Crocodylia

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Testo © DrSc Giuliano Russini – Biologo Zoologo

 

Difficile non scorgere in questo Crocodylus niloticus alcuni caratteri ancestrali dei dinosauri © Giuseppe Mazza

Difficile non scorgere in questo Crocodylus niloticus alcuni caratteri ancestrali dei dinosauri © Giuseppe Mazza

Classe: Reptilia.

Sottoclasse: Archosauria.

Ordine: Crocodylia.

Sottordine: Eusuchia.

Famiglia: Crocodylidae.

Sottofamiglia. Tre gruppi: Crocodylinae, Alligatorinae e Gavialinae.

I membri della famiglia dei Coccodrilli (Crocodylidae) costituiscono un piccolo gruppo, relativamente omogeneo e sono gli unici sopravvissuti, insieme agli uccelli, della vasta linea evolutiva dei Sauropsidi (Sauropsida).

Una famiglia nota a partire dal Cretaceo superiore (era Mesozoica) con rappresentanti che hanno lasciato numerose tracce fossili in tutti i continenti, compresa la maggior parte dell’Europa e del Nordamerica, nel Vecchio e nel Nuovo Mondo. Nessuna delle forme antiche era particolarmente differente dalle attuali e sembra quindi che il tipo “coccodrillo” si sia formato da moltissimo tempo. Poi diverse linee hanno dato origine, indipendentemente, accanto a forme col muso corto, dette “brevirostre”, a forme dal muso allungato, “longirostre”. Ma si tratta di un tipico adattamento, che sfrutta la plasticità fenotipica, indotto dal regime alimentare piscivoro adottato dalla specie e non da una generica tendenza evolutiva, sebbene le forme ancestrali, i Protosuchidi (Protosuchia) Triassici, avessero tutti un muso cortissimo.

Tra le 3 sottofamiglie riconosciute, gli Alligatorini (Alligatorinae) vengono considerati i più primitivi, mentre i Gavialini (Gavialinae), rappresentati da un unico genere noto a partire soltanto dal Miocene, formano un gruppo a parte, che è possibile sia in effetti più affine ai Telosauridi (Telosauridae) Giurassici che agli altri coccodrilli.

L’aspetto generale dei coccodrilli, grande testa dalle lunghe e robuste mascelle, corpo pesante, zampe robuste e coda spessa appiattita lateralmente, li rende forse uno dei tipi di rettili più conosciuti ai non esperti, anche perché spesso presenti nei giardini zoologici, parchi acquatici ed in molte riserve naturali, per non parlare delle case di privati, dove talora sono causa d’incidenti mortali. Presentano una pelle corazzata con scaglie, soggette a ricambio, colore verde scuro-sabbia-grigio. Gli occhi sono molto ravvicinati e sporgenti, posti al sommo del capo, e le narici, provviste di valvole, si trovano all’estremità anteriore del muso.

La possente corazza e le squame carenate fanno subito pensare all'Era Mesozoica © Giuseppe Mazza

La possente corazza e le squame carenate fanno subito pensare all’Era Mesozoica © Giuseppe Mazza

La coda appiattita ed altre particolarità, come le orecchie dotate di padiglione mobile, il palato secondario, ecc., sono indice di una vita contemporaneamente acquatica e terrestre.

Sebbene siano discendenti da forme bipedi terrestri (dinosauri) e forse agli inizi anche parzialmente arboricole, gli attuali coccodrilli sono tetrapodi semiacquatici: cacciano e s’accoppiano nell’acqua, vi cercano rifugio, e in genere vengono a terra solo per scaldarsi al sole o per deporre le uova.

Tuttavia, almeno qualche specie, ha l’abitudine di scavare sulle rive delle tane profonde, per trascorrere, secondo le necessità, alcuni periodi dell’estate o dell’inverno, o riposarsi, sia di giorno che di notte.

Tutti i coccodrilli sono ovipari.

Le femmine depongono sulle rive da 15 a 95 uova: alcune in semplici buchi scavati nella sabbia, altre nel centro di un monticello relativamente alto, fatto di un impasto di fango e detriti vegetali. Servono, con la loro fermentazione, a generare il calore necessario alla corretta incubazione delle uova, e sembra che in questo caso le femmine restino nei dintorni per fare la guardia al nido.

Durante la prima metà degli anni ’70 del secolo XX, il biologo erpetologo Americano Dr H. B. Cott, ha dimostrato, mediante osservazioni su campo iniziate negli anni ’60, quale importanza abbia tale forma di sorveglianza nel caso del Coccodrillo del Nilo (Crocodylus niloticus). Nel Parco nazionale dell’Uganda, dove lo scienziato lavorava come conservatore faunista, osservò che la quota dei nidi distrutti, che normalmente va dal 40 al 50 %, poteva anche salire al 70-100% dove l’eccessivo l’afflusso di turisti disturbava le femmine durante il periodo riproduttivo. L’autore notò, fra l’altro, che i principali predatori delle uova sono i babbuini, le iene ed i varani, responsabili da soli dell’ 80% circa dei danni causati. Si parla ovviamente per nidi non sorvegliati, poiché, in presenza della madre, una iena, e tanto meno un babbuino o un varano non avrebbero scampo !

I coccodrilli sono tutti carnivori, e non disdegnano le carogne ed i residui di vario tipo (necrofagi), ma le loro prede variano a seconda della mole, e quindi dell’età, e della specie. Le forme a muso corto (brevirostre), si nutrono volentieri d’animali terrestri, talvolta anche di mammiferi relativamente grossi.

L’occhio di un Crocodylus niloticus che s’avvicina nuotando nella notte non lascia certo indifferenti © G. Mazza

L’occhio di un Crocodylus niloticus che s’avvicina nuotando nella notte non lascia certo indifferenti © G. Mazza

Li afferrano di sorpresa nell’acqua poco profonda e, con uno scatto preciso e fulmineo, li fanno cadere con una rapidissima torsione di tutto il loro corpo. Poi li trascinano sul fondo per affogarli.

Se li smembrano con calma e quando sorgono difficoltà aspettano che siano più o meno frolle o decomposte per nutrirsene.

Si tratta infatti spesso di prede di una certa mole, che lottano per sopravvivere, come gnu, zebre, antilopi e gazzelle, che vanno ad abbeverarsi lungo i fiumi dove questi rettili sono in agguato, nelle loro migrazioni sociali stagionali o durante gli spostamenti giornalieri alla ricerca del cibo.

L’efficientissima tecnica di caccia dei coccodrilli è rimasta misteriosa fino a circa metà degli anni ’60 del secolo scorso, quando tramite la cinematografia associata alla fotografia, i biologi zoologi ed i documentaristi, hanno potuto almeno in parte delucidarne i meccanismi.

Anche qui però, come sempre, la parte preponderante della dieta è costituita da prede di taglia molto più modesta di quanto generalmente si creda. I giovani e le specie più piccole, si nutrono soprattutto d’invertebrati acquatici, grossi insetti caduti nell’acqua, anfibi, nidiacei d’uccelli e naturalmente dei pesci (ciclidi) che riescono a catturare. Le forme a muso lungo (longirostre) sono marcatamente piscivore, ma mai in maniera esclusiva, anche se in linea di massima sono poco portate ad attaccare delle prede terrestri.

