Insoliti fiori australiani ricchi di zucchero che sbocciano su arbusti e alberelli, anche a livello del suolo. Coltura nei nostri climi e riproduzione per seme.
Testo © Giuseppe Mazza
“Infornare per 5-10 minuti o cospargere d’alcool e dar fuoco”. Non è una ricetta culinaria, ma l’unico modo per far aprire certe infruttescenze di Banksia.
Madri iperprotettive, le banksie liberanoinfatti i loro semi solo quando un bell’incendio ripulisce a dovere dalle erbacce il ” bush ” australiano in cui vivono. La zizzagna, come ben dice il Vangelo, potrebbe soffocare le piantine, e poi la cenere, si sa, è sempre stata un ottimo fertilizzante.
Così, chi vuol ottenere dei semi da queste strane ” sculture ” legnose, coi frutti artisticamente disposti uno sull’altro, a mo’ di totem, spesso non ha scelta : una specie su due richiede la ” prova del fuoco “. E si tratta proprio di una prova, con tutta l’incertezza del caso, e il rischio, ogni volta, di trasformare i semi in caldarroste.
Il calore dev’essere intenso, ma breve, e in caso d’insuccesso si può sempre ripetere il trattamento.
A volte, però i follicoli del “totem” non vogliono proprio aprirsi, e allora consigliano d’immergere l’infruttescenza nell’acqua e asciugarla col föhn. Il che equivarrebbe, grosso modo, ad un incendio seguito da una pioggia abbondante e da un forte vento in grado di trasportare i semi alati delle banksie lontano dalla pianta madre.
Al limite dei deserti, dove la vita è difficile, la natura non vuole che i genitori entrino in concorrenza coi figli e si preoccupa, con meccanismi igroscopici ed altre astuzie, che le giovani piante abbiano tutta l’acqua necessaria al loro sviluppo.
Su 73 specie di Banksia esistenti, 58 crescono nella fascia sud-occidentale del Western Australia, in un clima secco temperato-caldo, abbastanza simile a quello Mediterraneo.
Le altre, più tolleranti dell’umidità, vivono lungo le coste sud-orientali australiane, con qualche stazione isolata nel nord.
Una specie, la Banksia dentata, si è adattata al caldo-umido delle foreste pluviali e raggiunge, attraverso Capo York, la Nuova Guinea. Ma è l’eccezione.
” In sostanza “, mi spiega il Dr. Paul Wycherley, direttore del famoso Kings Park Botanic Garden di Perth, ” le banksie sono piante tipicamente australiane. Possono raggiungere anche i 25 m, ma la maggior parte ha portamento arbustivo e un’altezza compresa fra i 50 cm e i 3 m. Taglia ideale per il giardino, unita spesso a delle foglie profondamente dentate, molto decorative. Ma il successo orticolo delle banksie è soprattutto legato al loro lungo periodo di fioritura. Su 47 specie coltivate nel Kings Park, 22 sbocciano d’estate, 19 in autunno, 23 in inverno e 15 in primavera, con cicli scaglionati e fiori che durano settimane. Spuntano senza sosta, uno dopo l’altro, anche per 2-3 stagioni consecutive “.
Si tratta di grosse infiorescenze, per lo più cilindriche, ma anche sferiche (Banksia candolleana), che contano fino a 6.000 fiorellini, stipati uno contro l’altro, su un unico asse centrale. Seguono una disposizione a doppia spirale, e come ogni proteacea che si rispetti, hanno il perianzio formato da 4 tepali, recanti le antere.
Maturando si ripiegano all’indietro, per meglio offrire il polline ai visitatori, ed evidenziano spesso dei lunghi stili. L’insieme può suggerire allora uno scovolino per bottiglie (Banksia ericifolia e B. integrifolia), un fuoco d’artificio (Banksia praemorsa), una torta farcita (Banksia coccinea) o dei simpatici lampioncini cinesi (Banksia lehmanniana e B. caleyi).
Le infiorescenze di alcune specie, come la Banksia repens e la B. petiolaris, spuntano gagliarde, come pannocchie, a livello del suolo.
