Famiglia : Crambidae
Testo © Dr Didier Drugmand
Traduzione italiana di Virginie Thiriaud
La Piralide del bosso, una specie invasiva di falena, è da qualche anno un soggetto che la fa da padrone nei mass media, sia scientifici che amatoriali, a tal punto che i classici motori di ricerca internet, indirizzano la lettura verso decine di migliaia di pagine che descrivono questa farfalla, i danni che arreca e le modalità di lotta.
Originaria della Cina, la Cydalima perspectalis (Walker, 1859) ha invaso pressoché tutta l’Europa da oltre una decina d’anni ed è stata segnalata da poco anche in Canada. Un insetto dannoso, apparso in queste regioni non a seguito della variazione del suo areale di appartenenza, legato in particolar modo ai cambiamenti climatici che stanno influendo sul nostro pianeta, ma come vedremo più avanti, a causa della stupidità umana.
Questo eterocero (falena) è stato descritto nel 1859 dall’entomologo inglese Francis Walker (1809-1874) che si basò su un unico esemplare femmina raccolto nell’agosto del 1854 nel nord della Cina.
L’esemplare era presente nella collezione di un certo Sig. Fortune e Walker collocò questa nuova specie nel genere Phakellura e gli diede il nome di perspectalis.
Il testo della descrizione originale, redatta in latino e in inglese, è stato pubblicato da una rivista inglese. L’olotipo (esemplare sul quale si basa la descrizione) si trova oggi nella collezione del British Museum di Storia Naturale di Londra. Sotto l’esemplare è posta un’etichetta che porta l’indicazione: /Phakellura perspectalis Walker, 1859, Holotype (by monotypy)/ “Type”, “N. China | 54.8.”, /“perspectalis Walk”/, /BMNH/.
Il genere Phakellura appartiene alla famiglia dei Crambidae, un raggruppamento molto vicino alla nota famiglia dei Pyralidae. Una famiglia ben diversificata che raggruppa circa 15.000 specie distribuite in tutto il mondo, 300 delle quali appartengono all’entomofauna europea. Le due famiglie si distinguono principalmente per la struttura degli organi uditivi e raggruppano numerose specie i quali bruchi infestano le piante ornamentali, le colture agricole e i depositi di derrate alimentari.
Citiamo in particolare fra i Pyralidae, i Piralidi della farina con due specie (Ephestia kuehniella e Pyralis farinalis), la Piralide del cactus (Cactoblastis cactorum) così come la Piralide del riso (Corcyra cephalonica) e fra i Crambidae, oltre alla Piralide del bosso, la Piralide della canna da zucchero (Diatraea saccharalis) e la Piralide del mais (Ostrinia nubilalis).
Non tutte queste specie tuttavia sono nocive, alcune sono infatti utilizzate nella lotta biologica, come la Niphograpta albiguttalis che controlla lo sviluppo del giacinto d’acqua (Eichhornia crassipes), una fra le 100 peggiori specie invasive, secondo l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (UICN).
All’interno dei Crambidae, la Piralide del bosso è stata collocata da diversi autori in tre generi distinti della sottofamiglia degli Spilomeninae: (1) Palpita Hübner, 1808, (2) Diaphania Hübner, 1818 e (3) Glyphodes Guenée, 1854. Poiché nessun argomento rilevante giustificava la collocazione di C. perspectalis all’interno di questi taxa, un entomologo russo, A.N. Streltzov, ha creato nel 2008 i Neoglyphodes, un nuovo genere monotipico, per accogliere la specie perspectalis. Ma la saga della piralide è proseguita, per il fatto che questa interpretazione sistematica non era rilevante, questo genere non essendo stato considerato nel contesto di tutti i Spilomeninae. Uno studio filogenetico del 2010, ha finalmente chiarito questo imbroglio sistematico. Gli autori, stabilendo la monofilia dei taxa, hanno posto diversi generi in sinonimia, nuovamente definito le unità tassonomiche e spostato delle specie. La Piralide del bosso è stata così collocata nel genere Cydalima Lederer, 1859.
È infine da notare che Cydalima perspectalis appare ancora frequentemente nella letteratura scientifica, in particolare quella asiatica, sotto l’errata combinazione di Glyphodes perspectalis, Diaphania perspectalis o Neoglyphodes perspectalis.
L’entomologo austriaco Julius Lederer (1821-1870) creò il nome Cydalima, nel 1863, sulla base del greco “cydalimos” che tradusse in tedesco, nella descrizione originale con “ruhmvoll”, ossia “glorioso”. Quanto al nome della specie perspectalis, deriva presumibilmente dal verbo latino “perspectare”, interpretato come “ben conosciuto” o “rinomato”.
Cydalima perspectalis è conosciuta in francese sotto il nome di Pyrale du buis, in inglese Boxwood Tree Moth, in spagnolo Polilla del Boj o Piral del Boj, in olandese Buxusmot, in tedesco Buchsbaumzuensler e in portoghese Traça Do Buxo.
Possibili confusioni
I bruchi della Piralide del bosso assomigliano a quelli della Cavolaia (Pieris brassicae (Linnaeus, 1758)) ma questi non si nutrano del bosso (genere Buxus, famiglia Buxaceae). Un esame attento permette però di distingure rapidamente le due specie. L’adulto può essere eventualmente confuso con quello della Lomaspilis marginata (Linnaeus, 1758), ma è più piccolo e mostra un disegno diverso sulle ali.