I coccodrilli, che si mostrano perfettamente a loro agio nell’acqua, dove nuotano con robuste ondulazioni laterali della coda e le zampe ripiegate lungo il corpo, sulla terra sembrano maldestri, quando devono issarsi faticosamente sulla riva o si scaldano al sole abbandonati sul ventre. Ma si tratta solo di un’impressione, perché anche gli esemplari più grandi sono in grado di spostarsi rapidamente sul terreno, col corpo tenuto molto più in alto dei sauri e le zampe che si muovono su un piano praticamente verticale. La struttura del bacino, anatomicamente più vicina a quella degli uccelli che a quella dei rettili, spiega questo tipo d’andatura, giustificata, evolutivamente e paleontologicamente parlando, dalle origini della famiglia.

La mole dei coccodrilli oscilla entro un ampio intervallo di valori, come si può vedere dalla seguente tabella :

Dimensioni e regioni di provenienza delle specie appartenenti all’ordine dei Crocodylia

Dimensioni e regioni di provenienza delle specie appartenenti all’ordine dei Crocodylia

Tuttavia, considerati come gruppo, sono indiscutibilmente i più grandi rettili viventi, ed il peso di alcuni esemplari catturati supera la tonnellata !

Una volta adulti, la maggior parte dei coccodrilli non ha nemici, a parte l’uomo con armi da fuoco o le lance, sebbene i Leoni (Panthera leo), quando sono arrabbiati o minacciati, non esitino ad attaccarli. E per amor del vero, anche il più grande coccodrillo deve stare attento a non disturbare troppo gli Ippopotami (Hippopotamus amphibius), dato che questi animali non tollerano in alcun modo le loro molestie, specie quando vedono la propria prole in pericolo. Come per le tartarughe marine, le uova e gli individui molto giovani, cadono invece vittima di vari predatori, cui si aggiungono, in questo caso, anche i congeneri ed i conspecifici adulti.

Gli esemplari compresi fra il metro e il metro e mezzo, e quindi per qualche specie anche gli adulti, vengono talora divorati dai grandi Boidi (Boidae), per esempio, come abbiamo visto nei Serpentes, dalle anaconde, che, semiacquatiche come sono, attaccano spesso i piccoli caimani e gli alligatori, minacciati anche dai Giaguari (Panthera onca), mentre i coccodrilli di questa taglia possono costituire un pasto per Leoni (Panthera leo) e Leopardi (Panthera pardus), ed i gaviali devono vedersela con le Tigri (Panthera tigris) ed i leopardi asiatici.

Il Coccodrillo americano (Crocodylus acutus) è la specie meglio conosciuta nel Nuovo Mondo © G. Mazza

Il Coccodrillo americano (Crocodylus acutus) è la specie meglio conosciuta nel Nuovo Mondo © G. Mazza

Dopo questa introduzione generale sulla famiglia dei Coccodrilli (Crocodylidae), tratteremo più in dettaglio le sottofamiglie in cui si divide, per poi fare cenni sull’ecologia e la fisiologia comparata del gruppo, trattando gli aspetti tipici di questi animali.

Si fa presente, che mentre per Chelonia, i Serpentes ed i Sauria, la quantità di studi compiuti, sia sul campo che in ambiente controllato (terrario-vivario in un giardino zoologico o parco acquatico) è cospicua, per i membri del gruppo dei coccodrilli le conoscenze sulla loro etologia, fisiologia ed ecologia sono alquanto scarne, data la mole e la pericolosità che li caratterizza, la natura circospetta e la capacità di passare molto tempo sott’acqua.

Sottofamiglia dei Coccodrillini

(Crocodylinae o Crocodilinae)

I coccodrillini sono diffusi in tutte le zone tropicali del pianeta, ad eccezione di una piccola parte dell’America meridionale, e non si espandono nelle regioni subtropicali, salvo un’unica specie che raggiunge la Florida.

Delle 13 specie in cui consiste attualmente questa sottofamiglia, 11 appartengono al genere Crocodylus. Di queste, 4 vivono in America centrale e nella parte settentrionale del Sudamerica, 2 in Africa, e 5 nella zona situata tra l’India, le Filippine e l’Australia settentrionale.

Il Coccodrillo americano (Crocodylus acutus) è la specie meglio conosciuta nel Nuovo Mondo. Questo grossissimo animale, che in qualche raro esemplare può superare i 6 m di lunghezza, vive nelle paludi e nei grandi corsi d’acqua, e non esita ad avventurarsi anche nel mare. Per tale motivo lo si ritrova sulla costa nordovest del Sudamerica, a partire dal Perù settentrionale e nell’America centrale, all’estremità meridionale della Florida e nelle Antille. Più attivo e aggressivo dell’alligatore, con cui coabita in Florida, questo animale attacca grosse prede, ma non è considerato pericoloso per l’uomo, se non viene disturbato.

Il Crocodylus intermedius, del bacino dell’Orinoco, raggiunge la medesima mole della precedente specie (col gaviale ed il coccodrillo marino, sono i più grandi coccodrilli esistenti), ma con un muso molto più stretto ed allungato, probabilmente per il suo regime alimentare piscivoro. A parte questo, si hanno ben poche informazioni sul suo comportamento.

Il Crocodylus rhombifer di Cuba si estende fino all’isola dei Pini, nella Nuova Caledonia francese © G. Mazza

Il Crocodylus rhombifer di Cuba si estende fino all’isola dei Pini, nella Nuova Caledonia francese © G. Mazza

I due altri rappresentanti americani del genere, più piccoli, sono rari e localizzati nelle paludi. Si tratta del Crocodylus moreletii, di casa nel sudovest del Messico, nell’Honduras e nel Guatemala e del Crocodylus rhombifer di Cuba. Questa seconda specie però, si estende (caso unico) anche fino l’isola dei Pini, nell’arcipelago Francese della Nuova Caledonia nell’oceano Pacifico.

Il più famoso dei coccodrilli propriamente detti, è senza dubbio il ben noto Coccodrillo del Nilo (Crocodylus niloticus).

Diffuso pressoché ovunque a sud del Sahara, perlomeno fino a un periodo molto recente (anni ’70 del secolo XX), è oggi scomparso in molte località, soprattutto nell’Africa meridionale, per l’intensa caccia legata all’industria delle pelli.

In tempi passati aveva una distribuzione notevolmente più ampia. Qualche piccola popolazione era presente, fino alla seconda metà degli anni ’70 del secolo scorso, in alcune “guelta” (area ad oasi, costituita d’acqua stagnante, spesso circondata da rocce, ove popolazioni nomadi, come i Sahrawi e i Tuareg, installavano accampamenti provvisori) del Sahara meridionale (Ennedi: Sistema di montagne, la cui particolare caratteristica sono le sue bizzarre e imponenti formazioni tassiliane, che per centinaia di chilometri danno vita ad un dedalo di canyon, gole e stretti passaggi, nei quali si nascondono fresche e limpide guelta) e centrale (Tassili e Hoggar sistemi montuosi e a rocce degli altipiani berberi nel Nordafrica e del Ciad), è indice del fatto che questi animali occupavano buona parte se non la totalità dell’Africa settentrionale prima che si trasformasse in deserto. In epoca storica si trovavano ancora nell’area mediterranea, dove arrivavano seguendo il Nilo, e perfino in Siria.

