Famiglia : Lycaenidae
Testo © Dr. Gianfranco Colombo
Spesso non ci si rende conto di quanto sia facile provocare danni insanabili alla natura e compromettere irrimediabilmente l’equilibrio di un ecosistema che la selezione naturale ha costruito in millenni di evoluzione, con azioni che possono sembrare insignificanti al momento ma che rivelano inesorabilmente a posteriori i loro effetti dannosi.
L’introduzione di specie alloctone in un ambiente diverso da quello dove hanno avuto origine, ha immancabilmente avuto effetti disastrosi. L’area viene occupata con facilità in quanto la nuova specie non trova in loco alcun nemico naturale che la riconosca e quindi l’alieno ha gioco forza nel prevalere e svilupparsi in brevissimo tempo.
Evidente che non tutte le specie possono sopravvivere a questo trauma iniziale, tenendo logicamente in considerazione che specie tropicali non potranno mai vivere in climi opposti e viceversa quelle boreali ma quando è possibile un acclimatamento, ecco che il problema diviene evidente.
Potremmo elencare decine di specie aliene che hanno invaso altri territori per mano dell’uomo anche se alcune di esse sono frutto di introduzioni volute proprio da lui, con l’insensato obiettivo di trovare nemici stranieri per combattere nemici locali ma spesso questa invasione è frutto dell’insulsaggine umana e del suo scorretto comportamento. Tutti i comparti della natura sono stati interessati senza esclusione di colpi e distinzione di sorta e c’è tuttora una consapevole sottovalutazione del problema. Purtroppo oltre all’introduzione scriteriata dovuta ad azioni dirette dell’uomo, altre specie hanno raggiunto i nuovi territori per vie molto più subdole, sfruttando quei canali moderni che vedono ormai scambi commerciali internazionali con mezzi di trasporto talmente rapidi che alleviano quei traumi naturali che lunghe distanze, sbalzi di temperatura e lunghi periodi, potevano inficiare la vitalità e la sopravvivenza di questi esseri. Un’invasione che ha visto l’arrivo di ben 150 specie aliene negli ultimi 15 anni.
Una fra queste, anche se all’apparenza è una leggiadra ed innocua farfallina, è il Licenide dei gerani (Cacyreus marshalli Butler, 1898), appartenente all’ordine dei Lepidoptera ed alla famiglia dei Lycaenidae, un regalo giuntoci dall’estremo sud del continente africano che, oltre a dilettarci con il suo rapido e colorato volo, è in grado di distruggere rapidamente intere coltivazioni di questi comunissimi fiori ed ancora con più facilità i vasi che con tanta cura teniamo sui nostri balconi.
La porta d’entrata di questo invasore sembra sia stata la Spagna alla fine degli anni ’80 che l’ha segnalata dapprima alle Baleari e quindi subito dopo sul continente, anche se quasi contestualmente altri avvistamenti sono avvenuti in tutta l’area europea mediterranea.
Naturalmente, e come si è facilmente scoperto, veicolo di questa e di altre invasioni è stata una partita di pelargoni infetti importata dal Sudafrica che conteneva con tutta probabilità uova o larve di questa farfalla.
Difficile pensare che un esemplare adulto già imago sia sopravvissuto nascosto tra i rametti di questo fiore durante il viaggio.
Facilitata oltremodo da un clima alquanto simile a quello d’origine ed anche da una uguale latitudine, questa farfalla non ha trovato alcuna difficoltà ad adattarsi ed a svilupparsi, con una rapidità a dir poco anomala. Inoltre il geranio coltivato od in generale i pelargoni, sono fiori tra i più comuni e diffusi in tutta l’Europa e più ancora nell’area mediterranea dove ha contribuito a sviluppare e consolidare il primo ceppo pioniere rafforzandolo fortemente sin dai primi anni.
L’etimologia del nome scientifico non è definita per il genere Cacyreus, un termine che non trova riferimento valido visto che lo stesso Cramer, classificatore di questo genere, come ha ben evidenziato in Proc.zool.Soc.London anno 1897 pag 845, dichiara che già preesistendo nella tassonomia naturalistica, il genere Hyreus, assegnato ad un raggruppamento di uccelli che avrebbe voluto usare nella classificazione di questa farfallina, per non creare confusione ha praticamente architettato il nome del genere Cacyreus. Oltretutto anche l’anno di nomenclatura non sempre viene interpretato correttamente tanto che diversi testi ripropongono Butler, 1897 anziché 1898.
