Famiglia : Pomacanthidae
Testo © Giuseppe Mazza
Il Pesce angelo a macchie dorate (Apolemichthys xanthopunctatus Burgess, 1973) appartiene alla classe degli Actinopterygii, i pesci con le pinne raggiate, all’ordine dei Perciformes ed alla famiglia dei Pomacanthidae, quella dei pesci angelo, che conta 8 generi e quasi un centinaio di specie.
Il nome del genere Apolemichthys viene dal greco “a” = privativo e “Πόλεμος” (polemos) = guerra, e “ἰχθύς” (ichthýs) = pesce, si tratta cioè di un “pesce improprio alla guerra” per la mancanza, a differenza di altri pesci angelo, delle spine interopercolari.
Il che non toglie che, come tutti i Pomacanthidae, abbia la sua caratteristica spina preopercolare, seppur di taglia modesta date le dimensioni del pesce.
Il termine specifico xanthopunctatus nasce dal greco “ξανθός” (xanthos) giallo e dal latino “punctatus” punteggiato, con riferimento alla splendida punteggiatura dorata della livrea adulta.
Zoogeografia
Il Pesce angelo a macchie dorate è nativo dell’Oceania.
Lo troviamo a Kiribati ed alle Isole Caroline, ma pare sia presente anche in alcune località della Micronesia ed alle Isole Nauru.
Certo non è una specie comune, visto il prezzo decisamente elevato, pari a quello di un acquario di media taglia con filtro, che gli acquariofili sono disposti a pagare per averlo come “status symbol” fra le pareti domestiche.
Ecologia-Habitat
Apolemichthys xanthopunctatus vive sedentario fra i coralli in acque relativamente basse, per lo più fra 3 ed 8 m di profondità, anche se poi è stato visto sul lato esterno dei reef, intorno ai 65 m, mentre mangiucchiava allegramente delle spugne.
Morfofisiologia
Può raggiungere i 25 cm di lunghezza. Il corpo è piatto, quasi ovale, con la pinna dorsale e l’anale che si prolungano arrotondate verso la coda, quasi a formare un semicerchio.
La pinna dorsale reca 14 raggi spinosi e 17-18 molli, mentre l’anale, più allungata, conta 3 raggi spinosi e 17-19 inermi. Le pettorali, più o meno triangolari, hanno 16 raggi molli. Le pelviche sono appuntite e la caudale è arrotondata.
La livrea presenta luminose e tipiche macchie dorate in elegante contrasto col nero delle 3 pinne principali, bordate di un blu elettrico acceso, come la punta del muso e la bocca che evoca il becco di un pappagallo. Sulla fronte si nota una vistosa macchia nera che serve a spezzare il contorno del pesce.
L’aspetto dei giovani richiama quello dell’Apolemichthys trimaculatus, una specie decisamente più nota e popolare.
Come questi, per confondere le idee ai predatori, recano un finto occhio alla base della pinna dorsale ed una sbarra nera sul capo che attraversa l’occhio con evidente funzione mimetica.
Ma qui, sul corpo, si notano delle strisce verticali ondeggianti più pronunciate, che crescendo formeranno poi, fondendosi, le caratteristiche gocce dorate.
Etologia-Biologia Riproduttiva
Come di norma accade nel variopinto mondo dei Pomacanthidae, il Pesce angelo a macchie dorate ha la rara capacità di digerire le spugne ed è su queste che basa la sua alimentazione, integrata sbocconcellando ascidie ed alghe bentoniche. Si muove in gruppetti, con un maschio che controlla un piccolo territorio e un harem, e se questo muore, visto che si tratta di una specie ermafrodita proteroginica, la femmina più grossa del gruppo cambia sesso e prende il comando.
L’accoppiamento, con la prescelta pronta a deporre, avviene al crepuscolo, quando i predatori di uova sono meno attivi. Dopo una breve danza rituale, i coniugi rilasciano e fecondano in superficie numerose uova affidate alle correnti. Anche le larve sono pelagiche. Si nutrono di plancton e crescono poi sui fondali, al riparo dei coralli, solo quando hanno raggiunto una certa taglia.
L’alimentazione in acquario non è facile, con cibi surgelati contenenti spirulina, piccoli crostacei come Artemia salina e specie del genere Mysis più, naturalmente, eventuali spugne. Inutile aggiungere che l’Apolemichthys xanthopunctatus è un pesce che si stressa facilmente, s’impiglia nei retini con la piccola spina opercolare e non è certo immune a malattie, come quella dei “punti bianchi”, provocata dal flagellato Oodinium ocellatum, o al virus Lymphocystis che crea noduli sulle pinne e in bocca.
Per fortuna, nonostante i prelievi, giustificabili solo per le grandi vasche degli acquari pubblici, le popolazioni in natura posso raddoppiare i loro effettivi in 1,4-4,4 anni e la specie presenta oggi (2020) un indice di vulnerabilità moderato, che segna 37 su una scala di 100.