Famiglia : Nymphalidae
Testo © Dr Didier Drugmand
Traduzione di Virginie Thiriaud
Aglais io o “Occhio di pavone” è una delle farfalle più comuni in Europa, e anche la più facilmente identificabile da chiunque grazie ai 4 ocelli (≈ occhi) presenti sulle sue ali rossastre.
La sua bellezza era stata sottolineata già nel 1634, quando Théodore Turquet di Mayerne, il medico ginevrino di molti re, riferì che: “gli “occhi” sulle ali del pavone brillano curiosamente come stelle e proiettano su di esse scintille color arcobaleno”.
Questa Ropalocera (= farfalla diurna) appartiene alla vasta famiglia delle Nymphalidae, che conta più di 6125 specie distribuite in tutto il mondo. Molte di queste sono comunissime nell’Europa occidentale e meridionale.
Il grande pubblico ne incontra spesso nei giardini o parchi ; per esempio la Vanessa dell’ortica (Aglais urticae), il Vulcano (Vanessa atalanta) e la Vanessa dalla c-bianca (Polygonia c-album).
Aglais è un genere creato nel 1816 dal naturalista svedese Johan Wilhelm Dalman. Oggi comprende tre specie distribuite in Europa. Oltre alla specie-tipo Aglais urticae (Linnaeus, 1758), si può anche citare Aglais ichnusa (Hübner, 1824), una specie endemica della Corsica, il cui status è ancora in discussione.
L’Occhio di pavone fu descritto per la prima volta da Linneo nel 1758 a cui bastarono, come al solito, una decina di parole latine per caratterizzare la specie. La classificò nel suo genere Papilio all’interno del gruppo delle “Nymphales gemmati“, ovvero “ninfe ocellate”. Questa specie era già stata citata nella sua opera del 1748 nominandola poi “oculus pavonis” cioè occhio di pavone! (Ricordiamo in merito che solo la versione del 1758 è riconosciuta dal Codice Internazionale della Nomenclatura Zoologica). La prima descrizione e figurazione di questa specie (senza però nominarla) è tratta da un libro di Thomas Moffet, pubblicato dopo la sua morte, nel 1634: “Insectorum sive Minimorum Animalium Theatrum“.
Il nome del genere Aglais viene dal latino “Aglaia”, che a sua volta deriva dal greco antico “Ἀγλαΐα” (splendore, brillantezza), da “ἀγλαός” (splendido, brillante). Nella mitologia, Aglaia era la più giovane delle tre Carità, quella che personifica la bellezza abbagliante, lo splendore. Per quanto riguarda il nome della specie io (“Ἰώ” in greco antico), corrisponde nella Grecia mitologica al nome della figlia del dio fiume Inaco, primo re mitologico di Argo.
Fino al 2003 la specie era classificata nel genere Inachis e si trova ancora sotto il nome di Inachis io (Linneaus, 1758) in molti libri e siti web.
In francese, Aglais io è conosciuta con i nomi volgari di “Paon-du-jour”, “Œil de paon”, o più raramente “Cocarde”; in inglese: “European peacock” o “Peacock (Butterfly)”, in italiano: “Vanessa io” o “Occhio di pavone”, e in spagnolo: “Mariposa pavo real”.
Alcuni studi riconoscono l’esistenza di due sottospecie: Aglais io caucasica (Jachontov, 1912) presente in Azerbaigian e Aglais io geisha (Stichel, 1908) in Giappone. Non tratteremo di questi due taxa non europei in questo testo.
Zoogeografia
Questa specie eurasiatica è molto diffusa, in particolare in tutta l’Europa occidentale e meridionale. Manca però nella metà meridionale della penisola iberica. Aglais io è inoltre stata introdotta in Nord America verso la fine del XX secolo.
Va sottolineato che in Scandinavia, a causa del riscaldamento globale, le popolazioni dell’occhio di pavone e della vanessa dell’ortica (Aglais urticae) sono in declino a causa della forte concorrenza con Araschnia levana.
Habitat ed Ecologia
L’occhio di pavone, farfalla dal volo potente, non ha un biotopo specifico. Mesofilo, si può osservare nei biotopi ricchi di piante nettarifere dalla pianura fino a 2500 m di altitudine. Evitando ambienti troppo aridi (tranne che all’inizio della stagione), frequenta terreni incolti, pascoli e prati da fieno, margini e sentieri boschivi, parchi e giardini urbani.
