Famiglia : Acanthaceae
Testo © Prof. Pietro Pavone
L’Acanto comune (Acanthus mollis L.), noto in italiano anche come Brancalupo e Branca orsina, è una specie propria dell’Europa mediterranea (Grecia, Italia, Turchia europea, Iugoslavia) mentre risulta introdotta in Francia, Inghilterra, Portogallo, Arcipelago delle Azzorre, Spagna, Isole Baleari, Marocco, Isole Canarie, Messico centrale.
Il termine generico Acanthus deriva dal greco “akantha” = spinoso, per le brattee spinose dell’infiorescenza, derivato da “aké” punta, ago e da “anthos” fiore; il termine specifico mollis fa riferimento alle foglie che si presentano mollicce, flessuose.
Nella mitologia greca, Akantha era una ninfa che Apollo desiderava ardentemente ma lei lo respinse con un graffio al volto. Per punizione, il dio la trasformò nel fiore spinoso di acanto.
Acanthus mollis è una pianta erbacea alta 50-150 cm che al sopraggiungere dell’inverno perde la parte aerea ma conserva l’apparato radicale che è perennante nel terreno e garantisce la ripresa vegetativa al sopraggiungere della primavera.
La pianta presenta fusti eretti semplici, cilindrici, un po’ legnosi alla base.
Le foglie basali sono prive di spine, sparsamente pelose nella pagina superiore, pubescenti lungo le nervature della pagina inferiore e sul picciolo, lunghe fino a 80 cm, coriacee.
Le lamine fogliari sono di colore verde brillante, più scure superiormente, pennatopartite con 6-7 lobi inciso-dentati.
Le foglie caulinari (foglie superiori) sono di dimensioni ridotte e arrivano a misurare 1,5-4 cm x 1-2,5 cm, sessili (prive di picciolo), con profilo ovato lanceolato e dotate di spine.
I fiori sono disposti in infiorescenze a spiga talora densa.
Ciascun fiore è posto all’ascella di una brattea e di 2 bratteole laterali a margine intero o subspinoso, lunghe fino a poco più di 2 cm. Il calice è persistente e presenta sepali saldati alla base; sia le brattee che il calice sono di colore rosso-porporino intenso, soprattutto lungo le nervature e i margini. La corolla è bianca, arrossata sulle nervature, lunga fino a 5-6 cm, con un unico labbro trilobo che fuoriesce leggermente dal calice.
L’androceo è formato da 4 stami epicorollini; il gineceo è costituito da un ovario biloculare sormontato da un lungo stilo persistente, giallastro e da uno stimma bifido.
Il frutto è una capsula loculicida ovoide coriacea di 2-3,5 cm che a maturità esplode espellendo 4 semi marroni rossastri ovoidi rugosi e tubercolati di 12-15 mm.
Fiorisce nel periodo estivo.
Si moltiplica mediante semi a fine marzo oppure, più facilmente, in autunno, trapiantando la porzione sotterranea. Richiede terreno profondo e leggero.
Questa pianta predilige luoghi freschi e umidi pertanto, spesso, è utilizzata a scopo ornamentale adatta ad abbellire i luoghi più ombrosi dei giardini. Tuttavia, poiché si espande facilmente, va contenuta in apposite aiuole per impedire all’apparato radicale di estendersi oltre.
I fiori essiccati vengono utilizzati dai fioristi per le composizioni floreali.
L’Acanto è resistente al freddo. Infatti le gelate prolungate possono danneggiare la parte aerea ma non la parte sotterranea che si riprenderà in primavera.
L’Acanto è noto per le sue proprietà curative sin dall’antichità. Dioscoride Pedanio (40 circa – 90 circa) nel suo trattato De materia medica suggeriva impacchi di radice di acanto per trattare le scottature e proteggere le articolazioni lussate. In passato le foglie, ricche di mucillagini, venivano utilizzate, in cataplasmi, per curare infiammazioni, punture di insetti e contro la tubercolosi.
Attualmente, l’acanto è iscritto in diverse farmacopee europee e utilizzato, sotto forma di infuso, come emolliente per le sue proprietà sedative, astringenti e per combattere irritazioni dell’apparato faringeo e dell’apparato digerente.
L’Acanto può essere attaccato da molluschi Gasteropodi terrestri come chiocciole e lumache che si nutrono delle giovani foglie.
Curiosità
Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) nella sua Naturalis historia, grande enciclopedia dell’epoca in 37 volumi, suggerisce di inserire piante di acanto nei giardini dei romani per migliorare la loro bellezza (liber XXII).
Marco Vitruvio Pollione (80 a.C. circa-15 a.C. circa), nel suo trattato De architectura scrive che l’architetto Callimaco (V secolo a.C.), osservando l’eleganza delle foglie di acanto che trasbordavano da un cesto votivo posto sulla tomba di una giovinetta di Corinto, morta anzitempo, lo ispirò per la realizzazione delle decorazioni dei capitelli corinzi.
Sinonimi: Acanthus hispanicus Loudon; Acanthus latifolius E.Goeze; Acanthus longifolius Poir.; Acanthus lusitanicus auct.; Acanthus niger Mill.; Acanthus platyphyllus Murb.; Acanthus spinosissimus Host [nome illegittimo].
→ Per apprezzare la biodiversità all’interno della famiglia delle ACANTHACEAE cliccare qui.