Famiglia : Bovidae
Testo © Dr. Gianni Olivo
Il Damaliscus lunatus Burchell, 1823 è un erbivoro africano appartenente all’ordine degli Artiodattili (Artiodactyla), alla famiglia dei Bovidi (Bovidae) ed alla sottofamiglia degli Alcelafini (Alcelaphinae).
Fino a nuovo ordine, questa specie è stata suddivisa dagli zoologi in 6 sottospecie, per la verità spesso molto simili :
il Damaliscus lunatus korrigum, detto Korrigum del Senegal, presente dal Senegal al Nord della Nigeria.
il Damaliscus lunatus lyra, detto Korrigum del Chad, caratteristico del Chad meridionale e della parte settentrionale della Repubblica centro-africana.
il Damaliscus lunatus purpurescens, detto Korrigum del Camerun, di casa in Nigeria, nella parte Nord del Camerun, e della parte meridionale del Sudan.
il Damaliscus lunatus tiang, detto Tiang, presente nella parte meridionale del Sudan.
il Damaliscus lunatus lunatus, detto Tsessebe, dell’Africa australe.
il Damaliscus lunatus jimela, detto Topi, con un areale di distribuzione che comprende zone sparse del Kenya meridionale, Tanzania occidentale e settentrionale, Uganda orientale, Rwanda, l’estremo lembo orientale e settentrionale del Congo ed una piccola fetta della Somalia sud-occidentale.
Qui parleremo di quest’ultimo, tenendo presente che quanto esposto vale anche in gran parte per le altre sottospecie. Anche se di poco, tra i vari damalischi il topi è il più piccolo, potendo misurare 115-125 cm al garrese e pesare fino a 120 kg. È quello che porta il trofeo meno imponente, con corna che possono raggiungere i 60 cm nei maschi (la media è tuttavia più bassa), ma in compenso è anche il più “colorato”. Pur presentando una livrea molto simile alle altre sottospecie, è infatti di un rosso più carico e brillante, quasi iridescente, su cui spiccano alcune grosse macchie bluastre: una sulla coscia, che scende fina a metà dell’arto posteriore, ed una sulla spalla, anch’essa prolungata sino a metà lunghezza delle zampe anteriori. Una macchia analoga è visibile sul dorso del muso, mentre la parte inferiore delle zampe ha la stessa colorazione del resto del corpo.
Entrambi i sessi sono dotati di corna, ma queste sono in genere più corte e meno spesse alla base nelle femmine. Appaiono marcatamente anulate, con rings molto prominenti, quasi da stambecco, incurvate all’indietro, in pratica, a convessità anteriore. Spesso gli apici descrivono un’ulteriore lieve curva, verso l’interno ed a concavità anteriore. Molto caratteristica è la sagoma dell’animale visto di lato, con spalla decisamente più alta del posteriore e sovente con un accenno di gibbosità. Zampe lunghe e relativamente sottili, ma robuste, che denotano una vocazione alla corsa e, come in tutti gli artiodattili spiccatamente corridori, il treno anteriore è più sviluppato, tanto che anche il piede anteriore è di dimensioni maggiori del posteriore.
Il piede lascia una traccia in forma di trapezio allungato o di triangolo a punta smussa e si nota, se il terreno conserva bene la traccia, la marcata concavità interna delle due “unghie” o zoccoli, cosicchè l’impronta presenta un’area “vuota” all’interno e le due unghie appaiono sottili e taglienti.
Le tracce sono in realtà indistinguibili da quelle delle altre sottospecie di lunatus, e per il riconoscimento della traccia sul campo è essenziale la conoscenza della specie presente in zona. Le feci sono in forma di sferette o “castagne” di dimensioni intorno al centimetro, separate e ben formate nella stagione secca, più molli e spesso agglomerate tra loro in quella delle piogge, o quando l’animale si è nutrito di vegetali umidi e succosi.
