Famiglia : Viperidae
Testo © Dr. Gianni Olivo
Sidewinder è un nome che molti conoscono, soprattutto coloro che sono appassionati di romanzi tecno-bellici, perché con tale termine è denominato un missile in dotazione all’aeronautica americana, in grado di rilevare ed inseguire un bersaglio grazie all’emissione di calore. Tuttavia, il nome che i tecnici hanno dato all’arma è stato scippato ad un animale e, d’altro canto, quante invenzioni, antiche e moderne, hanno avuto come ispiratrice la natura? Molte di sicuro.
In realtà il sidewinder è un crotalo delle zone desertiche e subdesertiche americane, ed il nome gli deriva dal tipo di locomozione che adotta sui cedevoli terreni sabbiosi e sulle dune, dove il rettile avanza muovendosi lateralmente e lasciando tracce inconfondibili.
Questo procedere di lato, non è, in realtà una caratteristica esclusiva di specie deserticole: anche serpenti che vivono in ambienti fangosi, come il faccia-di-cane acquatico (Cerberus rhynchops), il serpente d’acqua di Bocourt (Enhydris bocourti), il serpente d’acqua arcobaleno (Enhydris enhydris) ed altri colubridi asiatici palustri, adottano tale modo di progredire su substrati infidi e cedevoli.
Tale “andatura” consiste in ondulazioni laterali del corpo, così che la testa viene proiettata avanti, seguita dal corpo, che viene “lanciato” più avanti: il risultato è un avanzamento laterale ed angolato rispetto la direzione del corpo del rettile e le tracce lasciate assomigliano a delle lettere J disposte parallelamente.
La caratteristica, tuttavia, che ha ispirato l’ideatore del missile, è un’altra, ed è comune a tutte le cosiddette pit vipers, in pratica quei serpenti velenosi che un tempo venivano detti crotalidi: la presenza delle fossette termo-recettrici, che consentono al rettile di localizzare prede a sangue caldo anche senza l’ausilio della vista, un po’ come fa il missile con gli aviogetti nemici.
Il nome aggiuntivo “ceraste” si riferisce alla notevole somiglianza, fisica, di abitudini, di locomozione e di habitat, con le cerasti (vedere il testo sul Cerastes cerastes) e pseudocerasti africane ed asiatiche, vipere in senso stretto, non fornite, quindi, di “fossette”.
Si potrebbe desumere, di conseguenza, che cerasti e sidewinder abbiano occupato nicchie ecologiche molto simili in continenti diversi, un po’ come accade per molte altre specie, ad esempio, nel mondo degli uccelli, con i colibri americani ed i nettarinidi africani.
Tornando al sidewinder (Crotalus cerastes Hallowell, 1854), noto anche in inglese come Horned rattlesnake, in italiano come Crotalo cornuto, Crotalo della sabbia o Crotalo ceraste, in spagnolo come Crotalo cornudo ed in tedesco come Seitenwinder, è dunque un Viperide (Viperidae), appartenente alla sottofamiglia dei Crotalini (Crotalinae), i serpenti a sonagli.
I maschi misurano in media 60-80 cm, mentre le femmine sono un po’ più grandi. La testa è appiattita e triangolare, piuttosto larga rispetto al collo, che è esile, mentre il corpo è robusto, per cui pare quasi vi sia una sorta di strozzatura, a livello del passaggio testa-corpo. L’occhio, come negli altri crotali, presenta pupilla verticale, a fessura, ed è posto piuttosto in alto, appena sotto le due protuberanze simili a cornetti che hanno, forse, il compito di agire da schermi parasole, che caratterizzano fortemente l’animale e che sono squame modificate. Tale posizione è da mettersi in relazione con l’abitudine (comune a molte vipere delle sabbie), di seppellirsi, sprofondando con movimenti quasi vibratori nella sabbia stessa, lasciando sporgere solo gli occhi e la parte superiore della testa. Tale abitudine ha non solo lo scopo di mimetizzarsi per proteggersi dai predatori e per cacciare all’agguato, ma anche di riparare il rettile dal calore eccessivo che, negli animali non dotati di un perfezionato sistema di termoregolazione, può risultare più dannoso ancora del freddo.
Sulla parte laterale della testa, che, come vedremo, è di colore chiaro come il resto del corpo, vi è una stria più scura, generalmente beige carico, grigia o marrone, che parte dalla parte posteriore dell’occhio, mentre le fossette termo-recettrici sono poste ad un livello più basso dell’occhio stesso, appena sopra il labbro: infatti la tipica postura, quando l’animale è “insabbiato”, è con il muso leggermente rivolto verso l’alto, in modo che le fossette possano assolvere al loro compito.