Zoogeografia
Il luogo d’origine della Cydalima perspectalis è situato nell’Asia orientale, probabilmente in Cina. Ricordiamo che sull’etichetta posta sulla specie è menzionato “N. China”.
Dopo la sua descrizione, la specie è stata segnalata in tutta la Cina, a Taiwan, in Giappone e in Corea del Sud. Le vecchie citazioni della sua presenza in India richiedono però conferma. La diffusione di C. perspectalis in Asia è in gran parte legata alla presenza delle diverse specie di Buxus indigeni e ornamentali.
L’abbondanza di questa piralide nel nord della Cina e nell’estremo oriente russo, dove i Buxus spp. non esistono allo stato naturale, si spiega con la recente introduzione in questa regione di bossi ornamentali.
Nel maggio 2007, le prime larve della Piralide del bosso furono scoperte ben lontano dall’Asia, nel sudovest della Germania, nella città di Weil am Rhein e nei suoi dintorni (Baden-Wuttemberg). Si trattava del primo dato ufficiale per l’Europa continentale. Vista l’importanza delle popolazioni osservate, l’arrivo della piralide doveva probabilmente risalire al 2005 (nel 2006 veniva già infatti segnalata in alcuni vivai). La farfalla ha rapidamente continuato la sua progressione verso nuove regioni ed è ora presente in più di 30 paesi europei.
La sua propagazione è stata favorita dal libero mercato dei vegetali vivi nell’Unione Europea e dalla presenza in natura di due specie di bosso indigeni dell’Europa, il Buxus sempervirens e il B. balearica. Nello stesso anno, degli osservatori segnalavano già C. perspectalis in Svizzera, nei Paesi bassi e nel Regno Unito. Seguendo la sua progressione: nel 2008 la piralide appare in Alsazia (Francia). Nel 2009 raggiunge la regione parigina e dal 2015 copre l’intero territorio nazionale francese. La comunità scientifica la segnala nel 2009 in Austria e Lichtenstein; nel 2010 in Belgio, Italia e Romania; nel 2011 in Ungheria e Turchia; nel 2012 in Croazia, Repubblica Ceca, Polonia e Slovenia; nel 2013 in Danimarca, Sicilia, Slovacchia, Cecenia, Russia (è risaputo che la città olimpica di Soci, sulle rive del Mar Nero, è stata colpita dall’invio dall’Italia di piante ornamentali di bosso infestate); nel 2014 in Ucraina, Bulgaria, Macedonia, Montenegro, Georgia, Serbia e Spagna; nel 2015 nel Granducato di Lussemburgo, in Moldavia e Grecia; nel 2016 in Portogallo, Bosnia-Erzegovina e nel sud della Svezia. Infine più recentemente, nel 2017, è stata osservata in Albania e Kosovo, e nel 2018 in Irlanda, Corsica, Scozia, Gibilterra, Lituania e Malta.
La presenza della piralide non è stata ancora segnalata a Cipro, in Estonia, in Finlandia neppure in Lettonia. Nella situazione climatica attuale, questa farfalla potrebbe stabilirsi in tutti quei paesi, con l’eccezione della Finlandia dove la sua diffusione sarebbe limitata alle regioni più calde. È da rilevare che con il riscaldamento globale in corso, le aree della regione boreale che godranno di temperature più elevate, potrebbero essere invase, così come le regioni alpine, quelle atlantiche e continentali che sono attualmente ancora troppo fredde perché la piralide possa vivere o portare a termine la sua riproduzione. Con l’aumento delle temperature, nelle regioni in cui oggigiorno si sviluppa una sola generazione, la falena potrebbe completare due cicli l’anno. Questo cambiamento accrescerà sicuramente i danni ai bossi presenti in queste zone. Cosa da sorvegliare!
Un esame attento della mappa e della cronologia delle osservazioni in Europa, indica che la diffusione attuale della piralide si spiega attraverso una propagazione multipla (causata da importazioni di bossi provenienti dalla Cina) e non è dovuta a una progressiva diffusione con il volo degli adulti, a partire da un punto unico di origine (sudovest della Germania).
Fuori dall’Europa, la Piralide del bosso è stata osservata nel 2018 (dati ufficializzati nel 2019) in un quartiere urbano di Toronto, in Ontario. L’origine di questa introduzione è ancora sconosciuta ma è probabile che l’arrivo della farfalla sia da attribuirsi all’importazione di bossi infestati, dato che nessun Buxus è originario del Canada.
Esiste d’altronde una specie endemica di Portorico e delle Isole Vergini degli Stati Uniti, Buxus vahli Baillon, 1859. Verebbe spontaneo chiedersi se la piralide andrà a danneggiare anche questi bossi endemici nel prossimo futuro.
Nel 2017 la piralide è stata segnalata in Pakistan ma si ignora ancora se questa regione era nel suo areale originario o se la farfalla l’ha colonizzato in seguito.
Ecologia e Habitat
Nel suo areale originario, i bruchi di C. perspectalis causano danni più o meno importanti a diverse specie di bosso, consumando principalmente le foglie e, più raramente, la corteccia della pianta ospite. La Piralide del bosso a volte si osserva anche sulle foglie dell’Agrifoglio cinese (Ilex chinensis Sims, 1819, anche chiamato Ilex purpurea Hasskarl, 1844, nella letteratura collegata a Cydalima), la Fusaggine giapponese (Euonymus japonicus Thunberg, 1780) e la Fusaggine alata (Euonymus alatus (Thunberg) Siebold, 1830).
