Famiglia : Asteraceae
Testo © Eugenio Zanotti
Il genere Artemisia comprende, secondo le diverse interpretazioni tassonomiche, da 200 a 400 specie di piante erbacee ed arbustive ricche di olii essenziali e dal sapore alquanto amaro per la presenza di terpenoidi e lattoni sesquiterpenici. Esse vivono soprattutto nei climi temperati di entrambi gli emisferi, principalmente nel boreale, per lo più in ambienti secchi e semiaridi. L’impollinazione è anemofila e molte specie ospitano, quali piante nutrici, svariate larve di lepidotteri.
L’etimologia del genere è incerta, per alcuni autori deriverebbe da Artemisia, moglie di Mausoleo, re della Caria, per altri è più verosimile che sia riferibile ad Artemide, dea della caccia, per altri ancora dalla parola greca “artemos”, sano, con allusione alle proprietà benefiche di molte specie di Artemisia.
Il nome specifico deriva dal latino “absinthium”, nome con il quale si indicava la specie e che trae la sua origine dal greco “absinthion” amaro (privo di dolcezza) con riferimento al sapore molto amaro di questa pianta.
L’Assenzio vero o Assenzio maggiore (Artemisia absinthium L. 1753) è una pianta erbacea perenne, con rizoma ramificato, generalmente suffruticosa, con fusti eretti, sublegnosi alla base, alti (30) 40-90 (120) cm, ricoperti da pelosità sericea bianco-argentata (peli a navetta) con odore fragrante di vermuth e sapore amarissimo. Foglie alterne; le basali picciolate (2) 3 pennatosette con segmenti larghi 3-4 mm, arrotondati all’apice; foglie cauline minori (3-4 cm) e subsessili. Capolini fiorali 30-60, emisferici (3 x 3 mm), reclinati, raccolti in pannocchie terminali fogliose, più o meno unilaterali. La fioritura è concentrata da agosto a settembre (il polline è allergenico!). I fiori sono giallo-bruni (2 mm).
Frutti (achéni) glabri, privi di pappo, di forma ellissoide-compressa, leggermente curvi, lunghi 1,5 mm.Cresce dal piano fino intorno ai 1100 m negli incolti aridi, bordi stradali, scarpate assolate, luoghi incolti rocciosi o sassosi, siepi, prode, ecc., sia su terreno calcareo sia siliceo, con Ph preferibilmente alcalino. Specie coltivata e naturalizzata.
Il prof. Sandro Pignatti nella sua magnifica opera sulla flora d’Italia scrive in proposito della distribuzione di questa specie indicata come Est-Europea (?) divenuta Subcosmpolita: “In Italia si ha ovunque l’impressione che si tratti di pianta introdotta e da lungo tempo naturalizzata (archeofita), incapace di penetrare nella vegetazione naturale. La patria d’origine non è stata finora identificata, ma viene supposta nel vicino oriente; già nota agli Egizi ed ai Greci, l’uso (come pianta medicinale, aromatica e vermifuga) si diffuse già in epoca preromana in tutt’Europa”.
In fitoterapia si impiegano le foglie raccolte in maggio e le sommità fiorite della pianta raccolte in luglio-agosto (Absithi folia et summitatis), le quali contengono olio essenziale con il monoterpene tujone, tujolo, e numerosi composti a questo affini, fellandrene, sesquiterpeni ed absintolo, oltre ai glucosidi amari, absintina, anabsintina, artabsina, anabsina, anabsinina, matricina, flavonoidi, acidi organici, resine e tannini.
I suoi preparati (si utilizzano soprattutto in tintura ed in vino medicamentoso) hanno spiccate proprietà aperitive, stomachiche, eupeptiche, tonico-eccitanti, diuretiche, deostruenti biliari, emmenagoghe, febbrifughe nelle febbri reumatiche ed influenzali, e vermifughe; possiede anche azione antitossica nei casi di saturnismo (avvelenamento da esposizione al piombo). I preparati a base di assenzio sono controindicati nelle ulcere gastriche ed intestinali oltre che in gravidanza e durante l’allattamento. Per uso esterno il decotto è un buon antisettico per medicare piaghe ed ulcere. Recentemente è stata accertata anche azione acaricida ed insetticida. I principi amari esercitano una notevole azione sulle secrezioni gastriche e sulla secrezione della bile e quindi sono consigliati contro la mancanza di appetito, stati di convalescenza, lievi disturbi gastrici, intestinali e biliari anche con spasmi.
L’olio essenziale di assenzio (noto anche come fata verde) ha una elevata tossicità dovuta al tujone ed è presente nel liquore d’assenzio, nota bevanda alcolica contenente anche altri estratti vegetali di anice e finocchio, semi di angelica, melissa, issopo, veronica, ecc., il cui abuso cronico conduceva all’absintismo, diffuso nel XIX secolo nella Francia meridionale come ci ricordano i quadri di Manet “Il bevitore d’assenzio” e di Degas “L’assenzio”, con disturbi della personalità.
La produzione di tale liquore in passato fu a lungo vietata; attualmente è di nuovo consentita in alcuni Paesi, ma con valori di tujone in funzione del grado alcolico.Nelle campagne dove l’assenzio è frequente si usava il suo decotto per bagnare la pelle per tenere lontane le zanzare e i tafani ed i suoi mazzi appesi presso porte e finestre o negli armadi tengono lontano mosche e tarme.
I principali produttori di assenzio sono i Paesi dell’Europa orientale e balcanica.
Preparazioni:
Vino medicamentoso d’assenzio
Lasciare in macerazione in un litro di vino bianco dolce 30 grammi di sommità fiorite secche di assenzio per quattro giorni agitando di tanto in tanto, colare e spremere bene il residuo. Si prendono 25 ml una mezz’ora prima dei pasti.
Sinonimi: Absinthium majus Garsault (1764); Artemisia inodora Mill. (1768); Absinthium vulgare Lam. (1779); Absinthium bipedale Gilib. (1782); Artemisia pendula Salisb. (1796); Absinthium officinale Brot. (1804); Artemisia absinthia St.-Lag. (1880); Artemisia doonense Royle (1835); Artemisia kulbadica Boiss. & Buhse (1860); Artemisia rhaetica Brügger (1886); Artemisia baldaccii (1908); Artemisia rehan Chiov. (1912); Artemisia arborescens var. cupaniana Chiov. is (1932); Artemisia arborescens f. rehan (Chiov.) Chiov. (1932).
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