I bruchi vivono in comunità sull’ortica (Urtica dioica) in una ragnatela di seta sciolta (vedere sotto). Una volta raggiunto l’ultimo stadio, si allontanano gli uni dagli altri per compiere la loro ninfosi sulla pianta ospite oppure nelle sue vicinanze, su vari arbusti e anche sotto substrati minerali.
In autunno, gli imago cercano rifugio nelle cavità degli alberi, in mucchi di legna, cantine, fienili o mansarde, in cui passare l’inverno. I siti favorevoli possono ospitare diverse decine di individui. Gli svernatori possono resistere a temperature raggiungendo anche -20 °C.
Aglais io è l’unica Ropalocera considerata regolarmente troglossena durante l’inverno, e talvolta durante il periodo di riposo estivo. In effetti, non è raro incontrarla in cavità sotterranee naturali o artificiali, come grotte, caverne, vecchie miniere, tubature, tane di coniglio e tunnel vari.
Aglais io individua le piante di cui si nutre in base al loro aspetto visivo, al loro odore, ma anche al loro contenuto di zucchero (con una preferenza per i fiori con una proporzione di saccarosio più alta rispetto al fruttosio, e poi di glucosio). Questa scelta non è innata per la farfalla ma si basa su un apprendimento che le permette di selezionare gradualmente i fiori più interessanti per lei.
Nel periodo riproduttivo, le differenze tra sessi nella ricerca di cibo sono più marcate, visto che maschi e femmine si differenziano nelle loro attività principali, nella fisiologia e nella gestione della loro cura energetica. In effetti, i maschi sono più attivi nella ricerca di partner rispetto alle femmine, mentre queste sono più attive nella ricerca dell’ortica ideale per la deposizione delle uova. Inoltre, le loro uova devono essere mature al momento dell’accoppiamento. Invece, a fine stagione maschi e femmine si nutrono sulla stessa gamma di fiori poiché entrambi hanno bisogno dello stesso apporto nutrizionale ed energetico per la loro diapausa invernale.
Per accumulare i grassi essenziali per sopravvivere all’inverno, gli adulti si nutrono del nettare di una varietà di fiori selvatici o ornamentali appartenenti a famiglie molto diverse. Questi includono, tra l’altro : prugnolo (Prunus spinosa), giacinti (Hyacinthoides non-scripta), rovi (Rubus spp.), Buddleia (Buddleja davidii), numerose asteracee come incensaria comune (Pulicaria dysenterica) e tarassaco (Taraxacum spp.), billeri dei prati (Cardamine pratensis), dei sparvieri (Hieracium spp.), la canapa acquatica (Eupatorium cannabinum), dei senecioni (Jacobaea spp.), dei cardi (Carduus spp. e Cirsium spp.), mentuccia (Mentha aquatica), maggiorana selvatica (Origanum vulgare), ligustro (Ligustrum vulgare) e achillea millefoglie (Achillea millefolium).
La principale pianta di cui si alimentano i bruchi è l’ortica (Urtica dioica). Più raramente, in Gran Bretagna, in Svizzera e nell’Italia settentrionale, i naturalisti li hanno osservati anche sul luppolo (Humulus lupulus) e sull’ortica minore (Urtica urens).
Morfologia
Uova
Ovoidali, di colore verde pallido a verde-giallastro. Il loro involucro esterno è percorso da sottili creste biancastre più o meno parallele che congiungono ai due poli. Schiudono in 1-3 settimane.
Bruchi
Subito dopo la schiusa, il bruco è lungo ± 1,5 mm. Ha un corpo cilindrico verde-ocra molto chiaro, quasi bianco-verde, con una testa nera lucida, cosparsa di sottili peli neri. Sul corpo ci sono quattro file longitudinali di peli lunghi, fini, neri e semplici, con base a bulbo. Prima della seconda muta, ovvero circa nove giorni dopo la schiusa, il bruco misura mediamente 8 mm. È molto simile allo stadio precedente.
