Alcelaphus buselaphus

Famiglia : Bovidae

GIULIANO.gif
Testo © DrSc Giuliano Russini – Biologo Zoologo

 

Anche feriti gli Alcelaphus buselaphus hanno un’elevata resistenza in corsa © Mazza

Anche feriti gli Alcelaphus buselaphus hanno un’elevata resistenza in corsa © Mazza

Mammifero quadrupede, placentato appartenente all’ordine degli Artiodactyla, alla famiglia bovidi (Bovidae) ed al genere Alcelaphus, l’Alcelaphus buselapahus Pallas, 1766, presenta numerose sottospecie.

Fu scoperto e studiato dal biologo zoologo botanico tedesco Peter Simon Pallas nel lontano 1766, durante le sue spedizioni in Africa.

Lo descrisse, tracciandone la classificazione, in due sue fondamentali opere: “Elenchus Zoophitorum Miscellanea Zoologica Quibus novae imprimis atque obscurae Animalium Species Describuntur“ del 1776 e “Miscellanea Zoologica Quibus novae imprimis atque obscurae Animalium Species Describuntur “ del 1778.

Sulla biologia della specie non si sa molto, anche perché, fra tutte le antilopi autoctone dell’Africa e endemiche della savana, è quella con minore densità di popolazione, schiva di carattere, e non così facile da incontrare.

Il fatto che in epoca coloniale il suo areale si estendesse dal Nord Africa (Marocco, Algeria, Egitto) all’Africa orientale e occidentale, e all’Africa centro meridionale è provato dai resoconti di caccia dei militari francesi e inglesi, che parlano della sua presenza, in Algeria, Marocco, Costa d’Avorio, Congo e altre regioni, mostrando, come trofei, le tipiche corna a forma di lira di questa antilope. Altri documenti dell’esercito Francese, riportano l’esistenza in Algeria, Tunisia e Marocco di un animale che chiamavano Alcelafo bufalo (Antilope bubalis) ma che dalla descrizione (presenza di corna non estremamente lunghe a forma di lira, intarsiate ad anelli, agilità impressionante nel districarsi sugli altopiani marocchini e su terreni scoscesi e sassosi), fa pensare più all’Alcelaphus buselaphus che a un’ipotetica specie estinta. Resti di crani d’antilopi, con corna a forma di lira e morfologia equivalente a quelli di Alcelaphus buselaphus sono stati trovati anche nelle tombe egizie di Abadiyeh e in tombe precristiane in Asia minore, Palestina e Arabia Saudita, a conferma di una radiazione ben più ampia della specie rispetto alle aree zoogeografiche attuali. I primi biologi zoologi che scoprirono tali resti in Asia minore e Africa del nord, molto prima che il DrSc Peter Simon Pallas nel 1766 osservasse questo animale in natura, non pensavano si trattasse di un’antilope, e avevano supposto l’esistenza di un bovino di piccole dimensioni derivato direttamente dal Bos taurus primigenius.

Si è visto che nei secoli la specie Alcelaphus buselaphus si è suddivisa, per isolamento geografico, in 9 sottospecie, che hanno distribuzione dall’Africa centro orientale all’Africa centro occidentale, fino al Sud Africa. Nell’area della Città del Capo, per esempio, è endemica una sottospecie detta Alcelafo del Capo (Alcelaphus buselaphus caama). Da un’analisi zoometrica e genetica più dettagliata, i biologi si stanno rendendo conto che gli Alcelaphus come genere, fanno parte di una grande tribù di antilopi piuttosto particolari e di grandi dimensioni, alcune poco studiate, sia in termini di fisiologia, nutrizione, etologia, ecologia e biologia riproduttiva.

