Coix lacryma-jobi

Famiglia : Poaceae


Testo © Pietro Puccio

 

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La Coix lacryma-jobi è una specie erbacea perenne diffusa dall'India al Sud-est asiatico © Giuseppe Mazza

La specie è originaria dell’Assam, Arunachal Pradesh, Bangladesh, Borneo, Bhutan, Cambogia, Cina (Anhui, Chongqing, Fujian, Guangdong, Guangxi, Guizhou, Hainan, Henan, Hong Kong, Hubei, Hunan, Jiangsu, Jiangxi, Kin-Men, Macao, Ma-tsu-Pai-chúan, Shanghai, Sichuan, Tibet, Yunnan e Zhejiang), Darjiling, Filippine, Himachal Pradesh, India, Isole Andamane, Isole Nicobare, Jammu-Kashmir, Laos, Malaysia, Myanmar, Sikkim, Sri Lanka, Taiwan, Thailandia, Uttaranchal e Vietnam, dove cresce lungo le rive dei fiumi e in zone paludose fino a circa 2000 m di altitudine.

Il nome del genere è di origine greca e compare nelle opere di Teofrasto (IV-III secolo a.C.) attribuito ad una palma; il nome specifico è la combinazione del sostantivo latino “lacryma” = lacrima e del nome del biblico Giobbe (Job), quindi “lacrima di Giobbe”, con riferimento alla forma dell’utricolo, involucro che racchiude i frutti.

Nomi comuni: adlay, adlay millet, coix millet, indian beads, Job’s-tears, tear grass (inglese); amadrayan, dami ayub (arabo); kaurimani (assamese); gurgur (bengalese); chuan gu, shan yi mu, yi mi, yi yi (cinese); larmes de Job, lamilles (francese); juzudama (giapponese); sankru (hindi); lacrima di Giobbe, lacrime di Gesù (italiano); capim-de-contas, capim-rosario, lagrima de Nossa Senhora (portoghese – Brasile); gavethu (sanscrito); lágrimas de Job, lágrimas de San Pedro (spagnolo); Hiobsträne (tedesco); kattu kundumani (tamil); adavi guruginja (telugu); duai (thailandese); bo bo, cuom gao (vietnamita).

La Coix lacryma-jobi L. (1753) è una specie erbacea perenne, ma spesso coltivata come annuale, con robusti fusti (culmi) eretti, ramificati superiormente, alti 1-3 m, e foglie semplici, alterne, lineari-lanceolate con apice appuntito e margini scabri, lunghe 10-60 cm e larghe 2-7 cm, con guaina fogliare che circonda il culmo più corta degli internodi.

Infiorescenze numerose alle ascelle superiori delle foglie, erette o pendenti, lunghe circa 8 cm, sottese da un involucro (guaina fogliare modificata) globoso, duro, chiamato utricolo, composte da un racemo femminile sessile, interno all’utricolo, e un racemo maschile che si protende al di fuori, lungo 2-5 cm, composto da spighette imbricate, lunghe circa 0,7 cm, in coppia con una triade terminale.

Lo pseudofrutto, costituito dall’utricolo che racchiude la cariosside (frutto secco indeiscente tipico della famiglia delle Poaceae), è ovoide, di 0,5-1,2 cm di lunghezza e 0,6-1 cm di diametro, lucido, di colore bianco, bluastro, grigio perla o nero e generalmente di consistenza lapidea; le cariossidi, sono orbicolari, solcate ventralmente, lunghe circa 0,5 cm. Si autodissemina facilmente diventando spesso infestante in condizioni favorevoli.

Si riproduce per seme in primavera, in terriccio mantenuto costantemente umido alla temperatura di 22-24 °C, con tempi di germinazione di 2-4 settimane e ciclo vegetativo che dura generalmente da 4 a 6 mesi; può riprodursi anche per divisione.