Sembra tuttavia che attualmente in Europa queste specie vegetali e quelle vicine, come Ilex crenata Thunberg, 1784, non vengano attaccate da questa piralide: le rare uova deposte su queste essenze non danno vita a larve in grado di sopravivere, salvo che in laboratorio.
In Europa, la Piralide del bosso è stata osservata solo sui Buxus indigeni, più frequentemente sul (1) Bosso comune o Bosso sempreverde (Buxus sempervirens Linnaeus, 1753), largamente diffuso dal Portogallo fino alla Germania e in Svizzera come pure nei Balcani. Più raramente sul (2) Bosso delle Baleari (Buxus balearica Lamarck, 1783) che si trova in natura solo in Andalusia, nelle isole Baleari e in Sardegna. La si incontra anche abbondantemente sui bossi coltivati o introdotti direttamente dalla Cina quali Buxus bodinieri H. Léveillé, 1913 (Bosso di Bodinieri), Buxus harlandii Hance, 1873, Buxus megistophylla H. Léveillé, 1914, Buxus microphylla Sieb. & Zucc., 1846 (Bosso con piccole foglie), Buxus rugulosa Hatusima, 1942, e Buxus sinica (Rehder & E. H. Wilson) M. Cheng, 1980. Gli attacchi della piralide non sono rivolti unicamente ai nostri giardini e parchi. Il bosso è anche una pianta indigena dell’Europa la cui presenza costituisce elemento importante di numerosi siti naturali “Natura 2000” protetti in Europa. Nel sud della Germania, sul sito di Wälder bei Wyhlen, l’unica popolazione consistente di Buxus sempervirens è attualmente scomparsa per più del 95%, sotto le mandibole di C. perspectalis. La farfalla ha sfortunatamente danneggiato altre popolazioni in Italia e in Francia (in particolare in Alsazia e nella parte centrale del paese). È ugualmente presente in alcuni siti che ospitano dei bossi selvatici in Belgio. D’altro canto, la piralide ha distrutto numerose foreste naturali di Buxus colchica Pojark., 1947 (considerato attualmente un sinonimo di B. sempervirens) tipiche delle montagne del Caucaso, del sud della Russia e della Georgia.
La graduale scomparsa del bosso selvatico è drammatica per la biodiversità e potrebbe essere la base di una catastrofe ecologica ben maggiore. In effetti B. sempervirens è conosciuto per agire sulla ricostituzione forestale influenzando in modo differenziato la stabilizzazione e la sopravvivenza di specie arboree, come nei Pirenei dove favorisce il faggio rispetto all’abete (Abies alba). Inoltre, diversi studi hanno dimostrato che i Buxus spp. crescono anche sui pendii brulli e friabili, dove giocano probabilmente un ruolo importante nel consolidare il suolo.
Questa falena compromette anche l’aspetto estetico delle piante attaccate, causando la perdita delle foglie, tessendo delle ragnatele e abbandonandoci le proprie deiezioni. Le imago non hanno nessun impatto sul bosso poiché si nutrono, come la maggior parte delle specie di farfalle, del nettare di diverse piante, senza dimostrare una particolare attrazione per un determinato taxon. L’alimentazione dell’adulto è pochissimo documentata nella letteratura scientifica.
Morfofisiologia
Di forma circolare e leggermente bombata, le uova sono inizialmente di colore bianco crema, poi rapidamente prendono una tinta giallo-verdastra con un anello centrale arancio chiaro (corrispondente all’embrione). Il loro diametro varia da 0,8 a 1 mm. Un punto nero apparirà nell’uovo non appena la capsula cefalica del bruco comincia a formarsi. La schiusa avviene a circa tre giorni dalla deposizione.
Alla schiusa i bruchi misurano da 1 a 2 mm, sono giallo-verdastri con la testa nera e lucida, marcata dorsalmente da una “Y” grigio-bianca. Le sei zampe toraciche sono da giallastre a brunastre (secondo gli stadi o le popolazioni). Una banda verde fiancheggiata da altre due gialle marcano la parte dorsale. Sul margine dei segmenti dorsali, si trovano dei rigonfiamenti neri – uno sui primi segmenti e due sui successivi – tutti orlati di bianco, con al centro, una setola bianca eretta. La metà superiore della faccia laterale mostra una banda verde scuro a nerastra, con una protuberanza nero-verde su ogni segmento – tranne gli ultimi – che porta una lunga setola bianca retta perpendicolare al corpo.
La metà inferiore della faccia laterale è verde chiaro. Su ogni segmento, così come sulle false zampe, si trova una lunga setola verticale bianca. Stigmi non colorate, tranne che sul torace. Sull’ultimo segmento addominale, la metà inferiore della parte laterale e la faccia ventrale sono di colore giallo-verde.
I bruchi effettuano da 3 a 7 mute (che dipendono dalle condizioni di soleggiamento e di temperatura) prima di raggiungere la loro taglia massima, da 35 a 40 mm, al termine di 2 a 4 settimane. È da evidenziare che questi bruchi non sono urticanti.
Arrivati a maturità, i bruchi tessono un bozzolo di seta bianca tra le foglie e i rami della pianta ospite. La crisalide, lunga 25 a 30 mm, sfoggia all’inizio un colore verdastro, poi scurisce per diventare sempre più brunastra. I caratteri morfologici da adulto si notano progressivamente con l’età della crisalide. Alla fine della ninfosi, le ali, le antenne, gli occhi, i palpi e i segmenti addominali sono visibili in trasparenza.