La terza muta inizia più o meno due settimane dopo la schiusa, e la lunghezza del bruco oscilla tra 12,5-15 mm. In questa fase è particolarmente vorace. Prima della quarta muta, cioè a 18-20 giorni di età, il bruco è lungo circa 25 mm. Le sue dimensioni raggiungeranno rapidamente i 40 mm, talvolta anche 50 mm.
I bruchi più vecchi hanno una colorazione prevalentemente nera punteggiata di macchie bianche. Il nero delle zampe contrasta con l’arancione delle pseudozampe. Ogni segmento porta nel suo centro una corona di lunghe spine rigide con peli corti e fini. Sia peli che spine dorsali non sono urticanti.
Crisalide
La crisalide misura in media 25 mm di lunghezza per il maschio e 29-30 mm per la femmina. Viene attaccata dal cremaster, a testa in giù, a un gambo o una foglia. Se ne conoscono due forme cromatiche: una con un colore generale giallo-marrone e l’altra grigio scuro; il colore dipende dal luogo della metamorfosi. Questa fase dura 2 a 4 settimane a seconda della temperatura.
Adulti
L’adulto è facilmente identificabile per la sua colorazione generale. A seconda della regione, l’apertura alare varia tra 50 e 60 mm e la lunghezza del corpo tra 18 e 25 mm.
La pagina superiore delle sue quattro ali è rosso vinaccia con un margine bruno fuligginoso e 4 ocelli. Gli ocelli anteriori mostrano sfumature di blu, viola, nero e giallo, mentre quelli posteriori sono bicolori, blu e nero. Assomigliano agli “occhi” sulla coda del pavone (per esempio Pavo cristatus). Esistono rare forme, dette “acromatiche”, senza ocelli.
La pagina inferiore delle ali è nero-marrone con screziature ondulanti brunastre e giallastre più o meno distinte.
Ad ali chiuse, l’occhio di pavone assomiglia vagamente a Nymphalis polychloros, benché la pagina inferiore di quest’ultima specie sia molto più scura.
Il corpo è scuro, con il torace coperto di una peluria rossastra e l’addome marrone macchiato di giallo. Le antenne sono nero-marrone con l’ultimo articolo giallo. Le zampe sono marrone chiaro.
Etologia-Biologia riproduttiva
Ciclo
Specie piuttosto bivoltina nell’Europa occidentale e meridionale, la maggior parte degli occhi di pavone vola da fine aprile a metà luglio e poi da metà agosto a fine ottobre. Ma quando il tempo è particolarmente mite e soleggiato, alcuni individui lasciano il luogo di svernamento già a febbraio, a volte anche a gennaio. Nell’Europa settentrionale, soprattutto in Gran Bretagna e in Germania, Aglais io è piuttosto monovoltina, volando spesso da marzo a ottobre. Nell’Europa sud-occidentale, negli anni caldi, una terza generazione parziale si può verificare in autunno, mentre le farfalle nate in estate hanno già raggiunto i loro quartieri invernali.
Le femmine depongono 30-80 (raramente fino a 500) uova sul lato inferiore di una foglia d’ortica, in cumuli disordinati a un’altezza compresa tra 5 cm e 1 m. Se disturbata da un predatore, la femmina vola via per tornare poco dopo per completare la deposizione delle uova sulla stessa foglia. Le ortiche scelte sono generalmente quelle non colonizzate dalla Vanessa dell’ortica (Aglais urticae).
Quando le uova schiudono, 1-3 settimane dopo la deposizione, i bruchi dell’occhio di pavone costruiscono una ragnatela comune vicino alla cima della pianta. Ne emergono per riscaldarsi al sole e nutrirsi. Man mano che crescono, si spostano verso altre piante, costruendo ogni volta nuove ragnatele sul loro percorso. Queste sono cosparse di detriti di cuticola e di escrementi, e sono quindi facili da individuare all’interno delle ortiche. Ci vivono fino al terzo stadio.
Alla fine dei 5 stadi larvali, lasciano l’ortica e si appendono, a testa in giù, a una pianta bassa o un altro supporto per trasformarsi in crisalide. La farfalla adulta emergerà dopo 10-28 giorni e vivrà da pochi mesi a un anno (per gli svernatori), le femmine vivendo più a lungo dei maschi.