Per la specie marshalli l’etimologia è invece chiara, essendo riferita a Sir Guy Anstruther Knox Marshall, notissimo entomologo di fine XIX secolo che operò tra India, Sud Africa e Regno Unito. I nomi volgari dati in Europa ricalcano immancabilmente l’attaccamento che questo lepidottero ha verso questo particolare tipo di essenza. In spagnolo Mariposa del geranio, in tedesco Pelargonien-Bläuling, in francese Brun des pélargoniums, in inglese Geranium Bronze ed in olandese Geraniumblauwtje.
Zoogeografia
Questo lepidottero è tipico dell’area meridionale del continente africano, con un territorio che comprende il Mozambico, il Sudafrica, Botswana e lo Zimbabwe.
È probabile che la sua area sia però molto più vasta e possa comprendere anche la Namibia e forse a nord, superare il corso del fiume Zambesi ad oriente e il Cubango (Okavango) ad occidente seguendo quegli ambienti secchi ed aridi molto graditi a questo lepidottero.
In Europa è ormai diffuso in tutta la parte continentale con popolazioni numerosissime nell’area mediterranea ma in continua progressione verso nord, aiutato dai mutamenti climatici in atto che stanno portando le temperature dell’Europa centrale e settentrionale ad addolcirsi ulteriormente. Nel nostro continente è al momento relegato alla sola parte occidentale del territorio lasciando quasi totalmente sgombra la parte orientale probabilmente per un’effettiva differenza climatica durante la stagione invernale. Penisola scandinava e Inghilterra non sono al momento occupate se non accidentalmente. Rimane comunque importante e determinante in questo cammino di conquista, la presenza ormai diffusa della coltivazione dei gerani che è il loro mezzo di trasporto per nuove conquiste.
Ecologia-Habitat
Il Cacyreus marshalli è un lepidottero che vive in ambienti ben soleggiati, tendenzialmente secchi ed asciutti, dove la sua pianta ospite vegeta e si riproduce con facilità. Nel suo habitat originario lo si trova su terreni collinari disseminati di cespugli e di bassa vegetazione, in rade boscaglie con ampi spazi erbosi non disdegnando la presenza di corsi d’acqua ma evitando in assoluto le dense foreste e zone fortemente alberate.
Come tutte le specie alloctone, i nuovi ecosistemi hanno inizialmente ricalcato fedelmente le caratteristiche di questi ambienti originari anche se in realtà il tutto è condizionato più direttamente dalla presenza della pianta ospite che per le condizioni del nuovo habitat. Queste specie invasive cercano di arrangiarsi con qualsiasi mezzo alle nuove condizioni ambientali affrontando spesso dei rivoluzionamenti anche rapidi della loro stessa biologia, nel tentativo di adattarsi al meglio alle nuove situazioni. Non ci sarebbe da meravigliarsi nell’ipotizzare anche un ampiamento del numero delle piante ospiti.
Morfofisiologia
Il licenide del geranio è una piccolissima farfalla che spesso passa inosservata per la rapidità del volo, per un colore non vivace e naturalmente per le sue dimensioni ridotte. Dove presente è molto comune e persistente vista la prolificità e visibile per molti mesi durante la stagione estiva. Misura poco più di 20 mm di apertura alare con punte massime sopra i 25 mm in alcune femmine. Non ha gli abituali colori sfavillanti propri dei licenidi mancando sia del tipico azzurro, del bronzato o del verde delle nostre specie più comuni per cui viene relegata fra i licenidi bruni e senza cromo dimorfismo sessuale evidente.
La faccia superiore delle ali sono di colore bruno grigiastro, bordata da una leggera frangia sui margini, con piccole sfumature alternate di colore bianco. Ha due minuscole code sulle ali posteriori che si allungano quasi invisibilmente di un paio di millimetri e che sfuggono facilmente ad una rapida osservazione. Alla base di queste code è presente una piccola macchia nerastra che, in corrispondenza, traspare chiaramente anche sulla faccia inferiore. La faccia inferiore delle ali posteriori è al contrario molto screziata, con evidenti strisce biancastre che attraversano l’intera ala su uno sfondo color nocciola grigiastro che crea marezzature variegate ed indefinite.
