Famiglia : Bovidae
Testo © Dr. Gianni Olivo
Il Damaliscus dorcas, noto anche come Damaliscus pygargus, appartiene all’ordine degli artiodattili (Artiodactyla), alla grande famiglia dei bovidi (Bovidae), sottofamiglia Alcelaphinae, comprendente diverse specie di hartebeast (bubali) ed i damalischi, di dimensioni inferiori. Conta oggi due sottospecie: il Blesbock (Damaliscus dorcas phillipsi) ed il Bontebock (Damaliscus dorcas dorcas).
Gli animali che si nutrono di vegetali hanno modi di nutrirsi differenti, alcuni sono dei “grazers” e altri dei “browsers”. La terminologia inglese è più sintetica ed esprime con due singole parole due modi differenti di brucare. “Grazer” sono gli animali che brucano le erbe delle praterie, come le vacche, per intenderci, strappando l’erba dal terreno mentre i “browser” strappano direttamente dalle piante, ramoscelli, foglie, germogli eccetera.
Per portare un altro esempio, il Rinoceronte bianco (Ceratotherium simum) è un “grazer”, ed il suo muso di forma quadrata (square-lipped rhino), rappresenta un adattamento evolutivo a questo sistema di pascolo, mentre il Rinoceronte nero (Diceros bicornis) è un “browser”, ed è dotato di un apparato buccale a forma di becco di pappagallo, utile per strappare il cibo anche consistente dai cespugli e dalle basse piante (hook-lipped rhino). Questa differenza di preferenze alimentari risulta anche utile per il riconoscimento delle deiezioni: benché di forma simile, quelle del rinoceronte bianco hanno aspetto più omogeneo e fine, mentre quelle del rinoceronte nero sono più grezze e ricche di pezzetti di ramoscelli e fibre grossolane. I “grazers” e i “browsers” possono essere puri (o quasi) oppure alternare i due sistemi, a seconda della disponibilità di cibo, della stagione e via dicendo.
Molto simile al Blesbock è il suo più stretto parente, il Bontebock, molto meno comune e presente limitatamente ad una piccola area del Capo, nella sua parte più meridionale. Tempo fa, durante un pranzo, da amici africani, ebbi un piccolo diverbio con una persona che si considerava, molto modestamente, uno studioso esperto di zoologia africana.
Affermava sicuro, lapidario, senza accettare alcuna discussione, che il Bontebock (Damaliscus dorcas dorcas), era presente solo in tale piccola area per colpa della caccia, e che prima dell’arrivo dell’uomo bianco, mandrie sterminate di bontebock spaziavano in tutto il Sudafrica, dal Capo di buona speranza fino al Limpopo.
Nella sua sicurezza, questo esperto dimostrava di avere parecchie lacune sia in materia di zoologia che per quanto riguardava la storia del suo paese e la storia geologica e dell’Africa australe.
Al tempo in cui primi bianchi videro i bontebock, queste antilopi erano già state confinate da molto in quel tipo di savana detta strandveld da mutamenti climatici occorsi millenni prima, e quindi già da molto tempo, erano presenti in numero molto più ridotto rispetto ai blesbock.
Lo Strandveld (in lingua Afrikaans Strand significa spiaggia e veld campo, savana, brughiera), ed è un tipo di insieme di essenze vegetali che è presente solo nel Sudafrica costiero più meridionale. Si tratta di una vegetazione di transizione tra il fitto e verdissimo Fynbos (cespugli bellissimi) che è un po’ la macchia mediterranea dell’estremo Sud del continente africano ed il Karooveld, tipico dei deserti del Karoo.
Lo strandveld cresce su dune e su terreno sabbioso ed è costituito da diverse essenze, tra cui waxberry (pianta che veniva utilizzate per confezionare ceri e candele), erica, i blombos, piante succulente e varie specie di fiori che, durante la primavera australe, lo rendono variopinto come un giardino coltivato, ma anche erbe che sono poco palatabili per la maggior parte degli erbivori.