A questa tribù appartengono tre generi: Alcelaphus (Alcelaphus buselaphus e le sue 9 sottospecie), Damaliscus (per esempio Damaliscus lunatus, Damaliscus pygargus) e Connochaetes con due specie : lo Gnu azzurro, Gnu striato o Gnu wildebeest (Connochaetes taurinus) e lo Gnu nero o Gnu dalla coda bianca (Connochaetes gnou). Tale tribù di cui gli Alcelaphus sono membri, potrebbe, secondo recenti ipotesi, non appartenere alla sottofamiglia degli Alcelaphinae come ipotizzato quasi 250 anni fa dal biologo P. S. Pallas, ma a quella degli Hippotraginae che annovera per esempio l’Orice dalle lunghe corna (Oryx gazella), noto come Gemsbok in afrikaans e nella lingua inglese. Ma occorrono ulteriori verifiche e studi perché la ITIS, l’ente internazionale preposto alla tassonomia zoologica, accetti questa modifica .

Alcelaphus buselaphus cokii con piccolo © Giuseppe Mazza

Alcelaphus buselaphus cokii con piccolo © Giuseppe Mazza

Zoogeografia

Fino al XVIII secolo l’Alcelaphus buselapahus era presente in tutto il continente Africano Sahariano (Marocco, Algeria,Tunisia, Egitto) e Subsahariano a nord, sud, ovest, est e in Asia minore (Arabia Saudita, Palestina). Oggi si trova allo stato naturale solo nell’Africa subsahariana, e specificamente nella savana dell’Africa centro-orientale, centro-occidentale e in Africa del sud, in stati come il Kenya, l’Uganda, l’Etiopia, la Somalia, il Sudan, lo Zimbabwe, il Congo e il Botswana.

Habitat-Ecologia

Il suo biotopo naturale è la savana, dove si nutre brucando varie erbe, graminacee selvatiche, radici, tuberi e rizomi. L’erba, che in tali praterie può raggiungere anche i 3-4 m d’altezza, gli offre anche un nascondiglio contro i predatori naturali: Leoni (Panthera leo), Leopardi (Panthera pardus), Ghepardi (Acinonyx jubatus), ma anche i famelici branchi di Sciacalli gualdrappa (Canis mesomelas).

Morfofisiologia

In linea generale gli Alcelaphus buselaphus sono animali caratterizzati da una struttura corporea robusta e muscolosa, che conferisce elevata resistenza alla corsa e la possibilità di raggiungere anche i 50 km/h. Hanno andamento goffo, ma spaventati sono rapidissimi nel fuggire.

I boeri (per chiarezza, col termine boero o afrikaner, si intendono i membri delle popolazioni sudafricane di pelle bianca, a estrazione religiosa calvinista, d’origine ugonotta, olandese, belga o tedesca, che parlano l’afrikaans, un dialetto nato dalla fusione dell’olandese del XII-XIII secolo con l’inglese e vari dialetti africani) trovavano per esempio grandi difficoltà nel cacciarli, data la loro velocità e l’incredibile resistenza che permetteva all’animale di scappare anche quando veniva raggiunto da un colpo di fucile.

Gli Alcelaphus buselaphus presentano un piccolo cranio, che si prolunga in un muso lungo e stretto, terminante con un naso ricoperto da pelle nuda, e grandi narici, sintomatiche di un olfatto molto sviluppato. Le femmine sono un po’ più grandi dei maschi. Pesano circa 230 kg e raggiungo i 150-155 cm d’altezza al garrese.

Hanno occhi piccoli frontali, padiglioni auricolari lunghi lanceolati disposti lateralmente nel cranio e sotto le corna, che sono a forma di lira segmentate ad anelli, a sezione circolare. Presenti in entrambi i sessi, poggiano sulla piastra ossea. Cave e non caduche raggiungono i 50-60 cm nei maschi, ed i 30-35 cm nelle femmine. Le curvature nel tratto terminale, possono essere laterali o all’indietro, specialmente nei maschi. Questi recano anche una piccola fascia (criniera) più o meno sviluppata, che parte dalla base del collo e prosegue fino a metà del tronco dorsale. Costituita da crini a colorazione scura è assente nelle femmine ed è un chiaro segno di dimorfismo sessuale. Il manto, a pelo raso in entrambi i sessi, presenta varie gradazioni di marrone, più scuro nei maschi che nelle femmine, tendenti al beige. Il dorso, le zampe e la testa sono marrone scuro o marrone bruciato, i quarti posteriori marrone chiaro. Sono come gli altri membri appartenenti all’ordine degli Artiodactyla, unguligradi, ma in questa specie l’ungula è di natura molto elastica, conferendo una grande agilità di movimento anche su terreni sassosi, scoscesi e ripidi.