Le crisalidi sono sempre nascoste, in mezzo al bosso stesso oppure nelle vicinanze immediate. La soglia di temperatura per questo stadio deve superare gli 11,5 °C.
Va notato, come accade spesso nelle farfalle, che non è facile determinare il sesso delle crisalidi. Tuttavia se si confrontano attentamente le crisalidi – ammesso che uno disponga d’esemplari d’entrambi i sessi – l’ano si colloca sul decimo e ultimo segmento addominale in entrambi i sessi e l’orifizio genitale del maschio sul nono, mentre quello della femmina appare sull’ottavo e quello di deposizione sul nono. L’estremità delle crisalidi termina con un organo adunco, chiamato “cremaster”, che permette l’ancoraggio della crisalide al fondo del bozzolo. Lo stadio di crisalide dura in media tre settimane, salvo per le crisalidi dell’ultima generazione che dovranno invece affrontare l’inverno.
L’adulto mostra delle ali bianche marginate di bruno e marcate da iridescenze da dorate a violacee, più o meno nette, secondo l’angolo d’incidenza della luce. L’apertura alare varia dai 36 mm a un massimo di 44 mm.
La specie si presenta sotto tre forme distinte. La forma più comune (1) ha le ali biancastre bordate di marrone. Una variante cromatica (2) molto meno abbondante (un individuo ogni 10 in Belgio) ha l’ala anteriore completamente orlata di bruno. Al riposo, una banda bruna sembra dividere l’ala obliquamente.
Un ultimo morfotipo (3) è interamente bruno, più o meno iridato, con una macchia discale bianca sull’ala anteriore. Secondo le regioni, si trovano da 1 a 3 esemplari di questo tipo ogni 10 individui di questa specie. Le tre forme sono state osservate con certezza in Belgio, Regno Unito e Francia. Sono probabilmente presenti anche in altri paesi. Questi differenti morfotipi testimoniano l’esistenza di una certa variabilità genetica all’interno della popolazione impianta in Europa e, di conseguenza, indicano una grande capacità di adattamento.
Si nota che le diverse forme cromatiche possono apparire all’interno di una stessa popolazione. Esistono pure delle forme intermediarie fra questi tre morfotipi ben definiti, complicando talvolta la determinazione di questo parassita.
Gli specialisti devono quindi ricorrere all’esame degli organi genitali dei maschi o delle femmine della piralide per confermare la loro determinazione.
Descriviamo rapidamente il resto del corpo della forma tipica. Testa da grigiastra a bruna, con la parte posteriore coperta da una peluria fulvo-brunastra, occhi bruno-neri, antenne da bruno chiaro a giallastre. Articolazione fra le ali e il torace tappezzata da grandi scaglie e da lunghi peli bianchi. Torace e addome pelosi, di colore biancastro (bruno chiaro nelle forme scure), tranne gli ultimi segmenti addominali che sono brunastri. Tarsi spesso bianchi, femori e tibie bianchi ombreggiati di bruno.
Le femmine cominciano a deporre le uova dopo due o tre giorni dall’involo. Di primo acchito i due sessi sono identici ma con un’attenta osservazione, si costata che le estremità addominali differiscono nettamente: sulla parte finale dell’addome del maschio è colocato un ciuffetto rettilineo di peli neri. Questi vivono metà del tempo rispetto alle femmine.
Etologia-Biologia riproduttiva
Un ciclo corrisponde alla durata massima dello sviluppo completo, cioè dallo stadio di uovo a quello di imago (adulto), passando dai diversi stadi larvali che si concludono con la crisalde.
La Piralide del bosco è polivoltina, sia all’interno del suo areale di distribuzione originale, che in Europa.
Riesce a completare un minimo di 2 cicli in Europa centrale, come ad esempio in Svizzera, e settentrionale, e spesso 3 cicli nelle regioni più calde: la prima all’inizio della primavera, verso marzo-aprile, la seconda in estate, verso metà giugno-luglio e l’ultima all’inizio dell’autunno, verso settembre-inizio ottobre.
Alcuni autori hanno anche registrato, in regioni calde e umide, un massimo di 5 cicli (in particolare in Cina) che si sussegono su un anno. Questi eccessi di attività corrispondono sempre a dei picchi di danni sui bossi. Dato che il ciclo di questa piralide è direttamente influenzato dalla temperatura esterna e dall’insolamento, è difficile descrivere un modello tipo. Indirizziamo i curiosi in materia alle numerose pubblicazioni scientifiche e ai siti internet che precisano lo svolgimento del ciclo nei diversi paesi europei e asiatici.
Nell’Europa occidentale, in condizioni di laboratorio, la durata totale di un ciclo è mediamente di 45 giorni, con una temperatura di 25 °C e una durata del giorno di 16 ore. In natura, il ciclo varia tra 17 (in condizoni ottimali di temperatura e di durata del giorno) e 87 giorni.
Le femmine adulte riproduttrici vivono in media 12 giorni (23 al massimo) contro una media di 17 giorni per quelle senza attività ripoduttiva. I maschi godono di una longevità di circa 15 giorni. Il sex-ratio è del 50 % in condizioni di laboratorio.
Le femmine depongono degli ammassi di 5 a 20 uova sulla faccia inferiore delle foglie sane del bosso. Esse limitano così la concorrenza tra i bruchi e ne ottimizzano lo sviluppo assicurando loro il nutrimento. Nel corso della loro vita, esse depongono secondo le località e le condizioni metereologiche, da 190 a 790 uova, con una media di circa 300.