Parlando del bontebock, in ogni caso, pare assodato che questo damalisco fu confinato dove si trova oggi dal processo di desertificazione di una fascia di altopiani di circa 260 Km, i due deserti del Karroo, e di tale desertificazione, anche se per qualcuno è una delusione, non è proprio possibile dare la colpa all’uomo, neppure a tirarcelo per i capelli.
Questa piccola popolazione di blesbock, in quanto di normali blesbock si trattava originariamente, sviluppò, in migliaia di anni di isolamento, delle differenze somatiche rispetto alla specie originaria, e tali differenze e portarono ad una classificazione scientifica a parte: Damaliscus dorcas dorcas, mentre il blesbock si chiama Damaliscus dorcas phillipsi.
Il blesbock è quindi un vero damalisco di taglia media, con pesi che arrivano, nel maschio, ai 90 Kg e talora oltre (in zone di pascolo ricco), ma la media è di circa 70 Kg. Le femmine sono più leggere (media: 60 Kg.) ma non vi è un dismorfismo sessuale evidente come in altre antilopi.
Il mantello è color castagna o marrone, mentre il ventre e la parte inferiore delle zampe sono bianchi. Sul muso risalta un’ evidentea macchia bianca, che si estende dal naso agli occhi, ed un’altra piccola macchia, anch’essa bianca, si annida tra corna, alla loro base. I maschi sono generalmente più scuri e, a volte, per la macchia chiara dello scroto è un altro segno distintivo, ma sono soprattutto per le corna più spesse a segnare la differenza.
Il bontebock ha una livrea differente per colori, tendenzialmente più scura, special- mente sui fianchi e sulla parte superiore delle zampe, e la macchia bianca sul muso è interrotta da una banda scura, ma per il resto è quasi identico come forme e struttura.
Entrambi i sessi esibiscono corna anellate, a forma di S, che sono più lunghe e spesse nei maschi, e più sottili nelle femmine. Entrambi i sessi sono inoltre provvisti di ghiandole odorose a livello del piede delle zampe anteriori ed in regione preorbitale. Il blesbock è a tutt’oggi comune e per nulla raro o minacciato. Si trova in buon numero in parchi naturali e riserve private, e, per dare un’idea della sua abbondanza, si tratta di uno dei selvatici più economici da acquistare ad una di quelle folkloristiche aste di selvaggina o “game auction” a cui consiglierei di assistere, per lo meno una volta, perché sono uno spettacolo.
Molti acquistano i blesbock per immetterli nelle proprie farm, anche perchè trattandosi di antilopi aggraziate e dalla livrea colorata, che amano, se non disturbate, aree aperte e sono perciò facilmente visibili, sono un ornamento anche per farm diverse dalle game riserves.
Ad esempio, dove inizia la lunga pista che porta a casa mia, c’è una farm dove viene coltivata frutta tropicale e, passando, non è raro scorgere alcuni blesbock che pascolano tranquillamente tra le piante dalla verde chioma tondeggiante degli okwatapeyas o avocados.
Per di più, essendo dei “grazers”, e non dei “browsers”, non rischiano di danneggiare le piante ne’ strappano i frutti dai rami più bassi.
Tra le tre specie di “grazers” più frequenti nell’highveld, il blesbock è quello che più dipende dalla presenza di pozze o altre riserve d’acqua ed è pure quello più strettamente legato alla presenza di praterie, per cui, mentre, ad esempio, gli springbok, che d’altra parte sono animali più adatti al deserto, e degli gnu coda-bianca, erbivori che si spingono fin nel Karroo, per lo meno quando si verificano precipitazioni, il blesbock non lo fa mai.
Inoltre il blesbock è più specializzato nell’utilizzo anche di erbe che non sono apprezzate dagli altri “grazers”, intendo le erbe che gli Afrikaners chiamano sourveld (o erbe amare), motivo per cui è in grado di prosperare anche in aree di pascolo dove gli gnu coda-bianca farebbero la fame. Ciò non toglie che anche il blesbock, se possibile, preferisca di gran lunga lo sweetveld, la prateria dolce, più gradevole di gusto, dove cresce, ad esempio, la Themeda, che è una prelibatezza per i “grazers” più buongustai.