Il Cocrodylus niloticus è robusto e attivo, con una notevole adattabilità. Si accontenta di poco (gli esemplari dei “guelta” delle Ennedi, che in verità sono sempre piccoli, si nutrono d’insetti o invertebrati terrestri e acquatici) ma sono sempre pronti ad attaccare anche prede di grossa mole, come un orice del deserto all’abbeverata.

È una specie che vive bene sia nelle regioni aride, dove può trascorrere in tane profonde un letargo estivo (“estivazione” vedi Chelonia), sia nei grandi fiumi, per non parlare delle paludi a canneti dell’Africa centrale.

Il Coccodrillo marino (Crocodylus porosus) attacca sovente l'uomo © G. Mazza

Il Coccodrillo marino (Crocodylus porosus) attacca sovente l’uomo © G. Mazza

Non esita a nuotare in mare aperto ed in questo modo ha raggiunto non solo il Madagascar, ma anche le isole Comore e le Seychelles.

Il Cocrodylus niloticus si avvicina spesso ai villaggi perché è molto ghiotto di cani, ed è l’unico rettile, col Coccodrillo marino dell’Asia e dell’Oceania (Crocodylus porosus), che vede l’uomo come una preda.

Sembra tuttavia che questa attitudine sia da ricondursi ad abitudini locali, poiché in Africa gli incidenti accadono pressoché sempre nelle medesime zone, mentre nel resto del continente si tende a considerare pericolosi questi animali solo quando vengono disturbati.

La seconda specie africana, il Crocodylus cataphractus, è predatrice di pesci, e può arrivare a 4 m di lunghezza. Tipicamente tropicale, vive nell’Africa centrale ed occidentale. Piuttosto timido, è molto più legato del precedente alle grandi distese d’acqua. Si trova spesso nelle lagune costiere e viene a terra di rado.

Le ultime 4 specie di coccodrilli veri e propri, vivono nelle regioni orientali.

Il più grande e il più temuto tra questi, che ha anche l’area di diffusione più vasta, è il terrificante Coccodrillo marino (Crocodylus porosus).

Come indica il nome comune, questo animale si trova perfettamente a suo agio in mare, ancora più del Coccodrillo americano (Crocodylus acutus) o del Coccodrillo del Nilo (Crocodylus niloticus), ed è questo fatto che spiega la sua larga distribuzione, dall’estremità meridionale dell’India alle isole Figi, e dal nord dell’Australia alle Filippine.

Ricordiamo tuttavia che le popolazioni a grande densità si arrestano in prossimità dell’arcipelago delle isole Salomone, e che nella Repubblica di Vanuatu (ex-Nuove Ebridi, denominazione che avevano quando erano un condominio internazionale anglo-francese, durato dal 1906 al 1980, data dalla loro indipendenza come Repubblica di Vanuatu) come nelle isole Figi, sono stati osservati solo individui isolati.

L’habitat preferenziale della specie è rappresentato dagli estuari e dai margini delle zone a mangrovie, il che gli consente di spingersi non soltanto in mare, ma, come già scritto, anche nei fiumi con portata abbastanza consistente. La sua dieta, estremamente varia, comprende pesci, nonostante il muso allargato non si adatti a questo tipo di caccia, serpenti acquatici, numerosi in queste regioni (vedi Serpentes), tartarughe, piccoli coccodrilli, nidiacei di uccelli acquatici, carogne e talvolta mammiferi di diverse taglie. Pur non essendo frequenti, non sono solo un’eccezione gli attacchi omicidi portati ai bambini ed anche a uomini adulti.

La riproduzione avviene sempre in acqua dolce e sembra che, nell’intervallo tra i due periodi riproduttivi, siano i maschi a vivere sulle rive e ad intraprendere anche lunghe esplorazioni marine.

Il Crocodylus siamensis, dal muso largo, è invece poco aggressivo e persino addomesticabile © G. Mazza

Il Crocodylus siamensis, dal muso largo, è invece poco aggressivo e persino addomesticabile © G. Mazza

Nella penisola indiana, dal Pakistan occidentale ad Assam, fino a Ceylon, il Coccodrillo delle paludi (Crocodylus palustris) occupa praticamente il posto che il Coccodrillo del Nilo (Crocodylus niloticus) ha in Africa, benché lo si trovi solo nelle acque dolci.

Anch’esso comunque può vivere in zone piuttosto aride, con letargo estivo in profonde tane scavate lungo le rive dei fiumi, ed in caso di grave siccità può intraprendere spostamenti a terra relativamente lunghi, alla ricerca di corsi d’acqua permanenti.

Ma è soprattutto comune nelle paludi, o nei fiumi larghi e lenti. Quest’animale, dal muso largo, ha un’alimentazione varia, in cui le carogne occupano un posto importante.

Malgrado la notevole mole, viene considerato poco pericoloso per l’uomo, e lo si può facilmente addomesticare. Nelle riserve naturali, che circondano alcuni templi, si possono trovare numerosi esemplari di questa specie che vivono benissimo in condizioni di semicattività. Sembra invece che le popolazioni di Ceylon, che spesso vengono considerate una razza o sottospecie particolare del Crocodylus palustris, siano nettamente più aggressive.

Più ad est, al coccodrillo delle paludi si sostituisce il Coccodrillo siamese (Crocodylus siamensis), che è molto simile, ma un po’ più piccolo. A parte il fatto che non lo troveremo mai nelle regioni aride, ha un modo di vita del tutto analogo. Lo si trova nella penisola Indocinese, dove non è mai molto abbondante, a Giava e nel Borneo, mentre pare che sia assente in Malesia e a Sumatra.

Ancora più a est vive il Crocodylus novae-guineae, che come suggerisce il nome è endemico della Papua-Nuova Guinea, con una sottospecie o razza, il Crocodylus novae-guineae mindorensis, che abita le Filippine.

Questo coccodrillo, supera raramente i 2,50 m di lunghezza e vive esclusivamente in acque dolci, anche se ciò non gli ha impedito di popolare l’arcipelago delle Sulu, nell’estremo sudoccidentale delle Filippine.

Il Crocodylus cataphractus, dal muso lungo e stretto, si nutre di pesci © Giuseppe Mazza

Il Crocodylus cataphractus, dal muso lungo e stretto, si nutre di pesci © Giuseppe Mazza

La razza delle Filippine, un tempo abbondantissima in diverse regioni, è, come la maggior parte dei coccodrilli, in via di rapida rarefazione, dagli anni ’80 del XX secolo ad oggi, a causa della caccia commerciale e sportiva cui è sottoposta.