La deposizione inizia quasi subito dopo lo sfarfallamento degli adulti. Il picco della deposizione avviene dal settimo giorno in poi. La soglia di temperatura per lo sviluppo delle uova deve superare i 10,9 °C.
Più del 50 % delle deposizioni vengono effettuate tra il quarto e il decimo giorno e più del 80 % fra il quarto e il quattordicesimo giorno. Studi sulla fecondità mostrano che le femmine depongono durante tutta la durata della loro breve vita.
Data la sua ridotta dimensione che va da 1 a 3 mm, il primo stadio larvale è praticamente invisibile, anche perché il bruco si nasconde sulla faccia inferiore della foglia. Dal secondo stadio, comincia a spostarsi, tessendo dei fili protettivi di seta biancastra. Si mostra sempre più vorace essendo in grado, durante la terza e quarta muta, di nutrirsi sia del fogliame che della scorza del bosso.
I bruchi nati da un singolo gruppo di uova si distribuiscono su una superficie di 20 a 25 cm di diametro attorno al loro punto di schiusa.
Le temperature ottimali per la loro alimentazione variano, secondo le regioni, tra i 15 ed i 30 °C.
La durata dello stato larvale varia enormemente: fluttua tra i 17 e gli 85 giorni.
La durata del ciclo è legata al insolamento e alla temperatura ambiente, che non dovrà essere inferiore a 8,4 °C. Se le temperature restano clementi, tutti gli stadi larvali si possono ancora osservare in autunno.
Quando la durata del giorno diminuisce al disotto di 13,5 ore circa, i bruchi, spesso al terzo stadio quando in Europa, entrano in diapausa (stato di dormienza di un insetto) e passano l’inverno all’interno di una tela da loro tessuta, l’hibernarium.
Questi ripari sono sovente tessuti tra due foglie di bosso accostate e sigillate.
In questo stato e con questa protezione, i bruchi sopravvivono a delle temperature che possono scendere a -30 °C! (nell’Est della Russia e nel Nord della Cina).
Fra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, i bruchi escono dalla diapausa e proseguono nel loro sviluppo consumando le giovani foglie del bosso prima di trasformarsi in crisalide già alla fine d’aprile. Questo stadio durerà tra 2 e 4 settimane (a volte di più se la crisalide si è formata in autunno). Secondo le regioni e la clemenza dell’inverno le farfalle adulte emergono tra i mesi di aprile e giugno.
La piralide si è adattata ad una moltiplicità di climi, fra due estremi: quello delle steppe e quello delle zone continentali. Tuttavia, sono state osservate un certo numero di differenze tra le popolazioni invasive di C. perspectalis e quelle indigene dell’Asia. Le soglie di temperatura, così come i gradi giorno richiesti per lo sviluppo delle uova, delle larve e delle crisalidi, sono similari nei casi europei ma per esempio differiscono da quelli analizzati in Giappone.
Queste differenze si spiegano per il fatto che dei biotopi geografici diversi inducono a reazioni comportamentali distinte. Inoltre, non può essere escluso che il taxon “Piralide del Bosso” corrisponda a un complesso di specie e che delle specie criptiche siano mescolate alla forma tipica, in Giappone e nell’Asia continentale, per esempio. Futuri studi genetici daranno una risposta a questa ipotesi.
In virtù della mancanza di nemici naturali nel suo areale di diffusione europeo, le popolazioni di C. perspectalis si sviluppano rapidamente e in gran numero. Esse sembrano essere condizionate solo dalla disponibilità di risorse alimentari e dalle condizioni climatiche.
Questa farfalla ha una morfologia robusta e possente, si sposta principalmente di notte (a volte, ma molto raramente, anche di giorno) volando per distanze relativamente importanti. La sua propagazione annuale va da qualche chilometro a decine di chilometri.
Rimane da stabilire se il suo comportamento è sedentario o meno. Nelle zone attualmente infestate, i bossi sembrano abbastanza distanti fra loro, poiché sono presenti principalmente nelle città. Queste distanze sembrano quindi frenare la diffusione della piralide. Le possibilità di propagazione passiva di questo vorace insetto sono, oltre al trasporto di rifiuti verdi da potatura, il commercio delle piante di bosso dai vivai, consorzi agricoli, supermercati, fioristi, …
Come scoprire l’infestazione
Il suo comportamento discreto permette alla Piralide del bosso di passare facilmente inosservata, almeno finché la popolazione resta contenuta, come nel caso del suo arrivo in nuovi settori geografici.
Nascoste sotto le foglie del bosso, le uova sono pressoché invisibili, a meno di un esame molto minuzioso della vegetazione. Ricordiamo la loro piccola taglia (±1 mm) e gli ammassi poco numerosi di uova, che ne rendono la rilevazione difficile.
La scoperta di tele, di escrementi verdo-grigiastri e la presenza di capsule cefaliche nere risultanti dalla muta dei bruchi, costituiscono la prova di una iniziale infestazione del bosso.
Le larve di ogni stadio, pure quelle di taglia maggiore (40 mm), si nascondono nella vegetazione di giorno e solo un occhio attento le scoprirà all’interno del denso fogliame.
Esse appaiono più chiaramente con la progressione della defoliazione. Per cercare la loro presenza, non bisogna esitare a rovistare nei ciuffi sulle ramaglie dei bossi.
Scoprire i giovani bruchi svernanti (taglia ≈ 5-8 mm) sembra più facile, in quanto appaiono sulla cima dei rami, in una capsula protettrice (hibernarium), dissimulata all’interno di due o tre foglie riunite fra loro con qualche filamento di seta biancastra.
