Chrysolepis sempervirens

Famiglia : Fagaceae


Testo © Prof. Paolo Grossoni

 

Chrysolepis sempervirens

Tipico paesaggio alpestre di Chrysolepis sempervirens. Pur preferendo suoli meno caotici e più ricchi di humus, si trova frequentemente in questi ambienti arrivando, sulle montagne della California, fino oltre 3500 m slm. Le piante di questa specie producono facilmente polloni radicali e in questo modo si espandono sul terreno © Matt Lavin

Il genere Chrysolepis, il nome è composto da “χρυσός” (chrysós = oro) e “λεπίς” (lepίs = squama) per le numerose ghiandole giallo dorate presenti sulla superficie di vari organi della pianta, è costituito da due specie: Chrysolepis chrysophylla (Douglas ex Hook.) Hjelmq. e Chrysolepis sempervirens (Kellog) Hjelmq. Quest’ultima è comunemente conosciuta come “Bush golden chinquapin” oppure “Sierra chinkapin”; secondo il Merriam-Webster Dictionary ‘chinquapin’ o ‘chinkapin’ è parola che verosimilmente deriva dai nativi americani di lingua algonchina della Virginia che con il vocabolo “chechinquamin” indicavano alcune piante di diversi generi delle Fagaceae che producono ricci contenenti una singola castagna (C. pumila (L.) Mill. e C. dentata (Marshall) Borkh. presenti anche in Virginia); il termine è stato poi esteso alle Castanopsis nordamericane e di lì anche a quelle asiatiche. Il vocabolo è rimasto di uso comune alle due specie nordamericane anche quando per esse è stato creato il genere Chrysolepis.

Chrysolepis sempervirens è un arbusto alto 20-150 (250 cm) con la chioma aperta più larga che alta e con i rami, da orizzontali ad eretti, lisci, grigi o bruno chiari; i giovani rami sono coperti da una fitta peluria giallognola di peli peltati mentre le gemme sono piccole, sessili e largamente ovoidali. Come sottolineato dal nome specifico, la pianta è sempreverde e le sue foglie, alterne e spiralate, hanno la lamina da oblonga a oblanceolata con l’apice più o meno ottuso, lunga 1,5-8 (10) cm e larga 1,2-2,5 cm con il margine intero; la lamina è spessa e cuoiosa, superiormente di colore verde scuro lucido, di sotto inizialmente pubescente e di colore da oro a ruggine poi più o meno glabra e glaucescente: il picciolo, lungo 10-15 mm, è orientato in avanti.

Chrysolepis sempervirens

Chrysolepis sempervirens in una radura al margine di un bosco di conifere. Questo basso arbusto sempreverde, può talora raggiungere i 200-250 cm d’altezza © Laura Camp

L’apparato radicale ha un aspetto rizomatoso e può facilmente differenziare polloni che poi si affermano incrementando l’ampiezza dell’apparato radicale e quindi anche della pianta.

La specie è monoica con i fiori portati da infiorescenze spiciformi unisessuate, in genere maschili o androgine, erette, riunite in gruppetti e inserite sul rametto in posizione subapicale; i fiori hanno calici con sepali non connati, quelli maschili hanno una ‘corona’ di 6-15 stami che circonda un pistillodio sterile mentre quelli femminili, racchiusi da 1 a 3 (o più) alla volta all’interno della cupola, sono inseriti nella porzione basale oppure, ma raramente, si trovano su brevi spighette solo femminili.

L’antesi è estiva (luglio-agosto) e l’impollinazione è anemogama anche se insetti possono accidentalmente coprirsi di polline attirati dal forte odore di muschio e diventare così ‘pronubi involontari’.

Il frutto matura in due anni, ha forma trigonale ed è lungo 8-13 mm con i tegumenti esterni duri, lignificati, glabri, di colore bruno lucido; è completamente racchiuso nella cupola, giallo dorata, globosa (2-6 cm di diametro) che contiene 1-3 frutti ed è costituita da 7 valve, 5 esterne e 2 interne; queste ultime separano l’uno dall’altro i frutti; le valve sono libere e non saldate e sono rivestite da un fitto strato di spine anche ramificate e molto pungenti. Anche se non particolarmente ricercati dall’uomo, i frutti sono eduli; di loro ne sono invece particolarmente ghiotti gli scoiattoli.

Chrysolepis sempervirens

Infiorescenze e ricci dell’anno precedente; a destra dettaglio delle antere. L’impollinazione è affidata al vento e a insetti attirati dal forte profumo muschiato © Laura Camp

Come in quasi tutte le Fagaceae il numero cromosomico è 2n = 24. Al secondo anno, fra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, i frutti maturano e poco dopo cadono dalla cupola rimanendo al di sotto della pianta. Non sono dormienti e la germinazione, di tipo ipogeo, avviene rapidamente. Malgrado il fatto che la maggior parte dei frutti viene predata dagli animali, soprattutto scoiattoli e altri roditori, che il suo tasso di germinazione non sia elevato e che viva in aree frequentemente percorse da incendi, Chrysolepis sempervirens non è considerata specie a rischio in quanto riesce agevolmente a riprodursi tramite l’emissione di polloni radicali.

