Famiglia : Malvaceae
Testo © Pietro Puccio
La Ceiba pentandra (L.) Gaertn. (1791) è originaria dell’Africa (Angola, Benin, Burundi, Camerun, Costa d’Avorio, Gabon, Ghana, Guinea-Bissau, Malawi, Mali, Mozambico, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Ruanda, Senegal, Sierra Leone, Sudan, Tanzania, Togo, Uganda e Zambia), America settentrionale (Messico), America centrale e Caraibi (Anguilla, Antigua e Barbuda, Antille Olandesi, Barbados, Belize, Costa Rica, Cuba, Curaçao, Dominica, El Salvador, Giamaica, Grenada, Guadalupe, Guatemala, Haiti, Honduras, Isole Vergini, Martinica, Montserrat, Nicaragua, Panama, Puerto Rico, Repubblica Dominicana, St. Lucia e St. Vincent e Grenadine), America meridionale (Bolivia, Brasile, Colombia, Ecuador, Guaiana Francese, Guyana, Perù, Suriname e Venezuela).
Il nome generico deriva dal nome utilizzato dalle popolazioni indigene dei caraibi che usavano il tronco per costruire canoe; il nome specifico è la combinazione dei termini greci “pénte” = cinque ed “anér, andros” = maschio, con riferimento ai fiori con cinque stami liberi.
Nomi comuni: “copal”, “cottonwood”, “kapok”, “kapok tree”, “silk cotton tree”, “true kapok tree” (inglese); “arbre coton”, “arbre de Dieu”, “arbre à kapok”, “arbre kapok”, “bois coton”, “capoc”, “capoquier”, “cotonnier de l’Inde”, “faux cotonnier”, “fromager”, “kapokier”, “kapokier de Java” (francese); “albero del kapok”, “pianta del kapok” (italiano); “arvore-da-lã”, “arvore-da-seda”, “barriguda”, “barriguda de espinho”, “mai-das-arvores”, “mafumeira”, “paina”, “paina-lisa”, “paineira”, “poilão”, “polão”, “samaúma-cabeluda”, “samaúna da várzea”, “samaúma-lisa”, “sumauma da mata”, “sumauma de terra firme”, “sumaúma”, “sumaúma-barriguda”, “sumaúma-branca”, “sumaúma-de-macaco”, “sumaúma-rosada”, “sumaúma-verdadeira”, “sumau- meira” (portoghese); “árbol capoc”, “árbol de seda”, “árbol de la seda”, “bonga”, “capoquero”, “ceiba blanca”, “ceiba de lana”, “ceiba juca”, “ceiba yuca”, “ceibo”, “ceibo jabillo”, “hoja de yuca”, “huimba”, “mosmote”, “peem”, “pochota”, “pochote”, “toborochi”, “yaxché”, “yuca” (spagnolo); “baumwollbaum”, “fuma”, “kapokbaum”, “wollbaum” (tedesco).
Albero a foglia caduca con un tronco cilindrico alto oltre 30 m, fino a 40-50 m nei vecchi esemplari in natura, con un diametro fino a 2 m e rami pressoché orizzontali disposti general- mente in verticilli (foglie o rami in numero di tre o più per ogni nodo) di tre, caratterizzato dalla presenza alla base di radici tabulari (radici appiattite simili a contrafforti che contribuiscono al sostegno dei grandi alberi) alte fino ad 8 m.
La corteccia è di colore verde grigiastro o grigio cosparsa, nelle piante giovani, di aculei conici lunghi 10-15 mm.
Le foglie sono palmato-composte con 5-11 foglioline ellittiche dall’apice acuminato e margini interi o dentati, lunghe fino a 16 cm e larghe 4 cm.
I fiori ermafroditi, che compaiono generalmente dopo la caduta delle foglie, sono densamente raggruppati in racemi ascellari nella parte terminale dei rami ed hanno un diametro di circa 6 cm con cinque petali di colore bianco, giallo crema o rosa e cinque stami lunghi 3-5 cm che si riuniscono in una colonna vicino la base; essi emanano un odore intenso piuttosto sgradevole e si aprono contemporaneamente all’imbrunire per poi cadere nel pomeriggio successivo, gli impollinatori sono prevalentemente pipistrelli.