Anche l’abbrunamento del fogliame costituisce un sintomo di allerta della presenza della piralide.
La crisalide è naturalmente sempre immobile. All’interno del cespuglio, la si troverà facilmente palpando gli ammassi foliari o aprendo delicatamente le foglie.
Le farfalle adulte sono poco attive di giorno e stanno nascoste all’interno del fogliame del bosso o di altre piante. Non è raro osservarle di sera appoggiate sui muri o sulle vetrine illuminate. Questa specie è in effetti molto attratta dalle luci artificiali e, più specificatamente, da certe lampadine particolari che emettono una luce ultravioletta (lampade al vapore di mercurio, di Wood o tubi fluorescenti attinici).
Danni e lotta
Cydalima perspectalis è l’unico animale parassita del bosso conosciuto in Europa. Questa piralide costituisce dunque una minaccia importante per i vivai, parchi e giardini ma anche per i cespugli che crescono in maniera spontanea nelle foreste dei diversi ecosistemi naturali europei.
Solo le larve si nutrono a spese di questa pianta. Il loro brucare continuo provoca un abbrunamento e un disseccamento delle foglie, a cui fa seguito una defoliazione rapida e grave. Quando l’attacco rimane leggero il bosso può produrre delle nuove foglie ma in caso di focolai importanti, le piante vengono totalmente defoliate.
Di solito, il bosso emette nuove foglie l’anno successivo. Tuttavia, la piralide attacca frequentemente gli arbusti durante la rifoliazione, provocando il deperimento di certi apici.
Nei casi gravi, gli attacchi non riguardano solo la massa foliare del bosso ma anche la corteccia e le gemme (sia quelle ramificazioni sottili, che quelle delle fronde e dei rami). È interessante notare che spesso, in ambito urbano, i bossi deperiscono solo in certe zone, mentre in altre gli arbusti restano totalmente indenni.
I bossi densi, potati, con rami compatti, sembrano i più severamente attaccati. Al contrario le piante più vecchie dal portamento naturale e con ramaglia più rada sembrano vantaggiosamente risparmiate. Può darsi che la densità degli arbusti protegga le larve dal becco o dalle mandibole dei loro predatori !?
Gli adulti non hanno nessun impatto diretto sui bossi in quanto non se ne nutrono, consumando invece il nettare di numerosi fiori.
Per ora, in Francia, questo insetto nocivo attacca solo il bosso, ma in Asia, la piralide vive anche a spese dell’agrifoglio purpureo (Ilex purpurea), della fusaggine del Giappone (Euonymus japonicus) e della fusaggine alata (Euonymus alata).
Il bosso è frequentemente utilizzato per il suo aspetto estetico, in particolare nei giardini decorativi e privati, nell’arte topiaria, nei parchi, i cimiteri, … Nutrendosene, i bruchi della piralide rovinano rapidamente l’estetica degli arbusti e cespugli che prendono velocemente un color paglia, cosparsi di fili di seta e deiezioni verdastre. I bossi sono delle piante dal fogliame persistente ed eventuali danni lasciano segni visibili per lungo tempo.
Nel Caucaso e in numerose regioni europee, la piralide eradica progressivamente tutte le popolazioni indigene di Buxus sempervirens, una componente importante degli ecosistemi forestali naturali. Questa distruzione ha probabilmente anche degli effetti a cascata sulle specie che vivono esclusivamente, o principalmente, in questo ecosistema.
Diversi studi scientifici hanno elencato un totale di 132 funghi, 12 alghe, 98 invertebrati e 44 licheni legati direttamente ai Buxus spp. Da queste specie, 43 funghi, 3 alghe e 18 invertebrati sono stati osservati unicamente sul bosso. Ciò suggerisce che tutte queste specie saranno in pericolo se i bossi scomparissero dalla zona.
Prevenzione e lotta
Come abbiamo visto, la piralide è stata importata in Europa all’inizio del 2000 con dei bossi infestati prodotti in Cina. La probabilità di nuove introduzioni di provenienza asiatica è oggi più debole che nel passato, perché il volume dei Buxus commercializzati è ultimamente diminuito e diversi mezzi per la lotta contro questo distruttore vengono, come vedremo più avanti, utilizzati con più o meno successo.
Tutti i bossi attualmente acquistati nei vivai o importati, sono trattati prima della vendita con insetticidi sistematici che distruggono le piralidi (e altri insetti)! Tuttavia la farfalla continua a provocare danni in numerosi paesi.
Per evitare o limitare la propagazione della C. perspectalis, è essenziale sensibilizzare la popolazione ai rischi associati alla movimentazione e all’acquisto di bossi infestati. Questi arbusti sempreverdi possono essere attaccati da individui in tutti i loro diversi stadi. Se si desidera evitare il ricorso a trattamenti chimici e se pochi arbusti sono infestati, è possibile raccogliere le larve a mano (non sono urticanti) e distruggerle immediatamente uccidendole con il fuoco o congelandole.
Un altro modo di controllare l’infestazione: la doccia del bosso con un getto d’acqua sotto pressione in un giorno di bel tempo! Un getto possente rovina i “nidi” e le tele, sloggia le uova, le crisalidi e le larve. Il metodo non è efficace al 100 % ma, alle volte, può essere sufficiente per salvare gli arbusti.