L’ultima specie relativa al genere Crocodylus, il Crocodylus johnsoni dell’Australia settentrionale, ha lo stesso tipo di muso, molto allungato, della specie Crocodylus cataprhactus dell’Africa tropicale, e come questa è principalmente piscivoro, pur mangiando qualunque cosa, anche piccola, che gli cade sotto i denti, dai roditori agli insetti.

Supera solo eccezionalmente i 2 m di lunghezza, ed è quindi totalmente inoffensivo per l’uomo, a condizione, naturalmente, che non lo si infastidisca, perché un coccodrillo di 1,50 m di lunghezza, è pur sempre in grado, se lo si afferra senza precauzioni, di provocare ferite profonde e molto serie.

Si tratta di una specie d’acqua dolce che vive in tutti i fiumi dell’Australia settentrionale, dal Fitzroy a ovest, fino a circa il 21° grado di latitudine sud, sudest. Nonostante il Coccodrillo marino (Crocodylus porosus) viva nelle medesime regioni, non accade mai che le due specie siano abbondanti nella medesima nicchia ecologica.

Gli altri due generi della sottofamiglia dei Coccodrillini (Crocodylinae) sono monospecifici. Il Coccodrillo nano o Coccodrillo corazzato (Osteolaemus tetraspis) dell’Africa tropicale, è rappresentato da due sottospecie o razze: l’ Osteolaemus tetraspis tetraspis in Africa occidentale ed il Crocodylus tretaspis osborni in Africa centrale. La prima, raggiunge 1,80 m di lunghezza e vive in biotopi molto vari, a sud del 10° grado di latitudine nord. La seconda non supera 1 m di lunghezza ed è più rigidamente di foresta.

Si tratta di piccoli animali pacifici, dal muso cortissimo, dotati di osteodermi (placche ossee) ventrali, donde il nome di coccodrilli corazzati.

Aspetto analogo ha il Crocodylus johnsoni di casa in Australia © Giuseppe Mazza

Aspetto analogo ha il Crocodylus johnsoni di casa in Australia © Giuseppe Mazza

La loro dieta varia, comprende una notevole proporzione di invertebrati acquatici, pesci, anfibi e forse anche frutti.

Vivono soprattutto vicino le paludi isolate, o ai piccoli corsi d’acqua caldi, e sembra trascorrano buona parte del loro tempo a terra, in luoghi ombreggiati.

Il Tomistoma schlegelii, soprannominato falso gaviale a causa del muso più allungato e stretto di qualsiasi altro coccodrillino, e quasi uguale a quello del vero gaviale, si trova sia in Malesia che a Sumatra e nel Borneo.

È un piscivoro piuttosto grosso, perfettamente inoffensivo e abbastanza raro, al punto di far parte della dolorosa “red list”, fra le specie a rischio d’estinzione della IUCN.

Vive esclusivamente in acqua dolce, soprattutto nei corsi d’acqua di una certa portata e nei grandi fiumi. Il genere Tomistoma viene alcune volte classificato da alcuni zoologi, in una sottofamiglia a sè stante, quella dei Tomistomini (Tomistominae), ma la International Commission for Zoological Nomenclature (ICZN) ancora discute la validità di questa classificazione.

Sottofamiglia degli Alligatorini (Alligatorinae)

Ad eccezione dell’Alligatore cinese (Alligator sinensis), gli alligatorini si trovano solamente nel Nuovo Mondo ed in particolare nell’America meridionale. Tuttavia vi sono vari generi che hanno vissuto nel Vecchio Mondo, soprattutto in Europa, fino alla metà del Terziario era Cenozoica.

Gli alligatorini, di solito più piccoli dei coccodrillini e considerati più primitivi, hanno tutti un muso largo piuttosto appiattito. In generale sono animali indolenti e poco pericolosi, strettamente legati alle acque dolci. Gli alligatori hanno la caratteristica di vivere in zone subtropicali e quasi temperate, tra il 25° e il 35° grado di latitudine nord.

L'Alligator mississippiensis ha un muso largo e piatto, col quarto dente non visibile a bocca chiusa © Mazza

L’Alligator mississippiensis ha un muso largo e piatto, col quarto dente non visibile a bocca chiusa © Mazza

Per questo, perlomeno nella zona più settentrionale della loro area di ripartizione, sono costretti ad un letargo invernale e passano i mesi più freddi in profonde tane scavate lungo le rive.

Un tempo l’ Alligator mississippiensis era molto diffuso in tutti i fiumi, i corsi d’acqua, i laghi e le paludi del sudest degli Stati Uniti, dalla Florida al Texas, arrivando ad ovest fino la California del nord. La caccia intensiva lo ha talmente rarefatto, che si è resa necessaria una protezione legale da parte del Governo degli Stati Uniti. Si tratta sicuramente di uno dei coccodrilli che sopportano meglio la vita in cattività, tant’è che i biologi zoologi spesso ne costituiscono allevamenti detti “fattorie”, soprattutto in Florida, per garantirne il ripopolamento.

Una caratteristica morfologica particolare, che permette di distinguere a prima vista un alligatore da un coccodrillo propriamente detto, è che quest’ultimo, quando le fauci sono serrate, ha esposto all’esterno il quarto canino del mandibolare inferiore, mentre negli alligatori alloggia in una tasca gengivale che lo nasconde alla vista.

Come per molti coccodrilli, la sua dieta cambia con l’età. I giovani si nutrono soprattutto di invertebrati acquatici (molluschi, crostacei e insetti). Crescendo, cominciano a prestare attenzione a piccoli vertebrati d’acqua dolce (pesci, anfibi, talvolta serpenti), a cui presto si vanno ad aggiungere prede più grandi come roditori e uccelli acquatici. Gli adulti di grossa mole, mangiano occasionalmente dei mammiferi abbastanza grossi, come cani, cervidi e vitelli, ma in linea di massima gli alligatori sono molto meno attivi e intraprendenti dei coccodrilli veri e propri, e nonostante la mole non rappresentano mai un vero pericolo per l’essere umano. Ma ovviamente, se vengono molestati o minacciati, non hanno alcuna difficoltà ad uccidere anche un uomo adulto.

Il secondo rappresentante del genere Alligator, l’Alligator sinensis, vive in Cina, ad una grande distanza, quindi, dalla forma affine americana, ma in una zona climatica dello stesso tipo: bioma subtropicale, con piogge nella stagione calda. Se ne conoscono solo pochi esemplari, che provengono tutti dal bacino inferiore dello Yangtze Kiang.

Di casa negli USA nordorientali, se non viene molestato non è pericoloso per l'uomo © Giuseppe Mazza

Di casa negli USA nordorientali, se non viene molestato non è pericoloso per l’uomo © Giuseppe Mazza

Non si sa se questa specie, attualmente rara e limitata a zone definite, abbia avuto in epoca storica una distribuzione più estesa, e se l’uomo è responsabile di questo degrado. Dato che li gli inverni sono molto freddi, l’ Alligator sinensis ha un periodo di letargo molto lungo; ma a parte ciò, si conosce ben poco su questo piccolo alligatore, timido e difficilissimo da osservare nell’ampia vallata inondata in cui vive.