Riscaldamento
Con tempo ventoso o fresco, la farfalla cammina verso un luogo riparato e stende le ali a terra per ottimizzare la ricezione di energia solare. In effetti, ha bisogno di una temperatura toracica di circa 30 °C per far funzionare in modo ottimale i muscoli delle ali e permetterle di volare in modo efficiente.
In mancanza di irraggiamento solare o se l’occhio di pavone è all’ombra, non potrà volare via velocemente non avendo sufficientemente energia. Le sue ali cominciano quindi a fremere e, grazie a questi brividi, la temperatura interna del torace sale rapidamente, permettendo un involo repentino. Questo comportamento è spesso osservato nei maschi che si trovano a terra a sorvegliare il loro territorio.
Migrazione e dispersione
Aglais io ha un istinto nomade e raramente rimane nello stesso posto. Ha un’abituale tendenza alla dispersione all’interno del suo areale e diventa migratrice negli anni molto caldi. Alcuni osservatori hanno segnalato tali migrazioni, soprattutto di notte, in Gran Bretagna così come nel Maghreb.
In primavera, limita i suoi spostamenti al suo territorio e quindi percorre quotidianamente distanze minori rispetto all’autunno, periodo in cui deve invece nutrirsi abbondantemente. La distanza percorsa dipenderà principalmente dalla lontananza e dall’abbondanza dei luoghi fioriti in cui si alimenta. Queste distanze oscillano tra 1 e 5 km al giorno.
Corteggiamento e accoppiamento
I maschi, come quelli di Aglais urticae, sono territoriali. Passano la maggior parte della mattinata a nutrirsi di nettare, poi verso mezzogiorno, scelgono dei territori in luoghi piuttosto caldi e ben illuminati, ai margini di un bosco, di una siepe, di un pendio soleggiato… e lì, aspettano che passi una femmina. Sono spesso posizionati sul terreno nudo o sull’erba; alcuni studi li riportano anche su rami bassi. A volte fino a una dozzina di maschi risiedono in territori vicini. Sembra che i maschi cambino territorio ogni giorno. Volano rapidamente verso qualsiasi oggetto scuro (foglia o insetto) e cacciano via l’intruso. Quando una femmina viene avvistata, il maschio la insegue lesto, a volte violando inavvertitamente il territorio di un altro maschio. Ne consegue una battaglia territoriale e la femmina spesso scappa via. Se accetta la presenza del maschio, l’accoppiamento avviene di solito nel tardo pomeriggio e durerebbe fino a notte fonda. Le femmine si accoppiano solo una volta.
Attacchi e minacce
Alcune pubblicazioni basate su vecchie testimonianze di entomologi indicano che le popolazioni di questa farfalla erano un tempo più numerose.
Oggigiorno, purtroppo, sembra che in alcune regioni francesi e belghe vi sia una tendenza al decremento.
Se l’eliminazione delle ortiche nei giardini e intorno alle case può potenzialmente contribuire a questo declino, l’arricchimento di alcuni settori agricoli con concimi azotati permette a contrario un relativo sviluppo dell’ortica e, quindi, dell’occhio di pavone (e di specie correlate). Alcuni studi hanno evidenziato che, come Aglais urticae, A. io è adattata a livelli di azoto più elevati nella sua pianta ospite, l’ortica (Urtica dioica). L’occhio di pavone e la vanessa dell’ortica che vivono in zone con coltivazioni concimate (e quindi più ricche di azoto) mostrano tassi di sopravvivenza più elevati rispetto a individui presenti in siti non concimati, così come periodi larvali più brevi e ninfe più pesanti.
Purtroppo, esistono anche minacce per questa farfalla. Le popolazioni di Aglais io (e probabilmente di altre specie) sono influenzate dal mais Bt, sempre più coltivato in Europa. Questo mais, geneticamente modificato, possiede un gene che gli conferisce resistenza ai principali insetti parassiti. Gli scienziati hanno scoperto che i bruchi di seconda generazione di Aglais io che si nutrono di ortiche ai margini dei campi di mais Bt potrebbero ingerire il polline del mais adiacente. Una mortalità anomala dei bruchi è stata segnalata nell’Europa meridionale e centrale (ma non nell’Europa settentrionale). Questa farfalla non avendo preoccupanti problemi di conservazione, non viene protetta in nessun paese europeo.