Il giardiniere può anche battere il bosso con un bastone per far cadere i bruchi devastatori (disporre previamente una rete sotto l’arbusto per raccoglierli). È altrettanto possibile posare delle reti antinsetti sul bosso, al fine di evitare la deposizione delle uova. Le reti, anche se poco estetiche, si mettono non appena si osservano le prime farfalle nella trappola a feromoni (vedere qui sotto), fino al termine del periodo di involo. Questa tecnica è quantomeno rischiosa quando si intrappolano dei bruchi già presenti sul bosso.
Alcuni studi, che devono essere ancora valutati, propongono l’utilizzo di olio essenziale di timo come repelente contro la piralide, oppure l’applicazione di un trattamento omeopatico a base di Psorinum 30 C. Questi trattamenti non uccidono le larve ma modificano globalmente l’ecologia del bosso e del suo ambiente, tanto da renderlo meno attrattivo per l’insetto. Dei giardinieri professionisti, in particolar in Alta Savoia, irrorano regolarmente i bossi con un estratto fermentato di ortica e di foglie di rabarbaro o di macerato di consolida che sono eccellenti fitostimolanti e insetticidi. Durante l’inverno, completano questo trattamento preventivo con l’aggiunta al substrato di un concime completo per alberi e arbusti che rinforzerà il bosso.
In caso di forte infestazione, i trattamenti chimici e/o biologici restano invece inevitabili per sbarazzarsi di questo distruttore.
Lotta biologica
Nel loro areale originale, le popolazioni di piralide sono controllate da numerosi predatori e parassitoidi naturali. Citiamo in particolare delle specie del genere Aelothrips (Thysanoptera Aeolothripidae) e del genere Tyndarichus (Hymenoptera Encyrtidae) che si nutrono delle uova.
Le larve sono predate da almeno tre Diptera Tachnidae, in particolare del genere Exorista e da numerosi Hymenoptera di diverse famiglie, di cui il Braconidae Chelonus tabonus. Queste due ultime taxa, in certe zone della Cina, parassitano fino al 50 % delle popolazioni.
Le crisalidi non hanno predatori specifici nonstante siano divorate da insetti appartenenti a diversi ordini, così come da uccelli e micromammiferi.
Gli unici parassitoidi riscontrati in Europa che si nutrono di C. perspectalis sono delle specie polifaghe che hanno poco impatto sulle popolazioni. La predazione da parte di uccelli (merli, cinciarelle, storni, taccole, …) e da insetti (crisopi, calabroni asiatici, vespe, …) risulta altrettanto debole, probabilmente per il livello elevato di alcaloidi tossici prodotti dal bosso e accumulati nei bruchi.
Di conseguenza, queste taxa non costituiscono degli agenti di lotta biologica utili su grandi superfici o in caso di grave attacco.
Un nematode entomopatogeno (Steinernema carpocapsae Weiser, 1955) si è dimostrato efficace in laboratorio ma unicamente sui bruchi, mentre le crisalidi e gli adulti non sono stati attaccati da questo verme.
Le sue larve penetrano nei bruchi attraverso gli stigmi (orifici respiratori) e liberano rapidamente nell’emolinfa dei batteri patogeni, uccidendo il loro ospite in 1 o 2 giorni. Sebbene già vendute ai privati, il loro utilizzo sul terreno richiede ancora numerosi approfondimenti.
Ricordiamo che questo nematode non è assolutamente selettivo e uccide anche numerose altre specie di insetti, dannose o meno, e turba quindi l’equilibrio naturale dell’area trattata.
Altri studi hanno anche portato all’utilizzo di funghi entomofagi come la Beauveria bassiana (Bals.-Criv.) Vuill. e di un Baculoviridae (virus a forma di bastoncino, specifico degli artropodi). Per quanto promettenti, queste ricerche devono essere verificate sul terreno, non essendo questi organismi parassiti specifici della Piralide del bosso.
Da poco, una società privata ha messo in commercio in Francia dei kit contenenti dei Tricogramma, le cui larve oofaghe si sviluppano all’interno dell’uovo della piralide. Esse misurano appena 0,8 mm di lunghezza e sono state scelte per la loro capacità di bersagliare specificamente la Piralide del bosso.
Semplice da utilizzare, questi microimenotteri annienterebbero circa il 90 % della popolazione di piralidi a condizione di applicarli all’inizio dell’involo e quindici giorni dopo.
Nel 2019, degli agronomi italiani hanno valutato l’impiego, come parassitoide della piralide, di Exorista larvarum (Linnaeus, 1758), una mosca della famiglia dei Tachinidae, abbastanza comune in Europa. I risultati in laboratorio sono incoraggianti, il parassita può dimostrarsi utile per regolare le popolazioni del nocivo. Rimane però da valutare questi dati sul campo.
Controllo chimico
Gli insetticidi sistematici sembrano molto efficaci contro la piralide ma sono nocivi per l’ecosistema, in particolare a causa della loro persistenza. D’altronde, queste molecole non sono selettive e distruggono anche i nemici naturali di questo insetto, così come tutte le specie che utilizzano il bosso come riparo, tra i quali, aracnidi e altri insetti. Gli insetticidi che agiscono per contatto e ingestione, sono ugualmente molto performanti e meno nocivi per l’habitat delle farfalle.
I più efficaci sono a base di piretro come la deltametrina e la cipermetrina ma questi prodotti non sono neanche loro selettivi.
