Famiglia : Burhinidae
Testo © Dr. Gianfranco Colombo
Come spesso accade nel mondo naturalistico, a volte specie insolite e particolari vengono studiate e descritte molto più di altre che ricorrono comunemente. È il caso dell’occhione (Burhinus oedicnemus Linnaeus, 1758) una specie sicuramente insolita nell’aspetto e certamente non molto comune.
Come vedremo più avanti, un uccello con occhi da civetta, una testa molto grossa e squadrata, lunghe gambe nodose e nerborute, un becco forte e robusto, un colore altamente mimetizzato, un gran corridore, una conformazione alare da migratore ed un’attività crepuscolare e notturna.
Eppure questo uccello appartiene ai Charadriiformes, lo stesso ordine delle comuni pavoncelle (Vanellus vanellus), dei beccaccini (Gallinago gallinago) e degli onnipresenti gabbiani ma è assegnato alla particolare famiglia dei Burhinidae.
Queste peculiarità hanno attratto freneticamente gli ornitologi dei paesi in cui vivono questi uccelli ed attraverso studi ed osservazioni approfondite, sono arrivati a determinarne caratteristiche sconosciute ed a descriverne i più intimi comportamenti. Da queste rilevazioni si è poi giunti a quantificarne le popolazioni con una buona approssimazione, scoprendo che da raro od occasionale che era considerato un tempo, è invece un uccello ben diffuso in gran parte del nostro territorio anche se non costantemente e mai in numero elevato.
Riuscire a vedere questo uccello non è da tutti e solo l’occhio esperto riesce, a volte con notevole difficoltà, a rintracciarne la presenza. Pur vivendo in ambienti aperti e sgombri di vegetazione, addirittura in aree assolutamente spoglie e pietrose, si potrebbe immaginare cosa facile riuscire ad individuare un uccello di tali dimensioni. Al contrario lo si può forse considerare tra i più difficoltosi da osservare. Assolutamente immobile, ritto sulle sue lunghe gambe, a ridosso di una grossa pietra sul greto rinsecchito di un fiume o all’ombra di un ciuffo di erbacce oppure ad un pezzo di legno, se ne sta fermo per ore senza battere ciglio.
Anche osservandolo ci si chiede spesso se sia un oggetto inanimato con le sue forme oppure un vero occhione.
Oltretutto vivendo in ambienti molto secchi ed assolati e dovendolo osservare da distanze ragguardevoli per la sua timidezza, il riverbero del calore al suolo distorce ulteriormente la visione rendendo ardua la già difficoltosa identificazione.
Più difficile ancora scovare la femmina sul nido. Pur rimanendo abbastanza ritta durante la cova, è praticamente invisibile ed integrata nell’ambiente circostante. Praticamente un sasso di colore diverso fra i sassi di una pietraia.
Accade poi che sentendosi osservata anche da notevole distanza mentre cerca di ritornare al nido dal quale l’abbiamo immancabilmente mossa quando ci ha scoperto in avvicinamento, attui stra- tegie di estrema ed impensabile intel- ligenza.
Muovendosi praticamente al rallentato- re, con una lentezza esasperante, con il corpo leggermente curvato in avanti, il collo e la testa tesi ed abbassati e con le zampe leggermente piegate, ecco dopo pochi metri percorsi in alcuni minuti, appollaiarsi a terra arruffando le penne del ventre come d’abitudine fa un uccello sul nido. Ebbene, l’occhione attua questo giochetto diverse volte prima di sistemarsi sul vero nido, giocando con l’osservatore che si illude già dal primo approccio di averlo scoperto.
I nomi volgari appioppati a questo uccello sono diversi e tra i più vari ma tutti ricalcano alcune peculiarità proprie di questo volatile. Gli anglosassoni lo chiamano indifferentemente Thick-knee (ginocchio grosso), per le sue giunture rigonfie, Stone Curlew (chiurlo delle pietre) per l’ambiente dove abita e per la similitudine del suo canto con quello del chiurlo oppure Dikkop (testa grossa), mutuando il nome dal termine afrikaans (dik=grosso e kop=testa) e accomunandolo alle due altre specie presenti nel continente africano. Altri nome volgari europei sono: Triel in tedesco, Oedicnème criard in francese, Alcaraván Común in spagnolo e Alcaravão in portoghese. In Italia è generalmente e per antonomasia l’Occhione per i suoi occhi sproporzionati ma regionalmente può essere la Libbrazzina leprotto, per il suo modo di accovacciarsi a terra o il Ciulluvì o il Zurrulliù ad imitazione del suo verso oppure Franculinu nelle isole mediterranee.
