Famiglia : Orchidaceae
Testo © Prof. Pietro Pavone
Chiloschista segawae (Masam.) Masam. & Fukuy. (1938) è una specie della famiglia Orchidaceae, sottofamiglia Epidendroideae, Tribù Vandeae, Sottotribù Aeridinae.
Si rinviene nel centro-sud di Taiwan, nelle foreste pluviali tropicali ad altitudini da 700 a 1000 metri, come un’epifita di piccole e medie dimensioni, sui tronchi degli alberi.
È protetta dal commercio e come tale è stata inserita nell’Appendice II della Convenzione di Washington (CITES) che ha lo scopo di tutelare le specie animali e vegetali a rischio di estinzione, impedendone la loro esportazione e detenzione.
Il genere Chiloschista fu descritto da John Lindley (1799 – 1865) in Edwards’s Bot. Reg. vol. XVIII (1832).
Il nome deriva dal greco χεῖλος, (cheilos), labbro e σχιστός (schistós), diviso, separato, con riferimento alla struttura del labello che in questo taxon ha la forma saccata conica.
Lindley, nel descriverlo, fece riferimento ai caratteri della specie, Epidendrum usneoides, il cui areale si estende dall’Himalaya al Myanmar, e che David Don (1799-1841), botanico scozzese, nel 1825 aveva incluso nel genere Epidendrum.
Lindley, tuttavia, ritenne che questa specie non rientrasse nei caratteri distintivi del genere Epidendrum e a tale scopo, nel 1832, creò il genere Chiloschista per includere Chiloschista usneoides (D.Don) Lindl. che rappresenta, così, il tipo (typus) del genere.
Chiloschista segawae fu formalmente descritta per la prima volta nel 1934 da Genkei Masamune (1899-1993) come Sarcochilus segawae, la cui diagnosi fu pubblicata su Trans. Nat. Hist. Soc. Formosa 24: 212 (1934).
La specie fu dedicata al botanico giapponese Sokichi Segawa (1904-1960). Tuttavia nel 1938, i botanici giapponesi Genkei Masamune (1899–1993) e Noriaki Fukuyama (1912-1946), più correttamente, la trasferirono nel genere Chiloschista assegnandole il nome con cui validamente è chiamata oggi.
Volgarmente è detta “Chiloschista di Segawa”, nei luoghi di origine è chiamata 大蜘蛛蘭 (grande orchidea ragno) per la caratteristica disposizione delle sue radici sui tronchi.
Chiloschista segawae è una pianta erbacea epifita, senza foglie, con molte radici appiattite, lunghe fino a 35 cm, che s’irradiano da steli poco appariscenti.
Sono radici aeree con cloroplasti capaci di compiere la fotosintesi di tipo CAM (Crassulacean Acid Metabolism) e di assorbire l’acqua anche dall’aria grazie al loro strato superficiale spugnoso e permeabile, formato da cellule morte detto velamen.
Il velamen, formato da cellule epidermiche morte, è un tessuto spugnoso e funge da stoccaggio temporaneo dell’acqua che lentamente è assorbita dalle cellule conduttrici per essere distribuita alla pianta.
Quando si asciuga, le sue cellule vuote rallentano la perdita d’acqua, fornendo una protezione meccanica contro l’essiccazione.
Inoltre bloccano la radiazione UV e impediscono il collasso e la morte delle cellule radicali.
Queste peculiarità sono molto più pronunciate all’interno delle piante epifite senza foglie.
L’infiorescenza, spesso pendula, è racemosa, lunga 5-15 cm con 6-15 fiori aventi peduncolo e rachide fittamente pubescenti.
Le brattee floreali sono ovato-triangolari, 3-5 mm, membranose, glabre o poco pubescenti.
I fiori, resupinati e leggermente carnosi, misurano circa 9 mm e sono di colore verde biancastro o giallastro, talvolta con macchie rosso-brune vicino alla base dei sepali e dei petali.
Tuttavia il colore del fiore può variare per le macchie, per la loro posizione e per l’intensità del colore.
Il sepalo dorsale è largamente ellittico (3-5 × 2,5-4 mm), glabro o poco pubescente all’esterno. I sepali laterali sono leggermente obliqui, ovati o ellittici (4,5-6 × 3,5-4 mm), poco pubescenti vicino alla base esterna.