Sugli assi infiorescenziali delle piante di questa specie sono spesso presenti delle strutture globose dapprima minuscole e di color camoscio che poi raggiungono 12-24 mm di diametro e diventano da rossicce a rosso intenso (per il colore e le dimensioni ricordano le corbezzole). Non sono organi naturali della pianta ma sono galle causate da Dryocosmus castanopsidis, una ‘vespina’ della famiglia Cynipidae (ordine Hymenoptera) che depone le uova all’interno degli assi infiorescenziali di Chrysolepis sempervirens e, meno frequentemente, di Chrysolepis chrysophylla (che vive negli stessi ambiente ma senza raggiungere gli estremi altitudinali della prima). Sono numerosi i cinipidi che provocano galle su molte fagacee, soprattutto querce, ma dai primissimi anni di questo secolo è giunto in Europa dall’Asia orientale il cinipide galligeno del castagno (Dryocosmus kuriphilus) che provoca sugli alberi di questa specie la formazione di galle sui germogli e sulle giovani foglie e che in questi pochi anni ha già fortemente depauperato la castanicoltura europea

Chrysolepis sempervirens

Fra le infiorescenze si notano talora delle strutture globose, dapprima minuscole e color camoscio, che poi raggiungono 12-14 mm di diametro diventando rossicce o rosso intense. Come talora accade su querce e castagni, sono galle causate da una piccola vespa che depone le uova all’interno degli assi infiorescenziali © Wayne Washam

Spesso Chrysolepis sempervirens cresce lungo le regioni costiere della California e dell’Oregon centro-meridionale su suoli coperti da boschi di conifere o in zone più aride e caratterizzate da una vegetazione a chaparral, ad altitudini mediamente comprese fra 500 e 1800 m slm scendendo nelle zone più settentrionali e umide a livello del mare oppure arrivando fino a 3600 m e superando il limite superiore del bosco. In queste regioni il clima è caratterizzato da estati calde e secche mentre le precipitazioni (pioggia e neve) sono concentrate nel periodo compreso fra l’autunno e la primavera.

Questa specie è moderatamente tollerante dell’ombra e ciò le permette di coabitare con i popolamenti giovani di conifere almeno fino a quando le chiome di queste ultime non chiudono completamente il bosco mettendo in crisi la sopravvivenza del chinquapin ma Chrysolepis sempervirens vegeta anche lungo ripidi pendii con cumuli caotici di rocce e detriti dove forma nuclei clonali di vegetazione grazie alla possibilità di produrre polloni dalle radici. Questa capacità permette alle piante di Chrysolepis sempervirens non solo di superare il passaggio del fuoco ma anche di trarre vantaggio (pirofitismo) da questo fattore di per sé catastrofico quando, dominata da popolamenti di conifere, pur bruciando come le altre piante può facilmente riprendersi emettendo polloni dall’apparato radicale rimasto indenne. Inoltre, lungo i declivi sassosi con la presenza di una vegetazione discontinua se non sporadica è ben difficile che il fuoco possa percorrerli.

Sinonimi di questa specie sono Castanea chrysophylla Kellogg e Castanopsis chrysophylla var. sempervirens (Kellogg) A.Henry.

Chrysolepis sempervirens

Foglie adulte e ricci maturi. Contengono 1-3 frutti trigonali, glabri e lucidi. Sono eduli, particolamente appetiti dai roditori che diffondono i semi © John W Little

L’altra specie del genere Chrysolepis è Chrysolepis chrysophylla (Douglas ex Hook.) Hjelmq.; viene comunemente chiamata “Giant golden chinkapin” e già dal confronto fra i nomi comuni delle due specie si evidenzia uno dei caratteri morfologici: l’altezza (può arrivare a superare 30 m) a cui può arrivare questa seconda specie.

Oltre ad essere un albero eretto con il ritidoma spesso e rugoso, ha le foglie più strette che terminano con l’apice allungato e appuntito mentre la lamina resta sempre coperta su entrambe le facce da una fitta pubescenza dorata; il picciolo è più breve di quello dell’altra specie (meno di 10 mm). È diffusa nelle stesse regioni ma è più termofila e non supera l’altitudine di 1.500 (2.000) m. Il trapianto è spesso rischioso. Questa specie è suddivisa in due varietà (var. chrysophylla, corrispondente alla forma tipo, e var. minor con portamento arbustivo) che, dove convivono, danno luogo a numerosi individui di taglia intermedia. La forma arbustiva viene impiegata con finalità ornamentali e, proprio per il portamento, viene spesso confusa con Chrysolepis sempervirens.

Le due specie erano precedentemente inserite nel genere Castanopsis (D.Don) Spach ma nel 1948 Karl J.H. Hjelmquist, soprattutto per le differenze fra le cupule, ha staccato le due specie americane (tutte le altre Castanopsis sono asiatiche) e le ha inserite nel genere Chrysolepis; per questo motivo le denominazioni Castanopsis sempervirens (Kellogg) Dudley e Castanopsis chrysophylla A.DC. sono rimaste solo come sinonimi.

 

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