Anche se amanti della prateria e della savana aperta, la presenza di macchioni e di piante d’alto fusto è gradita, sia come fonte d’ombra nelle ore più calde, sia come nascondiglio e riparo. Come per ogni altro animale selvatico, tuttavia, si possono avere, per quanto riguarda l’habitat, eccezioni e differenze di abitudini e comportamento anche notevoli.
Nella mia zona, per esempio, per i blesbock la sopravvivenza è un problema.
La gran quantità di leopardi presenti rende la vita grama a questi animali, più ancora che agli impala, che pur pagano un pesante tributo al felino, venendo letteralmente decimati, in quanto prede graditissime e per nulla difficili.
Questo spiega perchè nella nostra riserva tendano spesso e volentieri ad alternare periodi di pastura nelle aperte praterie ad erba alta con periodi in cui si rifugiano nel bush più fitto o addirittura nelle macchie di foresta pluviale.
Anche se i blesbock possono intraprendere migrazioni tra zone differenti, nelle aree dove l’acqua non manca mai possono essere stanziali e molto territoriali, mentre il bontebock, che vive segregato in un ristretto areale costiero, con abbondanza d’acqua e di umidità, è legato al territorio e sedentario ormai da millenni.
Ai tempi delle grandi migrazioni, legate alla più o meno grande disponibilità di acqua e di pascolo nei vari periodi, l’organizzazione sociale del blesbock doveva essere simile a quella di damalischi di altre parti dell’Africa, come il Topi (Damaliscus korrigum), ma anche ora, in qualche area del SudAfrica, dove compie limitate migrazioni, si notano aggregazioni di centinaia di capi. Ove invece è più sedentario e legato al territorio, i branchi tendono ad essere piccoli, come si verifica anche per il bontebock, d’altra parte, tendenza facilmente osservabile nel Bontebock National Park.
Le ore dedicate al pascolo sono solitamente quelle del mattino presto e del tardo pomeriggio, mentre le ore centrali, se fa caldo, vengono spese, se vi è copertura arborea, nella vegetazione più fitta, ruminando e riposando.
I territori vengono marcati dai maschi con un complesso cerimoniale: l’animale si inginocchia sulle zampe anteriori e sfrega la base delle corna sul terreno, poi si alza, impettito e, a passi rigidi, avanza di qualche metro, abbassa il posteriore e deposita un mucchietto di feci a pallina. Il procedimento può venire ripetuto fino a delimitare il proprio dominio. Anche la postura eretta, impettita, preferibilmente su di un termitaio o altro rilievo del terreno, è espressione di possesso del territorio e di imposizione ed intimidazione verso eventuali concorrenti. I duelli, solitamente ritualizzati, comportano un affrontarsi dei contendenti con “inginocchiamento” ed un incrociarsi delle corna a livello del suolo, praticamente con i musi che sfregano sul terreno. I combattimenti sono preceduti da parate intimidatorie (passi rigidi, orecchie distese, spesso presentazione del fianco, come ad aumentare le dimensioni).
La gestazione dura 8 mesi ed i piccoli, già pochi minuti dopo la nascita, sono in grado di alzarsi in piedi e di seguire la madre, non tendono a restare nascosti o a raggrupparsi come in altre specie e risultano così molto vulnerabili nelle zone dove vi sono leopardi. Essendo lo sciacallo il principale predatore dei nuovi nati, nella maggior parte delle aree originarie del blesbock, il seguire la madre offre buona protezione, non essendo tale canide sufficientemente potente da impensierire seriamente una madre infuriata (e dotata di corna appuntite) che difenda il piccolo. Tuttavia, in presenza di predatori più determinati (leopardi e iene), come si verifica soprattutto dove il blesbock è stato introdotto, la mortalità infantile (e dell’adulto) può rasentare livelli da genocidio.
Nomi volgari : inglese, Afrikaans: Blesbock e Bontebock; isiZulu, Xhosa: indluzele empemvu / inkolongwane empevu (indluzele o Inkolongwane è il bubalo o hartebeast, empevu significa con macchie bianche sul muso).
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