Sono però identificativi della specie che può essere confusa con alcune varietà autoctone molto simili. Essendo di fresca apparizione nei nostri territori, questo licenide risulta essere monospecifico come lo sembra nei luoghi di origine, non mostrando chiaramente caratteristiche morfologiche geografiche o locali tali da ipotizzare la presenza di eventuali sottospecie.
In Europa si può facilmente confondere con alcuni licenidi con i quali condivide il territorio conquistato come la Lampides boeticus e la Leptotes pirithous entrambe delle medesime dimensioni e con analoghi disegni sulla facce posteriori delle ali.
Etologia-Biologia riproduttiva
Quanto si rileva nei nuovi territori occupati, evidenzia che questo licenide sta addirittura soverchiando la situazione riproduttiva che mantiene nei luoghi di origine.
Non avendo al momento in Europa nemici naturali evidenti e trovando situazioni climatiche alquanto favorevoli durante la bella stagione ma ancor più usufruendo di una notevole e diffusa presenza della pianta ospite, questa farfallina riesce a riprodursi in modo esasperato consolidando sempre di più la testa di ponte della sua ormai vittoriosa invasione.
Il licenide del geranio ha un ciclo riproduttivo che va dalle 4 alle 10 settimane, a seconda della temperatura e dell’umidità dell’aria, per cui durante l’estate riesce facilmente a sfornare generazioni a getto per alcuni mesi.
Indici diretti di questa prolificità sono naturalmente il numero di vasi di gerani che dobbiamo sostituire nelle nostre fioriere in quanto il danno è conseguenza diretta del numero di esemplari presenti nella colonia. Le uova, piccolissime e praticamente invisibili, sono deposte direttamente sui boccioli o sui germogli della pianta ospite: sono al momento della deposizione di colore verde tenue per divenire poi di un giallino biancastro. La schiusa è rapida, meno di una settimana e spesso preclude la possibilità di osservare le uova dato che la piccolissima larva scava immediatamente un piccolo foro nel fusto del geranio nascondendosi all’interno della pianta.
Si è osservato che nei primi stadi il bruco spesso usufruisce della sua tana scavata nel fusto, uscendo solo al momento del pasto e rientrando subito dopo ma a volte rimane direttamente all’esterno rosicchiando il tomento inferiore delle foglie, lasciando leggere tracce del suo passaggio con piccoli solchi sulla patina ma il colore verde la rende comunque poco visibile. Nei quattro stadi larvali di circa una settimana ciascuno, il bruco diviene sempre più visibile in particolare col buio della notte quando risale volentieri sulla faccia superiore della foglia, uscendo dal rifugio setoso formato dal ripiegamento di un lobo della stessa.
Il bruco è di colore verde ed è spesso contrassegnato da una linea dorsale violacea più o meno accentuata. La crisalide viene saldata ad una foglia avvolgendo la pagina inferiore con una fitta ed invisibile ragnatela di colore verdastro. Piante ospiti sono le rappresentanti del genere Pelargonium.
Da tempo è in corso una lotta accanita contro questo piccolo insetto che danneggia irrimediabilmente le nostre aiuole, provocando danni ineluttabili con morte quasi certa della pianta colpita. È evidente che non tutti possiamo sfruttare l’uso di pesticidi così validi e potenti da debellare sin dall’insorgere questi parassiti, come d’abitudine possono fare vivaisti e persone specializzate in agronomia. Noi possiamo solo limitarci all’uso di prodotti a base di piretro o miscugli che ognuno di noi cerca abilmente di scoprire con varie sperimentazioni tipo infusi d’aglio, di tabacco ed anche blandi detersivi. Si possono usare anche prodotti della lotta cosiddetta biologica, quali il Bacillus thuringiensis ma sembra ed è ormai certo, che dovremo convivere per sempre con questo problema, fatto salvo che, ammazzati tutti i gerani, un bel giorno, questa bella farfallina non decida di imbarcarsi per un viaggio a ritroso verso i suoi lidi natii.
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