Famiglia : Aristolochiaceae
Testo © Pietro Puccio
La specie è originaria dell’Argentina (Corrientes, Entre Ríos, Jujuy, Misiones e Santa Fe), Bolivia, Brasile (Ceará, Mato Grosso, Mato Grosso do Sul, Minas Gerais, Paraná, Rio de Janeiro, Rondonia, Santa Catarina e São Paulo), Colombia, Ecuador, Paraguay e Perù dove cresce ai margini delle foreste e lungo le rive dei corsi d’acqua.
Il nome generico deriva dalla combinazione dei termini greci “ἄριστος” (aristos) = il migliore, ottimo, e “λοχεια” (locheia) = parto, con riferimento alla credenza che la pianta favorisse il parto; il nome specifico è l’aggettivo latino “littoralis” = litorale, costiero.
Nomi comuni: calico-flower, dutchman’s pipe, elegant pipevine (inglese); cipò-mil-homens, jarrinha, jarrinha-pintada (portoghese – Brasile); patito (spagnolo); strand-pfeifenwinde (tedesco).
L’ Aristolochia littoralis Parodi (1878) è un rampicante perenne, sempreverde, con fusti volubili lignificanti alla base lunghi fino a 8 m in presenza di supporti. Le foglie, su un picciolo lungo 2-5,5 cm, sono alterne, semplici, cordato-triangolari di colore verde chiaro superiormente, grigio verde inferiormente, di 4-8 cm di lunghezza e 5-10 cm di larghezza. I fiori, all’ascella delle foglie su peduncolo pendente lungo fino a circa 10 cm, sono solitari, costituiti solo da tre sepali uniti in un lungo tubo ricurvo e rigonfio alla base che termina con un lobo espanso tondeggiante, di circa 9 cm di lunghezza e 5 cm di larghezza, bilobato alla base, di colore bruno porpora con venature bianco crema; la fauce, di colore giallo crema, è contornata superiormente da una macchia marrone scuro vellutata ed è tappezzata di peli bianchi che favoriscono l’ingresso dell’insetto impollinatore, ma ne impediscono la fuoriuscita fino a fecondazione avvenuta. I fiori sono inodori, al contrario di molte specie del genere che emanano un odore di carne putrida. I frutti sono capsule oblunghe a 6 costole, di 4-5 cm di lunghezza e 2 cm di diametro, deiscenti alla base, che rimangono a lungo sulla pianta dopo l’apertura come un canestro sospeso, contenenti numerosi semi piatti alati, di 0,6 x 0,4 cm, di colore bruno, dispersi dal vento. Si auto dissemina facilmente tanto da essere diventata infestante in alcune aree tropicali e subtropicali dove è sfuggita alla coltivazione.
Si riproduce per seme, preventivamente immerso in acqua per 2 giorni, posto in superficie su un terriccio organico con aggiunta di sabbia silicea grossolana per un 30%, mantenuto umido alla temperatura di 20-22 °C, con tempi di germinazione variabili, 1-3 mesi, e per talea semilegnosa. Specie vigorosa e di rapida crescita dal fitto fogliame ornamentale e dagli attraenti fiori prodotti per un lungo periodo, coltivabile nelle zone a clima tropicale, subtropicale e temperato caldo, dove resiste pressoché indenne fino a circa -2 °C, perdendo la parte aerea, ma resistendo a livello radicale fino a circa -8 °C.
Richiede pieno sole o una leggera ombreggiatura e non è particolarmente esigente riguardo al suolo, anche se cresce al meglio in quelli ricchi di sostanza organica ben drenanti mantenuti pressoché costantemente umidi. Coltivabile anche in vaso, con opportuni supporti su cui farla arrampicare, per la decorazione di serre, verande e giardini d’inverno luminosi con innaffiature regolari in estate, più diradate in inverno, lasciando asciugare parzialmente il substrato prima di ridare acqua, e concimazioni dalla primavera all’autunno preferibilmente con prodotti bilanciati con microelementi.
Tutte le parti della pianta sono utilizzate nella medicina tradizionale dei paesi di origine per varie patologie.
Nelle regioni del sudest asiatico e dell’Australia, dove si è naturalizzata, sta minacciando la sopravvivenza di alcune farfalle appartenenti ai generi Ornithoptera, Trogonoptera e Troides che depongono le uova sulle foglie di Aristolochiaceae native ed anche su questa specie aliena che non riescono a distinguere, ma le cui foglie sono velenose per le larve. Ad esempio la popolazione della farfalla australiana Ornithoptera richmondia (Gray, 1853) è diminuita sensibilmente sia per la riduzione del suo habitat che per la diffusa presenza dell’ Aristolochia littoralis, sfuggita alla coltivazione, che la farfalla non distingue dalle due specie endemiche ospiti, Pararistolochia praevenosa (F. Muell.) Mich.J.Parsons (1996) e Pararistolochia laheyana (F.M.Bailey) Mich.J.Parsons (1996).
Sinonimi: Aristolochia elegans Mast. (1885); Aristolochia hassleriana Chodat (1899).
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