraneo dove vive come specie stanziale ed endemica.
La sua distribuzione nell’Oceano Atlantico è limitata alla costa Ovest dello stretto di Gibilterra e del Golfo di Cadiz in Spagna, arrivando fino alla costa meridionale del Portogallo. Solo ultimamente è stata documentata la sua presenza anche nel Mar Egeo e nel Golfo di Gabès.
Ecologia-Habitat
L’habitat ideale del moscardino sono i fondali sabbiosi o fangosi compresi tra i 10 ed i 500 m di profondità dove conduce una vita tendenzialmente sedentaria, infossato nel substrato per sfuggire ai predatori durante le ore diurne.
Di notte si trasforma invece in un attivo predatore di una grande quantità di specie marine come crostacei, altri molluschi e pesci di piccole dimensioni, catturandoli restando in agguato sotto la sabbia o con rapidi scatti possibili grazie ad un sifone orientabile capace di espellere acqua, garantendo una propulsione a getto utile sia per la caccia che per la fuga.
Di notte si avvicina verso la costa, ma è molto difficile trovarlo a basse profondità. L’intensa pesca a strascico che depaupera le risorse dei fondali marini, i continui rumori di fondo delle barche e l’incessante erosione delle coste ad opera dell’uomo sono i principali fattori di allontanamento di questa specie da zone molto importanti per la caccia.
Nonostante sia facile immaginare come questa specie risulti essere molto importante per la pesca demersale dell’Adriatico, gli studi sulla sua biologia ed ecologia sono molto scarsi.
Morfofisiologia
Generalmente confuso con il più noto Polpo (Octopus vulgaris) con cui condivide molte delle caratteristiche anatomiche, si distingue tuttavia per la presenza di una sola fila di ventose su ogni tentacolo.
Il numero dei tentacoli è molto importante per distinguere gli Octopodimorfi, come il Moscardino ed il Polpo, con otto braccia, dai Decapodimorfi come la Seppia (Sepia officinalis) ed il Calamaro (Loligo vulgaris) che, oltre ad avere otto braccia, possiedono anche due tentacoli più lunghi.
La livrea di Eledone moschata appare screziata, marroncina con riflessi grigio brunastri ed alcune macchie nerastre o bruno scuro sul dorso. Durante le ore notturne è possibile, inoltre, osservare una linea bluastra iridescente che decorre lungo il corpo ed i tentacoli.
Le sue dimensioni sono ridotte, con una lunghezza massima di 74 cm ed un peso complessivo di 1,5 kg ma è molto comune incontrarne di più piccoli intorno ai 15 o 20 cm.
Il capo è ben sviluppato con occhi leggermente sporgenti, la bocca circondata dai tentacoli è munita di una lingua spinosa chiamata radula (presente in tutti i molluschi tranne che nei bivalvi) e denti a forma di becco di pappagallo necessari a frantumare tessuti o carapaci delle prede.
Come tutti i cefalopodi anche il moscardino produce un liquido nero simile all’inchiostro immagazzinato in un sacco che, in condizioni di pericolo, viene liberato nell’ambiente circostante creando una nube utile a confondere la vista del predatore.
L’inchiostro viene anche utilizzato nelle lotte intraspecifiche per intimorire i competitori durante il periodo di accoppiamento.
Etologia-Biologia riproduttiva
Il moscardino è un animale schivo e solitario ma grazie al suo comportamento opportunista è capace di adattarsi molto bene a condizioni di vita estreme caratterizzate da differenti parametri ambientali, ecologici e climatici. Infatti, quando le prede scarseggiano può nutrirsi di carogne o resti animali che si trovano sul fondale ed effettuare cannibalismo, riuscendo così a competere efficacemente con animali più selettivi.
In condizioni ottimali questa specie si ciba prevalentemente di crostacei come granchi di sabbia e paguri, piccoli molluschi come i pettini di mare del genere Clamys, mitili e piccole seppie; inoltre vengono predati pesci di sabbia come triglie e merluzzi del genere Trisopterus.
I principali predatori sono i delfini ed i pesci cartilaginei che, grazie all’ecolocalizzazione dei primi ed a particolari organi di senso chiamati ampolle di Lorenzini nei secondi, sono in grado di localizzare e catturare la preda senza l’uso della vista, eludendo il colore criptico del moscardino.
Eledone moschata si riproduce sui fondali profondi principalmente durante il periodo invernale e primaverile e la maggior parte degli esemplari sessualmente maturi si osservano nei mesi di gennaio e febbraio.
Comune a tutti i cefalopodi maschi è la modificazione di uno dei tentacoli a scopo riproduttivo che trasporta o raccoglie le spermatofore da impiantare nella femmina e che prende il nome di ectocotile. È curioso pensare come questo nome sia stato dato al braccio ectocotilizzato quando si credeva che fosse un genere di verme parassita.
Durante l’accoppiamento il maschio afferra la femmina con i suoi tentacoli e deposita gli spermi grazie al braccio ectocotilizzato nell’ovidotto della femmina sotto il mantello, dove avverrà la fecondazione.
Le uova fecondate vengono attaccate dalle femmine ad un substrato solido (rocce o bivalvi di grandi dimensioni come la Pinna nobilis) circondate da capsule gelatinose che, a contatto con l’acqua, si induriscono e si espandono lasciando uno spazio libero intorno all’uovo così da ossigenarlo.
Dalle uova si svilupperanno piccoli già autonomi che assomigliano agli adulti.
Sinonimi
Eledonenta microsicya Rochebrune, 1884; Octopus moschatus Lamarck, 1798.
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