I biopesticidi a base di Bacillus thurigensis Berliner, 1915 (serotipo kurstaki) costituiscono abitualmente l’opzione privilegiata sui bossi ornamentali (anche se uccidono le altre farfalle), in ragione del loro impatto limitato sull’ambiente (il batterio è presente nel suolo). Sono facili da polverizzare e poco nocivi per l’uomo e gli altri vertebrati. Sono ingeriti dai bruchi che si nutrono delle foglie trattate. Le tossine prodotte dal bacillo distruggono le cellule dell’intestino medio del bruco che cessa di alimentarsi e muore in pochi giorni.
L’uso di trappole a feromoni sessuali, messe a punto recentemente, permette di catturare i maschi di C. perspectalis e limita drasticamente la riproduzione della specie. I feromoni sono delle sostanze sessuali emesse al fine di attirare i partner per la riproduzione e sono specifici per ogni insetto. Collocate all’inizio della primavera (poi in piena estate) nelle aiuole, le trappole permettono ugualmente di stimare il picco di abbondanza delle farfalle e il momento della deposizione. In aggiunta, se la superficie del bosso non è troppo vasta, una rete antinsetti sarà posizionata sull’arbusto, impedendo la deposizione.
Nel 2019, dei ricercatori ungheresi hanno scoperto un richiamo chimico che attirerebbe tanto i maschi quanto le femmine della piralide. Questa scoperta fa sperare delle interessanti prospettive nella conoscenza delle popolazioni adulte e nella lotta contro questo insetto nocivo, ma queste ricerche devono ancora essere affinate prima che questa molecola venga commercializzata.
Ricordiamo, per terminare, due iniziative di ricerca promettenti. Il progetto SaveBuxus I (2014-2017) poi il SaveBuxus II (2018-2020) hanno come obbiettivo di scoprire soluzioni di biocontrollo contro la piralide (utilizzazione del Bacillus thurengiensis kurstaki) in tutti gli stadi del suo sviluppo, in particolar modo gli adulti, tramite trappolaggio e confusione sessuale. Se l’eliminazione totale di questa piralide pare ormai cosa illusoria, l’uso congiunto di differenti soluzioni di biocontrollo potrebbe permettere di limitare i suoi danni a livelli accettabili.
Infine va rilevato che le “ricette della nonna” contro la Piralide del bosso sono delle false buone idee. A nulla serve l’aceto, il sapone nero, il bicarbonato di sodio oppure la candeggina. Questi differenti prodotti si mostrano inefficaci contro questi invasori e sono perfino nocivi per il bosso.
Questi mezzi di lotta non sono applicabili ovunque. Un privato avrà più facilità nel trovare una soluzione al suo caso che il gestore di una riserva naturale che deve attenersi a regole impegnative quanto all’utilizzo di prodotti chimici e biopesticidi.
Combinando le soluzioni biologiche e chimiche sopra indicate, possono essere previste, dai privati o dai gestori di ambienti naturali e non naturali, diverse misure profilattiche per frenare l’avanzata della Piralide del bosso: rafforzare la salute del bosso con fitostimolanti e concimi adatti (naturali o chimici), potare le parti colpite (poi bruciare le ramaglie o metterle in un compostatore attivo), irrigare quando il clima è caldo e secco per stimolare la crescita di nuove foglie, collocare cassette-nido per le cinciarelle vicino alle piante, esaminare frequentemente i cespugli, …
Conclusioni
C. perspectalis appartiene ormai alla lunga lista di specie esotiche invasive, ormai definitivamente impiantate in Europa.
Questa piralide provoca importanti danni ai bossi ornamentali e selvatici ma poiché non pone problemi alla produzione agroalimentare, il suo impatto economico è stato sottostimato da chi opera in questo settore.
Tuttavia, oltre all’effetto economico che ha nel campo della produzione del verde ornamentale e sulla gestione degli spazi verdi, la sua influenza sugli ambienti naturali resta tuttora da chiarire.
La lotta per proteggere le piantagioni di bosso sembra essere un combattimento a lungo termine il cui risultato è ancora incerto. La lezione da tirare da questa invasione, è di mostrarsi più attenti e reattivi sui metodi di importazione e di disseminazione di tali organismi parassiti provenienti da altri continenti.
Ma i successori della Piralide del bosso sono già arrivati in Europa. Ne citeremo solo tre: (1) la Cimice asiatica (Halyomorpha halys Stål, 1855), vero flagello per l’agricoltura, la viticoltura, l’orticoltura e altre coltivazioni, apparsa verso il 2010, (2) la Tignola del pomodoro (Tuta absoluta Meyrick, 1917), che ha invaso l’Europa dal 2006 e (3) il Punteruolo rosso delle palme (Rhynchophorus ferrugineus Olivier, 1790) che distrugge le palme, in particolare in Spagna dal 1994, in Italia e nel sud della Francia rispettivamente dal 2004 e 2006 e quelle del Principato di Monaco dal 2012.
Curiosità
Non esistono altri significativi defoliatori dei Buxus spp. in Europa. Ciononostante, in certe regioni le piante di bosso sono severamente attaccate da diverse muffe (Calonectria pseudonaviculata (= Cylindrocladium buxicola) e C. henricotiae). Questi funghi parassiti si sviluppano da aprile a ottobre, formando delle strisce longitudinali di colore bruno chiaro al centro delle foglie e molto più scuro tutto attorno. Le foglie colpite dalla malattia finiscono per seccare e tutto il ramo deperisce. La morte dell’arbusto è inevitabile nel caso di attacco importante.
Sinonimi
Phacellura advenalis Lederer, 1863, Glyphodes albifuscalis Hampson, 1899.
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