Gli Alcelaphus buselaphus hanno una dentizione etorodonte adattata ad una alimentazione fitofaga e alla ruminazione, con conseguente adattamento dell’apparato gastroenterico (vedi Artiodactyla). Presentano una coda lunga una trentina di centimetri, con un grosso ciuffo di peli scuro, che muovono per cacciare via gli insetti.

Alcelaphus buselaphus jacksoni © Giuseppe Mazza

Alcelaphus buselaphus jacksoni © Giuseppe Mazza

Confrontando gli esemplari delle 9 sottospecie in cui si suddivide l’Alcelaphus buselaphus gli zoologi biologi hanno isolato caratteristiche peculiari collegate all’aerea zoogeografica di localizzazione.

Abbiamo quindi l’Alcelaphus buselaphus lelwel, presente soprattutto in Kenya e Uganda, col manto marrone rossiccio e corna a V.

In Etiopia e Somalia troviamo l’Alcelaphus buselaphus swaynei che ha un manto color cioccolato nei subadulti, prima del raggiungimento della maturità sessuale, che si macchia poi progressivamente d’argento, man mano che il pelo assume tonalità grigie con l’invecchiarsi dell’animale.

L’Alcelaphus buselaphus tora, endemico dell’Etiopia settentrionale e del Sudan, ha un manto marrore ed è di piccola taglia. Le corna sono variamente ripiegate in avanti o sui lati sin dalla base, con trama fortemente avvolta nella porzione terminale, e punte che si avvicinano l’un l’altra.

L’Alcelaphus buselaphus caama un tempo molto numeroso in Sudafrica, è stato falcidiato della caccia e della presenza d’animali domestici, nelle fattorie dei coloni, che gli rubavano i pascoli trasmettendo spesso anche agenti patogeni come la Brucellosis abortus o la Neospora canina. Oggi la popolazione è drasticamente ridotta e il suo areale rarefatto. Sono animali che presentano un manto rossiccio-castano con macchie bianco-nere sulla testa, zampe e quarti posteriori. Oggi sono confinati nella aree protette in Botswana, Zimbabwe e nella Repubblica Sudafricana.

Per finire l’Alcelaphus buselaphus cokii presenta caratteristiche del tutto particolari che vale la pena di citare. Vive nel Kenya centrale e meridionale e nella parte settentrionale della Tanzania, con una popolazione in calo, specie ai confini del suo areale. Endemico delle pianure erbose e bush, in parte alberate, sale fin verso ai 2.000 m di quota sopra il livello del mare. Ha dimensioni modeste, corna corte e divergenti, e un manto color sabbia. Ma la sua caratteristica principale è che al contrario degli altri ruminanti, che necessitano di grandi volumi d’acqua, può vivere senza bere, come le antilopi del genere Oryx, accontentandosi dell’umidità del terreno e dell’acqua contenuta dell’erba di cui si nutre. Un puro esempio d’adattamento ecologico alle zone aride in cui vive.

Etologia-Biologia Riproduttiva

I maschi dell’Alcelaphus buselaphus sono territoriali, e difendono quindi il loro areale dagli altri maschi dominanti, scacciandoli a cornate, mentre accolgono di buon grado le femmine con cui si accoppiano, cercando di trattenerle il più possibile.