L’etimologia del nome scientifico ha origine dall’antico greco: Burhinus da “bous” = bue e “rhis” = naso o becco, riferito al grosso becco mentre oedicnemus da “oidio” = gonfiare e “kneme” = zampa a descrizione del rigonfiamento che presenta nella giuntura tibio tarsale.
Zoogeografia
L’occhione ha un grande areale ma alquanto frazionato. In Europa vive in Francia, nel sud dell’Inghilterra, nella penisola Iberica ed in Italia, con buona concentrazione nella pianura Padana e nella parte meridionale della penisola. Manca nell’Europa centrale e nella penisola Scandinava ma è presente nella zona orientale continuando poi in Asia nella parte centrale fino alla Cina e nel sud del continente fino alla penisola Indocinese. In Africa è presente sulle coste del Mediterraneo del Marocco, della Tunisia, della Cirenaica e dell’Egitto, arrivando sul territorio asiatico in Giordania.
L’occhione è un migratore a lungo raggio in particolare per le popolazioni che vivono più a nord, mentre sempre più spesso negli areali di nidificazione più meridionali e dove l’inverno mostra temperature più temperate, rimane a svernare in loco.
Tipica la popolazione spagnola e greca e occasionalmente anche quella italiana. Anche la popolazione indomalese è stanziale nel suo areale oltre che assorbire gran parte della migrazione proveniente dal centro Asia. La popolazione europea migra in Africa nell’area subsahariana in due distinte aree.
Nella parte occidentale in Mali e Burkina Faso, in Sierra Leone, Guinea Bissau e Guinea Conakri e nella parte orientale in Eritrea, Etiopia, Somaliland e Kenya. Alcune popolazioni asiatiche svernano anche sulla costa occidentale della penisola arabica. Sono state determinate una decina di sottospecie legate principalmente a popolazioni relegate in particolari località.
Ecologia-Habitat
L’habitat ideale dell’occhione sono gli spazi aperti con rada vegetazione erbacea, greti rinsecchiti di fiumi e terreni ciottolosi, prati incolti con rade sterpaglie ma che abbiano come caratteristica una vasta visuale tutto attorno.
Spesso lo si trova in campi arati recuperati da precedenti terreni abbandonati, mostrando un forte legame all’area probabilmente natìa anche se successivamente modificata dalla moderna agricoltura.
Non è specie legata all’acqua pur essendo un limicolo per cui ha fatto delle aree aride il suo regno. Pressochè invisibile di giorno per la sua forte mimetizzazione e per la ritrosia che mostra verso ogni intruso, integrandosi perfettamente con la natura circostante, ha fatto della notte il suo momento di maggior attività.
L’occhione al buio è molto ciarliero e già dal crepuscolo inizia ad emettere il suo canto monotono e melodioso che si sparge tutto attorno per chilometri. Un grido ripetibile in curliip curliip, con allungamenti dell’ultima sillaba ed emesso ad intervalli regolari. Un verso abbastanza simile a quello del chiurlo, tanto da meritarsi il nomignolo inglese indicato nel capitolo precedente, che viene immediatamente ricambiato dagli esemplari confinanti, creando un concerto che si protrae nella notte, accompagnato dal gracchiare dei Succiacapre (Caprimulgus europaeus) con il quale condivide immancabilmente il territorio.
La rilevazione del canto è considerato uno dei migliori modi per effettuare puntuali censimenti della loro presenza, in quanto l’eccitazione del richiamo coinvolge im- mancabilmente tutti gli esemplari presenti in zona.
L’occhione può volare con facilità durante la notte in virtù degli occhi sproporzionatamente grossi che la natura gli ha fornito. Questo fatto è sicuramente facilitato anche dalla quasi assoluta mancanza di alberi nell’area in cui vive. Al buio si raduna spesso in gruppi chiassosi generalmente su spiazzi sabbiosi, dove svolge l’unica sua attività sociale.
A tal proposito si è notato che questo uccello, generalmente solitario nel periodo di nidificazione, si raduna in gruppi anche molto consistenti prima della migrazione, riunendosi in località prestabilite prima di intraprendere il viaggio verso i quartieri invernali.
L’occhione si nutre principalmente di insetti, di lombrichi, di piccoli rettili ed anche di minuscoli roditori che ghermisce con il robusto becco ed ingoia interi.
Morfofisiologia
Anche se l’occhione ha fatto della mimetiz- zazione e dell’invisibilità i suoi punti di forza, le sue dimensioni sono inaspettate e di tutto rispetto.