Tutti gli altri alligatorini, sono originari dell’America meridionale e vengono detti volgarmente caimani, nonostante i biologi zoologi, li abbiano suddivisi in 3 generi differenti.

Il più conosciuto è il Caiman crocodylus, diffuso dal sud dell’America centrale al Paraguay. Ne esistono 3 sottospecie, o razze ben differenziate, che sono state considerate a lungo specie vere e proprie, ed erano chiamate Caiman yacare, Caiman crocodilus (o Caiman sclerops) e Caiman fuscus.

Vengono spesso chiamati caimani dagli occhiali, perché tra gli occhi recano una cresta ossea, che richiama un po’ la montatura centrale degli occhiali.

Questi animali, che superano raramente i 2 m di lunghezza, sono totalmente inoffensivi. Vivono nelle acque ferme: corsi d’acqua lenti, paludi e laghi. La loro dieta è in buona parte a base di invertebrati acquatici (molluschi e crostacei), piccoli pesci, anfibi e piccoli serpenti.

Il Caiman latirostris, che vive in Brasile a sud del Rio delle Amazzoni e in Paraguay, ha mole e abitudini simili. Invece i Paleosuchi (Paleosuchus sp. ) frequentano invece le acque veloci, talvolta addirittura le rapide disseminate tra le rocce. I loro osteodermi (ricordiamo che sono placche ossee), estremamente sviluppati, formano una specie di corazza che li avvolge da ogni parte.

Questo carattere morfologico è stato messo in rapporto col loro habitat, dato l’elevato rischio di violente collisioni con le rocce. Evidentemente l’ipotesi è valida, ma abbiamo anche visto che i coccodrilli nani o corazzati del genere Osteolaemus, più o meno altrettanto protetti dagli ostracodermi ventrali, vivevano in ambienti del tutto diversi. Motivo per cui gli zoologi non hanno ancora convalidato tale ipotesi.

Il Caimano dagli occhiali (Caiman crocodylus) supera raramente i 2 m e conta tre sottospecie © G. Mazza

Il Caimano dagli occhiali (Caiman crocodylus) supera raramente i 2 m e conta tre sottospecie © G. Mazza

Nonostante i Paleosuchi siano di taglia relativamente ridotta (gli esemplari più grandi non superano mai 1,50 m di lunghezza, come si può vedere nella tabella), il Caimano dalla fronte liscia (Paleosuchus palpebrosus) ed il Caimano nano (Paleosuchus trigonatus) hanno una dieta composta principalmente da vertebrati: anfibi, pesci, serpenti, uccelli acquatici e piccoli mammiferi.

L’ultimo rappresentante, il Caimano nero (Melanosuchus niger), è il gigante del gruppo. La maggior parte degli adulti supera infatti i 3 m di lunghezza ed alcuni raggiungono i 4,57 m.

Questo caimano, largamente diffuso nei bacini del Rio delle Amazzoni e dell’Orinoco, dal Perù fino alle Guiane, è l’unico che occasionalmente assale i grossi mammiferi, ma essendo poco aggressivo, si tende a non considerarlo pericoloso per l’uomo.

Resta il fatto che considerare una specie di coccodrillo o alligatore poco aggressiva, non significa che non possa ferire gravemente un uomo, se lo si disturba o lo si manipola senza le dovute precauzioni.

La sottofamiglia dei Gaviali (Gavialinae) è rappresentata da un’unica specie: il Gaviale (Gavialis gangeticus), diffuso nell’Asia meridionale, dall’Indo, all’Irawaddi, ma assente in tutto il sud dell’India. È forse il più grande, se non il più pesante di tutti i coccodrilli e sono stati registrati dai biologi esemplari lunghi anche più di 7 m !

Ma la sua caratteristica fondamentale, è costituita dal muso straordinariamente lungo e stretto (longirostre), che nei maschi adulti mostra un netto rigonfiamento. I gaviali vivono di preferenza nei corsi d’acqua ampi e nei grandi fiumi, oltre che negli estuari, e vengono raramente a terra. La loro dieta, è soprattutto a base di pesci, cui talvolta si aggiungono uccelli, serpenti acquatici e carogne, in particolari di cadaveri umani, non del tutto bruciati che il Gange trasporta regolarmente.

Prende il nome dalla cresta ossea che richiama un po' la montatura degli occhiali © Giuseppe Mazza

Prende il nome dalla cresta ossea che richiama un po’ la montatura degli occhiali © Giuseppe Mazza

Non sembra però che assalgano animali vivi di grossa taglia, nonostante le loro impressionanti dimensioni. Non costituiscono quindi un pericolo per l’uomo, salvo quanto detto sopra.

Fisiologia Comparata dei coccodrilli

Nelle introduzioni dei Chelonia, Serpentes e Sauria, sono trattate le caratteristiche comuni alla classe dei Reptilia, in termini di sistemi e organi.

Ad esempio, l’organo di Jacobson, la struttura dell’occhio, la psicologia e il sistema nervoso centrale e neurovegetativo, sono stati ampiamente descritti, come anche il sistema di escrezione, comparandolo quest’ultimo, con quello degli uccelli; inoltre parlando dei meccanismi della “muta” nei serpenti, abbiamo fatto cenno anche ai meccanismi che presiedono il rinnovamento della pelle nei coccodrilli (che non si tratta di una muta però) e gli aspetti delle appendici dermiche. Lo stesso per il sistema scheletrico.

Per tale ragione, tratteremo nel caso dell’ordine dei Crocodilia, quelle strutture più tipiche del gruppo, cioè le orecchie, poiché sono gli unici rettili che presentano una bolla timpanica sviluppata. Parleremo dei loro meccanismi riproduttivi, ed in particolare del tasso di crescita, che è stato oggetto di studio e interesse da parte dei biologi erpetologi, poiché presenta delle caratteristiche peculiari e soprattutto perché caratterizzato da incrementi “allometrici” molto vistosi, in tempi relativamente brevi, coinvolgendo quindi, il metabolismo intermedio e relative variazioni. Infine, parleremo del loro sistema circolatorio, poiché pur essendo tra i rettili viventi più primitivi, è molto più vicino a quello dei mammiferi, rispetto ai serpenti, sauri e tartarughe.

Sistema Cardiovascolare

Paradossalmente, benché i coccodrilli siano nati appena 5 milioni di anni dopo il declino dei dinosauri, avendo mantenuto intatta la loro anatomia e fisiologia ancestrale, sono oggi più evoluti degli altri rettili per quanto riguarda il sistema circolatorio.

Il sistema circolatorio dei coccodrilli è più evoluto di quello di tartarughe, serpenti e sauri © G. Mazza

Il sistema circolatorio dei coccodrilli è più evoluto di quello di tartarughe, serpenti e sauri © G. Mazza

Come è bene noto, il cuore dei rettili è diviso solo in tre cavità: due atri e un ventricolo.