I petali sono ellittici (4-6 × 3,5-4 mm), ottusi. Il labello, articolato con il piede della colonna, è trilobato e lungo 5–6 mm.
I lobi laterali sono eretti, con strisce color marrone, e il lobo medio è piccolo con una base a forma di sacco (2-3 mm) con un callo longitudinale bilobato, pubescente, scanalato che corre lungo il fondo del sacco. La colonna (ginostemio) è corta, lunga l mm con il piede largo 3,5 x 2 mm.
Il rostello è ben sviluppato, semicircolare, sporgente. Lo stigma è situato all’interno di un’ampia cavità.
L’antera è semicircolare, lunga circa 1 mm, con un lungo filamento attaccato su entrambi i lati.
I pollinari sono 2, ciascuno con 2 setti disuguali, globosi, gialli, muniti di un peduncolo (caudicola) e attaccati alla ghiandola glutinosa (viscidium) relativamente grande per meglio aderire al corpo dei pronubi.
La fioritura avviene all’inizio della primavera (marzo-aprile).
L’impollinazione è, molto probabilmente, effettuata dalle api autoctone.
I frutti sono capsule, lineari-clavati, lunghi 2,5 cm con numerosi piccoli semi.
Un recente studio effettuato sulla specie congenerica, Chiloschista parishii Seidenf. (1988), anch’essa priva di foglie, ha evidenziato la presenza di una comunità di cianobatteri associata alle radici aeree e costituita principalmente da specie filamentose azotofissatrici.
Queste appartengono agli ordini Nostocales, Synechococcales e Oscillatoriales.
È stato inoltre trovato che alcune specie appartenenti ai generi Oscillatoria, Leptolyngbya e Komarekiella vivono strettamente legate alla superficie delle radici aeree e formano, assieme a batteri eterotrofi che sono immersi nella loro mucillagine, uno strato di biofilm che fornisce sostanze nutritive, inclusi composti contenenti azoto, molto utili per la crescita della pianta.
Si è visto, anche, che nelle orchidee epifite esiste un’abbondanza di batteri di natura endofitica, che penetrano, attraverso il velamen, fino al parenchima corticale delle radici.
In questo modo le orchidee epifite sono riuscite a ospitare una comunità microbica per loro vantaggiosa costituita da microrganismi in grado di fissazione dell’azoto e di produrre fitormoni, come l’auxina (acido indol-3-acetico) e le gibberelline che regolano la crescita e la fioritura.
Gli studi sulle interazioni tra orchidee e microorganismi simbionti sono di particolare interesse per meglio conoscere come conservarle in natura ma anche nelle condizioni di serra.
La comprensione della diversità e dei meccanismi delle interazioni dell’ospite con i batteri associati che abitano le radici delle orchidee assicura la crescita vantaggiosa e stabile di specie rare, tra cui le orchidee senza foglie e senza germogli sono diventate alcune delle piante più a rischio di estinzione.
Chiloschista segawae si può riprodurre per germinazione di semi maturi oppure immaturi in vitro.
Per una buona coltivazione è bene porre le piante all’ombra moderata ed esporle a temperature da fresche a mediamente calde.
Si possono coltivare su substrati ben drenanti come fibre di felci arboree, corteccia di abete o muschio di sfagno, ma è anche possibile montarle su zattere di sughero, su tavole di legno o su tronchi, tenendo presente che i primi mesi di messa a dimora sono molto critici per il loro sviluppo.
Superato questo periodo, le piante si adattano e quindi il rischio di perdite diminuisce molto.
Poiché richiedono elevata umidità, è necessario fare frequenti nebulizzazioni e porre le piante in una postazione ventilata. Fra un’annaffiatura e l’altra aspettare che le radici siano asciutte.
Durante la stagione di crescita, in estate, va aumentata la frequenza delle irrigazioni mentre va ridotta durante il periodo di riposo invernale.
Le piante vanno concimate dalla primavera a tutta l’estate per via radicale con fertilizzante minerale ogni due o tre settimane.
Sinonimi: Chiloschista hoi SSYing (1987); Chiloschista segawae f. taiwaniana (SSYing) SSYing (1990); Chiloschista segawae var. taiwaniana SSYing (1977); Sarcochilus segawae Masam. (1934); Thrixspermum segawae (Masam.) Masam. (1934).