Famiglia : Cistaceae
Testo © Prof. Paolo Grossoni
Cistus monspeliensis L. (1753), famiglia Cistaceae Juss. (1789), genere Cistus L. (1753), deve il suo epiteto specifico alla città occitanica di Montpellier sede del primo orto botanico francese, fondato nel 1593 da Pierre de Belleval.
Anche se privo di qualsiasi validità tassonomica, nella pratica vivaistica si continuano a consociare le specie del genere Cistus in funzione del colore dei petali e Cistus monspeliensis viene inserito nella categoria ‘White or Whitish Pink Clade’ (WWPC). Questo cisto è chiamato cisto di Montpellier, cisto marino, rembrottine in italiano; Montpellier rock-rose, narrow leaved cistus in inglese; ciste de Montpellier in francese; jaguarzo negra, estepa negra in spagnolo; Schmalblättrige Zistrose in tedesco.
Come gli altri cisti mediterranei anche il cisto di Montpellier è un arbusto sempreverde, molto aromatico, slanciato, alto 70-100 (120) cm con fusti molto ramosi; quelli giovani sono dapprima eretti, sottili e notevolmente vischiosi per numerosi peli ghiandolari molto lunghi e poi decombenti; la corteccia è bruno scuro.
Le foglie, opposte, sono semplici, sessili e trinervie; sono vischiose al tatto.
La lamina è lineare-lanceolata, appuntita all’apice ed è lunga fino a 5 cm e larga da 1/5 a 1/10 della lunghezza; è revoluta lungo i margini e ha la faccia superiore verde scuro e rugoso-reticolata con scarsi peli mentre quella inferiore è fittamente tomentosa. Durante l’arresto estivo della crescita il cisto di Montpellier entra in riposo, perde una parte più o meno consistente delle foglie e quelle che rimangono diventano più spesse, più tomentose e assumono un colore bruno intenso che fa sembrare bruciate.
L’antesi avviene in aprile-maggio e i fiori sono riuniti in gruppi di 2-8 (10) in infiorescenze definite in cui i singoli fiori, disposti lungo l’asse fiorale, maturano secondo una sequenza temporale (cima scorpioide).
I fiori sono inseriti su peduncoli sottili, pubescenti e lunghi 2-4 cm; hanno una corolla, effimera, di 2-3 cm di diametro formata da 5 petali smarginati, bianchi con l’unghia gialla. Il calice è formato da 5 sepali pelosi e diseguali essendo i tre esterni più grandi dei due interni. L’ovario è supero ed è sormontato da uno stilo di minime dimensioni; l’androceo è costituito da numerosi stami gialli.
Il frutto è una capsula subglobosa di dimensioni relativamente ridotte (4 (5) mm di diametro) con deiscenza setticida (le singole valve si aprono lungo i loro margini). I semi sono angolosi e arrivano a 1,3-1,5 mm di diametro.
Il numero cromosomico della specie è lo stesso di tutto il genere: 2n = 18.
Il cisto di Montpellier è una specie strettamente mediterranea che cresce nelle zone costiere penetrando nell’interno solo in ambienti collinari corrispondenti alla cosiddetta “area dell’olivo”.
Si trova nelle isole della Macaronesia e del Mediterraneo, nella penisola iberica, in quella italiana e nella parte centro-orientale di quella balcanica, nella Francia meridionale e, nel Mediterraneo extraeuropeo, nell’Africa nord-occidentale e nella penisola anatolica e nelle isole del Mar Egeo.
Eliofila e xerofila, è specie acidofila che tuttavia può adattarsi anche a substrati calcarei più o meno aridi perché, in questi casi, la vegetazione è più rarefatta e in maggiore difficoltà e quindi non particolarmente concorrenziale.
Cistus monspeliensis è una pirofita molto attiva che riesce a colonizzare molto rapidamente i suoli percorsi da un incendio e per questo viene utilizzato in ingegneria naturalistica.
I tegumenti del seme, impermeabili all’aria e all’acqua, impediscono all’embrione di germinare.
In natura l’azione sinergica di agenti atmosferici e di organismi deteriorano lentamente la struttura dei tegumenti permettendo così all’acqua e all’ossigeno di raggiungere i tessuti embrionali.
Temperature elevate quali quelle del passaggio del fuoco o di uno shock termico di (80) -110 °C permettono la pronta germinazione dei semi.
È bene lasciare la pianta libera di crescere, intervenendo, se necessario, solamente con leggere cimature perché la capacità di ricacciare è piuttosto scarsa.
Trova anche impiego come pianta mellifera e pianta ornamentale anche perché facilmente moltiplicabile per seme o per talea.
La scalarità della fioritura garantisce un risultato decorativo che dura fino all’acme della stagione arida. A volte, per la somiglianza nel colore e nelle dimensioni del fiore e nel portamento della pianta, Cistus clusii Dunal e Cistus libanotis L. vengono confusi con il cisto di Montpellier.
Il primo è un cisto dell’Africa nord-occidentale, della penisola iberica e delle Baleari, e dell’Italia meridionale (Puglia e Sicilia), il secondo è limitato alla Spagna sud-occidentale e al Portogallo meridionale. Entrambi hanno però foglie strettamente lineari (ricordano quelle del rosmarino) e il calice formato da 3 sepali.
Cistus monspeliensis è stato oggetto di numerose denominazioni in parte invalidate e in parte accettate come sinonimi e, a questo proposito, ‘WFO World Flora Online’ ha registrato 21 sinonimi.
Nel 2011 venne resa nota una sottospecie di questo cisto (Cistus monspeliensis subsp. canariensis Rivas Mart., Martín Osorio & Wildpret) ma questo taxon non è stato accettato per cui questo nome è attualmente da considerarsi un sinonimo.
Cultivar vivaistiche di questa specie sono invece ‘Minor’, con rami, foglie e fiori di dimensioni ridotte, e ‘Vicar’s Mead’ che ha fiori con petali colorati di giallo tenue.
Sempre in ambito vivaistico vi sono alcune cultivar orticole aggregate in un cosiddetto “densifolius group” perché hanno foglie fittamente pelose e, sul rametto, molto ravvicinate fra di loro.
Sono invece più numerosi gli ibridi, anche con diverse varianti con altre specie del genere, quali: Cistus inflatus Pourr. ex J.-P.Demoly, Cistus ladanifer L., Cistus laurifolius L., Cistus libanotis L., Cistus parviflorus Lam., Cistus populifolius L., Cistus salviifolius L.
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