Sono presenti però, due archi aortici, l’arco aortico destro e l’arco aortico sinistro; questa particolare caratteristica anatomica, è utilizzata come ulteriore dimostrazione della discendenza evolutiva diretta della classe degli uccelli da quella dei rettili (oltre l’uovo cleidoico); infatti negli uccelli l’arco aortico è singolo e destro, come residuo vestigiale della struttura dei rettili; in realtà anche nei mammiferi, quindi anche nell’ Homo sapiens sapiens, la presenza di un arco aortico singolo e sinistro, fece supporre ai biologi del XVIII secolo, la discendenza diretta anche dell’uomo dai rettili, parlando di Homo reptilis.

Quest’ultima discendenza ovviamente non è diretta, sebbene tracce di una evoluzione gradualista dai rettili, passando per gli uccelli, nei mammiferi è evidente, non solo per la presenza dell’arco aortico, ma anche per il sistema limbico (la porzione del cervello più primitiva, detta “paleoencefalo”, o anche cervello rettiliano) e nel caso dell’ordine più antico di mammiferi viventi i Monotremi (Monotremata), per una riproduzione ovovivipara, come avviene nell’Echidna aculeato (Tachyglossus aculeatus) e nell’Ornitorinco (Ornithorhynchus anatinus).

Il termine Monotremi (Monotremata), è in realtà una denominazione data dai biologi zoologi dell’inizio del XIX secolo, in comunanza con gli uccelli e i rettili, poiché hanno un dotto riproduttore e di sgravamento, coincidente con quello per l’eliminazione dei rifiuti metabolici (feci, con orina, sia essa pastosa come negli uccelli o liquida come nei rettili e mammiferi monotremi).

Il cuore dei sauri, tartarughe e serpenti è provvisto di due atrii e un solo ventricolo, che due mezze pareti (emisetti) dividono in modo incompleto. Queste pareti limitano, ma non impediscono del tutto la mescolanza del sangue. Dalla porzione sinistra del ventricolo parte l’arco aortico di destra, dal quale si originano le carotidi; dalla porzione destra partono l’arco aortico di sinistra e l’arteria polmonare, che poi si biforca.

Il cuore dei coccodrilli, invece, è più evoluto: i ventricoli sono due, invece che uno, separati da un setto completo, come nei mammiferi. Il sangue ossigenato non si mescola più con quello carico di anidride carbonica (venoso) nel ventricolo.

I Crocodylia sono gli unici rettili con orecchi dotati di ampi padiglioni esterni © Giuseppe Mazza

I Crocodylia sono gli unici rettili con orecchi dotati di ampi padiglioni esterni © Giuseppe Mazza

La circolazione sembra perfetta (doppia e completa); ma ci sono sempre i due archi aortici, uno dei quali parte dal ventricolo destro e l’altro dal sinistro. Quindi il sangue venoso torna in circolazione attraverso l’aorta.

Inoltre nei coccodrilli l’arco aortico sinistro in cui passa il sangue venoso è più stretto del destro; tra i due archi esiste una comunicazione, il “forame di Panizza”, che permette al sangue ossigenato di passare in parte, dall’arco destro al sinistro. Nel circolo sistemico, entra prevalentemente sangue ossigenato.

Proprio in conseguenza della doppia imperfezione del loro apparato circolatorio e respiratorio, i rettili non dispongono mai di una quantità di ossigeno sufficiente per approvvigionare bene i loro tessuti. Questo insieme a fattori metabolici, li porta a essere definiti a “sangue freddo” o più correttamente poichilotermi, o pecilotermi, o ectotermi o euritermi (tutti sinonimi), cioè: la temperatura del corpo è variabile e dipende da quella dell’ambiente. Solitamente, non riesce che ad elevarsi di qualche grado sopra la temperatura ambientale; solo alcune specie (come il boa e il pitone), riescono ad aumentare il calore del loro corpo durante il periodo della cova delle uova, facendo contrarre le loro spire ritmicamente. Una caratteristica anatomo-fisiologica così progredita, per il cuore di uno dei rettili viventi più antichi, ancora non trova una spiegazione chiara e completa in termini evolutivi.

Orecchio

I coccodrilli, sono gli unici rettili con orecchi dotati di ampi padiglioni esterni. Questi di solito sono fissi e non sporgono dalla superficie del capo. Sono attaccati appena dietro gli occhi e si estendono da ciascun lato fino alla volta cranica, coprendo completamente il timpano. Si pensa che questa sorta di alette proteggano efficacemente organi tanto sensibili da eventuali lacerazioni provocate da radici sommerse e forse anche dall’aumento di pressione durante le immersioni. All’estremità anteriore di ogni padiglione, si trova un opercolo che di solito è aperto quando il capo del coccodrillo affiora alla superficie dell’acqua, mentre è chiuso durante l’immersione.

Anche al suolo i Crocodylia si muovono veloci col corpo tenuto molto più in alto dei sauri © Giuseppe Mazza

Anche al suolo i Crocodylia si muovono veloci col corpo tenuto molto più in alto dei sauri © Giuseppe Mazza

Questo orifizio, sembra rappresentare la via che normalmente seguono le onde sonore, trasportate dall’aria, per raggiungere il timpano.

L’insieme del padiglione ha qualche possibilità di movimento, articolato com’è al cranio lungo il suo bordo superiore.
Se un animale è docile, è possibile sollevargli il padiglione; e con la dissezione si è potuto mettere in evidenza l’esistenza di due piccoli muscoli sul bordo posteriore che permettono all’animale di sollevarlo e abbassarlo secondo le circostanze.

In ogni caso, per vedere un coccodrillo contrarre il padiglione, basta spruzzare un po’ d’acqua direttamente sulla superficie del timpano. In questo modo il padiglione si apre e chiude rapidamente più volte, come per espellere l’acqua, per tornare poi a bloccarsi definitivamente.

Quello che però risulta difficile da comprendere, è come mai nei coccodrilli ci sia una struttura a padiglione così ampia, quando basterebbe un semplice lembo di cute, a ripiegamento mobile, per coprire e scoprire l’orifizio uditivo. La struttura dell’orecchio medio e delle “trombe d’Eustachio” nei coccodrilli è straordinariamente complessa. L’insieme è pressoché circondato d’ossa, sicché la porzione posteriore del cranio risulta attraversata da un intrico di tubi e di vani comunicanti, pieni d’aria. La connessione dell’orecchio medio e del faringe, avviene tramite le due trombe d’Eustachio. Oltre questa connessione, le due orecchie comunicano tra di loro attraverso il capo, al disotto della volta cranica. Un altro prolungamento di ciascuna cavità, s’incunea all’interno dell’osso quadrato, uscendo dalla sua parete dorsale, per raggiungere un tubo membranoso detto “Siphonium”. Questo penetra nella mandibola attraverso un piccolo orifizio della faccia interna della superficie articolare, sboccando poi nella cavità dell’osso articolare. Tale struttura è forse predisposta alla ricezione delle vibrazioni acustico-meccaniche.

Riproduzione

I rettili più prolifici, sono probabilmente le grandi tartarughe marine, la cui deposizione può arrivare anche a più di 100 uova! Ma va aggiunto che i Chelonia presentano anche un caso particolare, quello della Tartaruga del guscio flessibile (Malacochersus tornieri), che depone un unico uovo per volta!