Ha un’apertura alare che arriva ai 90 cm, una lunghezza di oltre 40 cm ed un peso che può arrivare nel periodo che precede la migrazione autunnale, ad oltre 500 g.
Ha una livrea specializzata che si integra perfettamente con il terreno circostante tale da renderlo spesso invisibile. È, come spesso si usa dire, un vero maestro del mimetismo. Sul dorso e sul capo è di colore ocra giallastro screziato da linee, macchie e fasce nere. Sulle ali, all’altezza del remiganti primarie è presente striscia bianca longitudinale appaiata ad una nera eterocromatica che fa praticamente da tromp l’oeil con l’ambiente circostante. Il petto è biancastro leggermente macchiettato di bruno.
La faccia presenta guance biancastre contornate da una stretta fascia bruna nelle quali sono incastonati i due immensi occhi giallo brillante, da gufo. Il becco, dritto e robusto di circa 4 cm di lunghezza, è giallo con la punta nerastra. Anche le zampe sono gialle con evidente ed anomalo ingrossamento del ginocchio. Gambe vigorose e tre dita molto robuste da vero corridore specializzato nel camminare su terreno sconnesso e pietroso. In volo presenta due evidenti fascia alari bianche. Non vi è dimorfismo sessuale ed i giovani sono molto simili agli adulti.
Biologia riproduttiva
L’occhione ha un periodo di nidificazione imprevedibile e spesso legato all’andamento climatico del luogo dove vive. Abitualmente nidifica in tarda primavera ma sono noti casi di nidificazione precoce sin da febbraio ed anche tardive nell’autunno. Effettua abitualmente una sola deposizione anche se può essere prontamente sostituita in caso di perdita accidentale della prima covata. Depone due, raramente tre uova alquanto grosse e di colore crema fortemente punteggiate di marrone che colloca direttamente sul suolo tra il pietrisco e senza apportare alcun materiale.
Il maschio dapprima scava alcune piccole buchette nel terreno, abitualmente a poca distanza fra loro ed a distanza di poche ore, la femmina sceglie quella in cui deporrà le uova. Anche se il nido è abitualmente nudo, a volte attorno alle uova raduna piccoli sassolini oppure sterco di lepri e di conigli selvatici ma sempre in misura insignificante tale da non rendere il nido visibile.
Si potrebbe scherzosamente sostituire il detto “trovare un ago in un pagliaio” con “trovare l’uovo di occhione in una pietraia”, tanto è difficile individuarli. Ne sanno qualcosa gli ornitologi !
La cova dura circa 23 giorni ed i piccoli nascono già piumati e pronti a lasciare il nido dopo pochissime ore dalla schiusa.
L’occhione nidifica, come detto, in aree totalmente brulle e senza vegetazione ma si premunisce di farlo in vicinanza di uno spazio ricoperto da erba o bassa vegetazione, dove provvede immedia- tamente a trasferire i piccoli appena sono in grado di zampettare.
Durante la cova il maschio rimane perennemente in guardia nelle vicinanze, nascosto tra i cespugli e sempre attento ad ogni piccolo movimento e preavvisando la femmina ad ogni minimo pericolo.
D’altro canto la femmina quando si accuccia sul nido abitualmente dà sempre le spalle a quel lato in modo da tener sotto controllo l’altra metà dell’orizzonte. Un lavoro di squadra che non permette all’eventuale intruso di avvicinarsi di soppiatto e prendere alla sprovvista la femmina in cova. I giovani sono accuditi dai genitori per diverse settimane prima di diventare totalmente autonomi e si involano solo dopo circa 6-7 settimane dalla nascita, rimanendo quindi inabili al volo anche quando hanno ormai le dimensione di un adulto. In questo periodo la mimetizzazione diventa ancor più necessaria per evitare la predazione da nemici terrestri oltre che da rapaci in volo.
L’occhione ha molti nemici naturali. Volpi e faine, albanelle e poiane ma ancor più subdolo è il pericolo provocato dalle greggi che attraversando i suoi areali riproduttivi, calpestano inesorabilmente tutto ciò che trovano al loro passaggio, nidi inclusi. Anche le improvvise piene dei torrenti e dei fiumi sulle cui sponde nidificano, sono fra le cause accidentali della distruzione dei loro nidi. Non è inclusa fra le specie a rischio anche se in alcune aree è in forte diminuzione per la trasformazione del territorio. In Italia è considerata specie particolarmente protetta.
Sinonimi
Charadrius oedicnemus – Linnaeus, 1758.