 Particolare di un'infiorescenza col racemo maschile, composto da spighette imbricate, che pende dall'utricolo © Giuseppe Mazza

Particolare di un'infiorescenza col racemo maschile, composto da spighette imbricate, che pende dall'utricolo © Giuseppe Mazza

Specie coltivata da tempi remoti nei luoghi di origine e diffusasi, spesso naturalizzandosi, in diversi paesi tropicali e subtropicali, richiede una esposizione in pieno sole o leggera ombreggiatura e non è particolarmente esigente riguardo ai suoli, anche poveri, ma la fruttificazione è più abbondante in quelli fertili, da leggermente acidi a leggermente alcalini, mantenuti umidi; resiste ai ristagni idrici, ma non a lunghi periodi di siccità.

Al di fuori delle zone a clima tropicale e subtropicale viene trattata come annuale. Nonostante le ottime carat- teristiche nutrizionali, a causa della particolare durezza dello pseudofrutto è coltivata come cereale solo in misura notevolmente minore rispetto a riso e mais, ma principalmente come pianta foraggera, ornamentale e soprattutto medicinale, in particolare in Cina, dove ha una lunga tradizione di impiego per varie patologie.

Studi di laboratorio hanno confermato la presenza di numerose sostanze bioattive che possono avere effetti antiossidanti, antinfiammatori, ipolipidemizzanti e anticancro, che necessitano di ulteriori indagini per un loro possibile utilizzo nella farmacopea ufficiale. Solo le varietà con involucro più morbido, facilmente sgusciabile, tra cui la più diffusa è la Coix lacryma-jobi var. ma-yuen (Rom.Caill.) Stapf (1896) sono utilizzate come nutrimento.

Le cariossidi, che presentano un contenuto di proteine particolarmente elevato e non contengono glutine, possono essere consumate crude, ma solitamente vengono essiccate o tostate e consumate bollite, in sostituzione del riso, o ridotte in farina per preparare diverse pietanze, con aggiunta di farina di frumento o altro cereale per dare consistenza all’impasto, data l’assenza di glutine. Dalle cariossidi fermentate si ricavano inoltre anche diverse bevande alcoliche.

Pseudofrutti a diversi stadi di maturazione. Si nota, fra l’altro, lo stigma rossastro che esce da un urticolo. Come il grano produce cariossidi commestibili. Virtù medicinali © Giuseppe Mazza

Pseudofrutti a diversi stadi di maturazione. Si nota, fra l’altro, lo stigma rossastro che esce da un urticolo. Come il grano produce cariossidi commestibili. Virtù medicinali © Giuseppe Mazza

Nelle varietà con l’involucro delle cariossidi di consistenza lapidea e di lunghissima durata gli pseudofrutti sono utilizzati per scopi ornamentali, per realizzare rosari, collane, tende, borse, decorazioni in genere ed altri oggetti artigianali, essendo forati da parte a parte. Infine non è da sottovalutare l’aspetto ornamentale della pianta nel suo complesso, viene infatti spesso utilizzata in parchi e giardini in gruppo o per formare bordure, anche miste.

Sinonimi: Coix lacryma L. (1759); Lithagrostis lacryma-jobi (L.) Gaertn. (1788); Coix agrestis Lour. (1790); Coix arundinacea Lam. (1792); Coix pendula Salisb. (1796); Coix ovata Stokes (1812); Coix exaltata Jacq. (1820); Coix gigantea J.Jacq. (1820); Coix exaltata Jacq. ex Spreng. (1824); Coix pumila Roxb. (1832); Coix stigmatosa K.Koch & Bouché (1855); Sphaerium lacryma (L.) Kuntze (1891); Coix lacryma-jobi var. maxima Makino (1906); Coix lacryma-jobi var. novoguineensis Pilg. (1914); Coix ouwehandii Koord. (1918); Coix palustris Koord. (1918); Coix agrestis var. maxima (Makino) Nakai (1932).

 

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