Il Crocodylus porosus costruisce il nido con vegetali impastati di fango © Giuseppe Mazza

Il Crocodylus porosus costruisce il nido con vegetali impastati di fango © Giuseppe Mazza

Le femmine di coccodrillo, come anche quelle dei grandi pitoni, depongono un numero abbondante d’uova, ma è quasi certo che si riproducono una sola volta per anno.

Ad ogni deposizione il numero delle uova varia tra 15 e 88 nell’Alligatore americano (Alligator mississippiensis) e tra 25 e 95 (in media circa 60) per il Coccodrillo del Nilo (Crocodylus niloticus).

Anche i coccodrilli, come alcuni sauri, preparano dei nidi in prossimità dell’acqua. La femmina dell’alligatore americano costruisce per esempio i suoi nidi, con una tecnica complicata. Dapprima, mordendo e sradicando la vegetazione, ripulisce il terreno sulla superficie di circa 2,50 m x 3 m. Poi, aiutandosi con le mascelle e col corpo, ammucchia i vegetali strappati, in un ponticello compatto, dove crea una sorta di cratere con le zampe posteriori e ruotando il corpo.

A questo punto, il buco viene riempito, così si dice, di fango e di vegetali tritati. L’alligatore vi scava ancora al centro una cavità e vi depone le uova, ricoprendole coi detriti che stanno intorno, fango fresco e piante acquatiche, che va a cercare nell’acqua trasportandole con la bocca. Per finire, appiattisce il nido col corpo e striscia tutt’attorno cosicché il complesso, assume la forma di un cono liscio e ben formato, alto circa un metro. L’intera operazione prende circa 2-3 giorni di tempo. La fermentazione dei vegetali innalza la temperatura interna al nido, permettendo il normale sviluppo delle uova, poiché il loro metabolismo è mantenuto costante.

Anche altre specie, come il Coccodrillo marino (Crocodylus porosus) e certi caimani, ad esempio il Caiman larostris, costruiscono nidi di vegetali impastati di fango, mentre i Coccodrilli del Nilo e quelli americani, usano un metodo diverso, interrando le uova lungo le rive sabbiose.

Il comportamento del Coccodrillo del Nilo (Crocodylus niloticus), è stato descritto precisamente dal biologo erpetologo americano Dr H. B. Cott, durante la seconda metà degli anni ’60 del secolo XX.

I giovani alligatori dell'Everglades National Park crescono al ritmo di 30 cm all'anno © Giuseppe Mazza

I giovani alligatori dell’Everglades National Park crescono al ritmo di 30 cm all’anno © Giuseppe Mazza

A lui si devono molte delle osservazioni a carico di questo straordinario rettile africano, ancora oggi validissime e confermate.

Di solito i nidi, sono scavati nel terreno fangoso e sabbioso, appoggiati contro tronchi o altri oggetti che fanno ombra, ad una distanza di circa 1,80 m, o anche più, dall’acqua.

Dove i coccodrilli sono lasciati tranquilli, tendono a deporre le uova insieme sulla spiaggia, come fanno le tartarughe; ma questo comportamento si è fatto raro, perché è difficile, per fenomeni di antropizzazione ed ecoturismo, che i coccodrilli vivano indisturbati.

Se è possibile, scavano il nido con gli arti posteriori, fino a circa 60 cm di profondità, e vi depongono le uova, subito ricoperte.

Per quanto riguarda il metodo di riproduzione, i coccodrilli non sono meno imprudenti delle tartarughe; ma è probabile che la sorveglianza di queste madri agguerrite riesca a ridurre sensibilmente i rischi.

Durante tutto il periodo d’incubazione, le femmine dell’alligatore americano o del coccodrillo del Nilo si mettono sulla sommità del nido o nelle vicinanze, rinunciando a nutrirsi, per impedire agli intrusi d’avvicinarsi.

Non è dato di sapere se anche altre specie di coccodrilli sorveglino le loro uova allo stesso modo, ma si dice che il Coccodrillo americano (Crocodylus acutus) lasci il nido privo di qualsiasi protezione. È difficile valutare l’aggressività delle femmine che si trovano a guardia dei nidi. Si sa per certo che gli alligatori attaccano senza esitazione, o per lo meno spaventano chiunque si avvicini, ma si tratta di attacchi facili da evitare.

H. B Cott inoltre pensa che nel Crocodylus niloticus, la sorveglianza sia sempre passiva: la maggior parte delle femmine osservate dallo scienziato, mentre erano nel loro nido, si trovavano infatti in uno stato di torpore. È probabile che la sola presenza della madre, basti a scoraggiare il più audace e grosso varano, come altri predatori, che si affrettano a saccheggiare velocemente i nidi, quando le femmine li abbandonano anche per periodi brevi di tempo.

Quando giunge l’ora d’uscire dal nido, i giovani di Crocodylus niloticus emettono un rauco suono per avvertire la madre, che li aiuta stendendosi sul nido e rotolando su se stessa per spingere via la sabbia. Sarebbe infatti molto difficile per i giovani uscire da soli, dato che lo strato di circa 30 cm di spessore, che ricopre le uova più superficiali, si è indurito a tal punto sotto il sole che ci vorrebbe un coltello per romperlo.

A sei anni raggiungono, con la maturità sessuale, i 180 cm di lunghezza © Giuseppe Mazza

A sei anni raggiungono, con la maturità sessuale, i 180 cm di lunghezza © Giuseppe Mazza

Può anche darsi che la madre continui la sorveglianza dei neonati (ricordiamo che si tratta di prole presociale-atta, che esce da uova di colore bianco-bianco sporco con guscio membranaceo, cleidoico, con assenza di cure, sia omo che alloparentali) appena usciti dal nido, ed alcune testimonianze, abbastanza degne di fede (soprattutto di membri di popolazioni tribali indigene), parlano di madri che si preoccupano d’accompagnare la nidiata indenne fino all’ acqua, allontanando cicogne ed altri tipi di predatori.

Malgrado ciò, un gran numero di giovani coccodrilli finisce mangiato da uccelli, grandi pesci, varani e tartarughe, per non parlare dei coccodrilli adulti.

Il biologo paleontologo H. B. Colbert, ha descritto durante la seconda metà degli anni ’50 del secolo XX, i nidi fossili del dinosauro cornuto, Protoceratops, del periodo Cretaceo, era Mesozoica, che furono scoperti da questo scienziato in Mongolia insieme agli scheletri di individui adulti.

Le uova, lunghe fino a 20 cm, erano disposte in cerchi concentrici, come se la femmina si fosse girata più volte su se stessa durante la deposizione, formando cerchi sempre più grandi, al centro di un cratere scavato nella sabbia. Il gruppo più importante, era formato da 18 uova, ma è molto probabile che in origine, ve ne fossero molte di più.

E non c’è del resto poi tanto da stupirsi, di fronte a tecniche di nidificazione così sviluppate nei rettili appartenenti alla linea degli Arcosauri (Archosauria), se si pensa che da altri membri più primitivi di questo gruppo, probabilmente i Tecodonti (Thecodontia), sono poi derivati gli uccelli.