La testa è tipicamente da “alcelafo”, con muso allungato, che, visto di fronte, pare restringersi, per poi quasi allargarsi a livello del naso. Le orecchie sono sviluppate e di forma allungata, spesso con interno del padiglione chiaro, su cui spicca un disegno a spiga più scuro. La coda è sottile e di media lunghezza, generalmente con estremità nera o comunque molto scura.
Si tratta di un animale tendenzialmente gregario, che vive, solitamente, in branchi, comprendenti da 15 a 30 capi, ma non sono rari raggruppamenti anche più grandi, fino a centinaia di capi, specialmente durante le migrazioni stagionali legate alle piogge. I maschi adulti sono territoriali, ma solo nel periodo riproduttivo, e difendono un territorio in cui solo femmine e piccoli possono muoversi indisturbati.
Poi, trascorso il periodo del calore, tale territorialità finisce per dissolversi, e maschi e femmine tendono a formare gruppi separati. Tuttavia nel Masai Mara, nel Serengeti, ed in aree molto aperte della Masai steppe, spesso il maschio ha territori molto grandi, che condivide con una o più femmine, che cooperano nel tener lontani gli “invasori” di entrambi i sessi. Tali territori possono essere mantenuti per lunghi periodi. In altre zone, invece, la territorialità è più episodica ed i maschi difendono un territorio abbastanza piccolo, al centro del quale vi sono una o più zone calpestate fino ad azzerare il manto erboso e su cui vengono deposte le feci.
Il topi è strettamente un grazer, che bruca le erbe dal suolo, accontentandosi anche di erbe coriacee o amare, non gradite ad altri erbivori, e questo ne spiega il grande “successo” e la sua abbondanza.
Quando l’acqua è disponibile, vi si reca regolar- mente per abbeverarsi, ma può farne a meno per periodi abbastanza lunghi, ricavando dal cibo i liquidi di cui necessita.
L’habitat preferito è la savana aperta e la savana arbustiva, ma con zone erbose, e non si lascia spaventare da aree abbastanza aride, dimostrando una grande adattabilità.
I picchi di attività sono al mattino e nel tardo pomeriggio, mentre le ore torride e centrali della giornata sono spese all’ombra, a ruminare.
La difesa dai nemici si basa sulla fuga. Il topi é un veloce e resistente corridore, con un galoppo marcato, con notevoli sbalzi verticali che solo apparentemente lo rallentano.
A volte ha comportamenti inspiegabili, che gli hanno valso la fama di animale non particolarmente astuto. Ogni tanto, per esempio, senza motivo, parte ad un galoppo sfrenato, come se avesse il diavolo alle calcagna; altre volte rimane fermo, anche in presenza di un pericolo, senza mostrare segni d’allarme. Balzi improvvisi ed apparentemente disordinati gli hanno valso il soprannome di clown del bush e non è raro vederlo sostare, quasi fosse di sentinella, su di un termitaio o altro rialzo del terreno, come un monumento piantato in mezzo alla savana. I principali predatori dell’adulto sono il leone ed il leopardo, ma sui piccoli e sugli immaturi predano anche ghepardi, caracal, serval, pitoni di Seba e persino grosse aquile.
Le femmine raggiungono la maturità sessuale ad un anno e mezzo, i maschi verso i tre anni. Le nascite si verificano una volta all’anno, generalmente nella stagione delle piogge, quando le erbe sono alte. Il piccolo rimane nascosto nell’erba per alcuni giorni ed è in grado di seguire la madre a circa due settimane, ma solo verso i quattro mesi inizia ad assumere la colorazione tipica.
Nomi comuni: inglese: Topi, Jimela hartebeast; tedesco:Leierantilope, Topi; Galla: Korki; swahili: Kyamera, Topi.
Sinonimi
Damaliscus korrigum Ogilby, 1836.
→ Per nozioni generali sugli ARTIODACTYLA vedere qui.
→ Per apprezzare la biodiversità nell’ordine dei ARTIODACTYLA e trovare altre specie, cliccare qui.