I colori sono variabilissimi : dal giallo verdastro, all’arancio, al rosso e il marrone. Manca il blu, ma esistono fiori dalle tonalità grigio nerastre, con riflessi metallici.
C’è di che attrarre gli insetti, ma il punto forte delle banksie è la loro ” buona cucina “. Il nettare, dolce bicchiere della staffa ai ” postini ” del polline, è molto ricercato anche da uccelli e mammiferi.
Di giorno pappagalli e nettarine occhieggiano fra i rami, e la notte è un continuo via vai di topolini e scoiattoli volanti. Una sola infiorescenza di Banksia grandis fornisce l’equivalente di alcuni cucchiai di zucchero, e non bisogna quindi stupirsi se ancora oggi i coloni australiani e gli aborigeni guardano a questi fiori anche con un’occhio gastronomico.
Ma torniamo al giardinaggio.
Le prime banksie “europee”, nate dai semi raccolti nelle spedizioni australiane del Capitano Cook (fu in una di queste, nell’aprile del 1770, che Sir Joseph Banks le scoprì, prendendo terra con l’ Endeavour nell’attuale Botany Bay, presso Sydney) fiorirono in Inghilterra intorno al 1788. Si tenevano in vaso e serra fredda, e nella prima metà del 19° secolo ebbero in tutta Europa una notevole espansione orticola.
Poi vennero di moda le orchidee esotiche, i fiori classici della seduzione, che richiedono un clima caldo-umido.
Per conquistare il cuore delle belle dame, i nobili proprietari delle serre non esitarono a scaldarle, ma in breve le banksie morirono e se ne spense anche il ricordo.
Eppure, mi conferma Paul Wycherley, in climi mediterranei come il nostro queste piante potrebbero crescere anche all’aperto.
La maggior parte delle specie si propaga facilmente per talea, con rametti apicali di 8-16 cm. Basta togliere le foglie in basso e radicano in un composto sabbioso, senza bisogno di trattamenti ormonali. È il metodo più usato in Europa nell’ottocento. Ma per cominciare, non disponendo di piante, l’unica strada percorribile è quella dei semi.
Dato che gli incendi scoppiano di solito alla fine dell’estate, e che molte specie, come abbiamo visto, aspettano poi le piogge, la stagione più favorevole alle semine sarebbe naturalmente l’autunno.
Ma le piantine soffrono il freddo, e a meno di non disporre di una serra o una veranda non riscaldata, da noi conviene procedere in primavera.
I semi, come sempre, vanno sparsi in una cassetta, con un composto sabbioso, ben drenato, leggermente acido o neutro. L’ideale è un pH compreso fra 6 e 7. Eccettuate le specie di montagna (Banksia canei, saxicola e certe forme di marginata), che richiedono 60-120 giorni di frigorifero a 5 °C, in genere germinano senza problemi, e le prime foglioline spuntano dopo 3-6 settimane.
Frequenti nebulizzazioni, con qualche aggiunta di funghicida, faranno crescere le piantine rigogliose e sane, e dopo circa un mese sarà già il momento del trapianto.
Potranno essere invasate per un anno, o messe direttamente a dimora, in pieno sole, a condizione di non far mancare loro l’acqua e un minimo di protezione dai rigori invernali. Nei primi due anni di vita le banksie sono estremamente vulnerabili.
Il terreno dev’essere soffice e ben drenato. In genere conviene asportarlo per circa un metro e riempire la fossa di un composto sabbioso con molta torba, che aumenta, fra l’altro, l’acidità del suolo. Non occorre sia ricco : in natura le banksie vivono in terreni poverissimi e l’eccesso di fertilizzante, quando non le uccide, ne riduce la fioritura.
Bisogna anche tener presente che queste piante, come molte proteacee, non sopportano il fosforo.
La temperatura critica invernale è -2, -3 °C, ma il maggior nemico delle banksie è l’umidità. Non tollerano le nebbie, e le radici sono facile preda della Phytophthora cinnamomi, un fungo oggi diffuso in molti paesi. Dopo le piogge invernali, prima che la temperatura salga favorendone lo sviluppo, sarà quindi bene trattare il suolo con un funghicida.
GARDENIA – 1990