Tasso di accrescimento e maturità sessuale

Gli incrementi ponderali e d’accrescimento nelle varie dimensioni dei rettili, sono probabilmente molto più irregolari di quelli dei mammiferi; un serpente, una lucertola, una tartaruga, o un coccodrillo, presentano delle variazioni irregolari nella crescita, rispetto ad una pecora, una scimmia, un leone o l’essere umano. Il biologo zoologo Fitch, ha osservato che in esemplari del crotalino, mocassino testa di rame, la lunghezza alla nascita può variare tra 160 e 264 mm e il peso tra 7,1 e 14,9 g. Queste differenze aumentano profondamente durante le prime fasi di vita postnatale; esse dipendono da diversi fattori ambientali, in particolare della possibilità che i giovani hanno di catturare le prede. L’Alligatore americano (Alligator mississippiensis), che alla nascita misura 20 cm, nei primi tre anni di vita cresce al ritmo di 30 cm all’anno, raggiungendo così facilmente 135 cm.

La caccia sportiva, o per la pelle, ha sterminato i Crocodylia © Giuseppe Mazza

La caccia sportiva, o per la pelle, ha sterminato i Crocodylia © Giuseppe Mazza

L’accrescimento si mantiene probabilmente molto rapido e sostenuto fino al nono anno di vita, visto che gli alligatori di questa età vanno dai 2 ai 2,60 m, per mostrare poi una scarsa variabilità.
Probabilmente, esiste una finestra di tempo entro la quale, lo scatto di crescita raggiunge i massimi valori.

Questi valori, sono funzione delle risorse trofiche (in ultima analisi, servono proteine per crescere), della temperatura ambientale, del grado d’umidità relativa e dalla quantità di luce giornaliera, vincolata al ritmo delle stagioni, dettato dalla curva astronomica percorsa dal pianeta Terra; la luce regola in parte i ritmi endocrini e la secrezione dell’ormone somatotropo o della crescita.

In sostanza l’ambiente, come il microclima del biotopo, influenzano notevolmente la crescita dell’animale. La taglia di un animale, in particolare la taglia massima raggiunta da una specie, suscita sempre una curiosità che spesso va al di là dell’interesse scientifico.

Per quanto riguarda i rettili e nello specifico i coccodrilli, non è facile ottenere dati a questo proposito, senza scordare che è difficile stabilire un limite massimo, per una specie ad accrescimento teoricamente continuo.

Gli unici dati attendibili sono quelli che provengono dalle collezioni dei musei di storia naturale o dai giardini zoologici, ove i biologi hanno materiale concreto su cui lavorare. Un individuo impagliato, uno scheletro o una specie in cattività, su cui si possono compiere misure biometriche in maniera costante, costituiscono delle realtà irrefutabili, benché i preparati di grandi rettili, presenti nei musei di zoologia, o esemplari vivi giganti, presenti nei giardini zoologici, siano poi in realtà rari.

I grandi esemplari imbalsamati-tassidermizzati, di coccodrilli, che orgogliosamente i biologi mostrano al British Museum di Londra, non superano però i 4 m di lunghezza. È d’altronde raro che animali così forti e pericolosi (lo stesso per i grandi Boidae) vengano catturati o uccisi interi.

Spesso informazioni abbastanza valide provengono dai dati raccolti in natura da biologi, cacciatori di professione o ranger. Occorre tener conto della reputazione dell’osservatore; se esso è un biologo zoologo o un biologo erpetologo, i dati sono attendibili. Nello specifico dei rettili, sono attendibili anche se, all’atto dell’osservazione, sono sprovvisti di un metro ed usano una corda e dei picchetti, arrotondando i numeri per compiere le sue misure. Lo stesso si può dire per i ranger delle riserve, che per essere arruolati devono acquisire almeno conoscenze scientifiche di base in biologia (zoologia e botanica). Invece questo non si può sempre dire per i cacciatori, poiché l’eccitazione dell’incontro o del tentato abbattimento dell’animale, porta spesso ad enfatizzarne le dimensioni, soprattutto se quest’ultimo è sfuggito. Inoltre, estrapolare la lunghezza di un alligatore o un coccodrillo, da una pelle ottenuta dopo l’abbattimento dell’animale e il suo scuoiamento, è relativa, poiché questa è stata soggetta a stiramento e tiraggio, allungandosi.

Spesso capita d’avere informazioni da racconti di cacciatori (soprattutto in Africa e Sudamerica), che dicono d’avere incontrato esemplari le cui dimensioni erano corrispondenti a quelle della piroga su cui si trovavano, oppure così grandi, che i portatori al loro seguito, facevano fatica, tutti insieme, a trasportare l’animale. Tali informazioni vanno tenute in considerazione, ma con le dovute riserve. Le misure presenti in tabella, sono per la maggior parte ricavate da esemplari catturati vivi o morti o in cattività; altre sono in corso di valutazione e conferma. È possibile riconoscere lo stadio della maturità sessuale, in un rettile, quindi in un coccodrillo, alligatore e gaviale, dall’esame degli ovari e dei testicoli, verificando se producono uova o spermatozoi maturi.

Un allevamento di Crocodylus siamensis in Tailandia, per l'industria delle pelli © G. Mazza

Un allevamento di Crocodylus siamensis in Tailandia, per l’industria delle pelli © G. Mazza

Di solito la comparsa della maturità sessuale nei rettili dipende più dalla mole che dall’età, e come abbiamo visto la mole dei giovani esemplari all’interno di una stessa nidiata può variare notevolmente in funzione di diversi fattori, soprattutto ambientali. H. B. Cott ritiene che il Crocodylus niloticus di norma non si accoppi mai prima di avere almeno vent’anni.

L’ Alligator mississippiensis, una delle specie ad accrescimento più rapido, raggiunge la maturità sessuale a circa 6 anni, quando ha già toccato una lunghezza di circa 1,80 m.

Conclusioni

Il gruppo dei coccodrilli è a mio avviso uno dei più affascinanti (i rettili in genere, insieme agli uccelli, molti generi di mammiferi, pesci e invertebrati, sono stati coloro che mi hanno indotto a diventare zoologo) non solo per i loro stili e costumi di vita così misteriosi, ma anche perché è innegabile che nella loro morfologia esterna, non solo la fantasia dei bambini, ma anche gli adulti, vedono giustamente, alcuni tratti di quelle che sono tra le forme più primitive di vita dei vertebrati: i dinosauri.

Effettivamente, la loro derivazione da questi animali a noi noti solo attraverso i fossili e vissuti così lontano nel tempo, la si osserva in una sorta di “cristallizzazione” dei caratteri ancestrali in essi presenti.

È indubbio che per un biologo studiarne le caratteristiche, per quanto più possibile in ambiente naturale, aiuterebbe a comprenderne l’ecologia, l’etologia e la fisiologia, come la loro zoogeografia, il che sarebbe “fondamentale”, non solo in termini di Biologia evolutiva, ma anche e soprattutto in termini pratici, per una loro corretta gestione in natura e per una più efficiente Biologia della conservazione.