Le femmine hanno un utero bicorne e placenta sindesmocoriale. La gravidanza dura in media 8 mesi, e partoriscono sempre all’inizio della stagione delle piogge, quando c’è abbondanza di risorse trofiche (erba fresca) per la madre, che ha bisogno di proteine vegetali per la formazione del latte, e per i piccoli, che assumono anche cibo solido, a intervalli, durante la lattazione. I parti sono sempre monogemini. Le madri, come già visto per altri erbivori, si nutrono della placenta subito dopo il parto, per due ragioni fondamentali, la prima per recuperare i sali minerali e le forze perse durante il parto, la seconda per evitare che un predatore, ad esempio un leone, possa percepirne l’odore e avvicinarsi.

A tre settimane dalla nascita i cuccioli sono integrati al branco © Giuseppe Mazza

A tre settimane dalla nascita i cuccioli sono integrati al branco © Giuseppe Mazza

Bisogna fare presente che le femmine poco prima del parto si allontanano dal branco, andando nel bush, in una zona dove l’erba alta, anche 3-4 m, nasconde la madre il nascituro e l’eventuale piccolo nato l’anno prima, che la madre porta sempre con se, dai predatori.

Pochi minuti dopo la nascita, una volta leccato (in modo da eliminare qualsiasi odore rintracciabile), il piccolo è in grado di sostenersi in piedi e succhiare il latte. Dopo qualche ora di vita postnatale è già in grado di camminare e correre, ma non si unisce al branco ancora per due settimane almeno, rimanendo in silenzio nell’area nascosta dove è nato, entrando in contatto con la madre solamente durante l’allattamento, quindi l’interazione e le cure parentali madre-cucciolo, sono ridotte al minimo.

Poiché la maggior parte di questo periodo di tempo, il cucciolo lo passa in solitudine, in quanto la madre dopo il parto ha fatto ritorno al branco, ricongiungendosi con lui solo per le sedute di allattamento, si sono formati evolutivamente degli ulteriori adattamenti ecofisiologici, per evitare che il piccolo indifeso possa venire scoperto da un predatore. Infatti rimane in silenzio e praticamente immobile, muovendosi solo quando arriva la madre per allattarsi, durante tutto il giorno e per tutte le giornate che lo separano dalla sua integrazione al branco, ove la madre risiede. Le sue ghiandole odorifere (orbitali e sotto le corna), saranno inattive finchè non si riunirà al branco, in modo che il suo specifico odore non sia percepibile ai predatori. Ad ogni visita per l’allattamento, la madre ne leccherà l’orina e ne mangerà le feci evacuate, per la stessa ragione.

Un ultimo adattamento fisiologico è rappresentato (tipico di tutte quelle specie i cui piccoli poco dopo la nascita, sanno essere autonomi nella deambulazione) dalla capacità che ha di scappare rapidamente, se anche grazie a tutti questi sistemi di sicurezza, venisse rintracciato da un predatore.

Attualmente la popolazione di Alcelaphus buselaphus e le 9 sottospecie in cui si suddivide, è in costante decremento, raggiungendo valori di popolazione così bassi che la IUCN l’ha inserita nella red list delle Threatened Endangered Species.

In collaborazione con la CITES e vari Istituti di Biologia Zoologia e Parchi Naturali Africani, Europei e Americani ha in atto una serie di progetti di Taxon Advisory Group (TAG), preposti alla Biologia della Conservazione di tali animali, per evitarne l’estinzione.

Sottospecie

Alcelaphus buselaphus buselaphus; Alcelaphus buselaphus caama; Alcelaphus buselaphus cokii; Alcelaphus buselaphus jacksoni; Alcelaphus buselaphus lelwel; Alcelaphus buselaphus lichtensteini; Alcelaphus buselaphus major; Alcelaphus buselaphus swaynei; Alcelaphus buselaphus tora.

 

→ For general information about ARTIODACTYLA please click here.

→ To appreciate the biodiversity within the order of ARTIODACTYLA and find other species, please click here.