I frutti sono capsule pendenti, deiscenti (frutti che si aprono spontaneamente a maturità lungo le linee di minore resistenza liberando i semi), oblunghe, di 20-30 cm di lunghezza e circa 8 cm di diametro, contenenti numerosi semi ovoidi di colore bruno scuro del diametro di 4-6 mm avvolti in un ammasso di fibre sericee bianche o giallastre, cave, del diametro di 30-36 µm (milionesimi di metro). Si riproduce generalmente per seme, in substrati sabbiosi ad una temperatura tra 24 e 28°C, che germina tra 1 e 4 mesi; i tempi di germinazione si riducono drasticamente (circa 5 giorni) se si procede ad un pretrattamento consistente in una leggera scarificazione seguita da 24 ore di immersione in acqua; la prima fruttificazione avviene tra il quarto ed il sesto anno di età. Si può riprodurre anche per talea.Specie la cui coltivazione è limitata alle zone tropicali e subtropicali con climi spiccatamente stagionali, necessitando di un regime molto piovoso durante il periodo di crescita e piuttosto secco durante la fioritura e fruttificazione; per una crescita veloce va collocata in pieno sole in terreni profondi e drenanti.
Per la raccolta delle fibre i frutti vengono raccolti prima che sia aprano, quindi vengono fatti essiccare al sole ed aperti, la separazione dai semi viene fatta con opportune macchine.
Le fibre sono costituite per oltre il 60% da cellulosa, sono idrorepellenti e galleggianti per la presenza di aria al loro interno (per questo sono state utilizzate anche per l’imbottitura dei giubbotti di salvataggio e dei salvagente) e contengono una sostanza tossica che impedisce l’attacco di parassiti; possono essere lavorate insieme ad altre fibre e colorate.
Prima dell’avvento delle fibre sintetiche sono state ampiamente utilizzate come imbottitura, poi il loro impiego a tale scopo è diminuito drasticamente, anche se in anni recenti c’è un rinnovato interesse; sono inoltre un ottimo isolante termico ed acustico. I semi contengono il 20-25%, ed il guscio fino al 40%, di un olio usato nella fabbricazione di saponi, come lubrificante e nella produzione di farmaci.
Il legno di colore bianco crema, di scarsa qualità, è utilizzato principalmente per la fabbricazione del compensato, ma anche in falegnameria, per realizzare scatole, utensili, strumenti musicali ecc., e nella fabbricazione della carta.In alcune zone foglie, fiori e frutti immaturi sono consumati cotti ed i semi tostati, dai semi si ricavano anche farine utilizzate per minestre. In caso di necessità le radici superficiali possono essere una fonte d’acqua. Le fibre sono irritanti per gli occhi e le mucose della bocca e del naso, e di questo si deve tenere conto nella loro lavorazione. Tutte le parti della pianta, in particolare radici e corteccia, sono variamente ed ampiamente utilizzate nella medicina tradizionale.
L’albero infine è sacro per molte popolazioni locali ed ha rivestito una importanza fondamentale nella mitologia precolombiana.
Sinonimi: Bombax pentandrum L. (1753); Ceiba casearia Medik. (1787); Bombax cumanense Kunth (1822); Bombax mompoxense Kunth (1822); Bombax occidentale Spreng. (1826); Bombax orientale Spreng. (1826); Gossampinus alba Hamilt. (1825); Bombax guineense Schum. & Thonn. (1828); Gossampinus rumphii Schott & Endlicher (1832); Eriodendron pentandrum Kurz (1874); Xylon pentandrum Kuntze (1891); Ceiba pentandra fo. albolana Ulbr. (1913); Ceiba pentandra fo. grisea Ulbr. (1913); Ceiba anfractuosa (DC.) M. Gómez (1914); Ceiba pentandra var. caribaea Bakh. (1924); Ceiba pentandra var. indica Bakhuisen (1924); Eriodendron anfractuosum DC. (1824); Eriodendron anfractuosum var. caribaeum DC. (1824), Eriodendron anfractuosum var. indicum DC. (1824); Eriodendron caribaeum G. Don ex Loud. (1830); Eriodendron guineense G. Don ex Loud. (1830); Eriodendron occidentale (Spreng.) G. Don (1831); Ceiba occ identalis (Spreng.) Burkill (1935); Eriodendron orientale (Spreng.) Kostel. (1836); Ceiba caribaea A. Chev. (1937); Ceiba guineensis (Schum. & Thonn.) A. Chev. (1937); Ceiba guineensis var. ampla A. Chev. (1937).
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