Il corpo è robusto, ricoperto di squame carenate, che lo aiutano grandemente nella progressione su terreni fortemente instabili e franosi, il colore è generalmente chiaro, da color crema a grigio cenere, passando, in certi esemplari, per un rossiccio chiaro o marrone slavato. Sulla livrea spiccano macchie più scure, a volte piccole, altre di maggiori dimensioni, ma che lasciano comunque ampie zone del colore di fondo scoperte. In certi esemplari molto chiari dette macchie possono essere talmente sbiadite da risultare, ad una rapida occhiata, quasi inesistenti. La coda è breve e sottile e presenta il tipico “sonaglio” che, fatto vibrare velocemente, produce un suono simile ad un ronzio.
Questi viperidi vivono a lungo, in media 25-28 anni, anche 30 in cattività, e tendono a compiere “migrazioni” nell’ambito dell’area dove vivono, in base alle condizioni ambientali, variabili nell’arco dell’anno.
Utilizzano come rifugio crepacci ed anfratti delle rocce, cespugli e buchi, talvolta tane scavate da altri animali, che possono condividere con serpenti di altre specie, e tendono ad essere crepuscolari e notturni. Quando il clima è troppo freddo (la temperatura ideale è intorno ai 30 gradi) possono “ibernare”, perché temperature basse rendono torpidi i loro movimenti e difficoltosa la digestione delle prede. La caccia è condotta all’agguato, fidando nell’immobilità, nel mimetismo e nella tecnica dell’insabbiamento. Le prede principali sono piccoli roditori e lucertole, che vengono rapidamente uccisi dal veleno, citotossico ed emorragizzante, e che funziona anche come una sorta di succo gastrico esterno, iniziando, in pratica, a “digerire” la preda quando ancora non è stata inghiottita, e facilitando e velocizzando, così, il processo che avverrà nel tubo digerente del serpente.
Il veleno del crotalo cornuto non è particolarmente potente, né escreto in dosi massicce, per cui è generalmente non letale per un uomo adulto ed in buone condizioni di salute, ma un morso è, tuttavia, pericoloso e molto doloroso, e può portare a necrosi e gangrene, con perdita, a volte di un dito o di una mano.
La tecnica di avvelenamento varia in funzione della preda: piccoli mammiferi, come i topi-canguro (Dipodomys) oppure i pocket mice (Chaetodipus), vengono morsi e rilasciati, ed in seguito il serpente li traccia utilizzando la lingua bifida e l’organo di Jacobson, mentre lucertole o piccoli serpenti vengono trattenuti dopo il morso, forse perché più difficili da rintracciare o per la possibilità che si rintanino in anfratti troppo stretti per consentire il passaggio al cacciatore, ma anche per il fatto che un roditore, fornito di unghie e denti taglienti, potrebbe ferire il crotalo nel tentativo di difendersi.
Il crotalo ceraste è ovoviviparo, e la femmina “partorisce” piccoli vivi. Generalmente gli accoppiamenti hanno luogo tra aprile e maggio, oppure, in certe zone, in autunno. La femmina si accoppia e partorisce non più di una volta all’anno, ma spesso, se la zona non è ricca di preda, ogni due o tre anni. L’accoppiamento è complesso e laborioso. Il maschio fa ”scorrere” il corpo e la testa lungo il dorso della femmina, per stimolarla, e, se questa acconsente, attorciglia la propria coda a quella della partner, cercando di avvicinare le rispettive cloache per fecondarla ed il processo può protrarsi per ore, durante le quali se uno dei partners decide di spostarsi, semplicemente si trascina l’altro appresso.
Le nascite avvengono, di solito, in tarda estate o in autunno ed il numero di nuovi nati, lunghi, alla nascita, da15 a 20 cm, va da 15 a 18 ed il “parto” richiede due o tre ore. Appena sgusciati dalla trasparente membrana che li avvolge, i piccoli, già autosufficienti, rimangono nei pressi del luogo ove sono nati per pochi giorni (due o tre, in media), per poi andarsene ognuno per i fatti suoi, disperdendosi in varie direzioni. L’habitat, come dicevo, è costituito da zone spesso desertiche e sabbiose, con presenza di rocce, che offrono riparo e protezione, fino a quote non oltre i 1600 metri sul livello del mare, l’areale di distribuzione comprende la parte sud-orientale della California, il deserto del Mojave e del Sonora, l’Arizona occidentale, e la parte meridionale di Nevada e Utah.
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