Difesa contro i predatori
I bruchi sono spesso vittime di passeriformi con i quali nutrono le loro covate, soprattutto il merlo (Turdus merula), ma anche il pettirosso (Erithacus rubecula), la cinciallegra (Parus major), il passero domestico (Passer domesticus), … Anche alcune specie di vespe sono avide delle prime fasi dei bruchi.
Disturbati da un predatore, i bruchi si agitano all’unisono per cercare di spaventarlo. Se necessario, si rannicchiano in una palla e si lasciano cadere al suolo. A volte rilasciano un liquido verde, puzzolente e corrosivo da ghiandole poste nella parte posteriore della testa o, secondo alcuni autori, attraverso la bocca.
Certi anni, almeno il 90 % dei bruchi dell’occhio di pavone sono attaccati da parassitoidi, tra cui la mosca Zenilla vulgaris (Tachinidae) e altre specie di questa stessa famiglia (Pelatachina tibialis, Sturmia bella e Phryxe vulgaris). Questi parassitoidi causano variazioni più o meno marcate nella popolazione della farfalla a seconda delle annate.
Aglais io chiude spesso le ali quando posta su un supporto, ma se viene disturbata, le riapre improvvisamente. L’inaspettata comparsa degli “occhi di pavone” serve probabilmente a spaventare l’uccello che la attacca. Si ritiene che lo stratagemma sia efficace in oltre il 97% degli attacchi di cinciarella (Cyanistes caeruleus). Tuttavia, a volte l’effetto paura è di breve durata, e una volta riacquistati i sensi, l’uccello riprende ad attaccare la farfalla. Gli “ocelli” permettono quindi di sviare l’attacco dal corpo vulnerabile della farfalla e dirigerlo verso la parte esterna delle ali. Non è raro infatti incontrare farfalle volanti con una o due incisioni triangolari corrispondenti al colpo di becco.
Essendo la pagina inferiore delle ali prevalentemente nera, a riposo l’occhio di pavone si fonde quasi perfettamente con la corteccia di un tronco d’albero o, d’inverno in luoghi bui, con qualsiasi supporto. Sfugge quindi alla vista della maggior parte dei predatori alati.
Durante il suo letargo nelle zone buie, la farfalla incontra spesso micromammiferi, come il topo selvatico (Apodemus sylvaticus), e diverse specie di toporagni, … Contro questi predatori, l’effetto degli ocelli è inefficace a causa dell’oscurità. In quel caso, la farfalla emette una raspatura o un fischio che crea strofinando le nervature delle ali anteriori e posteriori l’una contro l’altra. Questo stridio spaventerebbe il predatore.
Alcuni autori ritengono che l’occhio di pavone produca anche ultrasuoni generati da una parte rigida della membrana alare vicino alla base dell’ala anteriore, tra le nervature costali e subcostali. Questi ultrasuoni sarebbero una difesa contro i pipistrelli, come l’orecchione comune (Plecotus auritus) e il pipistrello nano (Pipistrellus pipistrellus), presenti nelle grotte o anche nei tronchi di alberi cavi in cui la farfalla si rifugia o va in letargo. Per essere convalidate, queste ultime osservazioni richiedono ulteriori ricerche.
Misure di conservazione
Rimandiamo il lettore curioso a quelli dati per Aglais urticae.
Sinonimi
Papilio io Linneaus, 1758; Papilio ioides Ochsenheimer, 1807; Vanessa io (Linneaus, 1758); Nymphalis io (Linneaus, 1758); Vanessa io subsp. ioides (Ochsenheimer, 1807); Vanessa jo (Linneaus, 1758); Inachis io (Linneaus, 1758), Vanessa io var. sardoa Staudinger, 1871; Vanessa io ab. exoculata Weymer, 1878; Vanessa io f. veronensis Garbini, 1881; Vanessa io ab. belisaria Oberthür, 1889; Vanessa io ab. fischeri Standfuss, 1892; Vanessa io ab. calorefacta Urech, 1897; Vanessa io ab. jokaste Urech, 1897; Vanessa io var. narses Schultz, 1899; Vanessa io ab. pavo Stichel, 1902; Vanessa io ab. cyanosticta Raynor, 1903; Vanessa io var. fulva Oudemans, 1905.
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